Abbiamo letto anche noi il suo impopolarissimo comunicato stampa su Ostia e le sue ultime dichiarazioni alle agenzie (LINK). Avendoci precluso di commentare sulla sua bacheca lo facciamo sulla nostra.
Ci pare che “chi oggi urla” sia Lei. Comprendiamo umanamente la sua necessità di difesa, ma Lei, con poca onestà intellettuale, “mente”. Non è forse vero che c’è degrado sulle spiagge della Capitale? C’è l’imbarazzo di articoli, foto, filmati e commenti indignati anche sui suoi social. Affermare che in pochi mesi avete fatto partire le gare è un’affermazione manipolatoria della realtà: nonostante la stagione balneare sia un evento ricorrente ogni anno e Voi siete al comando (non al governo evidentemente) di questa città da 3 anni, tutte le gare sono partite a primavera inoltrata e tutte gestite come se fossero una somma urgenza. Non ci sono stati affatto, come Lei sostiene, “200 proposte progettuali di qualità”, bensì blocchi di schieramenti di progetti fotocopia (persino con gli stessi errori di battitura), fatti dalle stesse poche ‘manine’, e anomalie a non finire. Di quale “rivoluzione culturale” intrisa di “legalità e trasparenza” parla e quali “diritti” ci avreste “restituito” esattamente? Il diritto ad avere aree di Riserva Statale come Castelporziano e Capocotta tutelate? Il Diritto alla Salute e alla privata e pubblica incolumità sulle spiagge? Il Diritto ad avere spiagge libere e non attrezzate con il preposizionamento dei lettini e ombrelloni e tendopoli trasformate in finti chioschi senza regolari permessi? Il diritto ad uno Stato che non violi leggi, norme e regolamenti e li faccia rispettare? Perché tutto questo non è avvenuto in nessuna gara, nemmeno sull’ultima a Castelporziano (la spiaggia DEL Presidente della Repubblica). Siete riusciti a mettere a bando una concessione demaniale marittima che non appartiene al Dipartimento Patrimonio del Comune di Roma e come Lei dovrebbe sapere, una concessione non è un’utenza dove si può fare il cambio di intestatario. Avete fatto carta straccia del Diritto: trasformato presidi dunali, come Castelporziano e Capocotta, in veri e propri stabilimenti balneari che però hanno finalità turistico-ricreative, invece di comportarvi, come previsto per Legge, da gestori di 5 chioschi per altro privi di titolo edilizio, vi siete comportati come gestori di una concessione demaniale. Di quali diritti parla esattamente quando persino i bagni a Castelporziano non solo non hanno un regolare titolo edilizio, ma neppure sono allacciati in fogna e nessuno spurga le fosse biologiche? A quale “tutela ambientale” si riferisce? Di quale diritti parla visto che non c’è stato sui bandi di gara alcun interesse transfontraliero alla base della libera concorrenza?
Tralasciando la “legalità” e i costi abnormi che ricadono sulle tasche dei cittadini sulle Vostre operazioni nel tratto di arenile che va dallo Sporting Beach al Kursaal, la ciliegina sulla torta è stata l’aggiudicazione addirittura di beni che erano sotto amministrazione giudiziaria a personaggi che “lavorano per il Partito Democratico”, che hanno tirato su, poche settimane prima del bando, società con persone legate proprio ai condannati. E Lei parla di imprenditoria sana? E sorvoliamo anche sul meccanismo delle Royalty. Se “Ostia è costantemente offesa da una reputazione largamente immeritata”, è perché i servitori dello Stato compiono azioni indegne. E non basta postare una foto con 35 persone (compresi i passanti) ad una iniziativa culturale sulle spiagge affermando che sono “centinaia” per cancellare questo degrado istituzionale. Gli “abusi” sull’arenile della Capitale sono tutti ancora lì. Tutti. E siccome la Sua difesa di ufficio, accorata quanto propagandistica, passa attraverso la logica fallace aristotelica della denigrazione di fantomatici nemici che Lei definisce “caste” , come un grillino delle prima ora, ha pensato bene di chiudere il suo comunicato in bellezza prendendosela con i cittadini che fanno accesso agli atti e chiedono la stessa cosa che Lei tuona solo per retorica: “legalità e trasparenza”, quello che non applica a se stesso, come le scrive anche il giornalista Davide Desario. Un po’ come in una fattoria orwelliana.
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