Piccola Palocco: tutto quello che non vi hanno detto

Il Consiglio del XIII Municipio in data 7 giugno 2011 ha espresso parere ‘non favorevole’ sul progetto di intervento urbanistico denominato ‘Piccola Palocco’, ultimo esempio a Roma dell’abbandono dell’urbanistica a favore della speculazione edilizia. Solo due astenuti (Rasi e Colagreco del PdL) e 1 contrario (Ricci, del Gruppo Misto), con PD e PdL schierati insieme a votare un finto ‘no’ per lasciare in realtà al Campidoglio campo libero sulla scelta finale. Tant’è che Luca Gramazio, capogruppo PdL al Comune di Roma, si è affrettato a dichiarare “terremo conto delle richieste dei cittadini, trovando soluzioni che garantiscano la qualità della vita dei residenti”. Dunque ‘Piccola Palocco’ si farà, magari dando un contentino ‘qua e là’.
Ma le dichiarazioni di Gramazio sono solo la prova del 9 di un calcolo corretto. Basta infatti leggere i 6 punti su cui si articola la delibera municipale votata: 3 punti denunciano l’inadeguatezza della rete stradale (Via dei Pescatori,Via Lisippo e le solite complanari della Colombo), 1 rimarca la mancanza di una rete fognaria per le acque meteoriche, 1 evidenzia la carenza di scuole nell’area, 1 chiede un centro per gli anziani. Nessuna valutazione negativa urbanistica sul progetto, sebbene ad una attenta lettura di tutti i documenti presentati, fosse chiaro che la farina era del sacco di qualcun altro, che però ha poca dimestichezza con l’urbanistica, ma forse (e volutamente) ne ha di più con l’edilizia e i lavori pubblici. Inguardabile infatti anche l’ordine del giorno presentato dal PD, limitato al solo adeguamento della viabilità. Così come il successivo emendamento del PD che genericamente si indigna per gli aumenti di cubature.
Vediamo allora in tre punti cose c’è dietro questa speculazione edilizia.

TUTTI SAPEVANO
Il progetto di intervento urbanistico denominato ‘Piccola Palocco’ gira negli uffici del VI Dipartimento del Comune di Roma da 7 anni (protocollo m.9903 del 6 luglio 2004) ed è entrato in Conferenza dei Servizi per la sottoscrizione dell’accordo di programma il 23 ottobre 2007. Al XIII Municipio è stata depositata una copia del progetto attuale il 2 febbraio 2010 (prot. 10326) comunicata ai cittadini tramite foglietti appesi alla recinzione dei terreni in questione. I consiglieri municipali, molti dei quali veterani della politica locale, hanno fatto finta di cadere dalle nuvole. Dal 12 maggio al 7 giugno 2011, si sono tenute tre sedute di Commissione Urbanistica e due Consigli Municipali, quasi che nei 7 anni precedenti la ‘Piccola Palocco’ non fosse mai esistita o che nessuno ne avesse mai sentito parlare. Quel che è emerso dalla votazione è stata l’indignazione e la (finta) sorpresa che invece Bordoni, Orneli e Vizzani (gli ultimi tre presidenti del XIII Municipio, che vivono da sempre sul territorio) dovevano manifestare anni e anni fa.

NESSUNO HA PARLATO DEL VERO PROBLEMA
L’espressione di parere del Municipio doveva essere un indirizzo politico contro una scelta forzata da Roma (solo Roma ?), soprattutto se letta a valle del recente, seppur inutile, decentramento amministrativo ottenuto da Ostia. Nessuna reale denuncia invece è stata fatta dalle forze politiche municipali circa la scandalosa formazione urbanistica del progetto di ‘Piccola Palocco’, resa possibile dall’impiego dei diritti e delle compensazioni edificatorie. D’altronde si sa, diritti e compensazioni edificatorie sono stati voluti e sostenuti dal centro sinistra quando si trattò di redigere il nuovo PRG. Si tratta di un meccanismo perverso che garantisce le cubature in eccesso del vecchio piano regolatore e permette di venderle al miglior offerente. In altre parole, dai terreni di Casal Giudeo e di Ponte Fusano, dove il nuovo piano regolatore ha stabilito che non si può più edificare, si è deciso di spostare le relative cubature sui terreni non edificabili di ‘Piccola Palocco’ per renderli edificabili! Così da anni, località sconosciute come Monte Arsiccio o i Monti della Caccia, ma anche Casal Giudeo, generano centinaia di migliaia di metri cubi che servono ai costruttori per ‘densificare’ dove non potrebbero. Per fare un esempio, il cemento su ‘Piccola Palocco’ aumenterà di 4 volte rispetto a quanto previsto. Unica denuncia invece quella dei consiglieri del PD, Marco Belmonte, che in aula ha urlato un’accusa grave contro il consigliere democratico Alessandro Paltoni (per altro assente) di essere “stato comprato” dal PDL.

DI CHI SONO I TERRENI?
La proposta edificatoria di ‘Piccola Palocco’ è stata avanzata dal gruppo dei proprietari dei terreni. Tra questi spicca la Cogei Italia appartenente alla famiglia Petrassi, imparentata ed in affari, come a tutti noto, con esponenti del PD del XIII Municipio. La Cogei Italia è stata coinvolta nelle indagini sui Mondiali di Nuoto Roma ’09 (Pietralata, Eschilo 1, varianti urbanistiche) ed è famosa per la frase attribuita al suo presidente del Consiglio d’Amministrazione, Roberto Petrassi: «O ti chiami ladro o ti chiami poveraccio, sono due le cose. Noi abbiamo una forma di rubare che è autorizzata sotto certi casi, e quegli altri sono ladri perché rubano le mele al mercato e vanno in galera. Io in galera non ci sono andato, né sono stato incriminato, perché le cose sono abituato a farle bene».
Lo scenario è ancora più confuso se si pensa che la Cogei Italia aveva già presentato il 12 febbraio del 2002 la proposta 32/b (prot.n.1628, dei Patti Territoriali di Ostia) per realizzare una struttura per residenze turistico-alberghiere di 87 camere, respinta per mancata ammissibilità urbanistica. Avrebbe infatti finito per comportare “una densificazione edilizia in un margine verde consolidato nella forma dell’abitato ed in un ambito nel quale sono ampiamente esaurite le potenzialità edificatorie”. Ma altri nomi famosi del territorio del XIII Municipio si annidano nel gioco delle scatole cinesi delle società intestatarie dei terreni. Ricordiamo componenti della famiglia Marino (del Gruppo Marilab), Carlo Pezzella e Bruno Lazzarini. Pezzella, legato a molte attività edilizie (tra cui la proposta di un mega centro commerciale lungo via Canale della Lingua), sembrerebbe avere la proprietà anche dei due manufatti abusivi rispettivamente di circa 1.400 mq e di circa 800 mq, siti in Via Senofane, a ridosso di ‘Piccola Palocco’, su cui da anni si discute. Lazzarini invece, non solo è stato socio accomodante del Solara Garden Center su via di Macchia Saponara, nei terreni limitrofi a ‘Piccola Palocco’, ma è anche amministratore unico de ‘La Pineta 2003 srl’ che grazie al PRU Acilia-Dragona sta costruendo sempre a ridosso di ‘Piccola Palocco’.
In realtà nei terreni interessati dal progetto di intervento urbanistico denominato ‘Piccola Palocco’ figurano al catasto anche terreni intestati al Comune di Roma, su cui si dovrà fare chiarezza. Un esempio su tutti: il terreno individuato dalla particella n.1963, foglio 1113 (poco più di un ettaro) sopra il quale è prevista la realizzazione, da parte dei privati promotori del progetto, di un palazzone a 5 piani, indicato come ZR1. Anche su questo aspetto silenzio assoluto da parte di tutti i capigruppo al Municipio XIII, malgrado LabUr avesse inviato via fax una richiesta di chiarimenti prima del consiglio municipale.

Per concludere, è chiaro che nessun vantaggio verrà alla cittadinanza da questa speculazione edilizia. Ma la triste conclusione è un’altra: queste operazioni si possono fare solo tenendo all’oscuro i cittadini, mettendo di mezzo i partiti e coinvolgendo imprenditori locali ben inseriti in certi ambienti decisionali.
Il Piano Regolatore? E’ morto.

paula de jesus per LabUr

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Ostia Ponente, case popolari: allarmismo del PD XIII

Lo sportello della «Romeo Gestioni» ad Ostia Ponente in via Antonio Forni 39, struttura di contatto per le case popolari, è temporaneamente chiuso da venerdì 27 maggio per via di alcune scritte rivolte ai dipendenti fatte la notte prima con la vernice rossa sulla saracinesca del locale. Troviamo pertanto scandaloso e inaccettabile il clima di tensione che il PD del XIII Municipio sta cavalcando in questi giorni, senza alcun fondamento, mettendo in giro ipotesi false e tendenziose di una chiusura definitiva del locale di Via Forni. Lo ha smentito stamattina direttamente la «Romeo Gestioni» dal suo Contact Center. Il PD del XIII Municipio dovrebbe evitare di spaventare i cittadini ed interessarsi seriamente, se ne è capace, alla questione della vendita in corso degli alloggi popolari in quella zona. Infatti, mentre Alemanno gioca con Tor Bella Monaca neanche fosse il Lego, il Comune sta mettendo in vendita le ex-case Armellini di Via Vincon, Piazza Gasparri, Via Forni, Via Cagni e Via del Sommergibile.. E cosa fa il PD del XIII Municipio? Sostiene l’operato della «Romeo Gestioni» chiedendo ‘scusa’ per quanto accaduto a nome di un quartiere che non rappresenta e fa finte battaglie per Ostia Ponente chiedendo ad Alemanno, con l’occasione del raddoppio del vicino Porto di Roma, di realizzare quelle opere di riqualificazione urbana che proprio sotto Veltroni non sono state fatte. Ad Ostia Ponente ci sono case costruite nei primi anni ’70 usando nel cemento la sabbia di mare. Case di Edilizia Residenziale Pubblica tra le più scadenti a Roma. Case dove la «Romeo Gestioni» (creatura di Rutelli e Veltroni) avrebbe dovuto progettare ed eseguire interventi di manutenzione straordinaria per l’adeguamento normativo, la riqualificazione ambientale e la loro valorizzazione. Ricordiamo che la «Romeo Gestioni» gestisce solo nel Comune di Roma circa 44.800 unità immobiliari (1.239 edifici) e ha in scadenza (2012) un contratto di sette anni firmato nel 2005 pari a quasi 93 milioni di euro. Per questi motivi Labur andrà fino in fondo alla questione, rivelando anche nomi e cognomi di chi, a scapito dei più bisognosi, scavalca e fa scavalcare le graduatorie per l’assegnazione degli alloggi popolari grazie a favori politici.

(Nella foto: Via Forni transennata e il PD che si ‘preoccupa’ di cancellare le scritte sulla saracinesca della Romeo Gestioni)

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‘Piccola Palocco’: terreni comunali ‘consegnati’ ai privati?

Tra i terreni interessati dal progetto di intervento urbanistico denominato Piccola Palocco figurano terreni di proprietà del Comune di Roma. Un esempio su tutti il terreno individuato dalla particella n.1963, foglio 1113 (poco più di un ettaro) sopra il quale è prevista la realizzazione, da parte dei privati promotori del progetto, di un palazzone a 5 piani, indicato come ZR1. Non ne parla nessuno e nemmeno ciò risulta nei documenti della partecipazione promossa dal Comune di Roma. Eppure i dati tratti dal Catasto sono inconfutabili. Questa informativa sarà pertanto inviata a tutti gli uffici competenti del Comune di Roma chiedendo di fare chiarezza sulla questione che, se non smentita, sarebbe di una gravità inaudita e comporterebbe l’inevitabile inoltro da parte di LabUr di una dettagliata denuncia sia alla Procura di Roma che alla Corte dei Conti.

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A Tor Bella Monaca i servizi sociali rimangono al Palo.

Ieri presso il Teatro di Tor Bella Monaca si è tenuto l’incontro “I servizi sociali, la scuola, il territorio” a cui hanno partecipato Gianluigi De Palo, Assessore alla Famiglia e Scuola del Comune di Roma, e Massimiliano Lorenzotti, Presidente del Municipio VIII. Il tema era fondamentale all’interno della riqualificazione di Tor Bella Monaca voluta e imposta ai residenti dal Sindaco Alemanno. Ricordiamo che alla base dell’urbanistica ci sono gli standard urbanistici e cioè verde pubblico, parcheggi pubblici e servizi pubblici (tra i quali quelli sociali), calcolati, nel PRG di Roma, per un totale di 22 mq per abitante. Ebbene, non solo non è mai stato spiegato da Alemanno come sarà possibile raddoppiare la popolazione del quartiere senza prevedere nuove strutture destinate ai servizi (non sono indicati nel masterplan), ma neppure De Palo ha saputo fornire una risposta in materia di sua competenza e cioè quali servizi sociali saranno presenti, visto che nei 3 anni della giunta Alemanno, tra Comune, Provincia e Regione si è tagliato quel poco di esistente. Nervoso e impacciato, del tutto fuori luogo, De Palo ha accusato i cittadini di essere “in confusione” e di volere dagli amministratori solo “promesse ma non proposte”, andandosene via senza rispondere a domande pertinenti da parte degli operatori. Doveva essere un’occasione per le realtà che da anni operano nel quartiere, di confrontarsi con l’amministrazione su problemi e necessità dei servizi sociali, si è trasformata nella conferma che dietro agli annunci propagandistici di Alemanno non c’è nulla, neppure uno straccio di progetto preliminare.

Paula de Jesus – Urbanista

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‘Piccola Palocco’: l’effetto NIMBY e il cerino in mano

Finisce con un nulla di fatto il consiglio municipale del XIII Municipio sulla proposta urbanistica denominata ‘Piccola Palocco’. Si sapeva già dalla primissima ora che non si sarebbe votato. Le ipotesi a questo punto sono due: il consiglio municipale non esprimerà un parere lasciando che sia il Campidoglio a farlo oppure si ripeterà il film già visto con la proposta Casini-Parnasi per Prato della Botte all’Infernetto. Nel primo caso sarebbe l’ennesima riprova del finto decentramento amministrativo di Ostia, nel secondo il rischio è quello di assecondare l’effetto NIMBY dei Palocchini non risolvendo alcun problema reale in termini di standard urbanistici e amplificando ancora di più il fenomeno della diseguaglianza tra cittadini. Non è infatti ammissibile che esistano cittadini di serie A e di serie B e qualche volta anche di serie C. I primi sono quelli che godono dei maggiori privilegi, magari anche quello di avere tra i residenti un deputato della Repubblica che si interessi del caso.
L’urbanistica è materia complessa e non può essere relegata ad una mera questione edilizia di colata di cemento o di allargamento di una strada. Il caso di ‘Piccola Palocco’ rientra all’interno della gran parte delle decisioni urbanistiche che sono state prese in questi anni in variante di destinazione d’uso attraverso accordi di programma, che si fondano su uno dei pilastri teorici del PRG: tutte le cubature residue del piano del ‘62 sono “diritti acquisiti” a cui si è aggiunto un altro pilastro, quello della compensazione. A prescindere dalla bontà o meno di questi pilastri, i cittadini romani si trovano nella seguente situazione: chi è più forte riesce ad evitare la ‘colata a casa sua’ facendola girare per Roma, dove altri cittadini, magari meno combattivi e con meno ‘santi’ nei posti che contano, finiranno per riceverla con tanto di premio di cubatura. Insomma, sembra il gioco del cerino e l’ultimo a cui rimane in mano si bruci.
O si riapre una seria riflessione complessiva o ci troveremo ogni volta a combattere tante ‘Piccole Palocco’.

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XIII Municipio: la ‘patacca’ urbanistica del PRINT di Macchia Saponara

Nel XIII Municipio tutti sono molto preoccupati della speculazione edilizia del finto Programma Integrato (PRINT) chiamato ‘Piccola Palocco’: 15 ettari di superficie, 568 alloggi e 46.133 mq di costruito.
Entro la fine del 2011 è prevista però la Proposta di Deliberazione del PRINT Macchia Saponara: 43 ettari di superficie, 5.030 alloggi, 43.076 mq di nuove costruzioni, a cui va aggiunto l’esistente ricostruito con premi di cubature, come risulta da documentazione ufficiale.
Si tratterebbe dunque di una densificazione dell’area 10 volte superiore a quella di ‘Piccola Palocco’ in termini di alloggi oppure siamo di fronte ad un madornale errore numerico del Comune di Roma.

Quello che è certo è che il progetto preliminare è pronto da marzo 2006, fu redatto dal Comune di Roma, quando al Comune, così come in Municipio XIII, governava una giunta rossoverde. L’allora Presidente del Municipio era Paolo Orneli (PD), mentre la delega all’attuazione degli strumenti urbanistici (da giugno 2007), era nelle mani di Andrea Storri, attuale segretario del PD XIII. Entrambi hanno dichiarato in questi giorni la loro opposizione al progetto “Piccola Palocco”.
Il processo di partecipazione del PRINT di Macchia Saponara, iniziato il 18 gennaio e conclusosi il 31 marzo 2007 con la consegna delle 19 proposte d’intervento, era stato commissionato dal Municipio XIII all’associazione ‘Atelier Locali’, poi incaricata dalla Pirelli, di presentare il progetto della adiacente Centralità Urbana di Acilia-Madonnetta.
A capo del consorzio, costituitosi tra i proprietari dei terreni dell’area di Macchia Saponara, la Ircos S.p.A (Impresa Romana Costruzioni Sociali S.p.A) il cui attuale amministratore è l’Arch. Riccardo Drisaldi. Si tratta della stessa Ircos coinvolta nella polemica sulla realizzazione di oltre 20 mila mq (tra parcheggi, negozi, sala convegni, bar e ristorante) a Porto S. Stefano, che di ‘sociale’ non ha proprio nulla. La Ircos è però un punto di riferimento anche per la giunta Alemanno in tema di housing sociale. Sarà questa la destinazione dell’area che giustificherebbe la forte densificazione di Macchia Saponara ? Poco si conosce e molto si tace su questo PRINT. L’unica altra certezza è che porterà nelle casse del Comune quasi 29 milioni di euro a fronte di un investimento globale di 84 milioni.
Lo strumento del PRINT (sono 174 a Roma) funziona in modo molto semplice: il municipio lancia un programma preliminare (o esprime parere favorevole a una proposta), i privati aderiscono, il Comune approva, raddoppiando le cubature esistenti, incassando il pagamento straordinario (pari ai 2/3 della valorizzazione economica ottenuta) e proponendo incentivi alla demolizione e ricostruzione.
Ma quanto costa ampliare l’esistente? Nel bando dei primi quattro PRINT (Tor Tre Teste, Alessandrino, Pietralata e Macchia Saponara) il valore base fu fissato a circa 1.000 euro/mq. Costruire dunque conviene, anche dove è già costruito. Inoltre, poiché la delibera con cui si approverà a breve il PRINT Macchia Saponara (XIII Municipio) sarà la stessa del PRINT di Pietralata (V Municipio), non ci sarà neppure la discussione in aula sui singoli vantaggi o svantaggi per ciascun municipio, perché l’obiettivo finale del Comune è solo la monetizzazione. In soldoni, i due PRINT di Pietralata e Macchia Saponara produrranno investimenti privati per 500 milioni di euro e opere pubbliche per 90 milioni.
C’è da sperare che i cittadini che hanno aperto gli occhi sullo “scempio” di ‘Piccola Palocco’ li spalanchino a 360°, perché non vale più il vecchio trucco dei “tutti colpevoli, nessun colpevole”.

Paula de Jesus

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Piccola Palocco: il rischio ‘populismo’

Nel vociare intorno alla speculazione edilizia di ‘Piccola Palocco’, si è perso l’obiettivo principale di chiarire qual è il problema urbanistico. Vediamo un po’ di numeri presi dalla documentazione resa disponibile dal Comune di Roma. L’area oggetto della proposta è costituita da 153.776 mq, che saranno destinati per il 70% all’edilizia e per il 30% a verde e servizi pubblici. L’indice di edificabilità è di 0,30 mq/mq, quindi 46.133 mq, di cui 41.520 residenziali e 4.613 commerciali. Poiché l’area è assimilata come ‘verde pubblico attrezzato’ e quindi potrebbe sviluppare solo 0,09 mq/mq (pari a 13.840 mq), come mai si arriva a 46.133? Il gioco è semplice ed è ormai abitudine a Roma. Si tratta dell’applicazione dei diritti edificatori e cioè la possibilità da parte di un privato di cedere dei terreni ed ottenere in cambio dall’amministrazione un potenziale di edificazione da utilizzare in altro sito. In pratica le volumetrie ‘decollano’ da un terreno per ‘atterrare’ da un’altra parte. Non solo, ma i diritti edificatori sono commerciabili.

Nel caso della proposta di ‘Piccola Palocco’, i diritti edificatori sono alla base di tutto: senza di essi non si potrebbe costruire in quell’area. Ecco perché la proprietà ha presentato una proposta urbanistica al Comune di Roma inquadrando l’area come “città da ristrutturare”. La proposta è poi stata mascherata da PRINT, Programma Integrato, sostenendo che migliorerà la qualità urbana, la viabilità e i servizi mediante il concorso di risorse private. Quindi, poiché l’area non era edificabile (ex zona H2), al PRINT è stato attribuito un indice di edificabilità di 0,30 mq/mq, di cui 0,18 mq/mq a disposizione del Comune (nel nostro caso, 27.680 mq), anche provenienti da diritti edificatori.

Per ultimo, sono state individuate due aree di decollo: Casal Giudeo e Ponte Fusano. Dalla prima atterrano a ‘Piccola Palocco’ 22.926 mq, dalla seconda 2.493 mq, per un totale di 25.419 mq. A 46.133 mq ne mancano ancora 6.874 che sono quelli che la proprietà lascerà al Comune di Roma nel comparto ZR1, dei casermoni semicircolari, a 5 piani, che dovrebbero sorgere dietro al centro Solara. Concludendo, la proprietà ha dato al Comune non 0,18 mq/mq ma addirittura 0,21 mq/mq (le compensazioni, più parte dello ZR1) ottenendo in cambio di edificare dove non avrebbe mai potuto.

Ci troviamo di fronte all’assurdo. Da terreni (Casal Giudeo, Ponte Fusano) dove non si può più edificare, si spostano cubature su un terreno non edificabile, per poterlo edificare (‘Piccola Palocco’).

In realtà il principio in base al quale tutti i terreni esprimono la stessa capacità edificatoria e quindi la cubatura di competenza dei terreni non edificabili può essere venduta a quelli edificabili, non ha mai avuto un fondamento legislativo, figuriamoci nel nostro caso. Solo di recente, con l’approvazione del Decreto Sviluppo (D.L. 70/2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 13 maggio 2011 n. 110) si è introdotto un nuovo comma all’articolo 2643 del Codice tentando appunto di dare a questa anomalia un fondamento legislativo. L’articolo prevede che siano resi pubblici con il mezzo della trascrizione i contratti per il trasferimento dei diritti edificatori (Costruzioni Private, art.3). Infatti, solo se si ha la trascrizione nei registri immobiliari si ha certezza dei rapporti con i terzi e, quindi, della relativa opponibilità.

Questo è il problema di ‘Piccola Palocco’, resa edificabile con l’impiego dei diritti edificatori che fino al 13 maggio 2011 non avevano alcun fondamento legislativo.

Aggiungiamo che nella delibera 125/2001 dell’allora Giunta Comunale rossoverde, i diritti edificatori per Casal Giudeo venivano concessi alla società Nuova Florim srl chiedendo che le cubature atterrassero in aree destinate a Edilizia Residenziale Pubblica e non a destinazione residenziale privata come ‘Piccola Palocco’. A febbraio del 2007 la Corte dei Conti aprì un’istruttoria per raggiro della Ragioneria Generale dello Stato, di cui però non si è saputo più nulla.

La complessità della questione impone dunque di non cavalcare una protesta populista priva dei necessari contenuti, perché il rischio è solo quello di fare propaganda e di non raggiungere alcun obiettivo tangibile.

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Ampliamento del Porto di Ostia: il ‘pasticcio’ di Di Cosimo.

Ieri, 16 maggio, si è approvato in aula Giulio Cesare l’ampliamento del Porto di Roma, “con parere favorevole, ma condizionato” da parte del PD. Mancava però la valutazione del carico urbanistico che l’opera avrà sul settore di Ostia Ponente e sull’Idroscalo. Un errore grossolano per chi, come l’Assessore all’Urbanistica, Marco Corsini, e il presidente della Commissione Urbanistica, Marco Di Cosimo, vanta competenza in materia. In tre anni sono insipientemente intervenuti sulle scelte per Roma generando vantaggi solo per i privati, ma non per la cittadinanza. L’ampliamento del Porto turistico di Roma è l’ennesima prova. Tralasciando Corsini, forse troppo preso a frequentare altre ‘aule’ e dunque poco attento ai lavori della Giulio Cesare, Di Cosimo, che “si sente più bravo dell’assessore e non fa niente per nasconderlo”, ha cercato di ‘vendere’ il progetto spacciandone i benèfici effetti sull’occupazione e sul rilancio del settore nautico, dimenticando però il tema del carico urbanistico. Infatti, non sono previste nuove linee di trasporto pubblico, non è incluso nel progetto un piano della viabilità privata, addirittura i parcheggi relativi ai posti barca sono stati previsti sul molo foraneo, perché non erano stati contemplati proprio dalla sua Commissione. Dulcis in fundo, Di Cosimo ha presentato un emendamento (il nr. 1) in cui chiedeva di aggiungere al punto 3) della delibera in votazione la frase ‘non sostanziali’ dopo la parola ‘modifiche’. Si tratta cioè della possibilità di “consentire l’introduzione di modifiche e integrazioni nel corso dell’iter di formazione dell’Accordo di Programma” che sarà necessario stipulare con la Regione Lazio. Evidentemente Di Cosimo non conosce bene le leggi urbanistiche, perché simile precisazione non serve a nulla se non a far sì che quanto verrà trattato a porte chiuse in sede di Conferenza dei Servizi non venga più ridiscusso in Assemblea Capitolina. Di Cosimo si è poi innervosito quando il PD, con il proprio ordine del giorno nr.11, ha chiesto di inserire i lavori della scogliera a mare a difesa dell’abitato dell’Idroscalo, già appaltati dalla Regione Lazio, “come condizione essenziale prima dei lavori di ampliamento del Porto”. Di Cosimo ha ottenuto di far sostituire la frase ‘prima di’ con ‘per’. Peccato, per lui, che non ne avesse compreso il valore urbanistico, perché l’ordine del giorno contemplava anche gli impegni non mantenuti da Alemanno relativamente alla realizzazione della difesa lato fiume, e quelli del Porto, cioè la realizzazione su tutta via dell’Idroscalo delle opere per lo smaltimento delle acque piovane.
Insomma, Di Cosimo ‘pasticcia’ a tal punto che ieri è riuscito persino a sconfessare Alemanno.

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Cosa lega il minisindaco G. Vizzani al Porto di Roma e all’Idroscalo di Ostia ?

L’ampliamento del Porto di Roma porterà alla delocalizzazione dell’abitato dell’Idroscalo di Ostia. Giacomo Vizzani, oggi presidente del XIII Municipio, difende da sempre la tesi di demolire tutto l’Idroscalo e di ricostruirlo solo in parte, secondo un progetto che risale al 2000. Nell’aprile del 2007 addirittura si rallegrò sulla stampa che il comma 14 dell’articolo 16 della Finanziaria 2007 (disposizioni in materia di demanio marittimo e di altri beni pubblici), fosse stato stralciato: “Per fortuna quel progetto di alienazione della foce del Tevere non si è fatto”. Se fosse invece passato come era scritto, l’Idroscalo sarebbe stato incluso nella lista del patrimonio disponibile del Comune di Roma, che avrebbe poi potuto vendere ai singoli occupanti e concessionari i lotti dove erano state realizzate le loro case (“opere durature, non di facile sgombero”). Questo però avrebbe contrastato con il progetto edilizio del Consorzio Nuovo Idroscalo, costituitosi nel 1989, chiamato ‘Cala di Tiberio’, un centinaio di abitazioni unifamiliari a 2 piani, ciascuno di 70 mq. Vizzani, dal 1998, ha svolto consulenza amministrativa a favore del Consorzio e nel 2000 l’allora senatore Ludovico Pace, oggi Assessore alle Politiche Sociali del XIII Municipio, presentò un’interrogazione per sanare la situazione del Consorzio verso il Demanio. Sulla base di quel progetto, in data 23 luglio 2001, il Presidente del Consorzio Nuovo Idroscalo e il Presidente della società A.T.I. SpA, concessionaria demaniale dell’area portuale, sottoscrissero una scrittura privata in cui si conveniva l’impegno, da parte del Consorzio, a fornire la massima collaborazione per consentire lo sgombero dell’area dell’Idroscalo di Ostia non comprendente le abitazioni degli appartenenti al Consorzio in cambio di un comune progetto di ristrutturazione dell’area. Per completare il disegno, il 30 novembre del 2002 fu costituita la Società Cooperativa Edilizia Nuovo Idroscalo a r.l., che ha nella sua ragione sociale anche la costruzione di abitazioni di Edilizia Popolare ed Economica. Oggi è tutto fermo ma gli attori sono sempre gli stessi. Attendiamo dal 29 dicembre 2010, data dell’assemblea partecipativa sul progetto dell’ampliamento del Porto di Roma, che qualcuno faccia chiarezza su quello che si configura un conflitto di interessi.

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L’ampliamento del Porto Turistico di Ostia e l’irresponsabilità della classe politica tutta


Il Porto di Ostia è in area a rischio esondazione, ma da giovedì in poi ogni seduta dell’Assemblea Capitolina sarà buona per votarne l’ampliamento: altri 611 posti barca, 656 posti auto e un molo di 2,5 km che ostacolerà, alla foce, il normale deflusso a mare del Tevere.
Tutto lo schieramento politico vuole l’ampliamento, anche le forze ambientaliste, che avranno in gestione le aree di interesse naturale dietro il porto. Così come il PD XIII visto che oggi firma un documento per dichiararsi favorevole al nuovo progetto, malgrado abbia votato contro in aula municipale, con l’astensione di due popolari. In questa partita gioca un ruolo strategico l’UDC, che ha come proprio coordinatore municipale, l’ex Assessore ai LL.PP del PD XIII, nonché direttore tecnico dei lavori del porto.
E i cittadini ? Il porto non ha mai recato realmente dei vantaggi alla comunità dal 2001, anno della sua costruzione, soprattutto agli abitanti dell’Idroscalo che vivono alle sue spalle. Infatti l’Autorità di Bacino del fiume Tevere (ABT, prot. n.371/C del 7 novembre 2009) ha chiesto di verificare se l’ampliamento del Porto peggiori il livello di criticità cui sono sottoposte le abitazioni dell’Idroscalo. In caso affermativo, sempre l’ABT, ha richiesto di assumere “procedure delocalizzative della stessa zona complessiva dell’Idroscalo di Ostia”.
Alemanno ha recentemente dichiarato che nei 133 obiettivi di fine mandato, è stato fissato entro il 2012 “la demolizione degli insediamenti abusivi” dell’Idroscalo e la cantierizzazione dell’ampliamento del Porto turistico di Ostia. Su queste dichiarazioni il silenzio di tutta l’opposizione, che si dichiara favorevole non solo al Porto ma anche al Parco dell’Idroscalo e agli alberghi che lì sorgeranno dopo le demolizioni. Dove andranno i residenti non si sa, forse perché considerato un mero dettaglio, anche da parte di partiti che in questi giorni mettono manifesti su iniziative “Contro i tagli di Alemanno. Le buone politiche sociali per Roma”.
Deduciamo quindi che nessuno abbia letto quanto scritto nella relazione R10 “Analisi di fattibilità idraulica” inclusa nel progetto di ampliamento del Porto, che garantirebbe la salvezza dell’Idroscalo se il porto, l’ABT e il Comune facessero le opere previste di difesa idraulica, in cantiere da anni, piuttosto che pensare a nuovi posti barca per un investimento di 80 milioni di euro.

Infatti il rischio idraulico dell’area dell’Idroscalo si presenta se, e solo se, all’arrivo della piena di riferimento del Tevere (quella devastante, stimata ogni 200 anni) sia già stato realizzato il manufatto ripartitore di Capo due Rami, punto in cui il Tevere si biforca nel Canale di Fiumicino e nel ramo di Fiumara Grande, alla cui foce sorge il Porto e l’Idroscalo. Il ripartitore (progetto TE19) è in pratica un sistema di paratoie sommerso che si alzerebbe, all’arrivo della piena, sbarrando il Canale di Fiumicino e deviando tutta l’acqua del Tevere sul ramo di Fiumara Grande (fino a 500 mc/sec). Il progetto è fermo nei cassetti dal 2003, il costo previsto a quel tempo era di 25 milioni di euro e serviva per mettere in sicurezza idraulica l’Isola Sacra e Fiumicino, ma non Ostia che in caso di piena si allagherebbe fino alla stazione Lido Centro, perché manca, dal 2001, il completamento dell’argine del Tevere sulla sponda sinistra. Quindi come si fa ad autorizzare l’ampliamento del Porto e a chiedere di ‘delocalizzare’ l’Idroscalo se la piena, il ripartitore e l’argine in sponda sinistra non ci sono? Con la situazione attuale e peggio ancora con l’ampliamento, se arrivasse la piena, quella devastante, non si allagherebbe l’Idroscalo ma mezza Ostia e tutta Fiumicino, dove il fiume esonderebbe in maniera naturale.

Non solo, ma tutti sanno che l’attuale Porto di Ostia è in area a rischio esondazione, seppure la Regione Lazio (ARDIS, prot.9346 del 17.01.2006) e l’ABT (prot.899/E del 22.03.2006) abbiano rilasciato il nulla osta idraulico. Basta percorrere Via dell’Idroscalo verso la foce e notare i varchi esistenti nel terrapieno sul lato sinistro della strada, in area gestita dalla LIPU. Quei varchi servono perché se esondasse il Tevere, tutta l’area della LIPU deve diventare un’enorme vasca di contenimento, salvando in realtà solo alcune zone dell Porto. Nel caso invece della piena di riferimento i danni sarebbero maggiori e non basterebbero questi varchi, tanto che il muro in cemento armato che costeggia il porto si dovrebbe rialzare in alcuni punti fino a 4,60 metri e la restante parte a 3,50 metri, lavori che non sono mai stati eseguiti. Infine, con l’ampliamento del Porto e in assenza di un adeguato argine in zona Tor San Michele, neppure il rialzamento del muro, alle quote sopra riportate, risolverebbe il problema.

In conclusione, il rischio idraulico è solo probabile e comunque nessun intervento viene fatto per mettere in sicurezza Ostia, tantomeno l’Idroscalo. L’unica opera nuova che viene prevista da progetto, e che dovrà essere autorizzata dall’ABT, è quella di recapito a mare (come indicato nello schema) che avrebbe un significato se e solo se fossero realizzate tutte le altre opere ad oggi ancora non eseguite.

Dunque, mentre l’ABT, ente competente in materia, sostiene l’ipotesi di un rischio idraulico, la classe politica tutta non porta a compimento le opere previste dal 2001, ma autorizzerà, in zona a rischio, un ampliamento del Porto che aumenta la criticità del rischio, senza neppure tenere conto di chi vi abita e quali politiche sociali si devono prendere prima degli affari.

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