OSTIA, SPIAGGE LIBERE: IL COMUNE DI ROMA SI INTASCA 380.000 EURO MA PIAZZA SOLO TRE BAGNINI

  1. Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20250516_155725_0000Il Comune di Roma dovrebbe garantire sulle spiagge di propria competenza ben 59 bagnini per la tutela della pubblica e privata incolumità, ma ne mette a disposizione solo 3. I soldi ci sono: solo la Regione Lazio p.es. ha stanziato 380.000 per la stagione balneare 2025. Una situazione che favorisce esclusivamente le cooperative private che ogni anno, come denunciamo da sempre, intervengono in sedicente ‘emergenza’ e strapagate dal Comune.

 

SPIAGGE LIBERE CHE DIVENTANO ATTREZZATE

Nel 2025, in maniera illegittima, il Comune di Roma ha trasformato, di fatto, 6 km di spiagge libere in spiagge libere attrezzate, insediando nuovi chioschi per la ristorazione (Capocotta e spiagge libere urbane) e tenendo chiusi quelli storici (Castelporziano). Oltre all’illegittimità dell’atto di trasformazione, il 17 maggio il Comune violerà la normativa del Comando Generale delle Capitanerie di Porto che impone anche quest’anno la presenza del servizio di salvamento a mare (bagnini) sulle spiagge libere attrezzate, nell’ipotesi immaginifica che quelle di Ostia siano tali (in realtà tale aspetto era già stato disciplinato dal Regolamento della Regione Lazio n.19 del 12 Agosto 2016 (art. 5), disponendo che le spiagge libere attrezzate hanno l’obbligo di garantire il servizio di salvamento, incluse le torrette di avvistamento).

 

Ricordiamo che è la Regione Lazio che ha competenza sul demanio marittimo e ogni anno indica il periodo della stagione balneare e finanzia gli interventi sulla sicurezza della balneazione. Con deliberazione n.228 del 15 aprile 2025, la Giunta della Regione Lazio ha stabilito che la stagione balneare inizia il 1° maggio e si conclude il 30 settembre 2025 e ha assegnato al Comune di Roma (con deliberazione n.191 del 3 aprile 2025) ben 380.000 euro. Questo valore viene calcolato proporzionalmente su tutti i Comuni costieri laziali in base ai metri lineari di spiagge libere e gli abitanti. Roma ha 6.635,91 metri lineari di spiagge libere e una popolazione di 227.372 nel Municipio X (fonte ISTAT – 1° gennaio 2024).

 

Gli oltre 6 km di spiagge sono composte da Capocotta, Castelporziano e l’insieme delle spiagge libere urbane (esclusi dunque gli stabilimenti balneari). Capocotta però è area di Riserva e dunque non destinata ad attività turistico ricreative, mentre Castelporziano è in concessione al Comune di Roma in virtù della convenzione del 1965 voluta dalla Presidenza della Repubblica e infine le spiagge urbane che fino al 2024, erano (e sarebbero ancora) spiagge libere ‘non attrezzate’.

A Capocotta sono stati autorizzati 6 chioschi (4 ancora in costruzione), mentre i 5 di Castelporziano sono chiusi e su 9 spiagge urbane il Comune di Roma ha previsto la trasformazione in spiagge libere ‘attrezzate’ mediante la realizzazione di 9 chioschi che ad oggi non esistono. Per cui, avendo ‘attrezzato’ le spiagge di Capocotta e quelle libere urbane e avendo in concessione quella di Castelporziano (che dunque segue le stesse regole di uno stabilimento balneare), servirebbe un bagnino ogni 100 metri, cioè 59 bagnini.

 

L’INTERVENTO DELLA CAPITANERIA DI PORTO

Sulla sicurezza a mare (che comprende il salvamento) ha competenza esclusiva la Capitaneria di Porto le cui disposizioni sono sovraordinate rispetto a qualunque atto amministrativo del Comune di Roma, compresa l’ordinanza balneare 2025 firmata dall’Assessore al patrimonio Tobia Zevi e dal Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri.

 

Quest’anno però è accaduto qualcosa si nuovo. Il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti ha inviato il 16 aprile 2025 al Comandante Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto una nota relativa alla stagione balneare 2025 e alle conseguenti misure di sicurezza e di tutela “della vita umana in mare” da adottare.

Ricordiamo che l’unica fonte normativa esistente in materia è l’art. 2, c. 1, lett. e), del D.Lgs. 30 maggio 2008, n.116 che individua solo il periodo della stagione balneare sulla base della qualità delle acque di balneazione (quello a cui si è riferito l’atto della Regione Lazio sopra riportato).

Tale vuoto normativo determina che, ogni anno, le singole Capitanerie devono emettere le ordinanze balneari, tra loro disomogenee, con l’individuazione del periodo di obbligatorietà del servizio di assistenza e salvataggio in mare, ai sensi degli articoli 81 del Codice della Navigazione e 59 del relativo Regolamento. E’ stato ‘consigliato’ che la stagione balneare 2025 fosse compresa tra il 17 Maggio e il 21 Settembre, periodo entro il quale il servizio di salvataggio deve tassativamente essere attivato da parte delle strutture destinate, a qualunque titolo, alla balneazione (stabilimenti, aree in concessione o spiagge attrezzate).

 

Il Comandante generale Amm. Isp. Capo (CP) Nicola CARLONE ha dunque inviato, sempre il 16 aprile, a tutte le Capitanerie di Porto una nota ribadendo che le funzioni relative alla sicurezza connessa all’utilizzo delle spiagge e del mare sono attribuite all’autorità marittima.

Ne è scaturita per Roma l’ordinanza di sicurezza balneare n. 66 del 9 maggio 2025 emanata dalla Capitaneria di Porto di Roma e firmata il 13 maggio dal Capo del Circondario Marittimo C.V. (CP) Silvestro Girgenti.

 

COSA DICE L’ORDINANZA DELLA CAPITANERIA DI PORTO

L’ordinanza si applica alle strutture destinate, a qualunque titolo, alla balneazione (stabilimenti, aree in concessione o spiagge attrezzate) nel tratto di costa ricadente nel territorio dei Comuni di Fiumicino, Roma – Municipio X, Pomezia ed Ardea.

Per le finalità di sicurezza della balneazione, la durata della stagione balneare è fissata con inizio il terzo sabato del mese di maggio (17) e con termine la terza domenica (giorno 21) di settembre. L’ordinanza deve essere esposta al pubblico, in prossimità degli accessi e in luoghi ben visibili per tutta la stagione, presso tutte le strutture sopra indicate. Inoltre, la predisposizione dell’obbligatorio servizio di salvamento, deve essere accompagnato da dispositivi di segnalazione (bandiere verdi, gialle e rosse) e dalla relativa cartellonistica. Solo in casi eccezionali i Comuni costieri, qualora non sia possibile assicurare il servizio di salvamento, possono mettere in sostituzione del bagnino un idoneo numero di cartelli con la seguente dicitura (in 7 lingue): “balneazione non sicura per mancanza del servizio di salvamento”. Infine, i concessionari e i gestori di spiagge devono comunicare all’Autorità Marittima le modalità con le quali viene effettuata l’attività di assistenza e soccorso in mare, nelle forme stabilite da apposita scheda di censimento.

 

IL PROBLEMA DI ROMA

Il Comune di Roma ha attrezzato le spiagge libere di Capocotta, ma non ha incluso nella convenzione con i chioschi il servizio di salvamento. Per altro ben 4 chioschi su 6, alla data odierna, non esistono di fatto essendo in costruzione.

A Castelporziano, stessa cosa: già dall’anno precedente non era compreso il servizio di salvamento nella convenzione con i 5 chioschi (che lo hanno pagato a loro spese). Oggi i chioschi non sono autorizzati ad aprire e il Comune, pur essendo concessionario, non ottempera al servizio di salvamento.

Infine, delle 9 spiagge libere urbane solo 3 avranno il servizio di salvamento.

 

CONCLUSIONE

I cittadini dunque avranno 56 cartelli e solo 3 bagnini. Un simile comportamento da parte di un concessionario non è tollerato. Se lo avessero fatto gli stabilimenti balneari avrebbero visto ritirarsi la concessione.

Su 18 km di litorale romano un terzo ( cioè 6 km), quello per altro più frequentato, non avrà per molto tempo il servizio di salvamento. Speriamo che non ci scappi il morto come avviene purtroppo ogni stagione.

Per questa ragione invieremo alle autorità giudiziarie competenti un dettagliato esposto, in particolare alla Procura della Corte dei Conti per danno erariale. Tale comportamento infatti rivela una inesistente programmazione di un evento stagionale stranoto comportando una spesa superiore rispetto a quella necessaria. Inoltre, interesseremo anche la Procura del Tribunale di Roma per mancata tutela della pubblica e privata incolumità, il Prefetto di Roma, con riserva di denunciare il Comune per violazione del principio “neminem laedere” di recente riconosciuto dalla Corte Suprema di Cassazione per la mancata gestione di un bene pubblico in violazione della sfera giuridica del singolo cittadino.

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SENTENZA V-LOUNGE DÀ RAGIONE A LABUR E CONDANNA ROMA CAPITALE

Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20250512_180902_0000Con sentenza del Tribunale Civile 12103/2021 del Roma, 11-5-2025 a firma del giudice Pietro Persico, si conclude positivamente la causa dello stabilimento V-Lounge contro il Comune di Roma che dovrà risarcire oltre 400 mila euro allo Stabilimento Balneare Picenum S.r.l. difeso dall’Avv. Vincenzo Cellamare.

La sentenza del Tribunale, di seguito riportata, è un grande successo di LabUr a fronte della introduzione della dividente demaniale vhe costituisce un precedente per 400mila mq sul Lungomare di Levante di Ostia.

 

PQM

“Accoglie la domanda proposta da Stabilimento Balneare Picenum S.r.l.. Annulla l’ordine di introito prot. CO20200122780 del 4/12/2021 con il quale Roma Capitale ha richiesto a parte attrice il pagamento del canone demaniale per l’anno 2020 per la concessione di un’area demaniale marittima, per un importo pari ad €. 84.425,79, annulla altresì le richieste di pagamento per la parte in eccesso in riferimento ai precedenti anni dal 2010 al 2019. Condanna le convenute Roma Capitale e Agenzia del Demanio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, e ciascuna per quanto di rispettiva competenza rispetto alle somme in eccesso negli anni incassate, alla restituzione e quindi al pagamento in favore dello Stabilimento Balneare Picenum S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, della somma complessiva di € 375.367,222 (da suddividersi tra le parti convenute in base a quanto effettivamente incassato in eccesso negli anni calcolati dal CTU), oltre interessi legali dalla domanda (2-2-2021) e fino al dì del soddisfo effettivo. Condanna le convenute Roma Capitale e Agenzia del Demanio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, in solido tra loro, al pagamento delle spese di CTU come liquidate nel corso del presente giudizio. Condanna le convenute Roma Capitale e Agenzia del Demanio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, in solido tra loro, al pagamento in favore di Stabilimento Balneare Picenum S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, delle spese del presente giudizio liquidate in € 1241,00 per esborsi ed in € 18500,00 per compensi di avvocato, oltre IVA e CPA come per legge e rimborso spese generali ex D.M. 55/2014”.

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CAPOCOTTA – AUDIZIONE DI LABUR IN COMMISSIONE DI RISERVA NATURALE STATALE DEL LITORALE ROMANO

Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20250509_172100_0000Ieri si è tenuta l’audizione di LabUr – Laboratorio di Urbanistica presso la Commissione di Riserva Naturale Statale Litorale Romano, presieduta dal Presidente Dr. Romeo De Angelis, sul tema di Capocotta.

In allegato il documento consegnato (LINK).

Un passaggio che LabUr ha ritenuto obbligato per rispetto istituzionale prima di depositare tutta la documentazione sulla regolarità urbanistica e amministrativa in Procura.

Dopo anni di disinteresse totale su Capocotta, questo avrebbe dovuto essere l’anno della svolta. I bandi relativi ai chioschi di Capocotta erano già stati contestati dalla Commissione di Riserva per non aver messo in primo piano la protezione dunale e ambientale. Il Comune di Roma, ente gestore, ha fatto delle scelte in autonomia puntando tutto sulla gestione della spiaggia di Capocotta. Dunque nei prossimi 12 anni non avremo più dei presidi di tutela bensì degli ‘stabilimenti balneari’ senza concessione marittima.

Tre i punti più critici:

1) L’assenza di una perimetrazione georeferenziata della Riserva (linea SID).

2) Stravolgimento della destinazione d’uso dei chioschi.

3) La titolarità dei chioschi e dei lotti in cui insistono.

1) Dopo tanti anni, e solo a seguito della richiesta di LabUr, si è avuta una risposta relativa al posizionamento dei chioschi di Capocotta che non si troverebbero su Demanio Marittimo bensì in area di Riserva. Nei bandi però non compare la linea SID. A nostra precisa richiesta alla Capitaneria di Porto dove fosse posizionata la linea SID, abbiamo ricevuto come risposta che gli spostamenti che avevamo rilevato potrebbero errori cartografici e che di fatto la linea non è stata ancora georeferenziata, per cui si naviga a vista. Non si tratta di un problema irrilevante: è fondamentale infatti sapere di chi è cosa e a chi sono in capo le competenze.

2) Il Comune di Roma, sotto la guida del Sindaco Roberto Gualtieri, che ha gridato in pompa magna al ripristino della legalità sul mare di Roma, ha mascherato la funzione dei chioschi per poter gestire la spiaggia di Capocotta trasformandoli appunto da presidi dunali in veri e propri ‘stabilimenti balneari’, dunque aperti solo nella stagione estiva e chiusi tutto il resto dell’anno. Dovrebbero essere un presidio di difesa di un’area di Riserva di tipo 1, dunque a massima tutela, e invece là dove non è consentito nemmeno accendere un falò abbiamo ristoranti, noleggio di ombrelloni e lettini e serate danzanti. Si innesta così anche un problema amministrativo: il Comune dichiara di non aver ricevuto alcuna richiesta di autorizzazione nella scorsa stagione balneare, eppure chiunque ha potuto verificare che ad es. il noleggio di ombrelloni e lettini è avvenuto quotidianamente, così come le serate danzanti. Nessun controllo è avvenuto su quanto accadeva a Capocotta e la ragione è semplice: se non viene definita con certezza la dividente demaniale la Capitaneria di Porto non può intervenire in area di Riserva così come il Comune di Roma non può intervenire su area demaniale marittima, però dà il suo nulla osta ai chioschi affinché possano esercitare attività (che però si svolgono su Demanio Marittimo) deresponsabilizzandosi con la formula di dotarsi di “tutte le autorizzazioni necessarie”. Questo favorisce ovviamente infiltrazioni di attività illecite come avvenuto negli ultimi 20 anni.

3) Circa la titolarità dei chioschi e dei lotti in cui insistono, il Dipartimento Patrimonio del Comune di Roma ha confermato che i chioschi, senza titolo edilizio, non sono inventariati e i lotti su cui insistono non sono sempre del Comune. Ad es. la particella 42 del foglio 1146. Dunque è sconfessata la proprietà degli stessi dichiarata dal Dipartimento Ambiente del Comune di Roma.

IL CASO

Un caso emblematico è quello del chiosco denominato con la lettera A, conosciuto come “ex Dar Zagaja”.

A gennaio abbiamo filmato lo storico chiosco completamente abbandonato, a riprova che lo stesso non svolgeva attività di presidio dunale. C’erano stati piccoli atti vandalici. Passa poco tempo e il Dipartimento Ambiente scrive che gli atti vandalici lo hanno “ridotto in rovine”, per cui andava demolito e ricostruito ‘più grande e più bello di pria’ e, guarda caso, spostandolo leggermente. È evidente che se in estate il chiosco (di cui il Comune rivendica la proprietà) non viene vandalizzato perché presidiato, in inverno viene vandalizzato perché abbandonato, dunque i chioschi non svolgono attività di presidio dunale tutto l’anno, bensì un’attività turistico/balneare senza concessione marittima.

Per altro non si sa nemmeno se questi chioschi, di fatto stabilimenti balneari, abbiano tutte le autorizzazioni complementari (SCIA per il noleggio, ASL, allacci in fogna, smaltimento olii esausti ecc.). Ricordiamo che è a tutti noto che a Capocotta spesso le fogne erano a dispersione e che si sono tenute notti danzanti incompatibili con una area di Riserva di tipo 1 a massima protezione e che si assiste addirittura al pre posizionamento di ombrelloni e lettini. Quest’anno non si sa nemmeno se sarà fornito il servizio di salvataggio da parte del Comune di Roma.

Infine, a riprova che l’ente gestore non gestisca l’area di Riserva bensì la usa per offrire servizi di balneazione, avremo ben 3 chioschi in costruzione (A, C ed E): chi tutelerà 1.500m lineari di dune nel mentre?

Non si può lasciare la tutela dunale al buon cuore dei gestori dei chioschi a cui il Comune di Roma demanda solo la gestione della spiaggia del più bel tratto del Litorale della Capitale d’Italia.

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IDROSCALO DI OSTIA 15 ANNI DOPO E IL DIRITTO DI RESTARE

Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20250505_090548_0000A distanza di 15 anni dal criminale sgombero parziale dell’Idroscalo di Ostia (23 febbraio 2010) nulla è cambiato tra mille false promesse di rinascita dell’area sbandierate dalle giunte Alemanno, Marino, Raggi e Gualtieri.

L’occasione per rinnovare la condanna e ragionare sul futuro degli abitanti sarà la presentazione del libro di Stefano Portelli (”Il diritto di restare”, Carocci Editore) il prossimo 5 maggio (ore 17:00) presso Palazzo Valentini sede della Provincia di Roma dal 1873 (oggi, Città Metropolitana di Roma), nel cuore della Capitale, in via IV Novembre, 119/a. Un libro che a tutti gli effetti è un ‘manuale’, che espone, in modo ampio ed esauriente, i decenni successivi alla grande stagione delle lotte per la casa, quando migliaia di persone trasferite sul litorale iniziarono a sentirsi deportate, sradicate, più isolate che nei vecchi quartieri di appartenenza, finendo in quel lembo di terra alla foce del fiume Tevere.

 

LabUr sarà presente con la dr.ssa Paula De Jesus che da sempre ha costituito il baluardo di difesa urbanistica e sociale contro la speculazione di quel periodo che voleva una vera e propria deportazione degli abitanti nei residence a favore del raddoppio del limitrofo Porto Turistico di Ostia maturato ai tempi d’oro di Mafia Capitale, scoperchiata solo 3 anni dopo. Per ogni approfondimento, rimandiamo alla raccolta degli articoli in materia (1) ed in particolare a due, dove si descrive il lungo e ancora non definito censimento demaniale (2) e il conseguente riordino catastale dell’area (3) passaggi fondamentali per la rinascita dei luoghi.

 

Screenshot_2025-05-05-09-16-23-54_a1b1bbe5f63d5b96c1a0f87c197ebfaeIn anteprima, mostriamo qui di fianco la nuova delimitazione del demanio marittimo, confinante con quello fluviale, avviata il 27 aprile 2022 (su sollecito di LabUr) che ha avuto come elementi di contestazione

– la necessità di definire la delimitazione in maniera corretta al fine di caratterizzare l’area sotto il profilo giuridico di competenza

– la necessità di distinguere il rischio allagamento se causato in prevalenza dalle piene fluviali o dalle mareggiate

 

Screenshot_2025-05-05-09-17-13-93_a1b1bbe5f63d5b96c1a0f87c197ebfaeCome si vede, la proposta del 2022 (a sx, ottenuta dopo ben 6 verbali), non è riportata ad oggi (a dx, 2 maggio 2025) nel Sistema Informativo del Demanio marittimo che rappresenta lo strumento ministeriale condiviso per la gestione unitaria informatizzata dei dati relativi all’amministrazione del Demanio marittimo, al fine di consentire la puntuale identificazione e conoscenza del suo reale stato d’uso. Una grave negligenza che di fatto impedisce ogni riqualificazione urbanistica del luogo.

 

Inutile dunque citare tutte le sciocchezze raccontate dalla Giunta Gualtieri e da quella Falconi del Municipio X sulla delocalizzazione degli abitanti in altre aree (l’ex centro Tennis Azzurro di via Mario Ruta, ad Ostia Ponente) e sulla sedicente ‘rigenerazione urbana’ (4).

La novità invece viene da una recente sentenza della Corte di Appello di Roma (Sezione VIII Civile del 06/03/2025, presieduta dalla Presidente Franca Mangano) (5).

La sentenza chiarisce, come LabUr ha sempre rilevato, che solo la presenza ricorrente di piene ordinarie del fiume conferisce al bene il carattere della demanialità, diversamente non riconosciuto se trattasi di piene occasionali o addirittura dovute alle mareggiate (come accaduto all’idroscalo a causa dell’onda marina risalente il fiume sotto l’effetto di particolari condizioni ventose e in presenza di affioranti depositi sabbiosi alla foce).

 

L’evento del 5 maggio rappresenterà pertanto una pietra miliare per l’Idroscalo di Ostia, all’interno del Giubileo della Speranza, definito da Papa Francesco, il Papa degli ultimi, come “segno di una rinnovata rinascita di cui tutti sentiamo l’urgenza”. Speriamo dunque che il Comune di Roma, responsabile del criminale sgombero del 2010, sia con la sua presenza in grado di garantire agli abitanti dell’Idroscalo “il diritto di restare”.

Che cosa ne è stato degli abitanti dei borghetti autocostruiti intorno a Roma, le cosiddette “baracche” demolite negli anni Settanta? Il libro dell’antropologo Stefano Portelli, “Il diritto di restare – espulsioni e radicamento tra Roma e Ostia” – Carocci Editore, racconta i decenni successivi alla grande stagione delle lotte per la casa, quando migliaia di persone trasferite sul litorale iniziarono a sentirsi deportate, sradicate, più isolate che nei vecchi quartieri. Appuntamento dunque oggi, 5 maggio 2025 alle 17, presso Palazzo Valentini a Roma.

 

(1) LINK 1

(2) LINK 2

(3) LINK 3

(4) LINK 4

(5) LINK 5

 

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OSTIA, SPIAGGE: IL TAR BOCCIA IL ‘PIZZO’ SULLE CONCESSIONI

Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20250313_140729_0000Le spiagge di Ostia, di Castel Porziano e di Capocotta non sono patrimonio del Comune di Roma per fare cassa. Così si è espresso di nuovo il TAR Lazio che oggi ha sospeso il bando di gara, in scadenza il 17 marzo, per l’affidamento di 31 concessioni demaniali marittime.

La Giunta Capitolina, senza alcun appoggio normativo a riguardo, aveva previsto una corresponsione all’Amministrazione di un importo aggiuntivo rispetto al canone e determinato in base al fatturato degli stabilimenti. Un vero e proprio ‘pizzo di Stato’.

La sentenza è un altolà al Sindaco Roberto Gualtieri e all’Assessore al Patrimonio Tobia Zevi, troppo dediti agli show piuttosto che a risolvere i problemi.

A meno di 60 giorni dall’inizio della stagione balneare tornano sulle spiagge i vecchi concessionari, ma rimangono le macerie dovute alle mareggiate (si veda il Kursaal) o all’abbandono (si veda La Casetta).

Quando la giustizia amministrativa è costretta a correggere ripetutamente la Pubblica Amministrazione il significato è uno solo: la gestione del territorio è allo sbando e non solo da un punto di vista amministrativo, ma soprattutto urbanistico.

Mentre viene bocciato il bando sulle spiagge, il Comune di Roma continua ad opporsi alle sentenze con costi esorbitanti per le casse capitoline e finge di ignorare la questione della dividente demaniale che definisce il limite del demanio marittimo e cioè quali aree debbano realmente essere considerate ‘spiagge’ oppure no.

Tutto è rimandato al 14 ottobre per la decisione finale nelle aule di Tribunale e nel merito si entrerà anche per le deliberazioni della Giunta capitolina n. 136/2024 del 26.4.2024, recante “indirizzi e criteri generali per la valorizzazione economica, sociale e paesaggistico-ambientale del Litorale di Roma”, e n. 44/2025 dell’11.2.2025, recante “integrazione” a detta delib. n. 136/24.

Un pasticcio così non si era davvero mai visto.

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FIUMICINO, VITTORIA DEL PASSO DELLA SENTINELLA. SENTENZA STORICA CON EFFETTO A CASCATA

Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20250311_121835_0000Sentenza storica. Come ha sempre sostenuto LabUr – Laboratorio di Urbanistica da 15 anni, sia per il Passo della Sentinella sia per l’Idroscalo di Ostia, un’area per definirsi golena deve avere un argine e deve avere quegli elementi quantitativi e temporali, quali la presenza ricorrente di piene ordinarie del fiume, necessari per assegnare al bene il carattere della demanialità.

È quanto conferma la sentenza della Corte di Appello di Roma Sezione VIII Civile nella camera di consiglio del 06/03/2025, presieduta dalla Presidente Franca Mangano.

La battaglia, portata avanti in solitudine da un indomito Bersagliere, Giuliano Talevi – insieme agli Avv. Alessandro Maria Scavolini e Alfredo Bonomo – riguardava un lotto dell’area denominata Passo della Sentinella alla foce del Tevere nel Comune di Fiumicino a ridosso del costruendo mega Porto crocieristico della Royal Caribbean.

La sentenza chiarisce anche altri aspetti importanti che LabUr aveva rilevato in fase di consulenza tecnica nel procedimento: il terreno, qualificato patrimonio regionale, non può appartenere al demanio pubblico perché altrimenti sarebbe di appartenenza dell’Agenzia del Demanio e quindi dello Stato, che avrebbe dovuto esperire indefettibili procedure di esproprio per pubblica utilità. Secondo quanto accertato l’area in cui si trova il lotto di Talevi sul Passo della Sentinella non è mai stata sommersa dalle piene del Tevere ed il lotto «non è mai stato soggetto ad alcuna esondazione».

Si apre quindi un nuovo capitolo che vedrà LabUr in prima linea per restituire la corretta identificazione delle aree golenali lungo le sponde del Tevere fino ad oggi mistificate dalla Pubblica Amministrazione.

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TERMOVALORIZZATORE: LE TERRE RUBATE PER LA SPECULAZIONE

termovalorizzatore terre rubateSono scaduti i termini per una risposta all’accesso civico generalizzato di LabUr da parte degli Uffici tecnici dei Comuni di Roma e Albano relativo alla verifica dei confini. Produciamo dunque noi la documentazione augurandoci che in Conferenza dei Servizi qualcuno sollevi la questione.
L’area interessata dall’impianto del ‘Termovalorizzatore’ di Roma ha sconfinato (anche se molto meno di quanto ipotizzato) nel Comune di Albano rispetto al corso del Fosso della Cancelliera che avrebbe dovuto, a ragion di logica, esser considerato il confine naturale tra i due Comuni. Le carte topografiche storiche parlano chiaro: lo ‘sperone’ non è presente nella carta del 1899 da cui è derivata quella del 1935 dove a sua volta risulta meno profondo (verso il Comune di Albano) di quanto rappresentato nell’attuale Catasto.
Non solo. Dopo la messa in onda il 15.12.2024 del servizio di Report “Il santo inceneritore”, dedicato proprio al ‘Termovalorizzatore’ di Roma, al catasto non era presente alcuna particella riferita al corso d’acqua del Fosso della Cancelliera. La particella 3356 del foglio 1186 appare invece d’incanto 5 giorni dopo, il 20 dicembre, per identificare una superficie di ben 1.384 mq definita “relitto di acque”.
Al catasto, l’attuale corso (deviato) del Fosso della Cancelliera non è identificato da alcuna particella e rimane a questo punto il dubbio che, non essendo più un corso d’acqua, i 1.384 mq della nuova particella 3356 dovranno essere comprati da AMA perché di certo non erano inclusi nell’atto di acquisto.

Dopo aver fatto emergere un errato inquadramento particellare dell’area destinata alla realizzazione del termovalorizzatore, dopo aver verificato la inidoneità urbanistica dell’area e la deviazione non autorizzata del Fosso della Cancelliera, dopo aver denunciato la non veritiera dichiarazione di edificabilità dei terreni presente nell’atto del Notaio  nonché ricostruito le fasi di un “patto elettorale” tra Gualtieri e Caltagirone, ora è il turno dei terreni identificati al foglio 1186 del catasto del Comune di Roma che per almeno 600 mq appartengono al Comune di Albano.
Si tratta dell’ennesima irregolarità dovuta ad una mancata diligenza in fase istruttoria che ha dimenticato la particella 102, la deviazione del Fosso e la inedificabilità dei terreni.

L’ANALISI
Partiamo dal risultato grafico che mostra l’area appartenente al Comune di Albano e non a Roma. L’accertamento è avvenuto considerando come riferimento le particelle catastali presenti nell’impianto meccanografico del foglio 1186 perimetrate dal Fosso della Cancelliera e analizzando le estensioni territoriali delle tenute e pediche così come risultanti nella pianta topografica dell’Agro Romano e dei territori limitrofi conservata presso l’Archivio Capitolino ed aggiornata al 1899 (consultabile anche via web). Le misure superficiali sono in ettari e are.
Tale pianta è stata presa in considerazione in quanto di riferimento per la conversione in legge del Regio decreto-legge 7 marzo 1935 XIII, n. 264, concernente la rettifica e la delimitazione delle circoscrizioni del Governatorato di Roma e dei comuni finitimi, tra cui quello di Albano (Atti Parlamentari 1305 – Senato del Regno, Legislatura XXIX – Sessione 1934-35 – Discussioni – Seduta del 28 Maggio 1935, pagina 1345).
Essendo tutte le piante in scala, l’ultimo passaggio è stato quello di triangolare le distanze tra elementi catastali certi come il Fosso della Cancelliera e via Ardeatina, servendosi anche della Carta Tecnica Regionale Numerica (CTRN) per rilevare gli andamenti altimetrici dei luoghi. In particolare, si è ‘esplosa’ l’area interessata che nelle carte è solo grossolanamente perimetrata senza indicarne l’effettiva misurazione.
deposito scorie albanoIl risultato è stato che almeno 600 mq dell’attuale particella n.818 del foglio 1186 del NCEU del Comune di Roma ‘sconfinano’ nell’adiacente territorio di Albano probabilmente per aggiustamenti avvenuti nel dopoguerra, ma comunque non giustificati in quanto ancora ad oggi il confine tra Roma ed Albano è quello del 1935.
La complessa ricostruzione grafica viene qui sintetizzata colorando la parte dell’impianto del termovalorizzatore (‘deposito scorie’) ricadente nel Comune di Albano.

Qui di seguito, stralci della cartografia utilizzata.

Screenshot 2025-02-27 15.25.20Screenshot 2025-02-27 15.26.55termovalorizzatore ctrn

Gli uffici tecnici interessati (Roma ed Albano) non hanno saputo fornire risposta alla richiesta di accesso civico generalizzato riguardante la verifica del confine in questione. Avevamo ‘sperato’ in un primo momento che l’errore ricadesse in uno sconfinamento molto più ampio rispetto al percorso del Fosso della Cancelliera che avrebbe dovuto, a ragion di logica, esser considerato il confine naturale tra i due comuni. 

Infatti ancora non è chiaro perché il Comune di Roma abbia questo sperone di territorio nel Comune di Albano, ma le carte topografiche storiche (da cui derivano i confini attuali) parlano chiaro, così come non c’è dubbio che esiste uno sconfinamento come sopra indicato. Inoltre, tale ‘sperone’ non è presente nella carta del 1899 da cui è derivata quella del 1935 dove a sua volta risulta meno profondo (verso il Comune di Albano) di quanto rappresentato nell’attuale Catasto, quasi che negli anni lo ‘sconfinamento’ sia stato progressivo.

Ora, dopo questa ennesima irregolarità, dovuta ad una mancata diligenza in fase istruttoria che ha dimenticato la particella 102, la deviazione del Fosso e la inedificabilità dei terreni, attendiamo che nelle sedi decisorie si prenda atto definitivamente che l’atto notarile a firma del Notaio in Roma, Nicola Atlante, per quanto già espresso nei precedenti articoli, non sia valido, motivo per cui si dovrebbe ricominciare daccapo tutto l’iter autorizzativo. 

Precisiamo che la questione è stata segnalata all’Ordine Notarile che molto sbrigativamente ci ha risposto (senza fare alcuna istruttoria) che “è tutto a posto”. Vedremo, perché spesso e volentieri molti alti notarili sono risultati illegali, con pesanti conseguenze penali.

Attenderemo l’esito decisorio e, in mancanza di un trasparente accertamento fondiario, produrremo la nostra documentazione presso la Procura della Repubblica.

LA PARTICELLA DEL FOSSO DELLA CANCELLIERA
Nell’analisi topografica è poi emersa una nuova questione e cioè la particella del Fosso della Cancellieratermovalorizzatore variazione fosso.
Che il Fosso della Cancelliera sia stato irregolarmente deviato nel suo corso, è ormai fatto appurato. Addirittura da foto aeree si individua anche la modifica sostanziale della particella 673 che negli atti del notaio Nicola ATLANTE del 2022 risulta invece ancora come 19 anni prima.

E’ singolare che fino al 15 dicembre 2024, messa in onda del servizio di Report dedicato al termovalorizzatore, al catasto non fosse presente alcuna particella riferita al corso d’acqua. La particella 3356 del foglio 1186 appare invece d’incanto il 20 dicembre 2024 per identificare una superficie di ben 1.384 mq definita “relitto di acque”.
Consultando di nuovo il catasto la particella 819 e la 673 risultano ancora confinanti con la 3356 (che non è stata soppressa) e aventi rispettive superfici di mq 5.780 e 15.654 esattamente come nell’atto notarile.
Al catasto, l’attuale corso (deviato) del Fosso della Cancelliera non è identificato da alcuna particella e rimane a questo punto il dubbio che, non essendo più un corso d’acqua, i 1.384 mq della nuova particella 3356 dovranno essere comprati da AMA perché di certo non erano inclusi nell’atto di acquisto.
Da tenere in considerazione che il tracciato dell’attuale “relitto di acque” rappresenta la linea dividente tra terreni edificabili (al di sotto) e terreni non edificabili (al di sopra). Tale linea non può assolutamente essere variata per lo spostamento del fosso perché è vigente il vincolo imposto dal Consorzio di Sviluppo Industriale Roma-Latina, come già osservato nei precedenti articoli.

In conclusione, questa è la prova che il fosso era demaniale, che è stato interrato e spostato verso via della Cancelliera e che ad oggi catastalmente non risulta più.
Rimane un dubbio: l’impianto del termovalorizzatore ruberà anche questi 1.384 mq?

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INFERNETTO: PENSAVANO FOSSE UN CENTRO RACCOLTA AMA INVECE E’ UN CALESSE URBANISTICO

ama infernetto calesseVenerdì 14 febbraio  finalmente si è tenuta in Municipio X la Commissione congiunta, Urbanistica e Mobilità, su richiesta dei comitati di zona e di LabUr.
All’ordine del giorno il Centro Raccolta AMA su via Wolf Ferrari all’Infernetto. Plasticamente si è potuto apprezzare l’ennesimo pasticcio combinato dal Dipartimento di Urbanistica che ha ‘spostato’ su una strada (via Ceccarossi) e su un’area cani voluta dalla sprovveduta Assessora all’Ambiente, Valentina Prodon, la scuola materna prevista sull’area del Centro di Raccolta AMA. Non solo, il Dipartimento PAU è riuscito addirittura nell’impresa di esprimere un parere fuori tempo massimo rispetto alla conferenza di servizi decisoria, operando così un falso in atto pubblico di cui abbiamo parlato i giorni scorsi e di cui evidentemente qualche consigliere, poco pratico di Urbanistica, pensa che si possa fare.

paolo ferraroL’unica domanda alla quale finalmente gli Uffici hanno risposto è quella relativa al Piano Particolareggiato dell’Infernetto (Zona O 51): come da noi sostenuto, è scaduto nel 2023, essendo trascorsi 10 anni dalla sua approvazione. L’Infernetto è diventato un far west, dove costruttori e furbetti si stanno appropriando della sorte di un quartiere, sanato da Pannella, fermo da 33 anni. E l’Amministrazione Capitolina invece di governare i processi, sgoverna aggiungendo confusione a confusione urbanistica. Una bomba ad orologeria. Il Comune continua a rilasciare infatti i permessi di costruire, ma di strade, servizi, parchi e scuole nemmeno l’ombra.

Rimane il pregevole tentativo dei Presidenti di Commissione Marco Belmonte e Leonardo Di Matteo, di attivare il dialogo con i cittadini senza purtroppo riuscire a colmare lo scollamento evidente tra realtà e disegnino sulla carta, in cui gli Uffici non si accorgono nemmeno che una scuola atterra su una strada e che quando si chiude una conferenza di servizi o la si riapre o non si infila un parere postumo per redigere una delibera di Giunta.

L’unica cosa certa è che lì, in via Wolf Ferrari, da 8 anni, si vorrebbe fare un qualcosa che non si può (e che per altro non è il progetto previsto ai tempi del governo del M5S, ma non se ne sono accorti) e i motivi li ha detti oggi LabUr: il piano particolareggiato è scaduto
la scuola materna non può essere spostata e il parere del Dipartimento di Urbanistica è postumo.

***** NOTA BENE*****

avvocato ama infernettoA fine commissione, c’è stato l’invito di Belmonte ai cittadini di non ‘cadere’ nella ragnatela di saccenti studi legali proposti da sedicenti attivisti, il cui intento unico è di utilizzare i contenziosi con la pubblica amministrazione per ottenere lavoro e visibilità.

Neanche a farlo apposta, dopo poche ore dalla chiusura della commissione sono spuntati ‘comunicati’ come quello qui a fianco, che propongono (a pagamento) inutili e imbarazzanti iniziative.

Il nostro lavoro, gratuito e a difesa di un pubblico interesse, è per ora finito. Auguriamo buona sorte a chi ne approfitta per guadagnarci invitando però i cittadini a non fidarsi dell’esercito del giorno dopo, silente fino al giorno prima.

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FONDI PNRR ALL’AMANTE DI HITLER NELLA PINETA DELLE ACQUE ROSSE AD OSTIA

laffertSono della defunta amante di Adolf Hitler, la Baronessa Sigrid von Laffert, la gran parte dei terreni della Pineta delle Acque Rosse dove la Città Metropolitana di Roma, guidata da Roberto Gualtieri, sta procedendo alla forestazione con fondi PNRR per 1,8 milioni di euro.

Da quanto emerso dopo complessi accertamenti catastali e patrimoniali sembrerebbe che il Comune di Roma non abbia realmente la piena disponibilità giuridica dell’area. 

Sigrid von Laffert (nella foto di copertina, la prima da dx) divenne proprietaria di molti terreni della famiglia Aldobrandini nel 1970. Molti di questi, prima della sua morte avvenuta nel 2002, confluirono in una società con sede in Lussemburgo, la Neulaband s.a., mentre altri rientrarono in Italia con la Neulaband s.s. lasciando invariati al catasto i rimanenti. Il problema è che ancora oggi, nell’area che va dalla Pineta fino al Tevere, risultano per l’Agenzia delle Entrate ben 56 ettari ancora intestati alla Von Laffert, senza che nessuno ne abbia aggiornato la proprietà dopo 23 anni dalla sua morte. 

Dunque, nell’area interessata dalla forestazione con fondi PNRR troviamo di fatto particelle di proprietà Aldobrandini, non dichiarate perché intestate alla baronessa defunta, e lungo la riva del fiume Tevere (dietro l’argine che corre a fianco di via Tancredi Chiaraluce) e particelle di proprietà della Neulaband s.s., sempre di Aldobrandini, un’area che sarà a breve anch’essa oggetto di una nuova speculazione. 

Sarebbe a questo punto opportuno che il Comune di Roma dimostri con chiarezza la disponibilità giuridica dei terreni di proprietà della Baronessa Von Laffert interessati dalla forestazione, considerato che gli stessi erano già stati inclusi nel 1996 nel Piano di Riqualificazione Urbana (PRU Ostia Ponente) che prevedeva proprio lo stesso intervento, ma a carico della lussemburghese Neubaland s.a per 13 miliardi di lire.

Questi fumosi grovigli societari che caratterizzano passaggi di proprietà avvenuti all’estero e in parte già finiti in contenziosi processuali negli anni ‘70, ricordano, con preoccupante somiglianza, le vicende delle ‘case di sabbia’ della Moreno Estate srl sempre ad Ostia Ponente (un camuffamento della famiglia Armellini che va avanti da 50 anni). Non si sa infatti con certezza se sia regolare la proprietà vantata dei terreni Aldobrandini da parte della Baronessa fondatrice della Gioventù Hitleriana. Come LabUr, ancora una volta, come nel caso della Moreno Estate, faremo di tutto per evitare che il Comune di Roma tratti compravendite o agevoli società con sede nei paradisi fiscali.

Da un rapido conteggio, sono più di 45 le particelle (dalla pineta al fiume) su cui il Comune di Roma vuole investire ingenti risorse per la ‘riqualificazione urbana’, non avendo però eseguito alcun approfondimento patrimoniale. Chiederemo dunque che l’Assessore al Patrimonio del Municipio X, Guglielmo Calcerano, avvocato, portavoce dei Verdi, legato politicamente ad Angelo Bonelli, proceda ad una urgente verifica degli atti di provenienza per evitare un danno erariale imputabile ad una evidente negligenza della pubblica amministrazione.

Qui di seguito, una sintetica scheda tecnica.


 

SCHEDA TECNICA

mappa particelle laffertL’intervento di forestazione urbana in corso presso la c.d. Pineta delle Acque Rosse ad Ostia, finanziato dal PNRR per circa 1,8 milioni di euro, comprende due terreni che, al catasto, risultano essere di proprietà di una Baronessa tedesca, Sigrid Laffert, amante di Hitler, imparentata con la famiglia Aldobrandini e morta a Berlino nel 2002. Nella mappa che abbiamo ricostruito, i terreni interessati dalla forestazione sono in verde. I due della Laffert hanno bordo rosso. Si nota che anche altri terreni nei pressi (anch’essi bordati di rosso) risultano ancora intestati alla defunta Baronessa, per un totale di oltre 56 ettari.

Dunque, dei 17,99 ettari totali di forestazione, 2 terreni (le particelle del foglio 1079 nr. 2621 e 2626p), per un totale di 11 ettari, non risultano essere del Comune di Roma. Tuttavia è stabilito che, ai fini dell’ammissibilità per l’erogazione dei fondi, la forestazione può essere realizzata su terreni di cui i comuni della Città Metropolitana (in questo caso Roma) hanno la disponibilità giuridica che non implica però la proprietà. 

pru neulabandLa questione si fa ancora più interessante in quanto l’intervento di cui sopra risultava già compreso nel c.d. Piano di Riqualificazione Urbana ‘Ostia Ponente’ (PRU) adottato nel 1996: Intervento Pubblico n.1, “Acquisizione ed assestamento forestale delle pinete dell’Acqua Rossa ed aree limitrofe”. Tale intervento doveva essere però finanziato al tempo per un importo di 13 miliardi di lire dalla Neulaband s.a., fondata nel 1992 con sede in Lussemburgo e domicilio fiscale in Roma (c.f. 97093040588, p.iva. 05302301006) che è subentrata in moltissimi terreni alla baronessa Laffert, ma non sui due indicati interni alla forestazione.

Nel 2004 ancora si scriveva che “è previsto l’intervento di valorizzazione della Pineta delle Acque Rosse”. Ad oggi la situazione catastale apre dunque un grosso dubbio: come è possibile che nel 2025, a fronte di un intervento con fondi PNRR, non sia stato aggiornato il catasto in termini di proprietà? Oppure l’acquisizione prevista nel PRU non è mai stata perfezionata? Di quale disponibilità giuridica si avvale il Comune di Roma per intervenire con la forestazione su terreni di altra proprietà per altro defunta? 

LE DUE NEULABAND

La Baronessa Von Laffert è legata sia alla lussemburghese Neulaband s.a. che alla italiana Neulaband s.s. e risulta ancora proprietaria di altri numerosi terreni, per un totale di 56 ettari (precisiamo che in Neulaband s.s. l’abbreviazione “s.s.” indica “società semplice” e non SchutzStaffel cioè l’organizzazione paramilitare nazista fondata da Hitler). Come per la società lussemburghese, anche per la italiana Neulaband s.s. (c.f. 08562921000), il legame con la famiglia Aldobrandini è evidente, non solo per avere come legale rappresentante Clemente Federico Aldobrandini (Roma, 4 maggio 1982), ma anche perché nello statuto si legge “gestione dei beni Aldobrandini”. Da questo particolare già emerge che la proprietà finale è della famiglia di origini nobiliari, camuffata al catasto da altre intestazioni.

La Neulaband s.s. è stata costituita l’8 giugno 2005 (dopo quella omonima lussemburghese) e Clemente Federico Aldobrandini, figlio del Principe Camillo Giovanni Giuseppe Aldobrandini (21 maggio 1945), risulta esser stato nominato legale rappresentante solo nel 2019, preceduto da Nicola Spinelli e Luca Ferri, che ancora compaiono nell’intestazione di alcuni terreni.

A differenza dei terreni della Baronessa Von Laffert, i terreni della Neulaband s.s. sono situati a ridosso del Tevere, in sponda sinistra, dietro l’argine, a partire del depuratore di Ostia (su via Tancredi Chiaraluce) in poi (fino a via delle Orcadi). Questi terreni, che non appartengono al demanio fluviale della Regione Lazio, sono dichiarati insistere in area golenale, intendendo per ‘golena’ l’area compresa tra un argine ed un corso d’acqua (il Tevere).

Invece la Neulaband s.a, oltre che nell’ambito dei PRU di ‘Ostia Ponente’ (intervento pubblico n.1 e proposte urbanistiche B5 e B4), risulta titolare anche della proposta inserita nel Patto Territoriale di Ostia e Fiumicino relativa al progetto per la realizzazione di un parco naturalistico, birdWatching; con punto di ristoro nell’isola di Tor Boacciana.

LA BARONESSA SIGFRID VON LAFFERT

La baronessa Sigrid Alice Ernestine Cecile Luise Claudia Helma Frieda von LAFFERT (Bad Doberan, 18 gennaio 1916 – Monaco, 8 settembre 2002) (LFFSRD16A58Z111E) sposó a Berlino il 27 dicembre 1940 il conte Johannes Von Welczeck (Santiago, 1 ottobre 1911 – Caracas 4 marzo 1969), fratello della Principessa Louise Rosario Trinidad Bernardette Aldobrandini (Dresda, 20 Agosto 1913 – Frascati, 25 Settembre 2000) a sua volta moglie del Principe Clemente Aldobrandini (Frascati, 27 Giugno 1891 – Roma, 8 marzo 1967) di cui è figlio Camillo Giovanni Giuseppe Aldobrandini (21 maggio 1945), padre di Clemente Federico Aldobrandini legale rappresentante della Neulaband s.s. (quella italiana). 

Laband, terra natía dei Von Welczeck, è il nome tedesco di Łabędy, un distretto di Gliwice (Gleiwitz) nel voivodato della Slesia, nella parte meridionale della Polonia, circa 270 chilometri a sud-ovest della capitale Varsavia e circa 90 chilometri a ovest di Cracovia. 

Ecco dunque il motivo del nome “Neulaband” dato alle due società: in pratica quella che noi chiamiamo Nuova Ostia dovremmo chiamarla ‘Nuova Laband’.

LA VICENDA PROCESSUALE DELL’EREDITÀ ALDOBRANDINI

Il nome di Sigrid Von Laffert compare in un contenzioso processuale del 1974 come acquirente in Svizzera (notaio, Marco Gambazzi, atto redatto dopo la morte di Ferdinando Aldobrandini, 16 dicembre 1969) di circa 180 ettari di proprietà Aldobrandini a un prezzo troppo inferiore rispetto a quello di mercato: 400 milioni di lire invece di 6 miliardi. Non è mai stato accertato fino in fondo se si fosse trattato di un sistema per evadere il fisco o per esportare valuta all’estero. Di certo gli Aldobrandini non avevano svenduto quel terreno, inserito nell’allora unica zona di Ostia destinata ad espansione urbanistica che andava da via delle Baleniere fino al fiume Tevere. Come abbiamo visto, la Baronessa Von Laffert era la cognata di Livia Aldobrandini e l’atto svizzero di Gambazzi verrà registrato a Roma (senza la necessaria autorizzazione ministeriale) solo il 17 luglio del 1970. 

A quel tempo, si aprì un procedimento penale nei confronti degli eredi Aldobrandini per truffa, falso e frode fiscale, attivato da parte di alcuni costruttori a cui erano stati promessi quei terreni. Le accuse agli Aldobrandini vennero mosse dal sostituto procuratore romano Domenico Sica e fatte proprie dal giudice Istruttore Pizzuti, contestando in sostanza di aver fatto sparire dall’eredità quei 180 ettari (di cui rimangono i frammenti sopra visti).

CONCLUSIONI

Che gli Aldobrandini abbiano, attraverso società di comodo e atti falsi stipulati in Svizzera, compiuto un tale reato non è mai stato dimostrato in pieno, tant’è che al tempo neanche il Ministero delle Finanze si costituì parte civile. Resta il fatto che sono passati 50 anni e che al catasto il nome della Baronessa Von Laffert ancora si impone all’interno di atti pubblici la cui trasparenza amministrativa è tutta da dimostrare.

Eppure non sarebbe difficile fare come in Corsica, dove dopo quasi 50 anni, sono rientrati dalla Svizzera in Italia a marzo del 2024 le proprietà di Clemente Federico Aldobrandini, intestate alla società lussemburghese Bubika s.a., costituita nel 1973, che ha deciso il trasferimento della sede legale al nostro Paese sotto forma di srl. Ben 400mila metri quadrati, ubicati nel comune di Sartène nella Corsica del sud. 

 

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CENTRO RACCOLTA AMA ALL’INFERNETTO: SPUNTA UN FALSO IN ATTO PUBBLICO

476383851_1762517557653090_2737349999873074826_nIn attesa che venga convocata la commissione congiunta Urbanistica e Mobilità del Municipio X sulla questione del Centro di Raccolta AMA all’Infernetto, spunta un falso in atto pubblico. Il progetto del Centro di Raccolta AMA in Via W. Ferrari (angolo Via Soffredini) che aveva ricevuto in Conferenza dei Servizi un parere non ostativo da parte del Dipartimento di Programmazione e Attuazione Urbanistica del Comune di Roma il 13/11/2019 e da cui era scaturita la Determina Dirigenziale del Dipartimento Tutela Ambiente che approvava il progetto il 27/12/2019, riceve 4 giorni dopo, il 31/12/2019 quindi dopo la chiusura della Conferenza che ricordiamo essere decisoria, un secondo parere dal Dipartimento PAU in cui chiedeva di assicurare gli standard urbanistici e di individuare all’Infernetto un’area idonea ad accogliere la scuola materna sottratta con la realizzazione del Centro di Raccolta AMA. Dopo il ricorso gerarchico di LabUr del 27/9/2023, la Direzione Trasformazione Urbanistica di Roma Capitale redige 4 anni dopo una Relazione Tecnica Illustrativa propedeutica alla Determina Dirigenziale che però poggia sul parere PAU del 31/12/2019 e non su quello espresso in Conferenza dei Servizi e individua due particelle all’Infernetto dove far ‘atterrare’ la scuola materna, senza però accorgersi che una delle due particelle è la sede stradale di Via Ceccarossi e l’altra è l’area cani che l’Assessore al Verde del Municipio X, Valentina Prodon, chiama “Parco Columbia” e vuole concedere ai cittadini nei c.d. Patti di Collaborazione per la gestione delle aree verdi. La stessa Prodon che aveva già dichiarato un falso a novembre in TV.
Tutti i pareri successivi poggiano su questo falso, cioè su un documento che non è quello della Conferenza dei Servizi, compresa la Delibera di Giunta del 29/12/2023 che approva il progetto definitivo e lo spostamento della scuola materna in un’area inidonea. Una vicenda grave e grottesca, inquinata da un’Amministrazione incompetente a diversi livelli, da infiltrati legati all’estrema destra e sullo sfondo filibustieri, con l’obiettivo di far fallire i tavoli di lavoro per scopi lontanissimi da quelli collettivi. Ci auguriamo dunque che nei prossimi giorni si tenga in Municipio X la Commissione Congiunta chiesta dai Presidenti Marco Belmonte e Leonardo Di Matteo e che tutti i dipartimenti e Uffici coinvolti nel progetto vengano a chiarire le domande (v. LINK) che da anni sono rimaste senza risposta, soprattutto alla luce di quest’ultimo grave episodio.

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