FONDI PNRR ALL’AMANTE DI HITLER NELLA PINETA DELLE ACQUE ROSSE AD OSTIA

laffertSono della defunta amante di Adolf Hitler, la Baronessa Sigrid von Laffert, la gran parte dei terreni della Pineta delle Acque Rosse dove la Città Metropolitana di Roma, guidata da Roberto Gualtieri, sta procedendo alla forestazione con fondi PNRR per 1,8 milioni di euro.

Da quanto emerso dopo complessi accertamenti catastali e patrimoniali sembrerebbe che il Comune di Roma non abbia realmente la piena disponibilità giuridica dell’area. 

Sigrid von Laffert (nella foto di copertina, la prima da dx) divenne proprietaria di molti terreni della famiglia Aldobrandini nel 1970. Molti di questi, prima della sua morte avvenuta nel 2002, confluirono in una società con sede in Lussemburgo, la Neulaband s.a., mentre altri rientrarono in Italia con la Neulaband s.s. lasciando invariati al catasto i rimanenti. Il problema è che ancora oggi, nell’area che va dalla Pineta fino al Tevere, risultano per l’Agenzia delle Entrate ben 56 ettari ancora intestati alla Von Laffert, senza che nessuno ne abbia aggiornato la proprietà dopo 23 anni dalla sua morte. 

Dunque, nell’area interessata dalla forestazione con fondi PNRR troviamo di fatto particelle di proprietà Aldobrandini, non dichiarate perché intestate alla baronessa defunta, e lungo la riva del fiume Tevere (dietro l’argine che corre a fianco di via Tancredi Chiaraluce) e particelle di proprietà della Neulaband s.s., sempre di Aldobrandini, un’area che sarà a breve anch’essa oggetto di una nuova speculazione. 

Sarebbe a questo punto opportuno che il Comune di Roma dimostri con chiarezza la disponibilità giuridica dei terreni di proprietà della Baronessa Von Laffert interessati dalla forestazione, considerato che gli stessi erano già stati inclusi nel 1996 nel Piano di Riqualificazione Urbana (PRU Ostia Ponente) che prevedeva proprio lo stesso intervento, ma a carico della lussemburghese Neubaland s.a per 13 miliardi di lire.

Questi fumosi grovigli societari che caratterizzano passaggi di proprietà avvenuti all’estero e in parte già finiti in contenziosi processuali negli anni ‘70, ricordano, con preoccupante somiglianza, le vicende delle ‘case di sabbia’ della Moreno Estate srl sempre ad Ostia Ponente (un camuffamento della famiglia Armellini che va avanti da 50 anni). Non si sa infatti con certezza se sia regolare la proprietà vantata dei terreni Aldobrandini da parte della Baronessa fondatrice della Gioventù Hitleriana. Come LabUr, ancora una volta, come nel caso della Moreno Estate, faremo di tutto per evitare che il Comune di Roma tratti compravendite o agevoli società con sede nei paradisi fiscali.

Da un rapido conteggio, sono più di 45 le particelle (dalla pineta al fiume) su cui il Comune di Roma vuole investire ingenti risorse per la ‘riqualificazione urbana’, non avendo però eseguito alcun approfondimento patrimoniale. Chiederemo dunque che l’Assessore al Patrimonio del Municipio X, Guglielmo Calcerano, avvocato, portavoce dei Verdi, legato politicamente ad Angelo Bonelli, proceda ad una urgente verifica degli atti di provenienza per evitare un danno erariale imputabile ad una evidente negligenza della pubblica amministrazione.

Qui di seguito, una sintetica scheda tecnica.


 

SCHEDA TECNICA

mappa particelle laffertL’intervento di forestazione urbana in corso presso la c.d. Pineta delle Acque Rosse ad Ostia, finanziato dal PNRR per circa 1,8 milioni di euro, comprende due terreni che, al catasto, risultano essere di proprietà di una Baronessa tedesca, Sigrid Laffert, amante di Hitler, imparentata con la famiglia Aldobrandini e morta a Berlino nel 2002. Nella mappa che abbiamo ricostruito, i terreni interessati dalla forestazione sono in verde. I due della Laffert hanno bordo rosso. Si nota che anche altri terreni nei pressi (anch’essi bordati di rosso) risultano ancora intestati alla defunta Baronessa, per un totale di oltre 56 ettari.

Dunque, dei 17,99 ettari totali di forestazione, 2 terreni (le particelle del foglio 1079 nr. 2621 e 2626p), per un totale di 11 ettari, non risultano essere del Comune di Roma. Tuttavia è stabilito che, ai fini dell’ammissibilità per l’erogazione dei fondi, la forestazione può essere realizzata su terreni di cui i comuni della Città Metropolitana (in questo caso Roma) hanno la disponibilità giuridica che non implica però la proprietà. 

pru neulabandLa questione si fa ancora più interessante in quanto l’intervento di cui sopra risultava già compreso nel c.d. Piano di Riqualificazione Urbana ‘Ostia Ponente’ (PRU) adottato nel 1996: Intervento Pubblico n.1, “Acquisizione ed assestamento forestale delle pinete dell’Acqua Rossa ed aree limitrofe”. Tale intervento doveva essere però finanziato al tempo per un importo di 13 miliardi di lire dalla Neulaband s.a., fondata nel 1992 con sede in Lussemburgo e domicilio fiscale in Roma (c.f. 97093040588, p.iva. 05302301006) che è subentrata in moltissimi terreni alla baronessa Laffert, ma non sui due indicati interni alla forestazione.

Nel 2004 ancora si scriveva che “è previsto l’intervento di valorizzazione della Pineta delle Acque Rosse”. Ad oggi la situazione catastale apre dunque un grosso dubbio: come è possibile che nel 2025, a fronte di un intervento con fondi PNRR, non sia stato aggiornato il catasto in termini di proprietà? Oppure l’acquisizione prevista nel PRU non è mai stata perfezionata? Di quale disponibilità giuridica si avvale il Comune di Roma per intervenire con la forestazione su terreni di altra proprietà per altro defunta? 

LE DUE NEULABAND

La Baronessa Von Laffert è legata sia alla lussemburghese Neulaband s.a. che alla italiana Neulaband s.s. e risulta ancora proprietaria di altri numerosi terreni, per un totale di 56 ettari (precisiamo che in Neulaband s.s. l’abbreviazione “s.s.” indica “società semplice” e non SchutzStaffel cioè l’organizzazione paramilitare nazista fondata da Hitler). Come per la società lussemburghese, anche per la italiana Neulaband s.s. (c.f. 08562921000), il legame con la famiglia Aldobrandini è evidente, non solo per avere come legale rappresentante Clemente Federico Aldobrandini (Roma, 4 maggio 1982), ma anche perché nello statuto si legge “gestione dei beni Aldobrandini”. Da questo particolare già emerge che la proprietà finale è della famiglia di origini nobiliari, camuffata al catasto da altre intestazioni.

La Neulaband s.s. è stata costituita l’8 giugno 2005 (dopo quella omonima lussemburghese) e Clemente Federico Aldobrandini, figlio del Principe Camillo Giovanni Giuseppe Aldobrandini (21 maggio 1945), risulta esser stato nominato legale rappresentante solo nel 2019, preceduto da Nicola Spinelli e Luca Ferri, che ancora compaiono nell’intestazione di alcuni terreni.

A differenza dei terreni della Baronessa Von Laffert, i terreni della Neulaband s.s. sono situati a ridosso del Tevere, in sponda sinistra, dietro l’argine, a partire del depuratore di Ostia (su via Tancredi Chiaraluce) in poi (fino a via delle Orcadi). Questi terreni, che non appartengono al demanio fluviale della Regione Lazio, sono dichiarati insistere in area golenale, intendendo per ‘golena’ l’area compresa tra un argine ed un corso d’acqua (il Tevere).

Invece la Neulaband s.a, oltre che nell’ambito dei PRU di ‘Ostia Ponente’ (intervento pubblico n.1 e proposte urbanistiche B5 e B4), risulta titolare anche della proposta inserita nel Patto Territoriale di Ostia e Fiumicino relativa al progetto per la realizzazione di un parco naturalistico, birdWatching; con punto di ristoro nell’isola di Tor Boacciana.

LA BARONESSA SIGFRID VON LAFFERT

La baronessa Sigrid Alice Ernestine Cecile Luise Claudia Helma Frieda von LAFFERT (Bad Doberan, 18 gennaio 1916 – Monaco, 8 settembre 2002) (LFFSRD16A58Z111E) sposó a Berlino il 27 dicembre 1940 il conte Johannes Von Welczeck (Santiago, 1 ottobre 1911 – Caracas 4 marzo 1969), fratello della Principessa Louise Rosario Trinidad Bernardette Aldobrandini (Dresda, 20 Agosto 1913 – Frascati, 25 Settembre 2000) a sua volta moglie del Principe Clemente Aldobrandini (Frascati, 27 Giugno 1891 – Roma, 8 marzo 1967) di cui è figlio Camillo Giovanni Giuseppe Aldobrandini (21 maggio 1945), padre di Clemente Federico Aldobrandini legale rappresentante della Neulaband s.s. (quella italiana). 

Laband, terra natía dei Von Welczeck, è il nome tedesco di Łabędy, un distretto di Gliwice (Gleiwitz) nel voivodato della Slesia, nella parte meridionale della Polonia, circa 270 chilometri a sud-ovest della capitale Varsavia e circa 90 chilometri a ovest di Cracovia. 

Ecco dunque il motivo del nome “Neulaband” dato alle due società: in pratica quella che noi chiamiamo Nuova Ostia dovremmo chiamarla ‘Nuova Laband’.

LA VICENDA PROCESSUALE DELL’EREDITÀ ALDOBRANDINI

Il nome di Sigrid Von Laffert compare in un contenzioso processuale del 1974 come acquirente in Svizzera (notaio, Marco Gambazzi, atto redatto dopo la morte di Ferdinando Aldobrandini, 16 dicembre 1969) di circa 180 ettari di proprietà Aldobrandini a un prezzo troppo inferiore rispetto a quello di mercato: 400 milioni di lire invece di 6 miliardi. Non è mai stato accertato fino in fondo se si fosse trattato di un sistema per evadere il fisco o per esportare valuta all’estero. Di certo gli Aldobrandini non avevano svenduto quel terreno, inserito nell’allora unica zona di Ostia destinata ad espansione urbanistica che andava da via delle Baleniere fino al fiume Tevere. Come abbiamo visto, la Baronessa Von Laffert era la cognata di Livia Aldobrandini e l’atto svizzero di Gambazzi verrà registrato a Roma (senza la necessaria autorizzazione ministeriale) solo il 17 luglio del 1970. 

A quel tempo, si aprì un procedimento penale nei confronti degli eredi Aldobrandini per truffa, falso e frode fiscale, attivato da parte di alcuni costruttori a cui erano stati promessi quei terreni. Le accuse agli Aldobrandini vennero mosse dal sostituto procuratore romano Domenico Sica e fatte proprie dal giudice Istruttore Pizzuti, contestando in sostanza di aver fatto sparire dall’eredità quei 180 ettari (di cui rimangono i frammenti sopra visti).

CONCLUSIONI

Che gli Aldobrandini abbiano, attraverso società di comodo e atti falsi stipulati in Svizzera, compiuto un tale reato non è mai stato dimostrato in pieno, tant’è che al tempo neanche il Ministero delle Finanze si costituì parte civile. Resta il fatto che sono passati 50 anni e che al catasto il nome della Baronessa Von Laffert ancora si impone all’interno di atti pubblici la cui trasparenza amministrativa è tutta da dimostrare.

Eppure non sarebbe difficile fare come in Corsica, dove dopo quasi 50 anni, sono rientrati dalla Svizzera in Italia a marzo del 2024 le proprietà di Clemente Federico Aldobrandini, intestate alla società lussemburghese Bubika s.a., costituita nel 1973, che ha deciso il trasferimento della sede legale al nostro Paese sotto forma di srl. Ben 400mila metri quadrati, ubicati nel comune di Sartène nella Corsica del sud. 

 

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CENTRO RACCOLTA AMA ALL’INFERNETTO: SPUNTA UN FALSO IN ATTO PUBBLICO

476383851_1762517557653090_2737349999873074826_nIn attesa che venga convocata la commissione congiunta Urbanistica e Mobilità del Municipio X sulla questione del Centro di Raccolta AMA all’Infernetto, spunta un falso in atto pubblico. Il progetto del Centro di Raccolta AMA in Via W. Ferrari (angolo Via Soffredini) che aveva ricevuto in Conferenza dei Servizi un parere non ostativo da parte del Dipartimento di Programmazione e Attuazione Urbanistica del Comune di Roma il 13/11/2019 e da cui era scaturita la Determina Dirigenziale del Dipartimento Tutela Ambiente che approvava il progetto il 27/12/2019, riceve 4 giorni dopo, il 31/12/2019 quindi dopo la chiusura della Conferenza che ricordiamo essere decisoria, un secondo parere dal Dipartimento PAU in cui chiedeva di assicurare gli standard urbanistici e di individuare all’Infernetto un’area idonea ad accogliere la scuola materna sottratta con la realizzazione del Centro di Raccolta AMA. Dopo il ricorso gerarchico di LabUr del 27/9/2023, la Direzione Trasformazione Urbanistica di Roma Capitale redige 4 anni dopo una Relazione Tecnica Illustrativa propedeutica alla Determina Dirigenziale che però poggia sul parere PAU del 31/12/2019 e non su quello espresso in Conferenza dei Servizi e individua due particelle all’Infernetto dove far ‘atterrare’ la scuola materna, senza però accorgersi che una delle due particelle è la sede stradale di Via Ceccarossi e l’altra è l’area cani che l’Assessore al Verde del Municipio X, Valentina Prodon, chiama “Parco Columbia” e vuole concedere ai cittadini nei c.d. Patti di Collaborazione per la gestione delle aree verdi. La stessa Prodon che aveva già dichiarato un falso a novembre in TV.
Tutti i pareri successivi poggiano su questo falso, cioè su un documento che non è quello della Conferenza dei Servizi, compresa la Delibera di Giunta del 29/12/2023 che approva il progetto definitivo e lo spostamento della scuola materna in un’area inidonea. Una vicenda grave e grottesca, inquinata da un’Amministrazione incompetente a diversi livelli, da infiltrati legati all’estrema destra e sullo sfondo filibustieri, con l’obiettivo di far fallire i tavoli di lavoro per scopi lontanissimi da quelli collettivi. Ci auguriamo dunque che nei prossimi giorni si tenga in Municipio X la Commissione Congiunta chiesta dai Presidenti Marco Belmonte e Leonardo Di Matteo e che tutti i dipartimenti e Uffici coinvolti nel progetto vengano a chiarire le domande (v. LINK) che da anni sono rimaste senza risposta, soprattutto alla luce di quest’ultimo grave episodio.

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TERMOVALORIZZATORE ROMA: I TERRENI NON SONO DEL COMUNE DI ROMA BENSÌ DI ALBANO. NULLO L’ATTO NOTARILE.

termovalorizzatore albanoSarebbero del Comune di Albano il 60% dei terreni (gli unici edificabili) che il Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha comprato tramite AMA per costruirci il termovalorizzatore. Ad evidenziare l’ennesimo inciampo di questo imbarazzante progetto è il foglio originale n.1186 di impianto, digitalizzato e georeferenziato, recuperato al Catasto il 18 gennaio scorso. La mappa qui sotto riportata indica con certezza che il tanto discusso Fosso della Cancelliera costituiva il confine tra il Comune di Roma e quello di Albano. Poi qualcosa forse è cambiato di cui però non si ha evidenza pubblica.

Ciò che è certo è che:

– il 40% dei terreni sono inedificabili per sottoscrizione di un atto d’obbligo
– il restante 60% dei terreni ricadono nel Comune di Albano
– la particella 105 non potrà far parte del termovalorizzatore
– ad oggi, lo spostamento del confine tra Roma e Albano sarebbe avvenuto solo sui terreni del termovalorizzatore, restando inalterato altrove.

confine albano roma 1186

Per questa ragione abbiamo chiesto per iscritto al Sindaco dem di Albano, Massimiliano Borelli – contrario alla realizzazione del termovalorizzatore di Roma in area Santa Palomba – di confermare con urgenza quanto da noi scoperto perché in caso affermativo tutti gli atti sarebbero nulli, soprattutto quello notarile di compravendita preso in carico dal Consiglio Nazionale dei Notai su nostra segnalazione.

L’ennesimo incredibile episodio sull’opera fintamente giubilare voluta da Roberto Gualtieri. Dopo quanto emerso durante la puntata di Report su Rai3 “Il santo inceneritore” e la scoperta di LabUr della particella mancante e della non edificabilità del 40% dei terreni ci chiediamo quali controlli preventivi siano stati eseguiti da tutti i soggetti coinvolti nel più grande appalto dopo Mafia Capitale.

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BANDI CAPOCOTTA: SEGNALAZIONE ALLA POLIZIA DI STATO

capocotta 2025POLIZIA DI STATO
X Distretto Lido
p.c.
CAPITANERIA DI PORTO DI ROMA FIUMICINO
DIREZIONE MARITTIMA DI CIVITAVECCHIA
COMUNE DI ROMA
GUARDIA DI FINANZA
COMMISSIONE RISERVA NATURALE STATALE LITORALE ROMANO

 

Roma, 20 gennaio 2025

OGGETTO : Integrazione esposto del 10 gennaio 2025 –
Segnalazione alla Polizia di Stato

Il Comune di Roma, ha la sola competenza di assicurare per la spiaggia libera di Capocotta “i servizi essenziali per il pubblico”, tutti però esclusi negli attuali bandi di affidamento dei chioschi che, senza titolo edilizio e non inventariati tra i beni comunali, pur avendo solo lo scopo di presidiare il parco dunale, diventeranno di fatto stabilimenti balneari per 12 anni, essendo loro consentito, tramite semplice invio di una PEC al Dipartimento Ambiente, di noleggiare ombrelloni e lettini e di organizzare eventi e serate danzanti, anche in subappalto, senza alcuna evidenza pubblica, favorendo potenzialmente infiltrazioni criminali come già avvenuto per le spiagge libere di Ostia. Ricordiamo che nella maggior parte dei casi per iniziare un’attività è necessario presentare, al competente SUAP (Sportello Unico per le Attività Produttive), una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) con la quale l’impresa interessata autocertifica il possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento dell’attività medesima. A Capocotta, no.

*********

Spett.le POLIZIA DI STATO – X Distretto Lido,
LabUr – Laboratorio di Urbanistica (www.labur.eu), portatore di un interesse collettivo e diffuso, con riferimento all’esposto del 10 gennaio 2025 e al successivo riscontro pervenuto in data 13 gennaio 2025 dal Comune di Roma, intende segnalare alla Polizia di Stato la seguente integrazione dell’esposto sopra citato. Si richiede di svolgere i necessari approfondimenti sul contenuto della convenzione presente nei bandi (di cui uno in corso) per l’affidamento dei 5 chioschi di Capocotta, dove si ravvisa una palese inadeguatezza rispetto a tematiche di pubblica sicurezza nonché rispetto al potenziale pericolo conseguente di infiltrazioni criminali nell’area.

La richiesta pertanto consiste, nei confronti della Polizia di Stato, ferme restando quelle rivolte già per singola competenza agli altri Enti e Autorità, nel valutare un coordinamento con il Comune per un preventivo contenimento del suddetto presunto pericolo mediante la redazione di una nuova e differente convenzione tra privati e P.A. rispetto a quella presente nei bandi, che andrebbero, ad avviso dello scrivente, annullati.

Si precisa che la problematica è stata esposta anche al Presidente della Commissione della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, dr. Romeo DE ANGELIS, entro le cui competenze ricade l’area di Capocotta, precisando in particolare che emergono gravi carenze nella definizione del ruolo degli affidatari dei chioschi, in quanto, nella realtà, i chioschi costituiscono veri e propri stabilimenti balneari non avendone però tutti i requisiti e i conseguenti obblighi di legge. Una sorta di ‘terra di nessuno’ consentita dal Comune di Roma che ha lasciato in disparte il doveroso parere della Commissione di Riserva.

A titolo di esempio, il noleggio numericamente indeterminato di lettini ed ombrelloni, il loro libero posizionamento su 500 metri di fronte mare per ogni chiosco (5-6 volte superiore a quanto consentito agli stabilimenti), la facoltà di eseguire e subappaltare l’attività con il permesso di un funzionario del Comune, che può anche autorizzare serate danzanti o in genere eventi su aree non delimitate con precisione, sono circostanze che rendono di fatto impossibile garantire quelle condizioni di pubblica sicurezza presenti invece sulle restanti spiagge del litorale romano.

  • Se è stato corretto controllare le serate danzanti e gli eventi presso gli stabilimenti balneari sulla base di ferree regole, se è stato necessario interrompere le infiltrazioni criminali collegate al noleggio di ombrelloni e lettini presso le spiagge libere di Ostia, se è stato giustificato rimuovere dal litorale romano l’errato utilizzo dei chioschi per la ristorazione, non si capisce come mai il Comune di Roma possa mettere a bando l’affidamento dei chioschi di Capocotta senza regolamentare in dettaglio tali attività che si volgono all’interno di beni di sua (presunta) proprietà, esattamente come è già accaduto per i chioschi delle spiagge libere di Ostia.

Oltre quanto riportato nell’esposto, a cui si rimanda, la prima osservazione è che i chioschi sono da sempre risultati essere in piena attività solo durante la stagione balneare ed invece chiusi e/o inattivi nel corso del restante anno.

La conferma viene per assurdo proprio dal Comune di Roma che nel riscontro del 13 gennaio u.s., afferma:

  1. I chioschi presenti sulla “spiaggia di Capocotta sono stati realizzati per offrire servizi essenziali alla balneazione
  2. I chioschi sono strutture “a supporto della balneazione per fornire servizi come ristoro assistenza e bagnanti e il noleggio di attrezzature quali lettini e ombrelloni
  3. L’area di Capocotta è “una spiaggia libera attrezzata

Premesso

  • che il Comune di Roma non ha alcuna competenza sul demanio marittimo in località Capocotta, la cui delimitazione, come descritto nell’esposto, è incerta per la problematica introdotta da un ingiustificato spostamento della Linea SID ma negato esser avvenuto dalla Capitaneria di porto di Roma;
  • che risultano fuorvianti e non veritiere le affermazioni del Comune di Roma laddove afferma essere i chioschi di proprietà del Comune di Roma e ricadenti in aree di sua proprietà in quanto: 1) a livello di inventariazione comunale non esiste alcun bene corrispondente ai 5 chioschi, 2) le aree dove insistono i chioschi non sono tutte di proprietà del Comune di Roma, come p.es. la particella 42 del foglio 1146 (demanio pubblico dello Stato – ramo Marina Mercantile) sulla quale insiste il locale c.d. Bar del Lotto A che invece negli atti del bando risulterebbe sulla particella 41 e quindi non (come invece è) su demanio marittimo (vedi foto in calce);
  • che in data 29 maggio 2024 LabUr aveva inviato al Comune di Roma una istanza di revisione in autotutela per presunta turbativa d’asta relativamente all’ “Avviso pubblico per l’acquisizione di offerte, finalizzato alla concessione in uso dei chioschi di proprietà di Roma Capitale siti in Roma – via Litoranea – Ostia Lido, all’ interno del parco dunale di Capocotta incluso nel perimetro della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano – Lotti A, B, D”, non ricevendo alcuna risposta nel merito ma solo una nota pseudo intimidatoria;

Considerato

  • che per l’affidamento e la gestione dei singoli chioschi e delle sedicenti aree “di proprietà di Roma Capitale”, si indica l’area compresa “dalla linea SID al confine con la strada Litoranea, come da planimetrie allegate” non tenendo conto della vera Linea SID, come risultante dai dati catastali;
  • che è competenza esclusiva della Regione Lazio, regolamento regionale 19/2016, disciplinare le attività consentite sulle spiagge libere e quelle che possono essere svolte nelle spiagge attrezzate;
  • che, in forma sintetica, una “spiaggia libera” è quella destinata alla libera fruizione dei bagnanti, dove l’occupazione dell’arenile deve essere temporanea e legata alla balneazione e una “spiaggia attrezzata” è quella dove i servizi sono offerti a pagamento da un concessionario (cfr. Regolamento 19/2016);
  • che pertanto sbaglia il Comune di Roma nel riscontro del 13 gennaio u.s. a definire la spiaggia di Capocotta ‘libera’ (ma altrove, pag.2, definita ‘attrezzata’) “con l’aggiunta di servizi essenziali per il pubblico” in quanto per tali (come da Regolamento 19/2016) sono da intendersi solo quelli relativi al “servizio di assistenza, di pulizia, di salvataggio e i servizi igienici”, tutti esclusi (a parte i servizi igienici) dalla convenzione dei bandi di affidamento dei chioschi;
  • che seppure il servizio di ristorazione possa ritenersi complementare rispetto ai ‘servizi’ essenziali’, non lo è di certo quello di noleggio di lettini e ombrelloni (spacciato per ‘attività sociale’!), introdotto in convenzione sotto forma di straordinarietà:
    sono consentite, previa comunicazione al concedente a mezzo PEC all’indirizzo: protocollo.tutelaambientale@pec.comune.roma.it inviata almeno 20 giorni prima e salvo diniego, le seguenti attività sociali: … noleggio di attrezzature per l’utilizzo privato in spiaggia libera

Osservato

  • che, secondo convenzione, è solo il Comune di Roma ad autorizzare ai chioschi la fruizione del parco dunale e del demanio marittimo per le c.d. “attività sociali” (tra cui il noleggio di lettini e ombrelloni) senza alcuna comunicazione alla Commissione di Riserva, alla Capitaneria di porto di Roma e/o ad altri Enti e Autorità competenti, soprattutto in termini di pubblica sicurezza;
    che, secondo convenzione, è solo il Comune di Roma a poter concedere il subappalto senza pubblica evidenza;
  • che il Comune di Roma non opera alcuna forma di controllo aggiuntiva, imponendo all’affidatario tutte le responsabilità (ricordiamo, su area di Riserva e su Demanio Marittimo)

CHIEDE

di verificare se, per garantire la pubblica sicurezza, sia necessario introdurre nei bandi di affidamento dei chioschi di Capocotta restrizioni, integrazioni, modifiche od altro in modo da imporre un’evidenza pubblica delle attività ‘balneari’ già oggetto di particolare attenzione da parte della Polizia di Stato lungo il litorale romano, con particolare riferimento al noleggio di lettini ed ombrelloni e alle autorizzazioni di serate danzanti ed eventi.
Si osserva infine, in attesa del riscontro da parte della Capitaneria di porto di Roma, la mancata diligenza da parte degli uffici del Comune di Roma nell’individuare con certezza, prima di consentire gli affidamenti, della delimitazione del demanio marittimo, nonché la discutibile interpretazione del termine ‘spiaggia libera’

capocotta lotto a dividente demaniale

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“IL SANTO INCENERITORE” DI ROMA È UN SANTO FALSO. ESPOSTO E SEGNALAZIONE AI CONSIGLI DISCIPLINARI

Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20250113_110518_0000A seguito delle dichiarazioni del Sindaco di Roma, Roberto GUALTIERI, e del Presidente di AMA SpA, Geom. Bruno Manzi, nella trasmissione di Report “Il Santo inceneritore” (Rai 3, 15 dicembre 2024), LabUr – Laboratorio di Urbanistica ha inviato un esposto alla Procura Penale e Contabile, alla Corte dei Conti, alla Guardia di Finanza, alla Polizia di Stato e alla Commissione Ecomafie. Tutti sapevano dell’esistenza del vincolo della fascia di rispetto e della non edificabilità di diversi terreni che invece nell’atto notarile sono dichiarati tutti edificabili, consentendo così alla sola ACEA un vantaggio sui tempi di consegna del progetto.

Dagli atti acquisiti da LabUr, di cui vengono qui riportati gli estratti, si evince il grave comportamento del Notaio in Roma, Nicola ATLANTE (che non ha allegato tutti i documenti citati nell’atto) e del mediatore del Gruppo ME.CI. srl, Andrea MESCHINI, incaricato dalla parte venditrice, che sono stati segnalati ai rispettivi Consigli Disciplinari degli ordini professionali di appartenenza. 

 

INDICE

– IL PREZZO DEL TERRENO A MQ NELL’ATTO 1

– I DOCUMENTI CITATI MA NON ALLEGATI ALL’ATTO

– LE RELAZIONI GE.CO. E LINARI

– CHI ERA A CONOSCENZA DELLA INEDIFICABILITÀ

– OMBRE SULL’OPERAZIONE FINANZIARIA

– RESPONSABILITÀ PENALI E CONTABILI

– CONCLUSIONI

 

 

IL PREZZO DEL TERRENO A MQ NELL’ATTO

Nell’atto notarile (rogito n. 13786 del notaio Nicola ATLANTE, 25 novembre 2022), che ha valore di prova legale, è chiaramente scritto che il terreno dove dovrebbe sorgere il termovalorizzatore è tutto edificabile (art.7 – “… parte venditrice dichiara: trattasi di vendita di terreno edificabile”, dove per ‘terreno’ si intende l’oggetto del contratto, descritto all’art 1).

Nell’atto, il prezzo di vendita è di 7.462.275,00 euro, così come riportato anche nella perizia di stima del Geom. Umberto LINARI del 15 settembre 2022, dove risulta un terreno di 99.497 mq (al prezzo di 75 euro/mq). In realtà nell’atto risulta descritto un terreno di 99.779 mq (282 mq in più) dovuto a una discrepanza sulla estensione della particella 673 (15.654 per il Notaio, 15.564 per Linari) e per l’assenza (nella stima Linari) della particella 105 (192 mq) di cui abbiamo già scritto nei mesi scorsi.

Inoltre, nella nota dell’Ufficio Stampa AMA del 16 dicembre 2024, si legge che il valore di 75 euro/mq “era già quello presente nell’offerta di vendita del 3 giugno 2021”. Non specifica però la nota AMA se quel prezzo al mq fosse esteso già nel 2021 (allora Sindaca Virginia RAGGI) a tutti gli oltre 99 mila mq del terreno.

I DOCUMENTI CITATI MA NON ALLEGATI ALL’ATTO

Tra i documenti citati nell’atto notarile, ce ne sono due (all’interno dell’art.2) che non risultano esser stati allegati dal Notaio:

“[il terreno] è libero da pesi, vincoli, … fatta eccezione per:

1. “Vincoli derivanti dalla appartenenza al Consorzio per lo Sviluppo Industriale (CSI) Roma Latina di cui alla lettera del 15 ottobre 2019 spedita a Parte Venditrice, ben nota a Parte Acquirente”;

2. “Atto d’obbligo trascritto a favore del Consorzio per lo Sviluppo Industriale Roma Latina il 31 gennaio 2005 form. 8029”.

 

I due documenti, in possesso di LabUr, risultano esser stati indirizzati dal Consorzio alla parte venditrice e saranno resi disponibili solo su richiesta dell’autorità giudiziaria.

Il primo dei due è un certificato di ubicazione in cui si afferma che le particelle 560, 561 e 673 cadono all’interno del Consorzio Industriale di Santa Palomba, Comparto B, con destinazione a “fascia consortile di rispetto” (art,17 NTA).

Il secondo, redatto presso lo studio del Notaio in Roma, Carlo Federico TUCCARI, obbliga la parte venditrice a non edificare nelle fascia di rispetto che comprendeva la particella 369 (poi negli anni frazionata nelle 560, 561 e 673).

Dunque, sin dal 2005 la parte venditrice sapeva che i 39.904,00 mq delle particelle 560, 561 e 673 (il 40% del totale), non erano (e ancora ad oggi, non sono) edificabili. La conferma viene dalla perizia di stima dell’Architetto Daniele IMPALLARA, storico professionista di fiducia della parte venditrice, datata 25 luglio 2022 (rivelata da Report) che, proprio per ragioni di parziale inedificabilità, indica il probabile valore di mercato del terreno in 3.586.000,00 euro, meno della metà della stima Linari, successiva di soli due mesi (15 settembre 2022).

LE RELAZIONI GE.CO. E LINARI

L’atto notarile si basa su due relazioni commissionate da AMA:

 

– La “Ricognizione vincolistica e programmatica”, redatta dalla GE.CO. srl in data 1 settembre 2022, per “valutare la fattibilità programmatica di avvio di un procedimento autorizzativo per un impianto di trattamento termico di rifiuti con recupero energetico in un sito individuato da AMA SpA nel Comune di Roma, in località Santa Palomba”.

– La “Relazione tecnico estimativa” redatta dal Geom. Umberto LINARI in data 15 settembre 2022 per “effettuare una perizia di stima al fine di addivenire al più probabile valore di mercato dell’area”.

 

La relazione della Ge.Co. srl doveva fornire ad AMA l’inquadramento ambientale e vincolistico del terreno. In realtà, restituisce un errato valore catastale di superficie (99.071,33 mq) e non considera il vincolo di inedificabilità imposto dal Consorzio. È lo stesso progettista incaricato della Ge.Co. srl, Ing. Mario ROSSI, a dichiarare nella puntata di Report che la relazione non ha avuto un incarico ufficiale da parte di AMA e che è stata redatta in 10 giorni e pagata intorno ai 2.000 euro.

 

È la relazione Linari ad indicare la valutazione economica del terreno e a riportare che “l’area oggetto di stima risulta parzialmente compresa nel perimetro del Consorzio per lo Sviluppo Industriale Roma-Latina, all’interno del quale sono comprese le particelle 560, 561, 673. Tale porzione di terreno è definita come “Fasce consortili di rispetto” e sono definite dall’art. 17 delle NTA”.

Tuttavia, nessun accenno al vincolo di inedificabilità. Anzi, la relazione procede “con una valutazione uniforme dell’intera area in quanto la stessa attraverso particolari e mirate procedure urbanistiche PUÒ essere totalmente trasformata ad una destinazione di tipo produttivo/industriale, conforme all’area limitrofa”.

In altre parole, la relazione non restituisce il valore attuale del terreno, ma quello futuro, ottenibile per variante urbanistica, considerando tutto il terreno edificabile e giungendo al prezzo di 75 euro/mq con discutibili e ampiamente confutabili valutazioni, spingendosi addirittura ad ipotizzare un indice di edificabilità dell’area pari a 0,60 mq/mq, comprese le aree ancora ad oggi non edificabili.

L’intento della relazione Linari è chiaro e si evince dalla integrazione inviata ad AMA il 14 ottobre 2022: “Il sottoscritto Geom. Linari Umberto in relazione alla valutazione dell’immobile in oggetto ritiene che la stima di € 75,00 al mq di lotto redatta dal Gruppo ME.CI s.r.l. possa ritenersi congrua”.

Il richiamo alla sopra citata nota dell’Ufficio Stampa AMA del 16 dicembre 2024, è doveroso: il valore di 75 euro/mq “era già quello presente nell’offerta di vendita del 3 giugno 2021”.

Solo all’area edificabile o a tutto il terreno?

CHI ERA A CONOSCENZA DELLA INEDIFICABILITÀ

Da quanto emerge dall’atto e dai documenti, la parte venditrice e il mediatore erano a perfetta conoscenza che il 40% del terreno era (ed è) inedificabile. Alla stessa conclusione si giunge per il Notaio che ha formato e istruito l’atto.

Lo sapeva anche AMA e dunque il Comune di Roma, che è socio unico e che ha dato il proprio assenso all’atto di compravendita. Così come il Sindaco Roberto GUALTIERI che è anche Commissario per il Giubileo e che invece davanti alle telecamere di Report ha negato l’appartenenza parziale del terreno alla fascia di rispetto:

 

CLAUDIA DI PASQUALE (Report) – Il 40% del terreno è una fascia di rispetto consortile del consorzio industriale Roma Latina. Si potrebbe al massimo costruire una pompa di benzina.

ROBERTO GUALTIERI (Sindaco di Roma) – Ma questo lo dice lei. Va beh. Lei la vedo molto sicura delle sue opinioni, però… No, ma noi siamo assolutamente convinti che non è come dice lei e quindi questo sarà facilmente appurabile…

 

A sciogliere ogni dubbio, lo stesso atto riporta:

– (art. 2): “vincoli derivanti dalla appartenenza al Consorzio per lo Sviluppo Industriale Roma Latina di cui alla lettera del 15 ottobre 2019 spedita a Parte Venditrice, ben nota a Parte Acquirente”;

– (art. 5): “parte acquirente che dichiara di ben conoscere guanto comprato per averlo fatto valutare e verificare dai propri tecnici di sua fiducia, Geco S.r.l. e Geometra Linari”.

OMBRE SULL’OPERAZIONE FINANZIARIA

Indubbio il successo finanziario per il mediatore della venditrice, Andrea MESCHINI del Gruppo Me.Ci. Srl, che è riuscito, intascando quasi 500mila euro, a far salire il prezzo del terreno più del doppio rispetto alla quotazione dell’Arch. Daniele IMPALLARA, per anni uomo di fiducia della venditrice.

Al successo del mediatore si affianca invece una debacle finanziaria di AMA, che lo ricordiamo ha come socio unico il Comune di Roma, cioè il Sindaco Gualtieri per altro Commissario Straordinario per la gestione dei rifiuti. AMA, tramite il gruppo Intellera SpA – vera artefice della valutazione economica del terreno, avendo lei incaricato, per conto AMA, il Geom. Linari e che ha prodotto frettolose valutazioni come confermato anche dalla Ge.Co. srl – ha autorizzato così un’ingente somma di soldi pubblici pagando un terreno inedificabile al prezzo di uno edificabile, contro ogni logica di mercato.

RESPONSABILITÀ PENALI E CONTABILI

Tutto lecito? Di certo no. Davanti alla consolidata giurisprudenza della Corte dei Conti per la quale le spese sostenute dalla Pubblica Amministrazione di beni immobili devono essere allineate ai valori del mercato immobiliare e non possono, senza giustificato motivo, generare plusvalenze soprattutto a favore di privati.

 

Il Sindaco GUALTIERI, forte dei suoi poteri commissariali, ha giustificato il costo omogeneo di entrambe le tipologie di terreno sulla base di eventuali, future ma non certe varianti urbanistiche, tant’è che nella “Ricognizione vincolistica e programmatica” redatta dalla GE.CO. srl, alla base dell’atto di compravendita, si legge di voler solamente “valutare la fattibilità programmatica di avvio di un procedimento autorizzativo per un impianto di trattamento termico di rifiuti con recupero energetico in un sito individuato da AMA SpA nel Comune di Roma, in località Santa Palomba”.

La domanda è d’obbligo: se ciò non avverrà, cioè se i terreni oggi per legge inedificabili non diventassero mai edificabili, sarà Gualtieri a restituire all’erario i soldi temerariamente e comunque illegalmente spesi?

 

Circa la falsa dichiarazione di edificabilità commessa dalla parte venditrice, si ricorda che, ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 483 c.p., le mendaci dichiarazioni devono riguardare circostanze oggettive, come nel caso in esame.

Se poi è vero che l’unico a risponderne penalmente è il dichiarante, è altresì consolidato nella giurisprudenza che il “pubblico ufficiale risponde soltanto della conformità dell’atto alla dichiarazione ricevuta” (cfr. Cass pen n. 11628/2011). Pertanto al notaio spetta l’obbligo di verificare sia la conformità dell’atto rispetto alle attestazioni del privato sia procedere a dei controlli preventivi nei registri immobiliari. Più in generale, si tratta di attività prodromiche e preparatorie al rogito grazie alle quali il notaio può tempestivamente informare le parti circa le verifiche effettuate. E’ evidente che il Notaio ATLANTE, riportando in atto che il terreno è tutto edificabile, non ha con diligenza operato.

 

Neppure è interpretabile la definizione di terreno edificabile. Infatti, soprattutto ai fini tributari, per l’edificabilità di un terreno è sufficiente la delibera del Consiglio Comunale che recepisca il Piano Regolatore Generale (PRG) vigente, poiché è detta delibera a costituire formalmente lo “strumento di adozione” (ma non di approvazione) del piano. Tuttavia non si può trascurare che si tratta di un piano esistente in astratto, ma non operativo, poiché in mancanza dell’approvazione del piano da parte della Regione (o della Provincia se delegata) il piano non è certamente operativo in concreto.

Detto ciò, non può escludersi che successivamente, per la mancata approvazione regionale, per una modifica al PRG o per l’adozione degli strumenti attuativi, l’edificabilità “astratta” non divenga mai concretamente tale. Come nel caso della competenza regionale nel definire la fascia di rispetto (inedificabile) del Consorzio di Sviluppo Industriale Roma-Latina, su cui il Comune di Roma non ha competenza e che comunque allo stato vigente dell’atto presenta una fascia di rispetto inedificabile.

 

In sostanza, il notaio ha definito edificabili terreni che sapeva essere inedificabili, come è ben scritto nei due documenti sopra citati ma, stranamente, non allegati all’atto notarile.

 

Neppure è esente da colpevolezza il mediatore, Andrea MESCHINI. La Suprema Corte ha infatti enunciato un chiaro principio di diritto.

Il mediatore, ai sensi dell’art. 1759, comma 1, c.c., deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, o che avrebbe dovuto conoscere con l’uso della diligenza impostagli dalla natura professionale dell’attività esercitata, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possano influire sulla conclusione di esso o determinare le parti a perfezionare il contratto a diverse condizioni.

MESCHINI sapeva (o doveva sapere) della fascia di rispetto e della inedificabilità e non indurre la parte venditrice a sostenere nell’atto (come fase derivante dall’offerta) che tutto fosse ‘edificabile’.

Ne consegue che, essendo l’affare concluso, sussiste la responsabilità risarcitoria del mediatore per mancata informazione del promissario acquirente circa l’esistenza di irregolarità urbanistiche o edilizie non ancora sanate relative all’immobile oggetto della promessa di vendita, dovendosi comunque verificare l’adempimento di tale dovere di informazione da parte del mediatore con esclusivo riferimento al momento stesso della conclusione dell’affare (Cass. civ., Sez. II, Ord., 02/05/2023, n. 11371).

CONCLUSIONI

Se è grave e punibile penalmente la falsa dichiarazione della parte venditrice (emigrata all’estero ad affare concluso dopo la messa in liquidazione della società), è altrettanto grave il comportamento della parte acquirente che sapeva e ha taciuto sostenendo una spesa illegale di soldi pubblici. In primis, Roberto GUALTIERI, che nella sua doppia funzione di Sindaco e Commissario ha ingannato la fede pubblica non costituendosi garante del pubblico interesse e addirittura ribadendo, due anni dopo davanti alle telecamere di Report, di essere “assolutamente convinto” della non esistenza di una “fascia di rispetto” inedificabile.

Se Gualtieri fosse estraneo, dovrebbe essere lui a segnalare ai consigli disciplinari dei propri ordini di appartenenza il notaio e il mediatore. Noi sicuramente lo faremo.

 

Restano aperte una serie di domande: Perchè si è omesso nell’atto di indicare che i terreni non erano tutti edificabili e perché si è valutato un prezzo uniforme al mq? Per favorire la parte acquirente? Esistono altre motivazioni? Perché dichiarare un falso in un atto notarile su un investimento ‘capitale’ tra le altre cose riguardante materia relativa alla salute pubblica e alla tutela della pubblica e privata incolumità? Oppure è servito per favorire la redazione del progetto ACEA che non poteva esser fatto se l’area avesse compreso una porzione di terreno inedificabile? I 4 milioni di plusvalenza sono serviti per agevolare l’iter del termovalorizzatore?

 

Domande che dopo due anni dall’atto di compravendita non sono mai emerse. LabUr farà la sua parte. Vedremo cosa diranno le autorità e gli organi di vigilanza.

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DISASTRO CAPOCOTTA: CHIESTO L’ANNULLAMENTO DEI BANDI PER I CHIOSCHI

capocottaNella giornata di giovedì 9 gennaio 2025 è stato presentato un esposto alla Capitaneria di Porto competente per segnalare l’occupazione senza titolo del Demanio Marittimo in località Capocotta da parte del Comune di Roma al quale è stata inoltrata istanza di annullamento in autotutela dei 2 bandi per l’affidamento dei 5 chioschi ivi esistenti, bandi aventi per oggetto la gestione dei servizi sulle dune di Capocotta all’interno della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano. Ricordiamo che i 5 chioschi sono (se ne indica il nome ‘storico’): Lotto A (Dar Zagaia), Lotto B (Mediterranea), Lotto C (Settimo Cielo), Lotto D (Porto di Enea) e Lotto E (Mecs Village).

Si tratta di due bandi, uno riferito a tre lotti (A, B e D, già aggiudicati nel 2024) e uno ai rimanenti due (C ed E), in fase di aggiudicazione nel 2025. Entrambi prevedono l’affidamento e la gestione dei singoli chioschi (con ristorazione), dei lotti ivi insistenti e delle aree dunali “di proprietà di Roma Capitale, dalla linea Sid al confine con la strada Litoranea come da planimetrie allegate”. 

In realtà, nelle ‘planimetrie allegate’ la c.d. “linea SID” non compare.

Si precisa che per “linea SID” viene inteso il limite a terra del Demanio Marittimo, detto anche “dividente demaniale”. Tale limite è graficizzato sul sito Portale del Mare del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Il Demanio Marittimo è pubblico e si estende dalla “linea SID” fino alla linea di costa, individuando quello che viene comunemente definito arenile o spiaggia pubblica. Per il Comune di Roma, i 5 chioschi non ricadono sul Demanio Marittimo.

Tuttavia l’affidamento previsto dai bandi consente, previa comunicazione a mezzo PEC, di noleggiare attrezzature per l’utilizzo privato in spiaggia libera, cioè ombrelloni e lettini, trasformando di fatto i chioschi in piccoli stabilimenti balneari ma senza concessione marittima.

IL PRECEDENTE

In data 10 luglio 2023, con nota CPRM.REGISTRO UFFICIALE.2023.0018846, la Capitaneria di Porto di Roma, con riferimento al tratto di arenile di Capocotta destinato alla pubblica fruizione, comunicava l’andamento della vigente dividente demaniale allegando gli estratti del Portale del Mare (SID). La linea risultava ininterrotta per tutto il tratto interessato e corrispondente alla linea dunale (cioè costituita dalle dune), definendo l’appartenenza o meno dei chioschi al Demanio Marittimo. In data 11 marzo 2024, il Comune di Roma pubblicava l’avviso pubblico per l’affidamento dei primi tre chioschi (Lotti A, B e D). 

Riscontrando in data 13 marzo 2024, sul SID, un differente andamento della dividente demaniale, veniva inviato da LabUr il 14 marzo 2024 un dettagliato esposto alla Capitaneria di Porto di Roma, alla Direzione Marittima di Civitavecchia, al Comune di Roma e alla Guardia di Finanza per segnalare tale ingiustificata variazione della dividente demaniale avvenuta dopo il 10 luglio 2023. Si osservava che in assenza di una precisa individuazione geografica o comunque referenziata della dividente demaniale, i tre chioschi presenti nel bando risultavano insistenti sul Demanio Marittimo (a differenza di quanto sostenuto nel bando) ma senza concessione marittima come invece dovuto.

In data 10 aprile 2024, la Capitaneria di Porto di Roma con nota m_inf.A1825B8.REGISTRO UFFICIALE.U.0009406.10-04-2024, rispondeva:

  1. che la dividente demaniale non aveva subito alcuna variazione dal 10 luglio 2023
  2. che era in corso un procedimento di verifica dell’ampiezza del Demanio Marittimo
  3. che la riscontrata non corrispondenza della dividente demaniale alle due date indicate doveva ritenersi una difformità dovuta alla “scelta di rappresentazione grafica operata sulla cartografia del portale S.I.D.

Era pertanto evidente (essendo presenti nella segnalazione le perimetrazioni delle particelle catastali, riferimento inconfutabile) che era stato commesso un grave errore. La questione non veniva più affrontata da LabUr per consentire il regolare svolgimento della stagione estiva, come richiesto dalle autorità preposte, al fine di garantire la pubblica e privata incolumità.

LA VERIFICA

Screenshot 2025-01-09 20.16.15In attesa della definizione del suddetto problema, si è consultato il Portale del Mare in data 9 gennaio 2025, riscontrando che la linea SID non risulta (come fino a tutto il 2024) ininterrotta e corrispondente alla linea dunale (dividente demaniale naturale, come confermato dalla Capitaneria di Porto di Roma). E’ infatti solo localizzata (linea in rosso) presso i Lotti A,B e D (del primo bando) ma spostata notevolmente in avanti (si porta l’esempio dei lotti A e B):
Screenshot 2025-01-09 20.20.22Screenshot 2025-01-09 20.21.03Considerando che per effetto delle mareggiate la linea di costa (linea in blu) è avanzata verso terra, finendo praticamente per coincidere con la linea SID (linea in rosso), scompare di fatto senza giustificazione il Demanio Marittimo e cioè la spiaggia a pubblica fruizione divenendo tutto l’arenile illegittima “proprietà del Comune di Roma”, come indicato nei bandi. Addirittura nella parte centrale (Lotto C) e terminale (Lotto E), quelle in aggiudicazione, neppure compare la dividente demaniale. 

 

 

CONCLUSIONI

Di fatto la spiaggia libera di Capocotta viene lottizzata dal Comune di Roma trasformando i chioschi in piccoli stabilimenti balneari senza concessione marittima in virtù di due bandi del tutto irregolari che si avvalgono di un andamento della dividente demaniale mutato senza alcuna trasparenza amministrativa.

Ricordiamo che per poter variare la dividente demaniale, fatto che la Capitaneria di Porto di Roma sostiene non essere avvenuto nel 2024, occorre, ai sensi del Codice della Navigazione, una precisa delimitazione del Demanio Marittimo mediante un procedimento disciplinato dall’art. 32 che mira a rendere evidente la demarcazione tra un bene pubblico (quello marittimo) e le proprietà confinanti, che siano private o patrimonio della Pubblica Amministrazione.

A Capocotta nulla di questo è avvenuto arrivando al paradosso che la più grande spiaggia libera del litorale laziale e forse d’Italia è priva del Demanio Marittimo per occupazione senza titolo da parte del Comune di Roma.

Per quanto sopra, in attesa di una trasparenza amministrativa ad oggi inesistente, si è richiesto di annullare i due bandi, ripristinando l’affidamento dei chioschi ai precedenti assegnatari per la predisposizione di una nuova gara, questa volta basata su un fondamento giuridico e non piratesco.

Nel video la condizione in cui versano i chioschi de “abbiamo riscritto una nuova pagina per Capocotta“. Così il Comune di Roma ad Aprile 2024

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LE PINETE DEL MUNICIPIO X DISTRUTTE DAI COMITATI D’AFFARI

Con la morte colpevolmente dolosa delle pinete di Castelporziano e Castelfusano ci siamo giocati 450MLN di euro di patrimonio e fatto guadagnare 45MLN all’opaco, quando non criminale, business del cippato.

link https://youtu.be/xWJ4KMA-g_s?si=XaLa0pc17cynNJRx

 da TalkCity.it WebRadio JACOPA STINCHELLI ci parla delle PINETE di OSTIA… dal Paradiso all’Inferno, distrutte dai comitati d’affari. Sua ospite è PAULA FILIPE DE JESUS
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ANGIOLA ARMELLINI, DA IMPRENDITORE STRANIERO A IMPRENDITORE OCCULTO IN UNO STATO LATITANTE

Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20241203_171040_0000Il 10 ottobre scorso si è tenuta una incredibile commissione municipale congiunta LL. PP. e Politiche Sociali e Abitative – dunque successivamente al nostro articolo del 18 settembre [1] – relativa ad alcune problematiche in alcune palazzine ERP in via Baffigo a Nuova Ostia di proprietà della Moreno Estate, popolarmente chiamate “case Armellini” o “case di ricotta”. La commissione è disponibile sul canale youtube del Municipio X e dura esattamente solo min. 15.01, poi si interrompe inspiegabilmente la registrazione, ma sufficienti per sentire lo scontro tra una impreparata e inadeguata Presidente della Commissione Politiche Abitative, Mirella Arcamone, e l’Avvocato Alba Torrese della Moreno Estate. Spocchiosamente, dopo 3 anni, la Arcamone insiste a non studiare il dossier di uno degli scandali più grandi d’Italia sotto molti profili.

 

Alba Torrese è da sempre l’Avvocato di Angiola Armellini. Le cronache raccontano ad esempio quando nel 1994, un anno dopo la morte di Renato Armellini, il suo studio fu lo scenario di uno scontro fisico fra Angiola, sorella maggiore, e Francesca, una delle altre due sorelle. Durante la Commissione l’Avv. Torrese ricorda alla Arcamone che le case ERP di Nuova Ostia non sono di Angiola Armellini, ma dalla Moreno Estate srl, di cui l’Armellini è solo un socio.

 

La Arcamone dovrebbe infatti conoscere che Angiola Armellini nel 2014, è finita nei pasticci sia per questioni tributarie (accusata di aver occultato al fisco due miliardi di euro) ma anche penali (accusata di associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale). La vicenda si è conclusa nel 2017 mediante un accordo con l’Agenzia delle Entrate e il pagamento di 36 milioni e 127 mila euro, rispetto ai 39 milioni chiesti, più altri 10 milioni al Campidoglio per tasse evase (IMU, ICI). A seguito del pagamento, il l procedimento penale ha visto il decreto di archiviazione n.986/17 del Tribunale di Roma.

 

A creare i problemi nel 2013 alla Armellini, erano stati soprattutto i 1.042 locali di Nuova Ostia (note anche come “case di sabbia”), affittati al Comune di Roma per l’emergenza abitativa dalla Moreno Estate srl, avente per socio unico l’allora Grand Baie S.A. (costituita il 10 luglio 1997, con sede in Lussemburgo e capitale detenuto dalla Daedalus Overseas Inc. con sede a Panama e dalla Acca-Mba con sede nelle Isole Vergini britanniche, tutti paradisi fiscali).

Allarmata dalle indagini che erano partite nel 2012, la Armellini trasferì a Roma la sede della Grand Baie S.A., trasformata in Grand Baie srl, il 18 dicembre 2013, data dalla quale Angiola Armellini è divenuta socio unico per calmare le indagini, invece poi proseguite. Non era la prima volta, perché tra il 2008 e il 2009 aveva approfittato di ben 10 scudi fiscali al fine di far rientrare in Italia le società detenute all’estero, intestandole ad un trust.

Solo il 28 luglio 2020, subentra come socio unico della Moreno Estate srl la Società per Amministrazioni Fiduciarie SPAFID [2]. Con tale azione, la fiduciaria di Mediobanca, diventa di fatto gestore dei beni patrimoniali della Armellini che quindi diventa amministratore occulto. Infatti, dalle visure camerali, risultano amministratori della Grand Baie srl, Daniela Olivieri (2015), Luisella Palmieri (2017) e Dario Veronese (2023), mentre amministratori della Moreno Estate srl sono Daniela Olivieri (2014) e Luisella Palmieri (2017).

Sono esattamente gli stessi nomi che si ritrovano nella recentissima sentenza del Tribunale Ordinario di Roma – Sezione Sedicesima Civile (sentenza n. 9596/2023 pubbl. il 15/06/2023, RG n. 24463/2018), sezione specializzata in materia di impresa che la Arcamone non ha mai letto altrimenti saprebbe che Daniela Olivieri è stata amministratore unico della società Immobildieci srl (una delle tante della galassia di società della famiglia Armellini) dal 2014 al 2017, poi sostituita da Luisella Palmieri e che la gestione effettiva della società era rimasta in capo alla Armellini, la quale

operava quale amministratore. Dunque, prima con vestizione estera delle società, poi con il posizionamento delle c.d. “teste di legno” nella carica di amministratore unico, Angiola Armellini non ha mai inteso figurare in maniera trasparente nella gestione delle società che affitta i locali al Comune di Roma. Solo per un breve periodo (quello delle indagini) è risultata socio unico della Grand Baie srl (non amministratore), per poi affidare il tutto alla SPAFID, fiduciaria appunto di Mediobanca, che ha assunto l’impegno di amministrare i beni per conto della Armellini.

 

Questo ruolo di imprenditore occulto non è disciplinato in nessuna norma del Codice Civile, non svolge pubblicamente e in modo palese la sua attività, non è iscritto al Registro delle imprese e non soggiace all’obbligo di rispettare gli obblighi di pubblicità e trasparenza previsti dalla legge per gli imprenditori. Questa totale assenza di trasparenza può generare una serie di complicazioni legali, soprattutto in caso di controversie con terzi, come nell’attuale contenzioso in essere da 10 anni con il Comune di Roma.

Come è possibile che nessuno ponga questo problema, in primis proprio la Arcamone?

 

Ma non è tutto.

In Commissione l’Avv. Alba Torrese, di fronte alla minaccia di fare un intervento in danno nelle palazzine di Via Baffigo, inorridita (e lo siamo anche noi che da 10 anni ci occupiamo della vicenda) ricorda quello che da anni scriviamo e diciamo in ogni consesso, anche istituzionale e in cui era presente la Arcamone [3], la quale da 3 anni “ingenera confusione”, noi aggiungiamo anche illusioni dolose: “Esiste una sentenza passata in giudicato che ORDINA lo sgombero degli immobili di proprietà della Moreno Estate srl. Gli immobili NON sono in uso al Comune di Roma che li OCCUPA ABUSIVAMENTE. Si tratta di atto illecito che produce danno ingiusto e che costituisce reato perché il Comune di Roma sta occupando da 10 anni immobili privati nell’ambito dei quali non ha nessun diritto, facoltà o potere di eseguire i lavori, meno che mai lavori in danno. Ogni accesso di ditte in quei immobili costituisce INVASIONE di edifici privati. Tutti, dalla Arcamone, all’Assessore al Patrimonio Comunale e Municipale, Tobia Zevi e Giuseppe Sesa, ma soprattutto al Direttore del Dipartimento Patrimonio del Comune di Roma, Alberto Festa, conoscono (o dovrebbero conoscere) perfettamente la situazione vista l’enormità di diffide che gli sono state inviate e notificate così come le sentenze passate in giudicato”.

 

Troviamo gravissimo tutto quanto continua ad accadere sulla vicenda delle case ERP della Moreno Estate srl a Nuova Ostia, dove lo ricordiamo, vivono 5.000 persone, in case spesso fatiscenti e pericolanti e su cui pendono sentenze di sgombero anche per la precarietà in cui versano gli immobili.

 

Angiola Armellini, di fatto Sindaca di una città nella Capitale, specula sull’incapacità amministrativa di gestire il problema delle famiglie senzatetto, lasciando dal 1972 migliaia di persone dentro ‘case di ricotta’ che cadono letteralmente a pezzi e su cui l’Amministrazione Capitolina da 3 anni parla di rent-to-buy.

Da una parte abbiamo uno Stato (il Comune di Roma) che è il primo abusivo, che fa il forte con i deboli e il debole con i forti in un momento in cui si sono inasprite le pene per le occupazioni, che finge di non sapere quali siano i suoi obblighi e doveri illudendo i cittadini e comportandosi come un’ipocrita. Dall’altra un’im-prenditrice altrettanto ipocrita, Angiola Armellini, che siede, tra l’altro, nel Consiglio di Amministrazione della Fondazione Robert F. Kennedy Human Rights Italia dedicandosi al restauro di palazzi, ma non dei suoi, seguendo la “filosofia secondo cui sebbene il degrado sia contagioso, la bellezza lo è ancora di più”.

Peccato che allo Stato spettino doveri comportamentali superiori.

 

 

 

 

[1] https://www.labur.eu/public/blog/2024/09/18/ostia-erp-armellini-dopo-il-pignoramento-di-18mln-a-danno-del-comune-pagati-altri-29mln/

 

[2]

SPAFID ha il ruolo di amministratore di grandi patrimoni di famiglie e di aziende quotate a controllo familiare, come gli Armellini

 

[3] https://www.labur.eu/public/blog/2020/01/26/2141/

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PRODON SU RAI3: FALSO IN ATTO PUBBLICO

prodonGravi le dichiarazioni dell’Assessore all’Ambiente nonché Vice Presidente del Municipio X, Valentina Prodon rilasciate in diretta su Rai3 il 27 novembre 2024 (*).

Grave che nella battaglia portata avanti da Infernetto Sicuro, Ass. di Autorecupero Urbano il Macchione Nucleo 13.8 e Amici di Wolf Ferrari, con il supporto tecnico di LabUr – Laboratorio di Urbanistica, si siano infiltrati personaggi dell’estrema destra con l’obiettivo di far fallire i tavoli di lavoro tra cittadini e l’Amministrazione. Da queste persone politicizzate e incompetenti prendiamo fermamente e totalmente le distanze. 

Roma Municipio X – Rimanendo aperti tutti i punti indicati nella richiesta di Commissione congiunta a Marco Belmonte, Leonardo Di Matteo e Valentina Scarfagna e in copia conoscenza a Pietro Malara – rispettivamente Presidenti di Commissione Urbanistica, Mobilità, Ambiente e Trasparenza del Municipio X – del 21 novembre scorso inviata da LabUr (**), in attesa che venga fissata la data, a seguito delle nuove dichiarazioni dell’Assessore all’Ambiente del Municipio X, Valentina Prodon, nella trasmissione Buongiorno Regione andata in onda il 27 mattina in replica al TgR serale, aggiungiamo un nuovo capitolo al scellerato progetto del Centro Raccolta Rifiuti all’Infernetto, oggi diventato Centro Servizi.

Il Comodato d’uso prevede chiaramente che l’area dell’Infernetto interessata sia destinata a Centro Servizi che, come tale, è definito dal Regolamento del Comune di Roma con AMA. Per servizi si intendono dalla raccolta, al trasbordo, agli uffici ecc. L’Assessore Prodon insiste però a dire che si tratta solo di 6 scarrabili (cassoni da caricare su apposita motrice per il trasporto), dunque raccolta (non ‘stoccaggio’, termine dalla Prodon impropriamente usato), ma non parla mai, ad esempio, del trasbordo e cioè di enormi mezzi parcheggiati adibiti a ricevere il materiale trasportato e raccolto sul territorio da mezzi leggeri con vasca ribaltabile, i cosiddetti “squaletti”.

Inoltre, non dice mai che la gestione di cosa si farà del “Centro Servizi” è in mano ad AMA che, come fa sempre, nei momenti di emergenza (e il Giubileo ad esempio lo sarà, ma vale anche quando scoppia l’ennesimo incendio in qualche impianto) modifica unilateralmente la destinazione d’uso dei centri portandoci qualunque rifiuto. 

La Prodon quindi non solo non conosce le carte firmate, ma nemmeno si è mai preoccupata di proporre indicazioni tassative e/o di definire il perimetro gestionale con AMA. Alle mancate promesse su tutto il ciclo dei rifiuti del Municipio X – a partire dal tritovagliatore di Ostia Antica che ha dovuto sopperire all’ennesima emergenza causata da un incendio – la Prodon è arrivata ad affermare una cosa gravissima: il cambio finale di destinazione d’uso dell’area da Scuola a Centro Sanitario è avvenuto a novembre 2023 dopo nostro ricorso gerarchico e dunque tutta la conferenza dei servizi decisoria (a cui si appella l’Assessore Prodon) è da un punto di vista amministrativo nullo, cosa che chiederemo in Commissione Congiunta non appena sarà convocata. Siamo dunque in presenza di un falso in atto pubblico dichiato senza alcuna prudenza in diretta su RAI3. 

Ci auguriamo che anche questo aspetto venga urgentemente chiarito prima dell’avvio del cantiere previsto per gennaio 2025. Altrimenti ci vedremo costretti a ricorrere ad un esposto ai Carabinieri contro l’Assesore all’Ambiente del Municipio X. 

______

(*) “C’è stato un iter amministrativo lungo. Dal 2019 ad oggi sono stati perfezionati tanti atti. A detta nostra non ci sono veri passaggi amministrativi che non potevano essere fatti. C’è stato un cambio di destinazione d’uso autorizzati con una determina del DPAU che permette la realizzazione di quello che viene equiparato ad un servizio” (testuale da: link)

 

 

(**) PREMESSO CHE

– Il 14/2/22 avevamo chiesto in Commissione Ambiente Municipio X la documentazione di progetto e di sapere se esistesse o meno un parere favorevole dell’ASL e della Polizia Municipale. 

– L’Assessore all’Ambiente, Valentina Prodon, nonostante l’impegno preso, non ha mai fornito alcuna informazione in merito. 

– A differenza di quanto previsto nel 2019, il progetto in discussione in Commissione NON chiude il ciclo dei rifiuti essendo stata cancellata l’area 1CRC di 1.000mq). 

– Il Centro di Raccolta non è aperto ai soli cittadini, ma anche alle ditte. 

– Nell’analisi fornita da AMA sulla viabilità, è stata fornito un dato palesemente falso: 12 auto/ora e 4/5 mezzi pesanti/ora su via Wolf Ferrari all’Infernetto. 

– Il bacino di utenza dichiarato è di 70mila, cioè il doppio dei residenti dell’Infernetto.

 

VISTO CHE

– In Commissione sia Ambiente sia, successivamente, Trasparenza e Garanzia, non è stato mai chiarito come fosse possibile, in assenza di autorizzazione, un cambio di destinazione d’uso circa il comodato d’uso, essendo l’area un bene indisponibile a standard del quartiere e in assenza di passaggio a patrimonio, ceduto senza verbale di consegna e immissione in possesso. 

Ricordiamo che il comodato d’uso non può variare la destinazione d’uso e che era autorizzato il Dipartimento Patrimonio e non quello del Ciclo dei Rifiuti a concedere ad AMA una temporanea consegna dell’area in attesa del progetto definitivo alla ditta privata, incaricata da AMA, di entrata per i sondaggi, per altro senza alcuna autorizzazione per il passo carrabile del cantiere, senza permesso di costruire rilasciato alla ditta e indicato nel cartello lavori che però aveva data antecedente all’individuazione dell’area, e concesso da un Dipartimento non titolato dalla delibera e in assenza di verbale di consegna, che lo stesso Dipartimento Patrimonio nega esistere. Dunque il cantiere non risulta mai essere stato autorizzato. 

– La sedicente isola ecologica (di fatto discarica) nel quartiere “Infernetto” presso via Wolf Ferrari è stata oggetto anche di una Commissione Trasparenza Municipio X nella quale non si è presentato nessuno degli invitati a chiarire ANCHE il motivo per cui in una nota dell’Assessore all’Ambiente Sabrina ALFONSI risultava che il Municipio X, con nota del 10 febbraio 2022 (prot. QL 9635), aveva espresso il proprio assenso, valutando tale area come “fondamentale per poter fornire ai residenti un servizio adeguato al conferimento di tutte quelle tipologie di rifiuto che normalmente non possono essere conferiti e che spesso vengono abbandonati sui marciapiedi, lungo le strade e le aree verdi della zona”.
In realtà con DGC n. 469 del 29.12.2023 il progetto è stato mutato rispetto a quello del 2019, così come il finanziamento (da fondi PNRR al D.L. Aiuti). Dunque gravi le assenze in Commissione Trasparenza e Garanzia visto che all’Infernetto è scaduta, proprio nel 2023, l’adozione del piano particolareggiato e viste le gravi irregolarità procedurali e contabili. 

DATO CHE 

  • L’area in questione era stata destinata a servizi pubblici LOCALI e non URBANI,con specifica destinazione d’uso a “scuola materna”. Nelle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Particolareggiato di Zona “O” n.51 – “Infernetto-Macchione”, tra le previste destinazioni dei servizi pubblici LOCALI, è ESCLUSO in maniera categorica la previsione di impianti ed attrezzature per la gestione del ciclo dei rifiuti. L’area è stata sin dall’inizio (2017) definita da AMA come ‘Centro Servizi’ per definire un “complesso costituito da strutture, attrezzature e attività funzionali al servizio di gestione dei rifiuti urbani compresa l’attività di prevenzione, quali CENTRO DI RACCOLTA, sede territoriale, officina, trasbordo, Centro del Riuso”.

– Nel Ricorso Gerarchico presentato alla Regione Lazio in data 27 settembre 2023 era stato osservato da LabUr – Laboratorio di Urbanistica il difetto del Comune di Roma nel variare contra legem la destinazione d’uso dell’area non essendo appunto previsti i CENTRI DI RACCOLTA nei servizi pubblici LOCALI ma in quelli URBANI, a cui non appartiene l’area in questione. Tale distinzione è specificata con chiarezza dal combinato degli artt. 85 e 106 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. dove si prescrive che seppure aree destinate a servizi pubblici LOCALI possano essere destinate per “Attrezzature per la raccolta dei rifiuti solidi urbani” (art.85, comma 1, lett.g) in realtà, qualora si tratti di CENTRI DI RACCOLTA (art.106, comma 2, ultimo capoverso), possono essere localizzati solo nelle aree a Servizi pubblici URBANI.

– Che con DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA CAPITOLINA DEL 29 DICEMBRE 2023, N.469, si è approvato il progetto definitivo per un CENTRO DI RACCOLTA nell’area in questione, cambiando la destinazione in ‘Servizi Sanitari’ mediante Determinazione Dirigenziale rep. Ql/2131/2023 del 28 novembre 2023 del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica – Direzione Trasformazione Urbana, dunque due mesi dopo la presentazione del Ricorso Gerarchico di LabUr. Nella stessa delibera è stato dato atto che un CENTRO DI RACCOLTA è opera pubblica comunale, confermando che trattasi di servizio pubblico URBANO e non LOCALE come ben specificato dall’art.83 delle NTA del P.R.G. Il Comune di Roma ha dunque di fatto annullato il parere decisorio della Conferenza dei Servizi del 2019 mutando in maniera illegittima la destinazione dell’area da LOCALE a URBANA, addirittura dichiarando il CENTRO DI RACCOLTA “opera pubblica comunale” che consente di andare in deroga a tutte le autorizzazioni in ambito edilizio compreso il rilascio del permesso di costruire. Rispetto a quanto presentato alla iniziale Conferenza dei Servizi, è cambiato il progetto, l’importo di spesa è raddoppiato e si sono impegnati fondi PNRR prima mai previsti e discussi. Tutto ciò azzera ogni atto politico/amministrativo emesso in base all’esito della Conferenza dei Servizi del 2019 totalmente modificata.

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8° CANCELLO CASTELPORZIANO: RICORSO GERARCHICO CONTRO AGENZIA DELLE DOGANE E MONOPOLI

Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20241012_104005_0000A seguito dell’articolo pubblicato ieri, 11 ottobre 2024 in cronaca di Ostia pag. 31 del quotidiano Il Messaggero a firma di Mirko Polisano (*), LabUr – Laboratorio di Urbanistica ha presentato RICORSO GERARCHICO contro l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per l’annullamento previa sospensione del Nulla Osta rilasciato in data 10.06.2024 ai sensi dell’art. 19 del decreto legislativo 8.11.1990, n. 374 e ai sensi dell’art. 14 del d.P.R. 15.02.1952, n. 328 (Regolamento per l’esecuzione del Codice della Navigazione), relativamente alla variazione dell’intestazione a favore di Roma Capitale della concessione demaniale marittima n. 1 del registro concessioni della Capitaneria di Porto di Roma, con contestuale ampliamento dell’area in concessione, da intendersi quale inclusione della restante porzione della fascia costiera della tenuta presidenziale di Castelporziano (area “ottavo cancello”, ex Jumbo Village)

 

Premesso che:

– dal “Verbale di conferenza di servizi: rilascio concessione demaniale marittima di mq. 385,884 in favore del Municipio X – località Castelporziano – Ostia” redatto, firmato e approvato in data 06.06.2023 risulta esser stata presente per l’Agenzia delle Dogane il Dott. Enrico GUARNA che ha assunto, nel rilasciare parere favorevole, senza alcuna integrativa istruttoria, “che la descrizione degli immobili sia conforme allo stato dei luoghi” autorizzando ai sensi dell’art. 19 del decreto legislativo 8.11.1990, n. 374 gli immobili elencati nella concessione rilasciata a favore del Municipio X;

– la concessione di cui sopra, così riporta:

“Si concede al Presidente del Municipio X, per conto di Roma Capitale, un litorale demaniale marittimo comprensivo di n° 5 immobili preesistenti ed aree asservite – della superficie di complessivi mq. 385.884 (di cui mq. 66 per ciascuno degli immobili con complessivi mq. 7.790 di area asservita) situato nel Comune di Roma, Litorale sud, in località Castel Porziano ubicato tra la foce del Canale del Tellinaro e la foce del Canale Palocco — F.M n. 1143 particelle nn° 17, 19, 21, 22, 31, 38, 39, 40, 41, 42, 74, 76, 79, 80, 82 e 83, F.M. n. 1146, particelle nn. 33, 34, 35, 97, 172, 173, 174, 358 e 359 identificato al S.I.D. come Demanio dello Stato — ramo Marina Mercantile)”;

– nel Nulla Osta rilasciato il 10.06.2024 si dichiara (testualmente) “PRESO ATTO dell’assenza di variazioni, ampliamenti o ristrutturazioni della concessione demaniale marittima in essere; ASSUNTO che la descrizione degli immobili sia conforme allo stato dei luoghi; VALUTATA la completezza della documentazione agli atti di questo Ufficio e l’assenza di motivi ostativi”;

 

Visto che:

– la concessione poteva essere esclusivamente rilasciata in conformità a quanto previsto nella convenzione stipulata in data 14.07.1965 tra la Presidenza della Repubblica e il Comune di Roma, con la quale il Capo dello Stato rendeva disponibile il tratto di litorale antistante la tenuta di Castelporziano al fine di consentire la costituzione di un tratto di spiaggia libera per uso pubblico, mediante concessione demaniale marittima da rilasciarsi al Comune di Roma dalla Autorità marittima competente;

– in tale originaria convenzione risultava ben distinto il Demanio dello Stato dal Demanio Marittimo, aree separate dalla c.d. “dividente demaniale” da sempre indicata nel SID (Servizio Informatico Demaniale marittimo), corrispondente (in assenza di un verbale di delimitazione) alla morfologia dei luoghi in quanto demarcante la presenza di vegetazione dunale non compatibile con le mareggiate ordinarie invernali e dunque indicante con chiarezza la demarcazione tra le aree del Demanio dello Stato e quelle del Demanio Pubblico dello Stato (in questo caso, Ramo Marina Mercantile), differendo nei diritti d’uso degli enti utilizzatori, gestori, concessionari dei beni;

 

Preso atto che:

– la Capitaneria di Porto di Roma in data 05.07.2023 (dunque dopo la conferenza dei servizi sopra indicata) inviava a LabUr la “documentazione della vigente dividente demaniale” in cui risultava ben delimitata l’area del Demanio Marittimo ed i manufatti ivi insistenti;

– i manufatti interessati dall’ art. 19 del decreto legislativo 08.11.1990, n. 374 sono quelli in prossimità della linea doganale e nel mare territoriale;

– non esistendo un concreto ed esatto dato metrico, in quanto la norma stessa si correla all’espressione “in prossimità della linea doganale”, tale zona non è necessariamente coincidente con il Demanio Marittimo, ma si estende verso l’interno nella zona di vigilanza doganale terrestre, per una distanza variabile in considerazione dell’incidenza di elementi oggettivi quali: l’osservabilità, la controllabilità e la transitabilità;

– per tali motivi, detta area si intende, per prassi, ordinariamente estesa sino al punto di transito della prima strada carrabile ad uso pubblico che corre parallelamente alla costa e dalla quale sia agevolmente possibile effettuare l’ordinaria attività di vigilanza;

– nel caso in questione tale strada risulta la ex strada statale 601 Ostia-Anzio (SS 601), ora strada provinciale 601 litoranea Ostia-Anzio (SP 601),

 

Osservato che:

– i manufatti presenti nell’area di Castelporziano sono i 5 chioschi più quelli descritti p.es. nell’ultima concessione rilasciata al Comune di Roma prima di quella del 2023

– dalla cartografia del SID inviata a luglio 2023 dalla Capitaneria di Porto di Roma solo alcuni manufatti ricadono su Demanio Marittimo mentre tutti ricadono nell’area di ispezione doganale così come sopra descritta;

– dunque il Nulla Osta impugnato e fondato su l’autorizzazione ex art. 19 risulta incompleto ed errato perchè doveva estendersi non solo ai manufatti indicati nella concessione del 2023 (che ne riporta solo 5), ma a tutti gli immobili esistenti (non citati in concessione) e comunque doveva essere fondato sulla esplicita indicazione della linea doganale;

– in ogni caso, anche se ciò non influisce sulle precedenti considerazioni, deve essere legittimata l’attuale concessione rilasciata nel 2023 rispetto alle prescrizioni della originaria convenzione del 1965, indicando con esattezza la vigente linea demaniale che, non essendo intercorse nuove variazioni per assenza da luglio 2023 a oggi di una nuova perimetrazione mediante redazione ed approvazione di nuovo verbale di delimitazione, non può essere diversa da quella comunicata a luglio 2023 dalla Capitaneria di Porto di Roma;

– nell’attuale versione del SID non viene riportata la dividente demaniale per l’area interessata (ma solo in parte, linea rossa);

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Per i seguenti motivi di illegittimità si ravvisa ECCESSO DI POTERE: il provvedimento impugnato è un atto vincolato che non risulta conforme all’interesse pubblico e disapplica il criterio-guida della più proficua utilizzazione del bene per finalità di pubblico interesse, manifestandosi tramite le seguenti figure sintomatiche:

a) FALSITÀ DEL PRESUPPOSTO

Per omessa indicazione della linea doganale da cui doveva discernere l’individuazione degli immobili presenti nell’area di concessione (che si estende dalla linea di costa fino alla via litoranea) soggetti ad autorizzazione ex art.19;

b) SVIAMENTO DI POTERE

il parere impugnato non persegue un interesse pubblico ma un fine diverso da quanto stabilito dalla legge, ravvisabile nell’assecondare un vantaggio per il Municipio X e comunque per il Comune di Roma che non ha rispettato dal 2001 al 2023 quanto previsto dal Codice della Navigazione (a cui si riferisce l’art.14 del d.P.R. 15.02.1952, n. 328) e dalla normativa vigente e cioè il pagamento di un canone concessorio e la regolarità autorizzativa delle strutture esistenti all’interno della concessione,

c) DIFETTO DI ISTRUTTORIA

nell’affermare che si è (in sottolineato, quanto invece non verificato) PRESO ATTO dell’assenza di variazioni, ampliamenti o ristrutturazioni della concessione demaniale marittima in essere;

ASSUNTO che la descrizione degli immobili sia conforme allo stato dei luoghi;

VALUTATA la completezza della documentazione agli atti di questo Ufficio e l’assenza di motivi ostativi;

 

LabUr – Laboratorio di Urbanistica, ricordando la gravità di tali omissioni in quanto la autorizzazione ex art.19 “condiziona il rilascio di ogni eventuale altra autorizzazione, nella quale della stessa deve essere fatta comunque espressa menzione”, ha chiesto all’AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI IN VIA PRELIMINARE di sospendere il Nulla Osta rilasciato alla Capitaneria di Porto di Roma in modalità di autotutela ricorrendo gli estremi dell’art.181 del d.lgs. 42/2004 per tutti i motivi addotti in narrativa, stante la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 3 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 24 novembre 1971, nonché avviare una ricognizione amministrativa circa i titoli edilizi rilasciati per gli immobili insistenti nell’area in concessione;

NEL MERITO, dichiarare nullo, inefficace, e/o privo di qualsivoglia effetto e validità e/o annullare e/o revocare il Nulla Osta rilasciato alla Capitaneria di Porto di Roma e ogni titolo edilizio rilasciato senza autorizzazione ex art.19 nell’area della concessione 2023.

___________

 

(*)

Screenshot_2024-10-12-10-30-09-38_cd3ee25a9cfb6183a2f205cb3c56ca70Castel Porziano nel caos: «Ora i chioschi a bando»

La gestione delle spiagge dei Cancelli sotto la lente della Capitaneria di Porto Nel mirino la convenzione firmata dal Municipio: «Presto, nuova assegnazione»

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LA SITUAZIONE

Castel Porziano, scoppia il caos per la gestione delle spiagge libere. La data del 20 ottobre prossimo infatti non segna solo la fine della stagione estiva per i Cancelli ma anche il termine ultimo dell’attuale gestione dei chioschi nonostante la convenzione che per essere rinnovata (seppur la sua validità di sei anni) dovrà passare attraverso una «assegnazione a evidenza pubblica», come tiene a specificare la Capitaneria di Porto di Roma. In una parola: bando. E la gara dovrà essere avviata in tempi rapidi. Alla selezione potranno partecipare sia gli attuali gestori ma anche altri soggetti imprenditoriali interessati secondo le norme di «trasparenza e libera concorrenza», sottolineano ancora dalla Capitaneria. A sollevare il caso che sta scuotendo gli animi dei “chioscari” è proprio la Guardia Costiera di Roma e Fiumicino che ha messo sotto la lente al convenzione stipulata nel luglio del 2023 tra il X Municipio – a firma del presidente Falconi – e i gestori dei chioschi. Le spiagge libere dei Cancelli – due chilometri di costa selvaggia lungo la via Litoranea – restano non solo le più amate dai romani ma ora anche ambite dagli inevitabili interessi economici e di business. «La convenzione – spiegano dagli uffici di viale Traiano – prevede una durata di sei anni è vero ma il rinnovo con i gestori deve avvenire attraverso un procedimento a evidenza pubblica al termine di ogni stagione». Eppure il X Municipio un anno fa aveva rassicurato gli assegnatari delle strutture che avrebbero potuto dormire sonni tranquilli per i prossimi sei anni (più altri sei di rinnovo). E invece ieri è arrivata la doccia fredda. Anche per l’amministrazione locale che ora si vedrà passare al setaccio tutti gli atti amministrativi legati alle spiagge di Castel Porziano. Il “pezzo di carta” firmato e sottoscritto potrebbe non avere effetti e validità. E non si esclude una possibile revoca. «Al fine di assicurare la pubblica fruizione per finalità balneari e l’esercizio delle attività strettamente funzionali alla destinazione pubblica dell’area, il Comune di Roma ha praticamente operato un subentro ai 5 chioschi per tutte le attività a lui dovute: custodia e tutela ambientale, pulizia dell’arenile e delle aree di transito pedonale, servizio di salvamento, servizi igienico-sanitari, prima assistenza sanitaria, somministrazione di alimenti e bevande anche da asporto – denuncia in una nota l’associazione Labur -. Lo strumento è stato quello dell’art. 45 bis del Codice della Navigazione, che però prevede la gestione in affidamento solo delle attività secondarie nell’ambito della concessione e non tutte quelle che dovrebbero essere esercitate dal concessionario. La cosa più grave è che dall’8 maggio scorso, ai sensi dell’art. 24 del regolamento per l’esecuzione del codice della navigazione, il titolo concessorio, già rilasciato al Presidente del Municipio X, sarebbe stato variato a favore del Sindaco di Roma capitale, anche se non se ne è data evidenza. Non era il Campidoglio a dichiarare trasparenza e legalità su Castel Porziano e Capocotta?».

Mirko Polisano

 

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