CHI SA, VEDE – LE FALSE MEDIAZIONI SUL PORTO DI FIUMICINO – PILLOLE DI URBANISTICA #13

Bianco Nero Rosa Minimal Grunge Musica Copertina Album_20251229_185858_0000 Abbiamo letto la lettera firmata “Alberto F.” (LINK) su fiumicino on line sul progetto del Porto crocieristico a Fiumicino e vogliamo offrire una replica, perché il testo è un fulgido esempio del c.d. “cavallo di troia”: apparire ‘ragionevole’ ma in realtà spostando il dibattito in modo fuorviante.

Primo: parlare di “porto turistico” per un’infrastruttura destinata a grandi navi da crociera non è un dettaglio lessicale. Un porto turistico (diportistico) e un porto crocieristico non hanno la stessa scala, gli stessi impatti, la stessa logistica, né le stesse conseguenze sul territorio. Cambiare nome al progetto significa renderlo più digeribile senza affrontarne la sostanza.

Secondo: l’argomento del “degrado” dell’area del faro introduce una scorciatoia emotiva che chi si occupa di attivismo conosce bene: se un luogo è in abbandono, qualunque trasformazione viene presentata come “valorizzazione”. Ma riqualificare può voler dire molte cose, non tutte compatibili con tutela ambientale, paesaggio, accessibilità pubblica e qualità della vita. La domanda corretta non è “meglio di niente”, ma “quale modello di sviluppo, per chi, con quali garanzie pubbliche’.

Terzo: la proposta di ‘spiegare’ le crociere “al largo come le petroliere” non è una soluzione semplice come appare. L’obiettivo si configura come un cavallo di Troia. Le petroliere utilizzano sistemi dedicati e procedure specifiche. Le crociere trasportano migliaia di persone e richiedono controlli, sicurezza, soccorso, gestione sanitaria, rifiuti, approvvigionamenti e una complessa logistica a terra. Un attracco offshore significherebbe, nella pratica, navette/tender, più traffico marittimo minuto, maggiore vulnerabilità a mare e meteo, e impatti spostati e spesso moltiplicati, non eliminati.

Quindi, si è passati dal discutere “se” questo modello sia compatibile col territorio al discutere “come” realizzarlo. Un vero e proprio ribaltamento del piano di confronto: non più valutazione strategica e ambientale, ma soluzione tecnica di un’opera data per inevitabile.

Infine, su temi così delicati e con interessi economici rilevanti, anche la scelta di firmarsi con iniziale merita una valutazione: la trasparenza aiuta il confronto serio quanto i dati. Perché questa lettera sembra costruita a tavolino, un vero e proprio lancio di boa nelle esercitazioni di “uomo a mare”, una falsa mediazione che normalizza il progetto senza affrontarne gli impatti. Un confronto serio parte da documenti, numeri, alternative e responsabilità, non da cornici rassicuranti.

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Per chi vuole approfondire, qui di seguito offriamo “pillole di urbanistica” come bussola urbana, per non farsi venire i mal di testa quando si leggono queste lettere .

1. “È in programma un porto per navi da crociera…”
Vero. Peccato che non sia un’idea astratta, ma un’opera con dimensioni, impatti, concessioni, accessi a terra, dragaggi, sicurezza, viabilità, servizi importanti. Parlare in generale “porto” senza entrare nel perimetro reale è il primo modo per rendere l’opera accettabile per suggestione.

2. “Un progetto che suscita proteste… impatto ambientale e paesaggistico”
Il misterioso Alberto F. sembra riconoscere il problema, ma lo usa solo come “premessa” per riformulare il dibattito. È un classico schema: concedere la preoccupazione, poi spostare l’asse su un terreno che è più favorevole a chi scrive o a chi comanda.

3. “Va detto che un ‘porto turistico’ potrebbe essere un’opportunità positiva…”
Questa è la frase più grave: il “porto crocieristico” diventa “porto turistico”. Non sono sinonimi! Un porto turistico (diportistico) e un porto per grandi navi da crociera non hanno stessa scala, stessi impatti, stessa logistica, stessi flussi, stessi rischi. È una sostituzione lessicale che serve a rendere più ‘caruccetto’ ciò che ‘caruccetto’ non è.

4. “L’area del vecchio faro è degradata… va valorizzata”.
Qui entra il solito frame emotivo “degrado/abbandono/vuoto/tristezza/lacrime”, che in Italia è spesso la leva per far passare trasformazioni indigeste: il refrain è ‘qualunque intervento è meglio di niente, soprattutto del “degrado”‘.
La vera domanda dovrebbe essere un’altra: valorizzare come? E poi, con quale modello, per chi, con quali garanzie pubbliche? Riqualificazione non è sinonimo di privatizzazione né di crociere.

5. “Diverso è il discorso per le grandi navi… ‘mostri galleggianti'”.
Sembra una critica, ma in realtà ha un obiettivo politico preciso: separare “porto sì” da “crociere forse no”, aprendo alla mediazione che salva l’impianto dell’opera isolando chi contesta il modello.

6. “Far attraccare al largo come le petroliere.
Qui c’è venuto da sorridere. Si ospitano lettere di persone non tecniche che fanno proposte però iper-tecniche complesse quanto problematiche.
Le petroliere al largo infatti usano sistemi dedicati (boe monormeggio/SPM, condotte, regole e procedure specifiche). Il fantomatico signor Alberto F. pensa che siano in un “parcheggio in mare”. Per altro, ‘parcheggiare’ le navi da crociera al largo non elimina gli impatti: li sposta e spesso li moltiplica (moto ondoso, disturbo, logistica più lunga, consumi, emergenze ecc.).

Dunque, un uomo sedicente semplice prospetta una soluzione semplice che è in realtà una scorciatoia retorica che serve soprattutto a spostare il dibattito dal “se” al “come”.

7. “Non sono un tecnico… lancio un’idea per aprire un confronto serio”.
Classica tecnica del paracadute: se la proposta viene confutata, risponderà “non sono un tecnico”. Se fa breccia ottiene l’effetto desiderato: normalizzare l’opera e far passare l’idea che “i cittadini chiedono solo soluzioni”. È il classico uso politico della “tecnicalità” per depoliticizzare.

8. Firma “Alberto F.”
Su un tema con forti interessi economici, intervenire con firma parziale permette di orientare il dibattito senza assumersi alcuna responsabilità. Un giornale può pubblicare anche lettere così, per carità, ma dovrebbe almeno essere consapevole dell’effetto. L’obiettivo del giornale era quello di abbassare trasparenza e verificabilità?

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