OSTIA: LA PRESUNTA INEDIFICABILITÀ DEL CHIOSCO DI PIAZZA GASPARRI

chiosco gasparriIn un periodo in cui ad Ostia si parla della regolarità amministrativa dei chioschi insistenti su area demaniale marittima, è bene parlare anche di un’altra tipologia di chioschi che da troppo tempo fanno discutere. In particolare, tratteremo del chiosco in Piazzale Lorenzo Gasparri, a Nuova Ostia la cui convenzione-concessione risulta scaduta dal 2021. Di recente è stato fatto oggetto di attenzione da parte dell’attuale Amministrazione del Municipio Roma X: ad esprimersi, con Direttiva di Giunta Municipale n. 6 del 31.01.2024, Valentina PRODON e Guglielmo CALCERANO, rispettivamente Assessori all’Ambiente e al Patrimonio.

Il ‘nobile’ fine dell’iniziativa sarebbe quello di riprendere in consegna il bene (concludendo l’iter amministrativo di decadenza dalla relativa convenzione-concessione) mettendolo poi a disposizione della cittadinanza, sempre come punto di ristoro, all’interno delle altre iniziative di natura sociale e culturale riguardanti la riqualificazione di Piazzale Lorenzo Gasparri.

LA REGOLARITÀ DELL’OPERAZIONE
Screenshot 2024-03-14 16.17.12Il chiosco fa riferimento alla convenzione-concessione rilasciata con D.D. CO/98776/2013 che stabiliva una durata di 8 anni, non prorogabili. Dunque, nell’area interna del Parco Willy Ferrero (foglio 1083, particella ex 53 oggi 7716, 8.000 mq, verde attrezzato di quartiere, cioè area in carico al Servizio Giardini del Municipio Roma X), mediante un bando di gara è stato concesso il suolo pubblico per la realizzazione di un “punto verde ristoro” (cioè un chiosco) “per la gestione, manutenzione, custodia e sorveglianza dell’intero parco e correlata attività di somministrazione di alimenti e bevande aperta al pubblico”. Il chiosco doveva essere di 100 mq e doveva garantire la manutenzione della recinzione e dell’arredo urbano già esistenti. Anche la struttura del chiosco era ben definita.

Prescindendo dai problemi legati all’incuria e all’abbandono del parco e alle singole responsabilità (sia del privato sia della pubblica amministrazione), visto che oramai se ne parla da 11 anni, resta da definire una questione poco considerata, ma fondamentale. La struttura del chiosco risulta infatti insistere completamente nella fascia di inedificabilità prevista dall’articolo 55 del Codice della Navigazione, che così recita:

Screenshot 2024-03-14 16.19.13

art. 55 – Nuove opere in prossimità del demanio marittimo

1. L’esecuzione di nuove opere entro una zona di trenta metri dal demanio marittimo o dal ciglio dei terreni elevati sul mare è sottoposta all’autorizzazione del capo del compartimento.

Per nuove opere si intendono tutti i manufatti ancorati stabilmente al suolo e destinati a soddisfare esigenze durevoli, come il chiosco. Inoltre, la inedificabilità della fascia costiera è un principio fondamentale della legislazione statale che non può essere sovvertita da indicazioni comunali e tantomeno municipali.

A questo punto LabUr – Laboratorio di Urbanistica si attiverà affinché l’iter amministrativo intrapreso dal Municipio Roma X sia regolare, con la stessa fermezza con cui LabUr ha operato prima rispetto ai chioschi sulle spiagge libere di Ostia, poi rispetto a quelli di Castel Porziano e Capocotta (tre iniziative che hanno dato il via all’attività giudiziaria), a tutela di un interesse diffuso e collettivo.

La questione non riveste infatti solo un interesse particolare. La precisa individuazione della dividente demaniale (cioè il limite del demanio marittimo) comporta l’inserimento nella suddetta fascia di rispetto per molte altre strutture esistenti sul lungomare di Ostia Ponente, a partire dal Porto Turistico di Roma fino al Canale dei Pescatori (p.es. tutti i c.d. caseggiati Armellini).
Se le strutture, compreso il chiosco, non risulteranno avere le necessarie autorizzazioni, andranno demolite e non acquisite a patrimonio comunale. Se invece risulteranno in regola, dovranno dimostrarsi conformi al titolo edilizio rilasciato.
Torneremo pertanto a parlare a breve di questo argomento non appena avremo verificato quanto fino ad oggi autorizzato.

 

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CAPOCOTTA: ESPOSTO SUL NUOVO BANDO 2024

capocotta bandoDopo 24 anni di anarchia, torna un bando di gara rabberciato per affidare le spiagge di Capocotta. Preparato in fretta e furia, viene pubblicato all’indomani dell’ennesimo incendio di uno dei 5 chioschi (il MECS), incompleto, in alcuni punti inesatto, in altri dettagliato quasi che sia stato predisposto ad arte. Siamo alle soglie del Giubileo e sotto un’amministrazione comunale rosso-verde, proprio come 24 anni fa. Non crediamo ai miracoli e neppure a finti ambientalisti. L’esposto, come i precedenti che hanno portato l’autorità giudiziaria a fare chiarezza su questa parte della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, sarà seguito da altre richieste di chiarimenti, sempre e solo a difesa di un interesse collettivo e diffuso.

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E S P O S T O
(inviato alla Capitaneria di Porto di Roma, alla Direzione Marittima di Civita, al Comune di Roma e alla Guardia di Finanza)
Roma, 14 marzo 2024

Oggetto: variazione della linea della dividente demaniale in località Capocotta (Roma) dopo il 10 luglio 2023 e presunta irregolarità dell’avviso pubblico del 11 marzo 2024 relativo all’affidamento di tre chioschi di proprietà del Comune di Roma, nella suddetta località

LabUr – Laboratorio di Urbanistica (www.labur.eu), portatore di un interesse collettivo e diffuso,

PREMESSO

  • che in data 10 luglio 2023 la Capitaneria di porto di Roma (Sezione Demanio) ha comunicato al sottoscritto “che l’andamento della dividente demaniale è visualizzabile tramite consultazione del Portale del Mare (SID) al seguente link: https://www.sid.mit.gov.it/mappa (si allegano estratti del tratto di area interessato dalla richiesta)” (CPRM.REGISTRO UFFICIALE.2023.0018846);
  • che in data 13 marzo 2024 risulta, allo stesso link, differente andamento della linea della dividente demaniale (Allegato 1, in rosso la linea SID),

CONSIDERATO

  • che in data 11 marzo 2024 è stato pubblicato un Avviso per l’acquisizione di offerte, finalizzato alla concessione in uso dei chioschi di proprietà di Roma Capitale siti all’interno del parco dunale di Capocotta (Lotti A, B, D);
  • che i suddetti lotti corrispondono agli ex chioschi così denominati: Dar Zagaia (Lotto A), Mediterranea (Lotto B) e Porto di Enea (Lotto D);
  • che in data 13 marzo 2024 durante la seduta presso il Municipio Roma X della Commissione Speciale Valorizzazione del Territorio e Litorale è intervenuta l’Assessore all’ambiente, Sabrina ALFONSI, che ha dichiarato che da luglio 2023 ad oggi la linea della dividente demaniale non ha subito variazioni,

PRESO ATTO

  • che oggetto di affidamento della gestione sono le aree attrezzate, di proprietà di Roma Capitale e non appartenenti al demanio marittimo, misurate dalla linea SID al confine con la strada Litoranea (come da planimetrie allegate al suddetto Avviso)

VISTO

  • che una nuova perimetrazione del demanio marittimo deve essere eseguita in termini di legge e pertanto, se confermata, avrebbe dovuto coinvolgere, come parte interessata, anche il Comune di Roma che invece ha dichiarato la non conoscenza di una nuova perimetrazione;
  • che le aree oggetto di affidamento risultano identiche a quelle iniziali indicate nella Delibera di Giunta Comunale n.1540 del 30 luglio 1999, pur essendosi invece apparentemente ampliate per lo spostamento, verso mare, della originaria linea della dividente demaniale, generando una forte diminuzione del demanio marittimo,

per quanto sopra premesso, considerato, preso atto e visto
CHIEDE CON URGENZA

 

  1. di confermare o meno il diverso andamento della linea della dividente demaniale nel periodo compreso tra il 10 luglio 2023 e il 13 marzo 2024 e, se affermativo, in che data sarebbe avvenuto lo spostamento della dividente demaniale verso il mare, alterando di fatto le superfici dei singoli lotti originari
  2. di conoscere il posizionamento dei termini lapidei per l’individuazione della dividente demaniale e in che data è stato eseguito il rilievo topografico per l’inserimento delle coordinate geografiche.

Si osserva che in assenza di una precisa individuazione geografica o comunque referenziata della linea della dividente demaniale, i tre chioschi (di proprietà del Comune di Roma) risulterebbero insistenti sul demanio marittimo, senza concessione, in quanto posizionati oltre la linea dunale che rappresenta la dividente naturale (ALLEGATO 2). In tal caso, il bando risulterebbe irregolare.

ALLEGATO 1

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ALLEGATO 2

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FANPAGE E LA PROPAGANDA DELLA DISINFORMAZIONE SULL’EROSIONE DELLE SPIAGGE AD OSTIA

fanpageDopo l’articolo del 28 febbraio (link), il 9 marzo è uscito un secondo articolo (link) pieno di falsità e inesattezze sul tema definito “erosione” delle spiagge di Ostia.

Chi sbandiera la difesa di un bene pubblico non può difendere il proprio interesse privato o interessi privatistici che nulla hanno a che fare con l’ambientalismo utilizzando per altro argomenti propagandistici e mistificatori e svilendo il lavoro serio di ricercatori, tecnici e associazioni che dedicano il loro tempo allo studio. Questa non è informazione.

La verità è un bene pubblico che va tutelato, attraverso il rispetto dei dati di fatto e fornendo all’opinione pubblica gli strumenti per orientarsi. Se “certi argomenti nel Municipio X non fanno molta presa sulla popolazione”, non è perché i cittadini, come si vuole in modo sibillino sostenere, sono omertosi per paura di ritorsioni. Questa narrazione mafiosa ha stancato. Come ha stancato questa contrapposizione dannosa e inutile tra balneari e sedicenti associazioni ambientaliste che in realtà mirano a gestire le spiagge e hanno referenti partitici precisi che gli danno copertura. Ed è il caso di “Mare Libero”.

C’è una responsabilità amministrativa degli enti competenti, l’unica preposta a tutelare l’interesse pubblico, l’unico vero ‘potere’ che nessuno vuole toccare per paura di ritorsioni. Siamo di fronte alla calunnia e alla diffamazione.

COSA E’ STATO DETTO

Al di là dell’impiego di immagini relative all’insabbiamento del Canale dei Pescatori che non hanno nulla a che fare con le spiagge, si esordisce parlando della “cementificazione” della spiaggia per legarla agli effetti delle mareggiate che si sono susseguite da novembre 2023. Si afferma che le strutture sono tutte abusive e che i cittadini dovranno pagare per il loro abbattimento. Si aggiunge poi che sono iniziati i lavori di ripascimento della spiaggia per 30mila euro. Falso, si tratta del dragaggio del Canale dei Pescatori.

Si afferma anche che i danni sono causati dall’erosione intervenuta a seguito della costruzione di dighe, sbarramenti e invasi sul fiume, che il Tevere non porta più la sabbia e che il mare si starebbe riprendendo quello che il fiume nei secoli ha depositato, a cui si è aggiunta una seconda causa, l’edificazione sulla spiaggia.

IN SINTESI

Ad Ostia non siamo di fronte ad un fenomeno di erosione naturale, che non esiste, ma ad un problema di mareggiate e soprattutto ad una dannosa difesa costiera.

Non c’è stato alcun criterio scientifico per ripristinare una naturale linea di costa di riferimento, ma solo interventi di modifica della linea di costa. Da anni LabUr-Laboratorio di Urbanistica ha invitato e diffidato la Regione Lazio a sospendere gli interventi che modificano la linea di costa e la spiaggia sommersa.

Gli interventi, ad esempio, tra gli stabilimenti Gambrinus e Pinetina hanno causato danni visibili dopo le mareggiate perché non erano volti a ripristinare la linea di costa storica di riferimento, ma a modificarla con effetti non prevedibili. Gli interventi pubblici operati hanno alterato la spiaggia sommersa e dunque vanificato tutti gli studi condotti, sebbene focalizzati solo sugli effetti e non sulle cause.

Un vero e proprio paradosso visto che il Governo, in riferimento al contenzioso con la UE sulle concessioni balneari, ha istituito un tavolo tecnico con lo scopo di definire con certezza la perimetrazione del demanio marittimo, delimitato dalla linea di costa (lato mare) e la dividente demaniale (lato terra) sottoposta, ancora oggi, alla verifica amministrativa da parte dell’Agenzia del Demanio, del Comune di Roma e della Regione Lazio su richiesta di LabUr.

Come fa il Comune di Roma ad adottare un Piano di Utilizzazione degli Arenili in queste condizioni?

L’obiettivo di un’amministrazione è di avere una “spiaggia stabile” e per ottenerla servono soluzioni che possono comprendere il ripascimento sommerso, programmi di manutenzione ordinaria, rivisitazione delle opere antropiche, utilizzo trasparente della sabbia dragata, conoscenza dei fondali dopo i ripascimenti.

I FATTI

Se è evidente che i venti dominanti ad Ostia spaziano da SE a SO (da Scirocco a Libeccio), provocando forti mareggiate, non è corretto affermare che la costa soffra del mancato apporto di sabbia dovuto alle opere di sbarramento del Tevere. LabUr ha visionato un archivio fotografico di oltre 6.000 foto scattate sul litorale romano negli ultimi 100 anni, dunque anche prima della costruzione della diga di Corbara (1959) o delle traverse come quella ENEL di Castel Giubileo, in cui si vede chiaramente che la costa ha sempre sofferto solo del fenomeno delle mareggiate. Ci sono foto scattate nel primo dopoguerra delle spiagge di ponente, dunque oltre 50 anni prima che si costruisse il Porto di Roma ad Ostia, in cui il mare sbatte sulle c.d. case Armellini. Le opere di sbarramento sul Tevere hanno sicuramente diminuito l’apporto di sabbia ma questo non va però commisurato con gli avanzamenti della linea di costa soprattutto in presenza di particolari eventi, come ad esempio quello della violenta rotta del Tevere del 1557, collegato ad un pesante disboscamento delle terre a monte e al conseguente maggior apporto di materiale per effetto del dilavamento spondale.

Esistono invece fenomeni localizzati di erosione, non naturali ma ‘indotti’, cioè dovuti all’attività antropica. Uno di questi riguarda le sottili spiagge pubbliche di Ostia Ponente alle quali il Porto di Roma ad Ostia ha sbarrato di fatto un regolare apporto di materiale a cui si sopperisce, ogni anno, con un ‘cannoneggiamento’ della sabbia prelevata dal fondale dell’imbocco del Porto, anch’esso sempre insabbiato per cattiva progettazione.

Stesso problema per il litorale prossimo alla foce del Canale dei Pescatori, dove la sabbia, per la pessima progettazione e realizzazione dei due moli, erode la costa e ostruisce il canale.

Dunque, per l’effetto combinato dei venti dominanti e delle correnti, tutte le opere trasversali alla costa finiscono per creare da un lato un deposito di sabbia e dall’altro un fenomeno erosivo non naturale. Succede anche per il Pontile di Ostia, in forma minore solo per la presenza di piloni e non di strutture immerse continue.

Un discorso a parte lo merita invece la “barriera soffolta” che va da Ostia Ponente fino al Canale dei Pescatori, una struttura modulare in cemento armato, posata e accostata sul fondale marino, parallela al litorale e a distanza di almeno cento metri da esso, realizzata allo scopo di dissipare l’energia del moto ondoso (le mareggiate), favorire lo scorrimento della sabbia verso la riva e contrastare il suo ritorno.

Situazione completamente differente a Castel Porziano e Capocotta dove non c’è mai stato bisogno di fare opere di ‘difesa’ perché il mare, generalmente, nel suo effetto combinato con il vento, “prende e restituisce” la sabbia, conservando la spiaggia emersa e sommersa. Un fenomeno naturale che non accade più laddove è stato ‘costruito’ sull’arenile: primo, perché ci sono gli ostacoli delle strutture fisiche, secondo, perché è diminuita la profondità dell’arenile.

Si evince allora che le opere di difesa ad Ostia sono servite da sempre non per conservare la costa naturale, ma per difendere dalle mareggiate le imprese turistiche e commerciali sorte sull’arenile (fa eccezione la scogliera a difesa dell’abitato dell’Idroscalo di Ostia). Ne più ne meno di come avviene a Venezia con il MOSE: si difende la città, non la laguna.

Questo teatrino inutile quanto dannoso per l’interesse pubblico e collettivo durerà fino a quando non si studierà e si definirà la naturale e storica geomorfologia costiera, riferendosi non solo alla spiaggia emersa (dalla battigia alle dune) ma anche a quella sommersa (il cui limite è distinguibile dalla linea di frangimento delle onde e le cui barre, o ‘secche’, costituiscono una vera e propria “riserva di sabbia”).

Nell’ultimo anno abbiamo assistito ad un esempio lampante, a chiunque sia in buona fede, di quanto sopra descritto. Il chiosco-bar dello stabilimento V-Lounge. autorizzato sull’arenile, è terminato in acqua dopo la perdita di oltre 40 metri di spiaggia, per poi tornare di recente (dopo l’ennesima mareggiata) ‘sulla sabbia’ come un’oasi nel deserto.

Analogamente rimane, a futura memoria, la scritta “vietato tuffarsi” sul marmo della balaustra del Pontile di Ostia, dove oggi c’è però sotto la sabbia.

Ricordiamo infine che continuare a ripetere lo slogan terroristico che la “moderna cementificazione delle spiagge” ha distrutto l’arenile di Ostia è un falso storico: Ostia nasce così, con un lungomare che porta la città a ridosso del mare, con grandi stabilimenti balneari come quello “Roma” costruito nel 1922 e che non si è curato della conservazione delle dune costiere, cioè dell’aspetto ambientale. E’ stata una scelta fatta dai tempi del Piano Regolatore del 1908. Affermare quindi che eliminando gli stabilimenti il mare tornerà al suo aspetto naturale, è un falso. E’ un po’ come chiedere all’imperatore Tito di prendersi la responsabilità del prosciugamento dello stagno esistente prima del Colosseo quando invece a costruirlo fu il padre Vespasiano per cancellare un elemento fondamentale della Domus Aurea di Nerone. Ad Ostia caso mai dovremmo affrontare il problema della subsidenza, cioè del ‘peso della città’, quello tipizzato nella Venezia che affonda.

Cento anni se ci fosse stato un corretto distacco della città dal mare ci troveremmo in una situazione simile a quella oggi visibile presso Castel Porziano e Capocotta, dove la litoranea ha lasciato inalterata la natura.

In questa devastazione centenaria, ormai insanabile non per la presenza degli stabilimenti ma per la nascita di una città edificata troppo a ridosso del mare, nessuno chiede conto almeno della mancata manutenzione ordinaria delle opere in mare costate milioni di euro e dello studio della necessaria compensazione dei danni da esse arrecati alla costa. L’unica ‘manutenzione’ si è tradotta in ripascimenti stagionali, cioè sabbia gettata in mare per garantire l’esercizio estivo delle imprese turistiche. Sabbia erroneamente non recuperata da dietro la barriera soffolta ma da cave marine non sempre adeguate in termini di granulometria del materiale estratto.

Il falso problema di una erosione naturale (tra le altre cose, improbabile per una costa bassa) è diventato la foglia di fico, una moda del momento che conviene a tutti per deresponsabilizzarsi e fare becera propaganda contro gli stabilimenti balneari avviati a un nuovo regime concessorio. L’unica erosione che esiste, riscontrata, è quella indotta da una errata attività antropica nel realizzare opere di difesa costiera per tutelare le industrie del mare.

Non sono gli stabilimenti, ma le opere di difesa sbagliate a causare il fenomeno.
Il resto è solo mareggiata… e propaganda di basso profilo.

I RIFIUTI SULLE SPIAGGE E I BALNEARI

Le sedicenti “associazione ambientaliste” come “Mare Libero” ignorano anche il codice civile. Invece di preoccuparsi della pessima gestione amministrativa delle spiagge libere (che sono oltre il 50% dell’arenile romano), dove i servizi igienici sono costituiti da fatiscenti e inquinanti fosse biologiche, ignorano che gli interventi e le manutenzioni straordinarie sono a carico del proprietario e non del locatario. Cabine e strutture regolarmente insistenti su aree demaniali, su cui si paga la concessione, sono finite in mare per incuria della difesa della costa.

Se dentro casa, in cui sono affittuario, mi cade il soffitto e mi si rovinano i mobili, non pagherò per il loro recupero, smaltimento e sostituzione

Citofonare ai “padroni di casa”, lo Stato.

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ROMA, TERMOVALORIZZATORE: IL RUOLO DEGLI IMMOBILIARISTI

430241330_945060300516676_2369187205785162908_nNessun riscontro alla segnalazione di LabUr inviata (anche alla Guardia di Finanza) tre settimane fa. Se è certo che la particella 105 del foglio 1186, inclusa nel progetto dell’impianto di termovalorizzazione voluto dal Sindaco di Roma, Roberto GUALTIERI, non risulta nell’ordinanza (firmata dallo stesso Gualtieri) che vincola le aree destinate alla realizzazione di tale impianto, ora è anche certo che Roma ha incenerito per prima cosa la trasparenza amministrativa. Gravissimo infatti che tacciano sulla questione sia il Dipartimento Centrale Appalti della Direzione Generale di Roma Capitale (che ha fornito assistenza giuridico amministrativa), sia il Dipartimento Ciclo dei Rifiuti (stazione appaltante), ai quali è dovuta la regolarità della gara pubblicata all’indirizzo https://gare.comune.roma.it/gare/id35838-dettaglio,

Più in dettaglio, ricordiamo che la particella 105 insiste in parte sull’area destinata ad ospitare l’impianto di recupero delle ceneri pesanti (scorie per circa 150.000 ton/anno).
TermLa particella 105 (come tutte le altre dove verrà realizzato l’impianto) è stata venduta ad AMA SpA dalla Immobiliare Palmiero F. srl con sede a Pomezia in via Honduras 8, costituita nel 2002 e sciolta, con contemporaneo atto di messa in liquidazione, il 29 dicembre 2022, cioè un mese dopo la vendita ad AMA SpA.
A detenere ⅔ della proprietà, è una signora 77enne di origini francesi, Marie Micheline BORDES, residente ad Anzio, sposata in seconde nozze con Filippo PALMIERO, da cui prende nome la società Immobiliare Parlmiero F. srl, sebbene Palmiero non abbia quote azionarie. La BORDES ha sempre condotto attività nel settore immobiliare, risultando già nel 2015 socia della francese Societé Civile Immobiliere Impass Adam. Oggi è amministratrice unica della Giove 4 srl con sede presso lo stesso indirizzo, via Honduras 8 a Pomezia.

Perché a novembre 2022, a pochi giorni dalla vendita dei terreni, la Immobiliare Palmiero F. srl si è servita di un altro ‘scaltro’ immobiliarista di nome Andrea MESCHINI (Gruppo Meci srl, piazza Farnese 44, vicinissimo all’ambasciata francese) per chiudere l’affare con AMA SpA, mediando con il Comune di Roma? Perché risultava differente l’area dove sarebbe sorto il termovalorizzatore, secondo quanto riporta la stampa? Mancavano infatti le indicazioni delle particelle 673, 560 e 561, separate dalle altre dal Fosso della Cancelliera (il cui corso, poi, nel progetto, si dirà di dover spostare), mantenendo però lo stesso importo di acquisto (oltre 7 milioni di euro).

Term 2Come se non bastasse, dietro a tutta l’operazione termovalorizzatore c’è la presenza importante del gruppo francese Suez Environnement, il secondo gruppo mondiale nel campo della gestione delle acque e dei rifiuti, già a suo tempo molto vicino ad ACEA (essendo stata per anni il primo socio privato), alla quale è stato affidato il progetto del termovalorizzatore.

Insomma, la Francia va forte con il Sindaco Gualtieri che è volato a Parigi un numero incredibile di volte da quando è Sindaco pernottando negli hotel più esclusivi con il gotha dell’imprenditoria francese.

Forse quella del termovalorizzatore di Roma sarà anche una questione di gestione dei rifiuti, ma più si scava dentro le vicende urbanistiche e autorizzative più si scoprono aspetti tenuti nell’ombra da parte della pubblica amministrazione. Fino a maggio, scadenza della gara, LabUr – Laboratorio di Urbanistica e CopX – Rete per la Conferenza sui Rifiuti del Municipio X, saranno in grado di chiarire tutto… con o senza la partecipazione del Comune di Roma.

Allons enfants de la Patrie!

https://www.labur.eu/public/blog/2024/02/09/termovalorizzatore-di-roma-irregolarita-negli-atti-del-bando-di-gara/

Comunicato congiunto LabUr e CopX

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OSTIA, CAMPING VILLAGE ROMA CAPITOL: 7 ETTARI DI PINETA SCOMPARSA

camping capitol

Muore la Riserva Naturale Statale del Litorale Romano abbandonata da oltre tre anni alla devastante infestazione della Cocciniglia Tartaruga (Toumeyella parvicornis) e ora anche delle Cocciniglia Greca (Marchalina hellenica). Non solo muoiono migliaia di pini lungo le strade, ma anche intere aree di pineta. L’ultimo caso sono i 7 ettari (7 campi da calcio, più di 700 pini) abbatuti negli ultimi anni all’interno del Camping Village Roma Capitol in via di Castel Fusano 195, la struttura ricettiva a firma Baia Holiday nel cuore della Riserva. Delle vicende giudiziarie del 2016 abbiamo già ampiamente scritto.

LA STRUTTURA

Camping Village Roma CapitolLa struttura, che riaprirà dal 07.03.2024 al 07.01.2025, pubblicizza sul proprio sito “piazzole attrezzate per caravan, camper e tende all’ombra di pini”, pini che invece non ci sono più da anni. Al contrario, sono state realizzate nuove pavimentazioni di simil-sanpietrini lungo le strade principali del campeggio dichiarate come “segno di un continuo miglioramento”. Le foto dello scorso 16 febbraio parlano chiaro: il cambiamento c’è stato, ma in peggio, a partire dal consumo di suolo, come ad esempio la trasformazione di oltre 1 ettaro di Riserva nel nuovo Parco Acquatico con piscina olimpionica e nel “fantastico” Spray Park con scivoli per bambini, entrambi inaugurati nel 2023.

LE AUTORIZZAZIONI

La struttura si estende su un’area di 26 ettari nella Pineta di Castel Fusano all’interno della Riserva, delimitata da via del Canale dello Stagno, via di Castel Fusano, via del Fosso di Dragoncello e via dei Pescatori.

Il vigente Piano di Gestione della Riserva, adottato il 16 gennaio 2020, inserisce il campeggio nelle “aree di tipo 1” cioè quelle a maggior livello di tutela. In particolare trattasi di “campeggio in area boscata” all’interno dell’unità di gestione Castel Fusano, la più importante. L’area del campeggio è privata, ma soggetta alle disposizioni adottate. Già all’atto dell’adozione del Piano di Gestione (2016) si indicavano come criticità le “forti trasformazioni delle strutture del Campeggio Capitol” e si forniva, tra gli indirizzi di gestione, quello relativo alle pinete a pino domestico (Pinus pinea): “vanno salvaguardate e gestite con potature, tagli degli individui più vecchi e prevenendo l’attacco dei parassiti, nonché favorendo la crescita degli elementi di macchia mediterranea, rispettando o, in alcuni casi, anticipando il naturale diradamento della pineta. Ciò è prioritario nei tratti di pineta particolarmente densi, dove è necessario intervenire per interrompere la continuità della copertura arborea dei pini”.

Relativamente al consumo di suolo, si disponeva per i campeggi la sola manutenzione e recupero delle strutture esistenti e legittime, al fine di migliorare il loro inserimento ambientale e paesaggistico. Quindi, nessuna realizzazione di nuove strutture, neanche per i servizi strettamente indispensabili alla loro fruizione o per la messa a norma (servizi igienici, magazzini, spogliatoi).

Camping Village Roma CapitolIn conclusione, ai campeggi interni alla Riserva (compreso il Capitol) non è consentito alcun consumo di suolo ed è invece dovuto il rinnovamento e la ricostituzione “della copertura boschiva, anche mediante interventi di abbattimento selettivo su singole piante o nuclei, purché circoscritto ad aree minime ben delimitate (soprattutto per le pinete) e contestuale piantagione di nuove alberature, singolarmente numerate e georeferenziate, con sesto di impianto ravvicinato (max. 6×6) in modo tale da consentire solo l’installazione di piccole strutture amovibili”.

Invece, guardando le foto satellitari prese da Google Earth, qualcosa non torna perché di alberature nuove nemmeno l’ombra. Presumiamo che sia tutto regolare e autorizzato perché, diversamente, non è possibile che ‘nessuno abbia visto’.

I CONTROLLI

Ricordiamo che la Riserva si estende nei Comuni di Roma e Fiumicino, ai quali è affidata la gestione dei 15.900 ettari totali: 8.150 ettari nel Comune di Roma (51% del totale) e 7.750 ettari nel Comune di Fiumicino (49% del totale). All’interno del Comune di Roma è il Municipio Roma X ad avere con 3.110 ettari (38% del totale) la maggiore insistenza. 

Di chi sono le competenze autorizzative e di controllo?

Il Regolamento del Piano di Gestione disciplina le attività consentite entro il territorio della Riserva allo scopo di garantire il perseguimento delle finalità di cui all’art. 3 del Decreto del Ministero dell’Ambiente del 29 marzo 1996 con il quale è stata istituita. I suddetti Enti Gestori (Roma e Fiumicino) rilasciano, per le aree di rispettiva competenza, i nulla osta richiesti dal Regolamento. La Commissione di Riserva (rinnovata ogni 3 anni e che risponde al Ministero dell’Ambiente, monitorando la gestione della Riserva) deve invece esprimere verso gli Enti Gestori il proprio parere (vincolante) entro 30 giorni sul rilascio di nulla osta di particolare complessità e su quelli di durata triennale.

Per quanto riguarda il Camping Capitol, tutti gli interventi principali sostenuti dovevano avere il parere della Commissione, anche quelli relativi all’abbattimento degli alberi. Il rilascio del ‘nulla osta’ da parte degli Enti Gestori non è però un’autorizzazione che spetta invece, come provvedimento autorizzativo finale, alle varie Amministrazioni preposte. Pertanto, nel caso del Camping Village Roma Capitol, entrano in gioco sia l’Ufficio Ispettorato Edilizio del Municipio Roma X (per gli interventi edilizi) sia l’Ufficio autorizzazioni verde privato del Comune che rilascia le autorizzazioni all’abbattimento di alberature private (come nel caso del Capitol) ubicate in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, nonché il nulla osta della Soprintendenza speciale per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma e la relazione tecnica dell’agronomo. Tutta una documentazione di cui si suppone che il Gruppo X Mare della Polizia Locale di Roma Capitale e il reparto locale dei Carabinieri Forestali sia a conoscenza e l’abbia verificata in questi anni.

LA COMMISSIONE DI RISERVA

Se per il Comune di Roma, la Polizia Locale e i Carabinieri Forestali è, desumiamo, tutto regolare, chi è mancato all’appello sicuramente in questo periodo è la Commissione di Riserva, vacante dal 9 agosto 2022 al 22 novembre 2023 (effettivamente insediatasi solo il 5 febbraio scorso). Una Commissione nata ‘zoppa’ in quanto, alla data odierna, ancora mancante del componente designato dalla Città Metropolitana di Roma Capitale. Sarà dunque compito della Commissione verificare l’effettiva regolarità autorizzativa circa gli alberi abbattuti almeno da fine novembre 2023 ad oggi, fermo restando il controllo obbligatorio dell’impianto di nuovi alberi.

CONCLUSIONI

Quando scompaiono nel silenzio totale ben 7 ettari di pineta dentro una Riserva Naturale Statale e rimangono pochi pini dentro a un campeggio che ne esalta l’ombra per i suoi ospiti senza che altri alberi sostituiscano quelli abbattuti, le cose sono due: o è normale distruggere l’ambiente anche dentro le Riserve Statali o si aspetta che qualcuno abbia il coraggio di rompere il silenzio. 

A LabUr – Laboratorio di Urbanistica il coraggio di fare chiarezza non manca e di certo sarà apprezzato anche dal Camping Village Roma Capitol così da dissipare ogni dubbio. Pubblicheremo a breve tutti gli atti pervenutici in questi giorni e richiesti agli enti e autorità competenti.

Per ora, a lamentarsi, sono solo gli ospiti del Capitol:

Ma vi siete accorti che la vostra pineta sta morendo? Ormai è una distesa sconfinata di pini secchi e pericolosi a causa della toumeyella parvicorvis. Quando decidere di farla curare? Altrimenti non rimarrà neanche più un filo d’ombra” 

pineta incolta, molta incuria nel campeggio… alberi secchi tagliati e lasciati in giro … inadeguata la cura della parte esterna, lasciata andare a se stessa, con piante incolte o secche

la pineta è inesistente perché gli alberi sono malati, spogli e a rischio caduta (cosa che abbiamo scoperto una volta piantata la tenda, da altri campeggiatori)

Camping poco alberato… la casetta ci è stata consegnata alle 17.00 del giorno in cui dovevamo arrivare… lasciandoci ore sotto al sole… molti pini malati

Sono alcuni dei tanti commenti.

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TERMOVALORIZZATORE DI ROMA: IRREGOLARITA’ NEGLI ATTI DEL BANDO DI GARA

tmbLa gara per il termovalorizzatore è da rifare? Lo valuteranno gli enti e le autorità competenti a cui manderemo una dettagliata informativa. La questione è piuttosto grave: nel progetto è stata inclusa una particella catastale in più (la 105 del foglio 1186) che non è citata nell’ordinanza del Sindaco Roberto Gualtieri.
La particella fa riferimento ad un’area che è esclusa dal vincolo di destinazione finalizzato all’installazione di un impianto di termovalorizzazione. Questo fatto porterebbe all’invalidazione del progetto in gara.
Si tratta di pochi metri quadrati (192mq), ma funzionali al progetto e dunque importanti per l’intero impianto.
Non si tratta di una svista: ci sono infatti due distinti atti di compravendita, redatti dallo stesso notaio (Nicola ATLANTE), tra AMA e la Immobiliare Palmiero F., il primo datato 24 novembre (relativo alle particelle citate in ordinanza) il secondo datato sempre 24 novembre relativo alla particella 105. Questo particolare non è stato mai segnalato e non si capisce perché il Comune di Roma abbia prodotto una documentazione di gara diversa da quella disposta dal proprio Sindaco. La particella 105 del foglio 1186 è entrata infatti nella gara sul termovalorizzatore di Roma che scadrà il 18 maggio.
Non è l’unica anomalia riscontrata. Per questo LabUr – Laboratorio di Urbanistica, segnalerà nei prossimi giorni altre irregolarità. In attesa dei dovuti riscontri da parte degli enti e dell’autorità di vigilanza, ci domandiamo se le due società di consulenza profumatamente pagate con i soldi dei cittadini, la GeCo srl e la Intellera Consulting, utilizzate da AMA per validare l’acquisto di quei terreni, fossero a conoscenza di questa anomalia.

COPX – Rete per la Conferenza sui Rifiuti Municipio X, a cui ha aderito anche LabUr – Laboratorio di Urbanistica, invierà oggi questa ulteriore documentazione ad integrazione della precedente per chiedere la chiusura dell’istruttoria in corso sulla petizione di COPX presso la Commissione Europea competente, trasmessa anche alla Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento europeo.

(Comunicato Congiunto LabUr – Laboratorio di Urbanistica e COPX – Rete per Rete per la Conferenza sui Rifiuti Municipio X)

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MUNICIPIO X – DOSSIER “IL GIRO DI AFFARI DIETRO AL VERDE” 

Business Verde CapitaleIeri l’annuncio che i giardinieri di Roma Capitale sono pronti a partire per “riforestare” Roma con 500mila piante tra alberi e arbusti, entro il 2026. Nel Municipio X, sulla carta, sono previste 3.206 piantumazioni nella riserva Acilia – Malafede, 6.870 a Dragoncello per “mitigare gli effetti del cambiamento climatico, adattare la città per contrastare le isole di calore” secondo l’Assessore al Verde, Sabrina Alfonsi. Al di là dell’assurdità dell’affermazione applicata alle due zone prescelte e al gap cronico tra tagli e piantumazioni, rimane un Servizio Giardini nel caos: solo 384 i dipendenti e ⅓ è inabile a curare 85.000 ettari di verde della Capitale, ma soprattutto gli amministratori in anonimato ammettono che non c’è alcun controllo sul numero di potature, capitozzature, dicioccature e tagli degli alberi, e il catasto del verde (con relativa geolocalizzazione) non è mai stato completato. I pochi dati diffusi dal Dipartimento ambiente dichiarano che sono stati tagliati 17.825 alberi con l’appalto quadro triennale del valore di 60MLN di euro, ma l’obbligo di ripiantumazione non è stato mantenuto. Ancora più tragica la situazione nel Municipio X che ha il decentramento al Verde. Nessuno, dall’ex Assessore Alessandro Ieva del M5S a quello attuale, Valentina Prodon del PD, ha mai fornito un solo dato nonostante i solleciti di consigliere e associazioni.
Cosa stia accadendo nel Municipio di Ostia proviamo a raccontarlo in questo dossier spiegando cosa c’è dietro a questa montagna di soldi che gira sulla risorsa più preziosa che abbiamo, partendo proprio dal caso studio dei pini del monumentale viale di Castelporziano.

IL METODO
Il Municipio X (che da ottobre 2021 è guidato da una nuova amministrazione) ha abbattuto negli ultimi 5 anni circa 200 pini (Pinus Pinea) lungo lo spettacolare viale di Castelporziano all’Infernetto. Gli ultimi, oltre 100, sono stati abbattuti tra agosto e novembre 2023 ricorrendo alla somma urgenza, dunque senza l’autorizzazione del Dipartimento Tutela Ambientale, senza controllare con diligenza le operazioni di abbattimento, ignorando anche la destinazione del recupero del legname e senza darne la dovuta trasparenza pubblica come previsto per legge.
Pini abbattuti in dispregio del “Regolamento Capitolino del verde pubblico e privato e del paesaggio urbano di Roma Capitale” (Deliberazione dell’Assemblea Capitolina n.17 del 22 marzo 2021) dove i pini sono considerati oggetto di speciale salvaguardia in quanto “specie identitaria del paesaggio romano”.
Pini che registravano attacchi minimi di cocciniglia fino a marzo 2019: ad aprile 2022 infatti le chiome erano verdi mentre oggi gli alberi si sono trasformati in ‘morti in piedi’ a causa della velocità di propagazione delle infestazioni e della letalità delle stesse in assenza di interventi di salvaguardia, soprattutto contro la cocciniglia tartaruga (Toumeyella parvicornis).
Pini alti tra i 15 e i 18 metri, aventi una chioma e un diametro rispettivamente di 5 metri e di 50-60 cm, disposti in doppio filare lungo il viale di Castelporziano individuato come “Bene del Patrimonio Culturale” nella Tavola C-29 del P.T.P.R. (parte del ‘sistema dell’insediamento storico – viabilità e infrastrutture storiche, ex art.60, c.2, L.R. 38/99).
Tutto andato perduto, ma qualcuno ne ha tratto profitto.

PREMESSA

1. LEGNO COME RIFIUTO
Gli sfalci e le potature provenienti dalle aree verdi pubbliche sono a tutti gli effetti rifiuti urbani e il ‘produttore iniziale’ di tali rifiuti è, nel nostro caso, il Municipio X in quanto proprietario delle alberature stradali considerate da abbattere o da potare. Qualora l’attività di raccolta e trasporto di tali rifiuti sia effettuata dallo stesso soggetto che ha l’appalto per la manutenzione del verde, è da considerarsi come ‘produttore iniziale’ del rifiuto. Dunque la responsabilità del corretto conferimento del rifiuto presso l’impianto di recupero o di smaltimento autorizzato è condivisa tra Municipio e appaltatore. L’iter di conferimento deve essere tracciato mediante il Formulario di Identificazione del Rifiuto (FIR), un documento obbligatorio per il trasporto dei rifiuti che contiene tutte le informazioni relative al tipo di rifiuto, al produttore, al trasportatore e al destinatario. Il singolo FIR (che dunque è un documento di trasporto) deve essere redatto in 4 esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore e controfirmato dal trasportatore. Una copia rimane presso il produttore e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario (che ha l’obbligo di indicare il quantitativo di rifiuto accettato), sono acquisite rispettivamente una dal destinatario e due dal trasportatore che provvede a trasmetterne una al produttore.
Non solo l’impianto di destinazione deve essere autorizzato, ma anche l’appaltatore deve essere iscritto all’Albo Nazionale Gestori Ambientali. Se il trasporto avviene a cura dell’impresa stessa che risulta essere produttore iniziale del rifiuto (cioè, l’appaltatore), l’iscrizione è in categoria 2 bis. Diversamente, l’attività di “raccolta e trasporto di rifiuti urbani” prevede l’iscrizione in categoria 1. Vedremo poi perché questo elemento sia significativo nel caso di specie.

2. IL MERCATO DEL ‘CIPPATO’
Dietro alla raccolta e trasporto del legno come rifiuto urbano si agita lo spettro del mercato, non sempre regolare, del c.d. ‘cippato’ e cioè del legno sminuzzato in scaglie, prodotto a partire da tronchi, ramaglie, piante intere, da porzioni di piante o dai residui dell’industria del legno.
La qualità del cippato varia in funzione di:
– Materia prima (tronchi, ramaglie) e specie legnosa
– Grado di stagionatura o essiccazione del legno
– Dimensione prevalente (espressa in mm) delle scaglie di cippato (pezzatura)

Gli acquirenti del cippato possono essere diversi, dalle grandi centrali che producono energia elettrica attraverso la combustione delle biomasse ai proprietari di caldaie a cippato, comprese le piccole industrie e gli artigiani che hanno investito nella bioenergia (di recente, anche per uso domestico tramite il c.d. ‘cippatino’).
Il prezzo del cippato ad aprile 2023 per il consumatore finale era (per le prime tre classi di qualità, espresso in euro per tonnellata): A1 (163), A2 (98) e B1 (63). A tali importi, va aggiunto il costo del trasporto che può arrivare a incidere dai 20 ai 50 euro a tonnellata, a seconda del mezzo di trasporto impiegato e della distanza. Al totale, va aggiunta l’IVA.

Il cippato, in termini economici e a parità di resa termica, è 4 volte più conveniente del pellet, che è prodotto perlopiù dalla pressatura della segatura di legno di scarto essiccato in precedenza. Di solito, per grandi opere di abbattimenti, come nel caso del viale di Castelporziano, il materiale cippato viene destinato a centrali di utilizzazione di biomasse per la produzione di bioenergia. Le centrali vengono scelte di preferenza sul territorio regionale e possono a loro discrezione accogliere o no il materiale in base a valutazioni sulla effettiva ‘qualità’ (a volte non tracciabile) del prodotto in arrivo. In ogni caso è sempre onere della ditta che produce il cippato l’ottenimento di tutte le autorizzazioni necessarie alla movimentazione di materiale.

CRONISTORIA SU VIALE DI CASTELPORZIANO

L’INTERVENTO DEI VIGILI DEL FUOCO
Il 25 luglio 2023 i Vigili del Fuoco (squadra 13/A, Turno B – 20.00 / 08.00 del 25 – 26.07.2023) sono intervenuti presso il viale di Castelporziano, altezza civico 550-546 (tra via Ermanno Wolf Ferrari e via Canazei) per una segnalazione relativa ad alberi pericolanti. Si è così proceduto all’abbattimento e rimozione di due pini in accordo con la Polizia Locale di Roma Capitale e con il personale del Servizio Giardini presenti sul posto. Dall’esame visivo delle piante adiacenti è stata riscontrata la presenza di altri pini pericolanti e si è disposto, in somma urgenza e sotto la guida di un tecnico qualificato, di porre in atto tutti i lavori di riparazione, consolidamento e ripristino per garantire la pubblica e privata incolumità, chiedendo la chiusura al traffico di viale di Castelporziano tra via Ermanno Wolf Ferrari e via del Canale della Lingua. Con un solerte fonogramma sempre del 25 luglio (Scheda 25584) – a firma dell’Ing. Salvator Gabriele AMATO, a capo del servizio USAR (Urban Search And Rescue) del Comando Provinciale di Roma dei Vigili del Fuoco (da poco giunto da Asti) – i VV.FF. hanno fatto richiesta delle misure cautelative al Municipio X, alla Polizia Locale di Roma Capitale X Gruppo “Mare” e al Commissariato di P.S. Ostia Lido, specificando che “costituiscono provvedimento emesso dall’Autorità, la cui inosservanza è sanzionata a norma dell’art. 650 del Codice Penale fino al cessare delle condizioni di urgenza o al subentro degli Enti competenti in via ordinaria”.

4. L’INTERVENTO DELLA POLIZIA MUNICIPALE
Il 28 luglio il X Gruppo Mare ha istituito una provvisoria disciplina di traffico sul viale di Castelporziano chiudendo il tratto interessato, per poi estenderla da via Canazei a via del Canale della Lingua dal 4 settembre al 13 ottobre per “lavori di potatura eseguiti per conto della U.O.T. ”

5. L’INTERVENTO DEL MUNICIPIO X
Con Prot. CO/2023/0112155 del 4 agosto 2023 il Municipio X ha comunicato ai diversi enti l’avvio, a partire dal 7 agosto, di abbattimenti in somma urgenza dei pini lungo il viale di Castelporziano per sicurezza stradale e pubblica incolumità, ai sensi dell’art. 32 del Regolamento Capitolino del verde pubblico. Tale articolo consente, in caso di necessità e urgenza, di abbattere gli alberi senza specifico provvedimento motivato del Dipartimento Tutela Ambientale. Poiché il Municipio X ha la competenza e la responsabilità del mantenimento della sicurezza delle strade municipali e delle relative alberature stradali, dopo il fonogramma dei Vigili del Fuoco, ha affidato alla ditta Ge.Co.S. srl (Gestione Costruzioni e Servizi srl) l’attività, in quanto affidataria dell’appalto per “Lavori di manutenzione ordinaria all’interno delle aree verdi del Municipio X” (fondi annualità 2022-2023, CIG 9516203b22).
Individuato per l’analisi fitosanitaria delle alberature il consulente tecnico della Ge.Co.S. srl (il dr. Forestale Giovanni LUDOVICI), sono iniziati gli abbattimenti sotto il controllo del Municipio X (Direttore dei lavori, Arch. Fabrizio COLAPICCHIONI).

6. I LAVORI
L’attività di abbattimento, raccolta e trasporto dei rifiuti è dunque stata affidata alla ditta “Gestione Costruzioni Servizi srl” (abbreviata “Ge.Co.S. srl”) con sede legale in via Anchise 9, 00040 – Pomezia (Rm) e unità locale, destinata ad uffici e alla produzione di compost da rifiuti organici, in via Monte d’oro 30, 00071 Pomezia (Rm), aperta il 4 giugno 2018 (*).
I pini destinati all’abbattimento in Viale di Castelporziano però non sono stati dichiarati infestati dalla cocciniglia tartaruga (nonostante da anni esista una perizia del Dipartimento che li ha invece dichiarati infestati). Questo ha consentito di non classificare i pini come rifiuto speciale e quindi di non assoggettarli a quanto previsto dalle normative in vigore e dai decreti vigenti di lotta obbligatoria ai parassiti, al momento dell’esecuzione del trasporto.

Il Comune avrebbe dovuto tracciare l’intera procedura verificando il peso iniziale e il corrispondente peso di destinazione, ma di fatto questo non è avvenuto e il calcolo è stato eseguito, in partenza, sulla base del volume dei camion trasportatori e, a destinazione, sul peso in accettazione del centro di cippatura. Quando la ditta affidataria dei lavori coincide con il trasportatore e con l’impianto di trattamento, la procedura finisce dunque per basarsi sull’autocertificazione della ditta stessa, senza un effettivo controllo da parte del committente, cioè del Municipio X. Nel caso specifico di viale di Castelporziano  l’impianto di trattamento era stato sottoposto a sequestro fino a pochi mesi prima dell’affidamento per irregolarità urbanistiche ed edilizie anche sull’impianto di pesa (la vicenda è descritta nella sentenza del TAR Lazio n. 05712/2023, pubblicata il 4 aprile 2023).

Precisiamo, che non solo l’impianto di destinazione deve essere autorizzato, ma anche l’appaltatore deve essere iscritto all’Albo Nazionale Gestori Ambientali. Se il trasporto avviene a cura dell’impresa stessa che risulta essere produttore iniziale del rifiuto (l’appaltatore), l’iscrizione è in categoria 2 bis. Diversamente, l’attività di “raccolta e trasporto di rifiuti urbani” prevede l’iscrizione in categoria 1. L’Albo Gestori Ambientali ha stabilito che l’attività di raccolta e trasporto di tali rifiuti, se classificati come urbani, è effettuata dallo stesso soggetto che ha l’appalto o la concessione per la manutenzione del verde, ed è da considerarsi come produttore iniziale del rifiuto e pertanto potrà iscriversi in categoria 2 bis (art. 212 comma 8 del D.Lgs. 152/06), evitando così l’iscrizione in cat.1 (raccolta e trasporto di rifiuti urbani) molto più stringente in termini di autorizzazioni e certificazioni.

Dunque il problema è la classificazione del rifiuto tra “urbano” o “urbano speciale” proprio il caso dei pini infestati dalla cocciniglia tartaruga. Ricordiamo che il commercio di legname infestato è stato riconosciuto una causa primaria della diffusione del parassita nonostante l’emanazione di una rigida normativa di contrasto. E’ stato p.es. appurato che uno dei mezzi di diffusione della cocciniglia è proprio  il trasporto lungo le strade di legname infetto se non protetto da teloni e dunque non è un caso che molte alberature stradali risultino infestate. In particolare, il legname di pino proveniente da zone infestate, individuate dai servizi fitosanitari regionali, dovrebbe essere commercializzato solo se preventivamente scortecciato nella zona di produzione.

Pertanto, se classificato come “rifiuto urbano”, il committente pubblico (in questo caso, il Municipio X) cede la proprietà del legname alla ditta incaricata che può quindi venderlo sul mercato come cippato. Se invece è classificato come “rifiuto speciale” deve essere smaltito in appositi impianti e non può essere inserito sul mercato, se non tramite controlli e certificazioni più stringenti.
Invece, sotto il profilo economico, ci sono ad oggi due comportamenti da parte  dell’Amministrazione Pubblica: definire l’area, stimare la quantità di legname prodotto e farselo pagare a peso, oppure definire quanti alberi vanno tagliati, pagare la ditta per il taglio e il trasporto e non tenere conto della quantità prodotta e il suo impiego successivo.
Nonostante siano classificabili come spese straordinarie per l’Amministrazione, questi importi (nel secondo caso sopra elencato) vengono addirittura inclusi nelle spese ordinarie di manutenzione del verde pubblico spacciandole per potature e sottraendo di fatto risorse alla cura delle alberature, determinando un grave danno erariale.
Nel caso di viale di Castelporziano la scelta è stata appunto la seconda.

 

IL DANNO ERARIALE

Ogni albero ha un proprio valore secondo la tipologia, l’anzianità e lo stato di salute, tutti fattori che determinano gli agronomi (pagati dalle ditte affidatarie dei lavori e dunque in confoitto di interesse) mediante un esame visivo (VTA, Visual Tree Assesment).Il valore è dato da precise formule. Quella utilizzata dal Corpo Forestale della Tenuta Presidenziale di Castelporziano è V=AxBxC.

A è il valore economico di base a seconda del tipo di albero
B  è il coefficiente in funzione della circonferenza del tronco (anzianità)
C  è il coefficiente del suo stato di salute (stato di salute)

Nel caso di viale di Castelporziano, come da perizia a fine 2019, si trattava di pini con i seguenti parametri:  A uguale a 200 euro,  B uguale a 12 (essendo alti 15-18 metri con circonferenza 50-60 cm) e C uguale a 6 in quanto “disposti su filari in discreto stato di salute”.
Dunque il 60% dei pini di viale di Castelporziano potevano essere salvati con regolare manutenzione e invece sono stati abbandonati all’incuria fino a quando si sono tutti ammalati in modo irreversibile.
Secondo la formula, ogni pino aveva un valore iniziale di V= 200x12x6=14.400 euro. Ogni pino è invece diventato un costo puro per la collettività, per altro mai dettagliato dall’Amministrazione perché annacquato in un appalto di abbattimento spacciato per manutenzione ordinaria. Ogni singolo pino si è però trasformato anche in un guadagno per il privato equivalente a circa 1.200 euro di cippato.
A questo costo andrebbero aggiunti gli oneri per la ripiantumazione, obbligatoria per legge e che per altro non avviene mai, nonché il danno paesaggistico e biologico. Un albero di 15 metri e di 80 anni, con un diametro di 50-60 cm accumula milioni di atomi di carbonio. Il valore di sostituzione di questo albero è pari alla messa a dimora di circa 2.000 (duemila) giovani alberi di 2 metri di altezza. In Italia siano ben lontani dalle c.d. regola urbanistica di Vancouver (Canada): “3/30/300” e cioè vedere almeno 3 alberi dalla finestra, avere 30 alberi nella superficie di un quartiere, contarne 300 nel parco pubblico ubicato entro i 300 metri dall’abitazione.

Ecco perché all’interno di questo sistema, a Roma (non solo sul viale di Castelporziano), chi ne trae profitto è la criminalità.

Qui di seguito riportiamo i numeri (per difetto) della strage di pini avvenuta nel Municipio X in un anno, un Municipio che ha ben due Riserve Naturali Statali (quella di Castelporziano e del Litorale Romano), che ha il decentramento amministrativo per il verde e un direttore del Municipio iscritto all’ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della provincia di Roma.

TENUTA PRESIDENZIALE DI CASTELPORZIANO

anno: 2023

estensione: 160 ettari

massa legnosa: circa 28.713,85 tonnellate

nr pini: circa 4.200

committente: Segretariato Presidenza della Repubblcia

ditta: MASSONI P. e M. srl (via di Sottomonte, 160 – 55060 Guamo, LU)

 

VIA DEI PESCATORI

anno: 2023

estensione: 4 ettari (alberature stradali per 4 km)

massa legnosa: circa 720 tonnellate

nr pini: dichiarati 104

committente: Municipio Roma X

ditta: Nomentana Appalti srl (via Giulio Cesare, 71 – 00192 Roma, RM)

 

VIA DELLA VILLA DI PLINIO

anno: 2022

estensione: 2 ettari (alberature stradali per 1,7 km)

massa legnosa: circa 340 tonnellate

nr pini: dichiarati 50

committente: Comune di Roma, Dipartimento Tutela Ambientale

ditta: Verdidea srl (via Gargiulo, snc – 64122 Talsano, TA)

 

VIA DI CASTELFUSANO

anno: 2023

estensione: 3 ettari (alberature stradali per 2,5 km)

massa legnosa: circa 1.320 tonnellate

nr pini: dichiarati 202

committente: Municipio Roma X

ditta:  Gentile Multiservizi srl (via dei Pini, 89 – 00020 Marano Equo, RM)

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OSTIA, VALENZA TURISTICA: LA TRUFFA BIS

Valenza Turistica OstiaMentre si discute in Comune e in Regione l’avvio dell’approvazione del PUA in modo illegittimo, esce la seconda sentenza del TAR del Lazio che dà ragione agli stabilimenti balneari: Ostia non  come Amalfi. La sua valenza turistica è la più bassa prevista in Italia. Tutti i canoni concessori sono sbagliati dal 2016. Decine di milioni di euro di danno erariale.

Con sentenza N. 01255/2024 (pubblicata il 23/01/2024) il TAR Sez. Quinta Ter, ha dato ragione a 19 stabilimenti di Ostia contro Roma Capitale, accogliendo il ricorso di annullamento della delibera n.33/2022 recante “modifica della Deliberazione n.9 del 6 ottobre 2020 adottata dalla Commissione Straordinaria con i poteri della Giunta Municipale”, del 25/10/2022, con la quale la Giunta Municipale del Comune di Roma ha approvato la nuova scheda di analisi del Municipio X di Roma Capitale, attribuendo un valore complessivo di 64,50 punti con conseguente collocamento del territorio di Roma Capitale in Valenza Turistica di categoria A, come Amalfi.

Secondo il Tribunale Amministrativo il Municipio X avrebbe sovrastimato i posti ricettivi e negata l’esistenza di zone non balneabili e dello stato di erosione delle coste. Non solo: non avrebbe nemmeno depositato gli atti dell’istruttoria in aula, né spiegato da quale fonte avrebbe tratto i nuovi valori, né su quale periodo gli stessi siano stati calcolati.
I criteri adottati dal Municipio Roma X in termini di canoni concessori dunque sono sbagliati perché la classificazione di ‘alta valenza turistica’ per il Litorale romano poggia su dati errati o di dubbia provenienza e il TAR ne sottolinea i vizi di istruttoria e quelli di eccesso di potere. L’ennesima pagina di brutte figure amministrative che danneggiano l’immagine dello Stato.

Un film che LabUr aveva già preannunciato a Gennaio 2023 (LINK), quando il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Settima), il 22 novembre 2022 (con pubblicazione del 4 gennaio 2023) ha sentenziato circa l’errata valutazione da parte del Comune di Roma (fino al 2020) dei fenomeni erosivi lungo il Litorale romano attribuendo alle concessioni demaniali marittime la classificazione di “alta valenza turistica“. Era stato infatti incontrovertibilmente appurato, in sede di verificazione giudiziale, che l’arenile si era ridotto “a seguito di eventi dannosi di eccezionale gravità che hanno comportato una minore utilizzazione dei beni oggetto della concessione”. Il Comune di Roma aveva infatti utilizzato le sole “pubblicazioni fonte ENEA” anziché l’ “Atlante regionale della Dinamica Costiera elaborata nell’ambito del “Progetto Europeo Maremed”, così come previsto dalla legge regionale 14 luglio 2014, n. 7. Lo stesso errore commesso dalla delibera di giunta n.33 del 24 ottobre 2022 che ha utilizzato il “Rapporto spiagge Legambiente 2022” per definire di valore ‘medio’ l’effetto erosivo costiero attribuendo alle concessioni di nuovo una “alta valenza turistica” a fronte invece della gravità visibile a tutti, in primis alla Regione Lazio, anche a Legambiente stessa. Per altro erano state stravolte le conclusioni stesse di Legambiente che, testualmente, in linea con quanto sostenuto dalla Regione Lazio, riteneva grave e non ‘media’ l’erosione sul litorale romano: “Il litorale di Roma, la zona di Ostia e del X Municipio, ha visto negli anni numerosi interventi sia di opere rigide che di ripascimenti. Su questi 10 km di litorale sono state realizzate opere rigide come barriere sommerse ravvicinate (Ostia Ponente) o distanziate (Ostia Centro), pennelli semisommersi (Ostia Ponente e centro), ripascimenti con sabbie da cave terrestri (Ostia Ponente e Centro), con sabbia da cave marine (Ostia Ponente e Levante). Dal 1990 al 2015 (il periodo più importante per la mole di interventi) l’erosione complessiva del litorale di Ostia è passata da circa 50.000 mq a 120.000 mq. Dal 2016 al 2018 la situazione è ulteriormente peggiorata”.

Vedremo che cosa farà il nuovo Ufficio di scopo, che il Comune deve ancora istituire. La tabella dovrà essere rifatta con i punteggi corretti.

 

 

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OSTIA, VIA DI CASTEL FUSANO: LA DENDROFOBIA DEL DIRETTORE AGRONOMO

Un'ambulanza diretta all'ospedale G.B.Grassi costretta ad evitare le transenne su via di Castelfusano procedendo su sterrato (foto 14 dicembre 2023)

Un’ambulanza diretta all’ospedale G.B.Grassi costretta ad evitare le transenne su via di Castelfusano procedendo su sterrato (foto 14 dicembre 2023)

Si chiama Marcello VISCA, classe 1960, agronomo, laureato in Scienze Agrarie nel 1982, iscritto all’Ordine professionale dal 1985 e dal 1 settembre 2022 direttore del Municipio Roma X, dove già da gennaio a novembre 2002 aveva ricoperto il ruolo di dirigente della unità Ambiente e Litorale. Sotto VISCA, da settembre 2022, sono stati abbattuti nel Municipio X, l’unico municipio di Roma che gestisce il verde in forma autonoma, oltre 400 pini, uno al giorno. Pini ormai ‘morti in piedi’, lungo le principali strade, lasciati in balìa della famigerata ‘cocciniglia tartaruga’, senza alcuna cura. Una triste eredità lasciatagli dal precedente direttore municipale, Nicola DE BERNARDINI (poi diventato direttore del Dipartimento comunale Tutela Ambientale) che poco o nulla ha fatto dal 2019, anno in cui l’infestazione ha subito una forte impennata, fino al 2021, anno in cui la cocciniglia ha finito per infestare anche tutte le pinete del litorale romano.

Sembra una vera dendrofobia. O c’è dell’altro?

L’abbattimento dei pini ‘morti in piedi’ ha di fatto paralizzato la mobilità nel Municipio X, provocando la chiusura prima di via dei Pescatori, poi di via di Castelporziano, poi di via della Villa di Plinio e per ultimo di via di Castel Fusano, tutte strade fondamentali anche per il servizio pubblico (p.es. via di Castel Fusano assorbe il 70% del traffico veicolare tra la via del Mare e la via Cristoforo Colombo). 

Se gli abbattimenti si sono resi necessari per garantire la pubblica e privata incolumità (perché il vento e le piogge hanno peggiorato il rischio di crolli), non si capisce come mai davanti a simile evidenza non si sia programmato in tempo utile un piano di viabilità alternativo interessando il Gruppo X Mare del Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale.

Ad oggi il risultato è invece il caos totale accompagnato dalla totale assenza di trasparenza pubblica degli atti, tutti emessi in somma urgenza. Possibile che il Municipio e la Polizia Locale siano stati sorpresi dagli eventi?

L’esempio più eclatante è proprio quello dell’ultima arrivata e cioè di via di Castel Fusano.

via di castelfusano chiusaLa strada (circa 2,5 km) è stata chiusa  con Determinazione Dirigenziale del Gruppo X Mare in data 2 dicembre 2012 fino al termine degli abbattimenti affidati (senza alcuna evidenza pubblica) alla ditta “Ge.Co.S. – Gestione Costruzioni Servizi Srl” di Pomezia, già di recente impiegata su via di Castelporziano con le stesse modalità che andiamo a descrivere. A detta delle dichiarazioni a mezzo stampa di Valentina PRODON, Assessore municipale all’Ambiente, l’abbattimento di oltre 200 pini lungo via di Castel Fusano porterà a riaprire la strada a metà gennaio 2024. Precisiamo che la ditta ha iniziato le lavorazioni il 12 dicembre ma che nessun cartello lavori è oggi presente sul cantiere e neppure risultano pubblicati gli atti di affidamento lavori.

La chiusura della strada non era stata programmata, tutto è avvenuto casualmente, come di seguito narrato.

Alle ore 2:20 del 2 dicembre veniva segnalata ai Vigili del Fuoco la presenza, a circa 500 mt dall’incrocio tra via di Castel Fusano con via dei Pescatori, di un’autovettura SMART ferma sulla corsia direzione via Cristoforo Colombo, danneggiata nella parte anteriore per l’urto con un grosso ramo di pino caduto sulla sede stradale. Circa 50 mt più avanti, ma in direzione via del Mare, era presente una seconda autovettura FIAT “Panda”, anch’essa danneggiata nella parte anteriore per gli stessi motivi.

Al tempestivo intervento dei Vigili del Fuoco seguiva quello del Gruppo X Mare per i rilievi dell’incidente. Con fonogramma dei Vigili del Fuoco delle ore 4:39 sempre del 2 dicembre, ai sensi dell’art.650 c.p., veniva richiesto al Municipio dai Vigili del Fuoco il divieto di transito su via di Castel Fusano in entrambe le direzioni, nel tratto tra via Carlo Maviglia e via dei Pescatori, al fine di risolvere il pericolo della caduta rami dai pini ‘morti in piedi’.

In realtà già esisteva una interdizione al traffico in Via di Castel Fusano ai sensi dell’Ordinanza Sindacale n. 130 del 01 dicembre 2023 (nota prot. n. RK/2023/0012252). Questa ordinanza prevedeva per la giornata del 02 dicembre 2023, causa allerta “gialla” di Protezione Civile per il forte vento previsto sul litorale romano, l’adozione da parte del Municipio X e del Gruppo X Mare di adeguati provvedimenti di limitazione temporanea di circolazione stradale per via di Castel Fusano. Ciò non è stato eseguito e la chiusura della strada è avvenuta solo dopo il doppio incidente.

Non solo, ma la questione della pericolosità di via di Castel Fusano era stata ampiamente segnalata dai cittadini da oltre un anno, senza alcun intervento del Municipio e della Polizia Locale. Addirittura nella seduta congiunta del 14 febbraio 2023 tra le Commissioni municipali III – Lavori Pubblici e Mobilità e IV – Ambiente (presenti i rispettivi referenti, Leonardo DI MATTEO e Valentina SCARFAGNA, nonchè gli assessori Guglielmo CALCERANO e Valentina PRODON), il direttore Marcello VISCA ha dichiarato di essere a conoscenza del problema di pericolo caduta alberi su via di Castel Fusano e di ‘stare studiando’ il modo di intervenire, compresa la c.d. ‘cippatura’ dei pini abbattuti e cioè il procedimento meccanico con cui ottenere legno sminuzzato (‘cippato’) dai tronchi, utile come biocombustibile. L’estratto della registrazione video qui riportato lo testimonia.

Restano pertanto aperte molte domande. Come mai 10 mesi fa non si è intervenuti su via di Castel Fusano? Che fine faranno i tronchi dei pini? Saranno considerati ‘rifiuti’ e smaltiti in discarica (con dei costi) o trasformati in ‘cippato’ (con degli utili)? Perchè si è atteso l’incidente senza dare seguito all’Ordinanza Sindacale e senza prevedere con anticipo una viabilità alternativa, provocando di fatto una interruzione di pubblico servizio essendo via di Castel Fusano percorsa quotidianamente dalle ambulanze dirette all’Ospedale G.B. Grassi?

La strage dei pini nel Municipio X non sembra arrestarsi e forse la causa potrebbe essere uno sporco giro di affari collegato all’utilizzo del ‘cippato’ ricavato dai tronchi. Un Municipio come quello di Ostia, autonomo da Roma per la gestione del verde, immerso all’interno della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano (la cui Commissione di gestione, assente da agosto 2022, è appena stata costituita il 22 novembre u.s.), controllato (teoricamente?) da apposita sezione dei Carabinieri Forestali, diretto dall’agronomo Marcello VISCA, sembra complice della criminale gestione dei rifiuti derivanti dall’abbattimento dei pini. La scusa è che, ormai ‘morti in piedi’, siano stati abbandonati dall’infestazione degli insetti. Ma allora, se anche così fosse giustificato dalle carte ufficiali (per ora assenti) i proventi derivanti dal biocombustibile, a chi vanno?

2008 2022

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INFERNETTO: IL VERDE DISGRAZIATO CHE FAVORISCE LA CRIMINALITÀ

pino caduto infernettoL’Infernetto è un quartiere che non è consorziato come AXA e Casalpalocco per la manutenzione del verde, ma che sopravvive sulle spalle dei residenti, frontisti delle strade. Fino a quando non si attuerà il Piano Particolareggiato del 1992, saranno i proprietari dei villini ad esser considerati responsabili del proprio fronte strada per legge, verde compreso.

Questo vale anche per le aree in mano al Comune di Roma, come quella ad angolo tra via Wolf Ferrari e via Soffredini dove ieri sera c’è stato il crollo di un pino secco da anni e regolarmente segnalato dai residenti via pec anche alla Polizia municipale. Evidentemente la pubblica e privata incolumità è un optional buono solo per le crociate funzionali ad altri interessi. Da rimarcare che quell’albero era posizionato davanti al futuro e famigerato Centro di Raccolta AMA dove ultimamente si sono svolti degli illeciti lavori che potrebbero aver indebolito la stabilità del pino.

Per altro ricordiamo che via Wolf Ferrari è una strada pubblica e il pino caduto si trovava sulla pertinenza stradale di proprietà dunque del Comune di Roma.
Solo dopo il crollo, è intervenuto ‘qualcuno’ a rimuovere il pino, tagliandolo a pezzi verso le 20:30. Stamattina alle 11:00 è ancora lì, creando ulteriore pericolo per occupazione irregolare della banchina stradale.

Non sono i pini ad essere pericolosi e nemmeno i “naziambientalisti”, ma un Comune di Roma mascalzone che mette a rischio la vita dei cittadini e che provoca un continuo danno al patrimonio pubblico facendo morire le alberature stradali, abbandonandole a se stesse e senza provvedere alla loro manutenzione.
Dietro a questo criminale, quanto redditizio, comportamento del pubblico, una pletora di finti ambientalisti, il clan massonico degli agronomi e la criminalità organizzata che trovano sponda nella nuova crociata mediatica contro i pini.
È ora delle denunce.

Albero caduto (foto ore 20.30 del 10 novembre 2023) che invade tutta via Wolf Ferrari

Albero caduto (foto ore 20.30 del 10 novembre 2023) che invade tutta via Wolf Ferrari

Albero tagliato e abbandonato sulla banchina di via Wolf Ferrari (foto ore 11:00 del 11 novembre 2023)

Albero tagliato e abbandonato sulla banchina di via Wolf Ferrari (foto ore 11:00 del 11 novembre 2023)

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