MUNICIPIO X: MALAFEDE SU VIA DI ACILIA

Giacomina Di Salvo, assessore all’urbanistica dell’attuale Municipio X di Roma Capitale, ha raggiunto il suo primo record: ben 85 giorni per informare sul raddoppio della via di Acilia, vicenda nota da quasi 20 anni. Una delle opere a scomputo che risalgono alla deliberazione consiliare n.107 del 15 maggio 1995, modificata ed integrata con le deliberazioni consiliari n.32 del 5 marzo 1996, n.260 del 16 dicembre 1996 e n.262 del 2 ottobre 1997, poi perfezionatesi nella famosa Convenzione del 23 marzo 1999 a firma dell’allora Sindaco, Francesco Rutelli. Una delle più brutte pagine dell’urbanistica romana legata allo scandalo delle Terrazze del Presidente. Una lottizzazione abusiva sanata e mandata in prescrizione, di cui la Di Salvo riesce perfino a sbagliare, nella sua relazione, il numero di unità immobiliari che la compongono: non sono 900 ma 1.367 (38 unità commerciali e 32 unità direzionali). La Di Salvo scrive del sequestro del 2008, del parziale dissequestro del febbraio 2011, della rivalutazione degli oneri a maggio 2011, della nuova convenzione stipulata il 4 novembre 2011, per concludere che, se va tutto bene, per colpa dell’Italgas il fine lavori è previsto per giugno 2015, pur non essendoci ancora un progetto esecutivo per il sottopasso dell’innesto con la via Cristoforo Colombo.
Peccato che la Di Salvo non abbia aggiunto il dettaglio che il 13 dicembre 2011 il GUP (Giudice dell’Udienza Preliminare) del Tribunale di Roma, Roberto Saulino, abbia assolto il costruttore Antonio Pulcini e altri 16 tra funzionari dell’ufficio Condono del Comune di Roma e del Municipio ex-XIII, prendendo atto “del sopraggiunto inglobamento dell’edificato nella nuova destinazione urbanistica dell’area”.

La Di Salvo da per scontato che le Terrazze del Presidente (quasi 300mila mc senza servizi) abbiano tutte le opere di urbanizzazione primaria a posto (comprese, ad esempio, le fogne), concentrandosi solamente sulle opere di urbanizzazione secondaria (p.es., asili nido, aree verdi, impianti sportivi) nell’attesa che Pulcini faccia le opere stradali attese da 20 anni. Per l’assessore tecnico Di Salvo dunque si tratta solo di ‘ritocchi’. Tradotto, secondo il tecnico Di Salvo, ‘urbanisticamente’ le Terrazze del Presidente sono compatibili con il contesto, proprio come ha detto Saulino. Il cerchio dunque si sta chiudendo.

Tutto è partito il 14 gennaio 2011 quando Roberto Saulino, questa volta in qualità di GIP (Giudice per le Indagini Preliminari), ha firmato l’archiviazione del procedimento per diffamazione contro la Gabanelli e Mondani, avviato il 6 giugno 2008 da Roberto Morassut (al tempo, Assessore all’urbanistica di Roma), dopo la puntata di Report del 4 maggio 2008 che svelò lo scandalo delle Terrazze del Presidente. Saulino conosceva bene le carte e la sua pessima sentenza del 2011 ne è la prova.
Lo scandalo delle Terrazze del Presidente, nato sotto le giunte Rutelli e Veltroni, ha portato indubbi vantaggi al Piano di Zona ‘Malafede’, costruito successivamente alle sue spalle (e in quota alla sinistra) grazie agli oneri proprio di Pulcini: le strade di accesso dalla via di Acilia al Piano di Zona ‘Malafede’ (via Usellini e via Menzio) sono le uniche opere realizzate del pacchetto previsto già nel 1999.

Lo scenario, farsa, assai probabile dei prossimi mesi? Un fittizio intervento di miglioria della via di Acilia, l’abolizione del sottopasso per la Colombo, nuovi servizi per le Terrazze del Presidente (realizzati dal ‘filantropo’ Pulcini, tra i finanziatori tra l’altro della campagna elettorale del presidente del Municipio X, Andrea Tassone), ad uso anche del Piano di Zona ‘Malafede’ (che, come previsto, dovrà essere densificato) e infine beatificazione della giunta municipale di sinistra. I primi segnali già sono arrivati e sono ravvisabili nella relazione alquanto imprecisa e incompleta dell’assessore ‘tecnico’ Di Salvo.

Come se non bastasse questo inquietante scenario ‘urbanistico’, l’11 settembre 2013 il consigliere municipale Giulio Notturni (Lista Marchini) presenta una interrogazione alla Di Salvo, su segnalazione di Antonio Crisci (comitato Terrazze del Presidente), sui tempi di realizzazione del raddoppio della via di Acilia. In data 20 novembre 2013 (nr. prot. 122620) viene protocollata la risposta, che però giunge a Notturni solo giovedì scorso (4 dicembre 2013). La stessa risposta fotocopia della Di Salvo viene invece inviata in data 20 novembre 2013 (nr. prot. 122626) all’Associazione Axamalafede Villa Fralana, motivandola come risposta a una precedente richiesta di chiarimenti fatta da tale associazione in data 01 ottobre 2013, cioè 3 settimane dopo quella del consigliere Notturni. Peccato che l’associazione Axamalafede Villa Fralana abbia come ‘presidente’ proprio il marito della Di Salvo, legato ad esponenti del PD locale, che il 23 novembre ha organizzato un evento in Piazza Omiccioli, invitando l’assessore Di Salvo ad ‘illustrare’ la sua risposta sul raddoppio della via di Acilia, prima che la risposta arrivasse al consigliere Notturni. Insomma, cose mai viste, gestite tutte in famiglia contro ogni regola di correttezza amministrativa che è quella di gestire il bene pubblico, non questioni private o privatistiche.

A breve LabUr proporrà un incontro per fare chiarezza davanti a tutta la cittadinanza e non solo ad amici e parenti.

paula de jesus per LabUr

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PORTO DI ROMA: DOMANI UN PASSO IMPORTANTE PER IL SUO FUTURO

Domani il Sindaco di Roma, Ignazio Marino, firmerà “il Patto per lo sviluppo, la legalità e la trasparenza nei lavori pubblici di Roma Capitale” insieme alle parti sociali e alle associazioni di categoria. Saranno presenti anche il Procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone, il Prefetto, Giuseppe Pecoraro e il Presidente dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, Sergio Santoro. Sarà dunque compiuto un passo significativo nel percorso di trasparenza degli appalti, anche quello che riguarda il Porto di Roma, coinvolto nell’inchiesta sulla mafia del Litorale romano. Un’opera strategica come il raddoppio del Porto della Capitale non può infatti avere alcuna ombra anche lontanamente vicina a questioni mafiose, ne tanto meno servirsi di generali della Guardia di Finanza per ottenere agevolazioni amministrative o condizionare la politica locale.
Il Porto di Roma è un’opera pubblica realizzata mediante l’affidamento in concessione ad un’impresa privata. E’ un bene appartenente alla pubblica amministrazione, finalizzato al soddisfacimento di esigenze collettive. Non c’è alcun ‘proprietario’ del Porto al di fuori dello Stato, ma solo i cittadini che hanno comprato dall’impresa privata i singoli posti barca e le pertinenze annesse, per la durata della concessione. Come avviene per i loculi al cimitero. Il Porto di Roma però non è un cimitero, bensì dovrebbe essere una fonte di sviluppo per il territorio. Sono almeno 10 anni che non si riesce ad estirpare da dentro il Porto la presenza di elementi malavitosi che si infiltrano nelle attività commerciali, che gestiscono la sicurezza, che condizionano il sistema degli appalti. Poca volontà da parte della politica locale di fare chiarezza su quest’opera strategica da 100 milioni, forse per l’antica amicizia che lega il proprietario dell’impresa privata che ha realizzato il Porto e il Presidente del Municipio X, Andrea Tassone. D’altronde il minisindaco ha tergiversato 4 mesi prima di convocare il consiglio straordinario sulla mafia sul Litorale romano che si è risolto in una passerella del PD senza alcuna partecipazione o coinvolgimento con le realtà politiche, sociali e territoriali.
La mafia la si combatte sul piano economico-finanziario, sulla disarticolazione della proprietà, non a parole. Da luglio non c’è stata alcuna ‘normalizzazione’, come viene politicamente definito il ritorno al controllo del territorio. E’ proprio di ieri infatti la notizia di un altro incendio doloso ad Ostia e della terza rapina in due settimane all’ufficio postale del Porto, nonostante al suo interno ci siano gli uffici della Guardia di Finanza, dei Carabinieri e della Capitaneria di Porto e sia tornato il controllo agli ingressi.
Nessuna notizia ancora sul fallimento (aprile 2013) dell’impresa privata che ha realizzato il Porto di Roma. Nessuna notizia su nuove indagini dopo gli arresti del 27 luglio o sull’uccisione dell’imprenditore Corvini a Casalpalocco. E’ calato il silenzio, ma i negozi bruciano. E’ questa la normalizzazione tanto cara al presidente del Municipio X o ad alcuni ambienti della politica romana?
Domani sarà una grande occasione per scoprirlo.

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OSTIA, QUEI MALEDETTI PINI ASSASSINI

Avevamo già scritto cosa prevede la Legge n.10 del 14 gennaio 2013, “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani” (GU n.27 del 1-2-2013), già ampiamente disattesa (LINK). Sappiamo tutti quanto il verde pubblico sia uno degli standard urbanistici che consentono la nascita delle città. Non tutti forse sanno che a Roma, nelle sole alberate stradali, sono state censite circa 120 specie di essenze arboree, con 18 generi predominanti (142.007 piante, l’87% del totale) le cui prime tre sono: Robinia specie varie (18.866), Platanus specie varie (17.251) e Pinus Pinea (16.507). A turno, vanno abbattute perché, stranamente, trattandosi di alberi, ‘perdono le foglie’ e ‘fanno le radici’.

Dopo i platani, mentre le robinie tremano, ora è il turno dei pini. Tagliamoli, bruciamoli, disperdiamone le ceneri. Pini maledetti, assassini. Distruggiamo tutte le copie de “I Pini di Roma” di Ottorino Respighi. I pini devono stare in pineta: cosa ci fanno a bordo strada? Neanche le streghe di Salem furono così tanto perseguitate nel 1692. Frutto dell’ignoranza in materia di piantumazione e del collaborazionismo di ambienti politicamente pilotati, sta nascendo in questi giorni, dopo la morte del motociclista sulla via Cristoforo Colombo per la caduta di un pino, la indecente campagna contro il pino, l’albero di Roma. L’attuale amministrazione, incapace, arrogante e supponente, continua a scaricare sull’operato della precedente giunta e sulla presunta pericolosità dei pini, le sue responsabilità. L’attuale Municipio X è pieno di pini a bordo strada, da almeno 60 anni ed è l’unico a Roma con proprio decentramento amministrativo che prevede quanto segue:

Art. 4 Aree verdi e parchi pubblici
1. E’ attribuita al Municipio la competenza in materia di istituzione, programmazione, progettazione, realizzazione, gestione, manutenzione e tutela dei parchi e giardini di interesse municipale, delle alberate stradali e delle altre aree verdi situate nel territorio del Municipio, escluse le aree archeologiche.

L’Assessore all’Ambiente e Sicurezza del Municipio X, Marco Belmonte (PD), per 5 anni (2008-2013) è stato presidente della Commissione Controllo e Garanzia dello stesso municipio, in grado dunque di avere tutte le informazioni possibili, anche quelle sulla messa in sicurezza del tratto della Via C. Colombo incriminato (già oggetto nel 2010 di analogo episodio senza vittime). Belmonte in questi giorni è riuscito a dire un’immensità di sciocchezze, a volte tra loro contraddittorie, non assumendosi mai la responsabilità di una evidente negligenza dell’amministrazione che rappresenta. Era il 31 luglio 2013 quando assieme al presidente dell’attuale Municipio X, Andrea Tassone, aveva dichiarato: “Tra qualche giorno si procederà alle potature degli alberi nell’entroterra. Siamo consapevoli che non sono i periodi adatti per questo genere di interventi, ma prevalgono le ragioni di sicurezza… La tromba d’aria che, nei giorni scorsi, si è abbattuta sul Litorale e sull’entroterra provocando la caduta di alberi e rami, fortunatamente non ha causato danni per l’incolumità dei cittadini, ma dobbiamo correre ai ripari”. L’altro giorno, quando è caduto il pino, ben dopo 4 mesi le dichiarazioni sopra riportate, la velocità media del vento era di 29 km/h (grado 5, brezza tesa, ‘oscillano gli arbusti con foglie’). Non cerchiamo colpevoli improbabili, non inventiamoci pini assetati di sangue: evitiamo che amministratori negligenti e incompetenti gestiscano il verde pubblico. Belmonte si dimetta per decenza. Sarà la magistratura a trovare i colpevoli, che non sono di certo i pini di Roma.

paula de jesus per LabUr

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OSTIA, URBANISTICA CREATIVA: UN ASILO CONTRO IL RISCHIO IDROGEOLOGICO

Gran parte di Ostia, fino alla stazione centrale Lido Centro è a rischio idrogeologico R4, il massimo previsto in Italia, per mancanza di un tratto d’argine del fiume Tevere mai realizzato dal 1998. E cosa ti combina l’assessore all’urbanistica municipale, Giacomina Di Salvo? Individua come priorità assoluta, tra le opere pubbliche previste dal Programma di Riqualificazione Urbana Ostia Ponente (al quale l’opera dell’argine appartiene), la realizzazione dell’opera pubblica n.8 “Scuola materna e Asilo nido” di via del Sommergibile.
L’assessore Di Salvo non si è mai interessata dell’argine (collegato all’intervento pubblico n.14, ‘Parco Sportivo’), che da via C. Avegno fino all’arginatura principale del Tevere (all’altezza dell’impianto di sollevamento del Consorzio di Bonifica) è necessario per la messa in salvaguardia idraulica di Ostia, dichiarata ad alto rischio dal Piano Straordinario di Bacino, argine previsto nel Programma di Riqualificazione Urbana Art.2 legge 179/92, Ostia Ponente.
La mancata opera dell’argine è collegata al Porto di Ostia ed è eredità delle giunte rosso-verdi Rutelli e Veltroni. L’imbarazzante leggerezza dell’assessore Di Salvo, se da una parte può giustificarsi con la sua assoluta non conoscenza del territorio, non può essere taciuta: decine di migliaia di cittadini di Ostia sono a rischio e lei individua come priorità assoluta una scuola materna e un asilo nido?
Riportiamo i dati di tutti i soldi previsti (e in gran parte scomparsi) sotto Rutelli e Veltroni all’interno del Programma di Riqualificazione Urbana Ostia Ponente. Chiederemo alla Di Salvo di fornire un dettagliato rendiconto della situazione dell’argine in questione.

– Stipula Accordo di programma: 28/12/1998
– Costo complessivo delle opere pubbliche: €. 27.520.408
– Finanziamenti pubblici agli interventi pubblici: €. 4.725.218 (17,17%) di cui €. 2.604.492 statali e €. 2.120.726 comunali
– Finanziamenti privati agli interventi pubblici: €. 22.795.190 (82,83%)
– Costo complessivo degli interventi privati: €. 84.641.568
– Finanziamenti pubblici agli interventi privati: €. 7.133.852 (8,43%)
– Finanziamenti privati: €. 77.507.716 (91,57%)

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OSTIA, L’URBANISTICA NON E’ UN GIOCATTOLO DI FAMIGLIA: IL CASO DELL’ASSESSORE DI SALVO

Se a Roma il problema è il ‘traffico’, una ragione ci sarà: forse colpa di amministratori inadeguati? E il caso di Giacomina Di Salvo, assessore all’Urbanistica dell’attuale X Municipio in quota a una Lista Civica Marino a cui non è mai appartenuta. La Di Salvo si è sempre occupata di rischio sismico, ora invece si interessa di mobilità pur essendoci un altro assessore municipale a questo preposto. Moglie di un presidente di un comitato di quartiere in area PD, presso la cui sede si sono tenuti con la Di Salvo più incontri che consigli municipali, ha recentemente affrontato due temi storici del territorio: il trenino Roma-Lido e il raddoppio della via di Acilia. Nel primo caso, ha approvato, consentendo la votazione in aula municipale, la realizzazione delle opere infrastrutturali necessarie alla futura stazione di Acilia-Dragona (sovrapasso pedonale e parcheggio) modificando addirittura l’ordine delle priorità delle opere pubbliche inserite nel Programma di Recupero Urbano “Acilia Dragona” (adottato nel 2001). In realtà per la stazione non ci sono i soldi e il cantiere, che doveva aprire il 7 novembre di quest’anno, ancora non esiste. Esistono invece i problemi della ferrovia ex-concessa Roma-Lido, un continuo ripetersi di guasti e disservizi, sui quali nessuno interviene in materia definitiva, ma che tutti promettono di risolvere da decenni. Per quanto concerne il raddoppio della via di Acilia (atteso da oltre 10 anni e legato allo scandalo delle Terrazze del Presidente) è tutto fermo, ma l’assessore ‘sismico’ ha voluto dare una scossa agli uffici: impegnarsi a sollecitare il progetto del sottopasso tra via di Acilia e la via Cristoforo Colombo (anche qui senza soldi). Peccato non abbia considerato il rischio idraulico dell’opera e l’inadeguatezza della soluzione dovuta al variato carico urbanistico dell’area occorso negli anni, fatto questo anomalo per la Di Salvo presentata come una ‘esperta urbanista’. Un corretto approccio urbanistico dovrebbe integrare le funzioni di pianificazione, progettazione e controllo della mobilità pubblica e privata con le esigenze del territorio. Dopo 6 mesi un assessore tecnico avrebbe dovuto almeno spiegare come intende pianificare la rete del trasporto pubblico su gomma e su ferro, studiare e monitorare i flussi di traffico privato e merci, valutare il carico urbanistico nei vari settori territoriali. E’ evidente che l’assessore Di Salvo non ha competenza sulla mobilità, nè ‘de jure’ nè ‘de facto’. Inutili dunque le sue dichiarazioni a mezzo stampa, lezioncine riassuntive di problemi noti a tutti e di informazioni reperibili su internet.
Poiché un assessore municipale percepisce uno stipendio che si aggira attorno ai 1.800 euro, una serie di benefit e la conservazione del reddito lavorativo, si giustifica una tale spesa per i cittadini per fare tour nel municipio e produrre documenti che chiunque potrebbe stilare con una semplice ricerca su Google? L’urbanistica è una disciplina al servizio della collettività e non un giocattolo di famiglia per tour nei comitati di parenti e amici. Forse la sede isolata sul Lungomare Lutazio Catulo dove ha voluto portare i suoi uffici non giova al bene comune.

dr.Ing. Andrea Schiavome
presidente LabUr

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ROMA, INFERNETTO: UN SUPERMERCATO MODIFICA IL CODICE DELLA STRADA

Per i Vigili Urbani di Ostia si può aprire un varco stradale, farlo diventare un passo carrabile e fregarsene non solo del Codice della Strada ma addirittura del ‘Regolamento viario del Comune di Roma’. Succede all’Infernetto, quartiere residenziale del Municipio X, all’angolo tra via Bocenago e via Dobbiaco, in prossimità dell’ingresso della Tenuta Presidenziale di Castelporziano. Da mesi nessuna risposta al nostro dettagliato esposto in cui si illustrava la grottesca vicenda di un supermercato ‘forzato’ a stare dove non potrebbe. Per legge, infatti, un supermercato non può aprire se non ha in regola il parcheggio clienti e la zona carico/scarico merci. Forse i Vigili Urbani di Ostia non lo sanno.
Eppure l’articolo 22 del ‘Nuovo Codice della Strada’ parla chiaro: “senza la preventiva autorizzazione dell’ente proprietario della strada non possono essere stabiliti nuovi accessi e nuove diramazioni dalla strada ai fondi o fabbricati laterali, né nuovi innesti di strade soggette a uso pubblico o privato“. Parla chiaro anche l’articolo 46 del ‘Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada’: “il passo carrabile deve essere distante almeno 12 metri dalle intersezioni“, concetto meglio esplicitato dal ‘Regolamento viario urbano del Comune di Roma’: “per le strade locali va rispettata la norma che prevede l’interdistanza dei passi carrabili (tra loro e con le intersezioni) pari a 12 m“. Aggiungiamo, che per quanto riguarda i mezzi pesanti, la larghezza del passo carrabile deve essere minimo di 8 metri, con un raccordo circolare alla carreggiata stradale di raggio al minimo pari a 7.00 m.
Ebbene, secondo il dirigente dell’Ufficio Tecnico del Municipio X, Ing. Paolo Cafaggi, “agli atti di questo ufficio non risultano domande di passo carrabile neanche ad uso cantiere“. La solita storia all’italiana: si costruisce un supermercato di 1.500 mq, si danno tutti i permessi possibili ma nessuno si domanda come entrano ed escono le auto dei clienti e le merci trasportate dai mezzi pesanti.
L’inaugurazione del supermercato è vicina e nessuno risponde o dice nulla, neppure il Presidente del Municipio, Andrea Tassone, che ha la delega per il commercio. Si aprirà il supermercato e poi, dopo, si penserà, forse, a risolvere il problema. Abbiamo dunque imparato la lezione: è permesso parcheggiare davanti a quei finti passi carrabili ed è permesso aprirsi un varco stradale dove uno vuole. Questo, il Codice della Strada all’Infernetto secondo i Vigili Urbani di Ostia e l’Ufficio Tecnico Muncipale.

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PORTO DI OSTIA: UNO SCANDALO SENZA FINE?

Lo scandalo del porto di Ostia non può più essere nascosto. Nuovo esposto in Procura, Regione, Comune e Municipio. Se parlare di legalità negli appalti pubblici, nelle concessioni e nei bandi non è stato uno slogan da parte di questi enti, attendiamo a breve la soluzione definitiva di un problema che da troppi anni trova rifugio nell’omertà della pubblica amministrazione.

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ITALIA, UNO STATO ALL’ULTIMA SPIAGGIA

Esiste una precisa volontà politica, di natura trasversale (PD, PdL, Lega), non di vendere le spiagge, ma di condonare le pertinenze demaniali marittime delle concessioni rilasciate agli stabilimenti balneari. Per pertinenza demaniale marittima si intende un’opera inamovibile o di difficile rimozione esistente sul demanio marittimo e tali opere possono appartenere, nel regime giuridico vigente, anche a privati. Questo è il corretto approccio per comprendere cosa si nasconde dietro gli emendamenti proposti da tutti i partiti, in tema di spiagge, nel disegno di legge di Stabilità 2014.
Si tratta di un condono edilizio e fiscale mascherato nel tentativo da parte del Governo di recuperare quei miliardi di euro persi negli ultimi 30 anni a causa dei mancati o sottostimati proventi derivanti dalle concessioni demaniali marittime. Si vendono le aree dove insistono gli stabilimenti balneari (intesi in senso ‘fisico’), sinora in concessione, per ‘contribuire’ al risanamento dei conti pubblici, offrendo agli attuali concessionari il diritto di prelazione all’acquisto. Il ‘capolavoro’, in questo senso, lo fa il PdL che ha proposto addirittura di utilizzare l’eventuale ricavato di questo condono mascherato per finanziare un fondo per l’erogazione di mutui a favore degli stessi titolari di stabilimenti balneari che intendono procedere alla ristrutturazione dei propri immobili. In pratica lo Stato vende quella parte delle spiagge occupata dalle pertinenze demaniali marittime e i soldi che incassa li rende disponibili per gli imprenditori balneari che intendono investire nella ristrutturazione delle pertinenze stesse.
Questo obiettivo comune di PD, PdL e Lega nasce dall’annoso problema della gestione del demanio marittimo, argomento complesso e ormai compromesso a causa delle modalità discrezionali di rilascio delle concessioni delle aree demaniali, nonché della selvaggia realizzazione delle pertinenze demaniali marittime concessa dai Comuni.
Lo scontro politico di questi giorni dunque non è quello della “vendita delle spiagge”. Gli stabilimenti balneari infatti si sono trasformati in vere e proprie ‘imprese turistiche’ dai tempi del Governo Amato in poi (Legge 29 marzo 2001, n. 135, art.7, c.1) nel silenzio generale. La conseguenza è che sulle spiagge è stato edificato di tutto: bar, ristoranti, negozi, piscine, campi da gioco (tennis, calcio, volley, etc.), anche locali per attività professionali. Strutture spesso abusive che non verranno mai abbattute, neppure all’eventuale scadenza della concessione che prevede il ripristino dei luoghi. Si tratta, come nel caso evidente del Litorale romano, di pertinenze demaniali marittime che hanno ormai finito per compromettere non solo la natura del demanio marittimo dal punto di vista ‘del suolo’, ma anche dal punto di vista funzionale, non essendo più accessorie alla ‘balneazione’ ma al ‘turismo balneare’.
Tutto è iniziato con il decreto legislativo del 31 marzo 1998, n. 112 (art.105), in cui venivano conferite alle Regioni e agli Enti Locali le funzioni relative al rilascio di concessioni di beni del Demanio Marittimo. I Comuni invece, grazie alla subdelega delle Regioni, sono divenuti i soggetti che applicano i parametri e i criteri per la riscossione del credito verso i concessionari, fermo restando il principio che l’unico creditore rimane lo Stato (il che è ovvio, trattandosi di demanio statale) e che in caso di mancato pagamento provvederà lo Stato attraverso l’Agenzia del Demanio alla procedura di riscossione coattiva.
Il risultato è che oggi vengono applicati canoni concessori molto bassi (di media, poco più di 1 euro a mq), che generalmente vengono pagati dal singolo concessionario, ma canoni pertinenziali quasi sempre evasi per erronee valutazioni e successivi contenziosi tra Comuni e Agenzia del Demanio. Poiché il creditore (l’Agenzia del Demanio) entra in contenzioso con l’esattore del credito (il Comune) di solito il Tribunale ordinario, competente in materia, sospende il pagamento da parte del concessionario fino a quando l’Agenzia del Demanio e il Comune non allineano i propri dati e chiedono un canone a prezzo di mercato.
Nel disegno di legge di Stabilità 2014 non si parla dunque di nuova cementificazione delle spiagge, ma si sta tentando in modo trasversale di articolare un vero e proprio condono edilizio e fiscale delle esistenti pertinenze demaniali marittime, avendo la certezza che non verranno mai demolite, qualora gli emendamenti non venissero approvati. Di fatto queste strutture sono già private, perché contemplate nel meccanismo attuale del rinnovo automatico della concessione, e pertanto si tratta di passare da uno stato ‘de facto’ a uno ‘de jure’.
A rimetterci, da sempre, lo Stato, cioè i cittadini.

Paula de Jesus per LabUr

INTERVENTO DI PAULA DE JESUS SU ‘RadioPopolare Roma 103.3‘ DEL 12 NOVEMBRE 2013

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MAFIA, PORTO DI OSTIA: ENNESIMO ESPOSTO A ZINGARETTI

Si allega senza commenti l’ultimo esposto inviato al Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, a tre giorni dal consiglio straordinario municipale sulla criminalità organizzata ad Ostia.

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OSTIA: NUOVO DIRETTORE DEL MUNICIPIO, VECCHIE OMBRE DI MAFIA

Ad Ostia si annuncia l’arrivo, come ‘nuovo’ Direttore del Municipio X, di Claudio Saccotelli, intercettato l’8 gennaio 2004 in una equivoca conversazione con l’iracheno Sulaiman Faraj, uno degli arrestati il 4 novembre del 2004 nella operazione ‘Anco Marzio’, che per prima denunciò la presenza di una “associazione per delinquere di tipo mafioso” sul Litorale romano (art. 416-bis del c.p.). Se così fosse, a cosa è servito rimuovere il 15 luglio 2013 il dirigente tecnico del Municipio X, Aldo Papalini, intercettato anche lui il 1° giugno 2012 in una conversazione con un altro esponente della malavita locale. Il Sindaco di Roma, Ignazio Marino, definì l’episodio “gravissimo” e “sebbene l’indagine sia ancora in corso, rivelerebbe un inquietante rapporto tra alcuni esponenti della malavita organizzata locale e l’amministrazione comunale nel Municipio X. Un fatto sul quale abbiamo deciso di intervenire subito per rispristinare la legalità e per inviare un segnale chiaro e forte alla città. La criminalità si combatte con la trasparenza e con la determinazione”. Qualcosa dunque non torna nel valzer di nomine che, dal 15 luglio, si sussegue nel Municipio X.
Nel 2004, nelle 500 pagine di ordinanza, si legge: “gli indagati hanno nelle loro mani i dipendenti pubblici che dovrebbero controllare il regolare rilascio delle concessioni per l’installazione dei chioschi sulla spiaggia libera di ponente” e che tale organizzazione malavitosa era stata in grado di bloccare “il lavoro statale di rifacimento del lungomare di Ostia”. Nelle intercettazioni, Claudio Saccotelli così dialogava con il pregiudicato ‘Frank’ l’iracheno. «Quando puoi stare sul lungomare, all’altezza del tuo lotto?» «Anche tra mezz’ora» «Tu vai, c’è l’ingegnere Tabacchiera, con il direttore dei lavori» «Ma come lo riconosco?» «Lui sa chi sei. Ti riconosce lui». In realtà le aggressioni, anche fisiche, erano iniziate già molti anni prima. L’architetto Finzi, direttore tecnico e direttore del Municipio prima di Saccotelli, fu aggredito nel 2000 da Roberto Pergola (anche lui arrestato nel 2004) che assieme all’iracheno Sulaiman Faraj fonderà la cooperativa “Marta” per gestire il parcheggio del Porto Turistico di Roma ad Ostia, concesso a loro in comodato gratuito dal proprietario del Porto Mauro Balini. ‘Frank’ l’iracheno, dopo diverse vicissitudini, è stato arrestato nuovamente il 24 agosto 2012, sempre al Porto Turistico di Roma, ubriaco.
A fine luglio 2013 scatta l’operazione ‘Nuova Alba’, sostanzialmente la fotocopia dell’operazione ‘Anco Marzio’ del 2004. Nell’ambito delle intercettazioni Papalini viene rimosso. “Quello è l’unico lotto che non l’ha mai voluto nessuno, lo sai di chi era quello là, no? È de quelli che avemo ammazzato, gli ultimi”. Armando Spada si riferisce a un chiosco della spiaggia di ponente, un tempo di Francesco Antonini e Giovanni Galleoni, soprannominati Baficchio e Sorcanera, uccisi il 22 novembre 2011 a Nuova Ostia. Papalini non fa una piega e tranquillamente seduto nel suo ufficio, ribatte: “ora è assegnato a una romena, compagna di un comandante della finanza”. Conclude Spada: “Eh vabbè, se non se ne parla, famo presto a fa… je lo brucio”. L’operazione ‘Nuova Alba’, dopo 10 anni, riproporrà anche la presenza della malavita nel Porto di Roma, attribuendo a Mauro Balini “interessenze inquietanti con gli ambienti malavitosi”, dove il termine interessenza deve intendersi come “partecipazione agli utili di un’azienda, di un affare”.

Nulla è cambiato negli ultimi 10 anni e se non fosse stato per l’intervento delle forze dell’ordine e della Procura di Roma, quei ‘rapporti inquietanti’ tra malavita organizzata e amministrazione comunale, non sarebbero mai stati denunciati. Saccotelli è stato Direttore dell’attuale Municipio X proprio in quegli anni, da luglio 2002 a luglio 2008, per poi avere altri incarichi all’interno del Comune di Roma. Domani, 30 ottobre, si preannuncia il suo ritorno. Per altro sempre domani scade anche l’incarico nel Municipio X di Paolo Cafaggi, Direttore dell’Unità Tecnica e di quella Ambiente/Litorale (subentrato ad Aldo Papalini il 15 luglio), che risulta essere rinviato a giudizio per “concorso in abuso edilizio e falso ideologico” (LINK)
Se le nomine di Cafaggi e Saccotelli sono il “segnale chiaro e forte alla città” con cui il Sindaco Ignazio Marino combatte la criminalità a poche settimane dall’inizio del processo (previsto il 17 dicembre) scaturito dall’operazione ‘Nuova Alba’, non c’è ‘niente di nuovo sul fronte occidentale’.

Paula de Jesus per LabUr

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