CHI SA, VEDE – PILLOLE DI URBANISTICA #10

Bianco Nero Rosa Minimal Grunge Musica Copertina Album_20251219_181058_0000Abitare, città e conflitto politico: Ostia e il nodo Housing First. All’ex Colonia Vittorio Emanuele la fragilità è visibile. L’inclusione, molto meno.

Ad Ostia, nell’ex Colonia Vittorio Emanuele sul lungomare Toscanelli, è in corso il progetto “Un tetto con cura”, intervento di housing temporaneo promosso da Roma Capitale per il contrasto alla grave marginalità abitativa.

È un passo avanti rispetto ai modelli puramente emergenziali, ma dal punto di vista urbanistico solleva una questione ben più ampia: non è importante solo come si accoglie, ma dove e con quale modello di città.
La localizzazione non è mai neutra e l’ex Colonia Vittorio Emanuele II non è un luogo qualunque del Municipio X. Potremmo definirla la porta urbana per Nuova Ostia, con affaccio sul lungomare, soglia tra quartieri residenziali molto diversi, spazio pubblico e (teorici) flussi turistici.

Collocarvi una struttura di accoglienza significa attribuire a questo luogo una funzione urbana specializzata, che rischia di produrre:

concentrazione della fragilit
esposizione sociale più che integrazione
marcatura spaziale del disagio

Non tutti gli edifici sono equivalenti e non tutti sono adatti a sostenere processi di inclusione.

“Un tetto con cura” propone il c.d. abitare mediato:

permanenze temporanee
presenza continuativa di operatori
servizi concentrati nello stesso edificio

un modello che migliora le condizioni materiali rispetto ai dormitori, ma che mantiene una distanza dal sistema abitativo ordinario.
In un luogo simbolico come l’ex Colonia, questa distanza diventa anche distanza urbana.

️ HOUSING FIRST: UN MODELLO TESTATO E NON IDEOLOGICO

Housing First nasce negli Stati Uniti negli anni ’90, con l’esperienza di Pathways to Housing a New York. Non come slogan, ma come sperimentazione monitorata, supportata da dati scientifici, studi longitudinali e valutazioni comparative.
La letteratura internazionale mostra i seguenti risultati:

✅ maggiore stabilità abitativa nel tempo
✅ migliori esiti di salute e autonomia
✅ riduzione dei costi pubblici indiretti

Dal punto di vista urbanistico, Housing First lavora, rispetto a “un tetto con cura” in modo proprio opposto:

✅ alloggi ordinari
✅ dispersione nel tessuto urbano
✅ assenza di luoghi dedicati e riconoscibili

Dunque, meno eccezione e più normalità.

Nonostante i dati consolidati, la destra continua ad opporsi a questo modello e la sinistra non ha il coraggio di replicarlo. Il motivo non è tecnico, è politico e spaziale.

️ Housing First pone la casa come diritto non condizionato. Gli obiettivi dichiarato sono: ridurre il controllo istituzionale diretto, rendere la marginalità meno visibile ma più integrata e infine rompere la logica della separazione spaziale.
È un modello che chiede alla città di integrare, non di confinare. E questo mette in crisi una visione dell’ordine urbano fondata su controllo, zonizzazione implicita e distinzione tra chi “merita” e chi no. Housing First, interviene sul sistema urbano perché redistribuisce l’abitare, riduce le esternalità sociali, tratta la fragilità come parte della città, non come eccezione.

Progetti come “Un tetto con cura” rispondono invece ad un’urgenza reale, ma se restano temporanei, concentrati e localizzati in luoghi, per altro storicamente, simbolici, rischiano di produrre nuove forme di marginalità spaziale, anche quando migliorano le condizioni materiali.

La questione dunque non era se accogliere, ma
come pianificare l’abitare fragile: contenitori disponibili o infrastruttura urbana diffusa? A Roma si è scelta la prima strada.

Housing First non è solo una buona politica sociale – che ha e continua ad avere grandi risultati – ma è soprattutto un cambio di paradigma urbanistico che a Roma non siamo riusciti ad imitare.

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