MUNICIPIO X – SEQUESTRI STABILIMENTI BALNEARI. I COSTI DELLA LEGALITA’ E DELLA DISINFORMAZIONE

IMG_20160516_131358In un Municipio, come il X di Roma Capitale, commissariato per Mafia la sempre più sentita istanza di legalità deve coesistere con la parola d’ordine “trasparenza”. E invece si assiste, soprattutto da parte di alcuni organi di stampa filogovernativi, ad una sistematica disinformazione per scarsa conoscenza di norme e leggi e per esigenze di propaganda elettorale. E’ il caso ad esempio dei “sequestri preventivi” in corso ad Ostia ai danni degli stabilimenti balneari. Prima della condanna non può esserci alcuna colpevolezza riguardo al reato contestato. Il sequestro preventivo (Art. 321 c.p.p.) è solo una misura cautelare (dunque, preventiva, provvisoria) che l’autorità giudiziaria impone affinché il reato (presunto) non possa proseguire. Agli stabilimenti raggiunti da un sequestro preventivo vengono contestati reati edilizi (abusi), che dovranno essere riscontrati in sede processuale. Il concessionario dello stabilimento, entro 10 giorni dalla data di notifica del sequestro, può rivolgersi al Tribunale del Riesame per annullare il decreto di sequestro, cosa che è regolarmente accaduta ad Ostia per tutti i sequestri preventivi intentati dall’Amministrazione Prefettizia tant’è che tutti gli stabilimenti balneari sono aperti, compreso il Faber Beach. E’ bene sottolineare dunque che agli stabilimenti balneari non viene contestato il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, di bancarotta fraudolenta o di criminalità organizzata, come qualcuno insiste a dipingere forzatamente, bensì reati edilizi e autorizzativi, dunque ‘amministrativi’. L’azione condotta dalla Commissione Prefettizia di Ostia è volta infatti a ‘fiaccare’ la resistenza economica degli stabilimenti che si rifiutano di ripristinare in via ‘bonaria’ quanto a loro contestato.
E’ importante altresì sottolineare ed essere consapevoli che l’esigenza di legalità, in un territorio commissariato per mafia, non solo ha un costo per i cittadini, ma anche un lato oscuro. I continui ricorsi amministrativi da parte di soggetti privati pesano sulle già magre casse del Comune di Roma (*). Inoltre, ai titoli cubitali sui giornali non corrisponde la realtà de facto ed è forte il pericolo di mettere in crisi il rapporto fra le istituzioni e i cittadini, alimentando un sentimento di diffidenza e di ripulsa verso tutto ciò che è pubblico, mettendo in crisi lo stesso sentimento della legalità. Il cittadino disinformato dalla stampa che decide di passare la sua giornata al mare scopre che gli stabilimenti sono tutti aperti, mentre le spiagge libere sono abbandonate al degrado. Insomma, il cittadino si sente beffato due volte.
Analoga considerazione vale per il paventato spauracchio della decadenza della concessione, gridato ogni volta all’indomani di un sequestro preventivo. Se non c’è una sentenza di condanna, la decadenza della concessione non c’è e dunque sono colpevolmente fantasiose le affermazioni giornalistiche secondo cui gli stabilimenti sequestrati sono tornati nella mani dello Stato, al massimo può esser stata designata l’amministrazione pubblica come ‘custode giudiziario’ del bene sequestrato.
La legalità ha un costo, che i cittadini sono anche ben felici di pagare purché però ci sia trasparenza nelle azioni amministrative e una valutazione della loro efficacia. Si può sequestrare per ben 3 volte uno stabilimento e perdere tutte e tre le volte il ricorso? Ci si può soffermare a riflettere sull’ipotesi che possa essere stata un’azione temeraria? Non è un obbligo morale quello di valutare oltre ai danni erariali i danni derivanti dalla disillusione degli effetti attesi dalla legalità? E, per ultimo, si sta tutelando l’interesse pubblico dei cittadini italiani e stranieri che vogliono godersi il mare, si sta garantendo (sguarnendo le spiagge) la pubblica e privata incolumità?

(*) Solo il costo della dirigenza dell’avvocatura capitolina (23 dirigenti apicali) è di circa 6,5 milioni l’anno. Ogni anno, il Comune affronta circa 15mila nuove cause di cui un 12% di diritto amministrativo (TAR, Consiglio di Stato) che dunque ammontano a circa 1800 cause. Facendo una stima per difetto, se il Comune ne perde il 10% ed ognuna prevede il pagamento delle spese pari a 5mila euro, si hanno 900mila euro all’anno.

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