MUNICIPIO X – DOSSIER “IL GIRO DI AFFARI DIETRO AL VERDE” 

Business Verde CapitaleIeri l’annuncio che i giardinieri di Roma Capitale sono pronti a partire per “riforestare” Roma con 500mila piante tra alberi e arbusti, entro il 2026. Nel Municipio X, sulla carta, sono previste 3.206 piantumazioni nella riserva Acilia – Malafede, 6.870 a Dragoncello per “mitigare gli effetti del cambiamento climatico, adattare la città per contrastare le isole di calore” secondo l’Assessore al Verde, Sabrina Alfonsi. Al di là dell’assurdità dell’affermazione applicata alle due zone prescelte e al gap cronico tra tagli e piantumazioni, rimane un Servizio Giardini nel caos: solo 384 i dipendenti e ⅓ è inabile a curare 85.000 ettari di verde della Capitale, ma soprattutto gli amministratori in anonimato ammettono che non c’è alcun controllo sul numero di potature, capitozzature, dicioccature e tagli degli alberi, e il catasto del verde (con relativa geolocalizzazione) non è mai stato completato. I pochi dati diffusi dal Dipartimento ambiente dichiarano che sono stati tagliati 17.825 alberi con l’appalto quadro triennale del valore di 60MLN di euro, ma l’obbligo di ripiantumazione non è stato mantenuto. Ancora più tragica la situazione nel Municipio X che ha il decentramento al Verde. Nessuno, dall’ex Assessore Alessandro Ieva del M5S a quello attuale, Valentina Prodon del PD, ha mai fornito un solo dato nonostante i solleciti di consigliere e associazioni.
Cosa stia accadendo nel Municipio di Ostia proviamo a raccontarlo in questo dossier spiegando cosa c’è dietro a questa montagna di soldi che gira sulla risorsa più preziosa che abbiamo, partendo proprio dal caso studio dei pini del monumentale viale di Castelporziano.

IL METODO
Il Municipio X (che da ottobre 2021 è guidato da una nuova amministrazione) ha abbattuto negli ultimi 5 anni circa 200 pini (Pinus Pinea) lungo lo spettacolare viale di Castelporziano all’Infernetto. Gli ultimi, oltre 100, sono stati abbattuti tra agosto e novembre 2023 ricorrendo alla somma urgenza, dunque senza l’autorizzazione del Dipartimento Tutela Ambientale, senza controllare con diligenza le operazioni di abbattimento, ignorando anche la destinazione del recupero del legname e senza darne la dovuta trasparenza pubblica come previsto per legge.
Pini abbattuti in dispregio del “Regolamento Capitolino del verde pubblico e privato e del paesaggio urbano di Roma Capitale” (Deliberazione dell’Assemblea Capitolina n.17 del 22 marzo 2021) dove i pini sono considerati oggetto di speciale salvaguardia in quanto “specie identitaria del paesaggio romano”.
Pini che registravano attacchi minimi di cocciniglia fino a marzo 2019: ad aprile 2022 infatti le chiome erano verdi mentre oggi gli alberi si sono trasformati in ‘morti in piedi’ a causa della velocità di propagazione delle infestazioni e della letalità delle stesse in assenza di interventi di salvaguardia, soprattutto contro la cocciniglia tartaruga (Toumeyella parvicornis).
Pini alti tra i 15 e i 18 metri, aventi una chioma e un diametro rispettivamente di 5 metri e di 50-60 cm, disposti in doppio filare lungo il viale di Castelporziano individuato come “Bene del Patrimonio Culturale” nella Tavola C-29 del P.T.P.R. (parte del ‘sistema dell’insediamento storico – viabilità e infrastrutture storiche, ex art.60, c.2, L.R. 38/99).
Tutto andato perduto, ma qualcuno ne ha tratto profitto.

PREMESSA

1. LEGNO COME RIFIUTO
Gli sfalci e le potature provenienti dalle aree verdi pubbliche sono a tutti gli effetti rifiuti urbani e il ‘produttore iniziale’ di tali rifiuti è, nel nostro caso, il Municipio X in quanto proprietario delle alberature stradali considerate da abbattere o da potare. Qualora l’attività di raccolta e trasporto di tali rifiuti sia effettuata dallo stesso soggetto che ha l’appalto per la manutenzione del verde, è da considerarsi come ‘produttore iniziale’ del rifiuto. Dunque la responsabilità del corretto conferimento del rifiuto presso l’impianto di recupero o di smaltimento autorizzato è condivisa tra Municipio e appaltatore. L’iter di conferimento deve essere tracciato mediante il Formulario di Identificazione del Rifiuto (FIR), un documento obbligatorio per il trasporto dei rifiuti che contiene tutte le informazioni relative al tipo di rifiuto, al produttore, al trasportatore e al destinatario. Il singolo FIR (che dunque è un documento di trasporto) deve essere redatto in 4 esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore e controfirmato dal trasportatore. Una copia rimane presso il produttore e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario (che ha l’obbligo di indicare il quantitativo di rifiuto accettato), sono acquisite rispettivamente una dal destinatario e due dal trasportatore che provvede a trasmetterne una al produttore.
Non solo l’impianto di destinazione deve essere autorizzato, ma anche l’appaltatore deve essere iscritto all’Albo Nazionale Gestori Ambientali. Se il trasporto avviene a cura dell’impresa stessa che risulta essere produttore iniziale del rifiuto (cioè, l’appaltatore), l’iscrizione è in categoria 2 bis. Diversamente, l’attività di “raccolta e trasporto di rifiuti urbani” prevede l’iscrizione in categoria 1. Vedremo poi perché questo elemento sia significativo nel caso di specie.

2. IL MERCATO DEL ‘CIPPATO’
Dietro alla raccolta e trasporto del legno come rifiuto urbano si agita lo spettro del mercato, non sempre regolare, del c.d. ‘cippato’ e cioè del legno sminuzzato in scaglie, prodotto a partire da tronchi, ramaglie, piante intere, da porzioni di piante o dai residui dell’industria del legno.
La qualità del cippato varia in funzione di:
– Materia prima (tronchi, ramaglie) e specie legnosa
– Grado di stagionatura o essiccazione del legno
– Dimensione prevalente (espressa in mm) delle scaglie di cippato (pezzatura)

Gli acquirenti del cippato possono essere diversi, dalle grandi centrali che producono energia elettrica attraverso la combustione delle biomasse ai proprietari di caldaie a cippato, comprese le piccole industrie e gli artigiani che hanno investito nella bioenergia (di recente, anche per uso domestico tramite il c.d. ‘cippatino’).
Il prezzo del cippato ad aprile 2023 per il consumatore finale era (per le prime tre classi di qualità, espresso in euro per tonnellata): A1 (163), A2 (98) e B1 (63). A tali importi, va aggiunto il costo del trasporto che può arrivare a incidere dai 20 ai 50 euro a tonnellata, a seconda del mezzo di trasporto impiegato e della distanza. Al totale, va aggiunta l’IVA.

Il cippato, in termini economici e a parità di resa termica, è 4 volte più conveniente del pellet, che è prodotto perlopiù dalla pressatura della segatura di legno di scarto essiccato in precedenza. Di solito, per grandi opere di abbattimenti, come nel caso del viale di Castelporziano, il materiale cippato viene destinato a centrali di utilizzazione di biomasse per la produzione di bioenergia. Le centrali vengono scelte di preferenza sul territorio regionale e possono a loro discrezione accogliere o no il materiale in base a valutazioni sulla effettiva ‘qualità’ (a volte non tracciabile) del prodotto in arrivo. In ogni caso è sempre onere della ditta che produce il cippato l’ottenimento di tutte le autorizzazioni necessarie alla movimentazione di materiale.

CRONISTORIA SU VIALE DI CASTELPORZIANO

L’INTERVENTO DEI VIGILI DEL FUOCO
Il 25 luglio 2023 i Vigili del Fuoco (squadra 13/A, Turno B – 20.00 / 08.00 del 25 – 26.07.2023) sono intervenuti presso il viale di Castelporziano, altezza civico 550-546 (tra via Ermanno Wolf Ferrari e via Canazei) per una segnalazione relativa ad alberi pericolanti. Si è così proceduto all’abbattimento e rimozione di due pini in accordo con la Polizia Locale di Roma Capitale e con il personale del Servizio Giardini presenti sul posto. Dall’esame visivo delle piante adiacenti è stata riscontrata la presenza di altri pini pericolanti e si è disposto, in somma urgenza e sotto la guida di un tecnico qualificato, di porre in atto tutti i lavori di riparazione, consolidamento e ripristino per garantire la pubblica e privata incolumità, chiedendo la chiusura al traffico di viale di Castelporziano tra via Ermanno Wolf Ferrari e via del Canale della Lingua. Con un solerte fonogramma sempre del 25 luglio (Scheda 25584) – a firma dell’Ing. Salvator Gabriele AMATO, a capo del servizio USAR (Urban Search And Rescue) del Comando Provinciale di Roma dei Vigili del Fuoco (da poco giunto da Asti) – i VV.FF. hanno fatto richiesta delle misure cautelative al Municipio X, alla Polizia Locale di Roma Capitale X Gruppo “Mare” e al Commissariato di P.S. Ostia Lido, specificando che “costituiscono provvedimento emesso dall’Autorità, la cui inosservanza è sanzionata a norma dell’art. 650 del Codice Penale fino al cessare delle condizioni di urgenza o al subentro degli Enti competenti in via ordinaria”.

4. L’INTERVENTO DELLA POLIZIA MUNICIPALE
Il 28 luglio il X Gruppo Mare ha istituito una provvisoria disciplina di traffico sul viale di Castelporziano chiudendo il tratto interessato, per poi estenderla da via Canazei a via del Canale della Lingua dal 4 settembre al 13 ottobre per “lavori di potatura eseguiti per conto della U.O.T. ”

5. L’INTERVENTO DEL MUNICIPIO X
Con Prot. CO/2023/0112155 del 4 agosto 2023 il Municipio X ha comunicato ai diversi enti l’avvio, a partire dal 7 agosto, di abbattimenti in somma urgenza dei pini lungo il viale di Castelporziano per sicurezza stradale e pubblica incolumità, ai sensi dell’art. 32 del Regolamento Capitolino del verde pubblico. Tale articolo consente, in caso di necessità e urgenza, di abbattere gli alberi senza specifico provvedimento motivato del Dipartimento Tutela Ambientale. Poiché il Municipio X ha la competenza e la responsabilità del mantenimento della sicurezza delle strade municipali e delle relative alberature stradali, dopo il fonogramma dei Vigili del Fuoco, ha affidato alla ditta Ge.Co.S. srl (Gestione Costruzioni e Servizi srl) l’attività, in quanto affidataria dell’appalto per “Lavori di manutenzione ordinaria all’interno delle aree verdi del Municipio X” (fondi annualità 2022-2023, CIG 9516203b22).
Individuato per l’analisi fitosanitaria delle alberature il consulente tecnico della Ge.Co.S. srl (il dr. Forestale Giovanni LUDOVICI), sono iniziati gli abbattimenti sotto il controllo del Municipio X (Direttore dei lavori, Arch. Fabrizio COLAPICCHIONI).

6. I LAVORI
L’attività di abbattimento, raccolta e trasporto dei rifiuti è dunque stata affidata alla ditta “Gestione Costruzioni Servizi srl” (abbreviata “Ge.Co.S. srl”) con sede legale in via Anchise 9, 00040 – Pomezia (Rm) e unità locale, destinata ad uffici e alla produzione di compost da rifiuti organici, in via Monte d’oro 30, 00071 Pomezia (Rm), aperta il 4 giugno 2018 (*).
I pini destinati all’abbattimento in Viale di Castelporziano però non sono stati dichiarati infestati dalla cocciniglia tartaruga (nonostante da anni esista una perizia del Dipartimento che li ha invece dichiarati infestati). Questo ha consentito di non classificare i pini come rifiuto speciale e quindi di non assoggettarli a quanto previsto dalle normative in vigore e dai decreti vigenti di lotta obbligatoria ai parassiti, al momento dell’esecuzione del trasporto.

Il Comune avrebbe dovuto tracciare l’intera procedura verificando il peso iniziale e il corrispondente peso di destinazione, ma di fatto questo non è avvenuto e il calcolo è stato eseguito, in partenza, sulla base del volume dei camion trasportatori e, a destinazione, sul peso in accettazione del centro di cippatura. Quando la ditta affidataria dei lavori coincide con il trasportatore e con l’impianto di trattamento, la procedura finisce dunque per basarsi sull’autocertificazione della ditta stessa, senza un effettivo controllo da parte del committente, cioè del Municipio X. Nel caso specifico di viale di Castelporziano  l’impianto di trattamento era stato sottoposto a sequestro fino a pochi mesi prima dell’affidamento per irregolarità urbanistiche ed edilizie anche sull’impianto di pesa (la vicenda è descritta nella sentenza del TAR Lazio n. 05712/2023, pubblicata il 4 aprile 2023).

Precisiamo, che non solo l’impianto di destinazione deve essere autorizzato, ma anche l’appaltatore deve essere iscritto all’Albo Nazionale Gestori Ambientali. Se il trasporto avviene a cura dell’impresa stessa che risulta essere produttore iniziale del rifiuto (l’appaltatore), l’iscrizione è in categoria 2 bis. Diversamente, l’attività di “raccolta e trasporto di rifiuti urbani” prevede l’iscrizione in categoria 1. L’Albo Gestori Ambientali ha stabilito che l’attività di raccolta e trasporto di tali rifiuti, se classificati come urbani, è effettuata dallo stesso soggetto che ha l’appalto o la concessione per la manutenzione del verde, ed è da considerarsi come produttore iniziale del rifiuto e pertanto potrà iscriversi in categoria 2 bis (art. 212 comma 8 del D.Lgs. 152/06), evitando così l’iscrizione in cat.1 (raccolta e trasporto di rifiuti urbani) molto più stringente in termini di autorizzazioni e certificazioni.

Dunque il problema è la classificazione del rifiuto tra “urbano” o “urbano speciale” proprio il caso dei pini infestati dalla cocciniglia tartaruga. Ricordiamo che il commercio di legname infestato è stato riconosciuto una causa primaria della diffusione del parassita nonostante l’emanazione di una rigida normativa di contrasto. E’ stato p.es. appurato che uno dei mezzi di diffusione della cocciniglia è proprio  il trasporto lungo le strade di legname infetto se non protetto da teloni e dunque non è un caso che molte alberature stradali risultino infestate. In particolare, il legname di pino proveniente da zone infestate, individuate dai servizi fitosanitari regionali, dovrebbe essere commercializzato solo se preventivamente scortecciato nella zona di produzione.

Pertanto, se classificato come “rifiuto urbano”, il committente pubblico (in questo caso, il Municipio X) cede la proprietà del legname alla ditta incaricata che può quindi venderlo sul mercato come cippato. Se invece è classificato come “rifiuto speciale” deve essere smaltito in appositi impianti e non può essere inserito sul mercato, se non tramite controlli e certificazioni più stringenti.
Invece, sotto il profilo economico, ci sono ad oggi due comportamenti da parte  dell’Amministrazione Pubblica: definire l’area, stimare la quantità di legname prodotto e farselo pagare a peso, oppure definire quanti alberi vanno tagliati, pagare la ditta per il taglio e il trasporto e non tenere conto della quantità prodotta e il suo impiego successivo.
Nonostante siano classificabili come spese straordinarie per l’Amministrazione, questi importi (nel secondo caso sopra elencato) vengono addirittura inclusi nelle spese ordinarie di manutenzione del verde pubblico spacciandole per potature e sottraendo di fatto risorse alla cura delle alberature, determinando un grave danno erariale.
Nel caso di viale di Castelporziano la scelta è stata appunto la seconda.

 

IL DANNO ERARIALE

Ogni albero ha un proprio valore secondo la tipologia, l’anzianità e lo stato di salute, tutti fattori che determinano gli agronomi (pagati dalle ditte affidatarie dei lavori e dunque in confoitto di interesse) mediante un esame visivo (VTA, Visual Tree Assesment).Il valore è dato da precise formule. Quella utilizzata dal Corpo Forestale della Tenuta Presidenziale di Castelporziano è V=AxBxC.

A è il valore economico di base a seconda del tipo di albero
B  è il coefficiente in funzione della circonferenza del tronco (anzianità)
C  è il coefficiente del suo stato di salute (stato di salute)

Nel caso di viale di Castelporziano, come da perizia a fine 2019, si trattava di pini con i seguenti parametri:  A uguale a 200 euro,  B uguale a 12 (essendo alti 15-18 metri con circonferenza 50-60 cm) e C uguale a 6 in quanto “disposti su filari in discreto stato di salute”.
Dunque il 60% dei pini di viale di Castelporziano potevano essere salvati con regolare manutenzione e invece sono stati abbandonati all’incuria fino a quando si sono tutti ammalati in modo irreversibile.
Secondo la formula, ogni pino aveva un valore iniziale di V= 200x12x6=14.400 euro. Ogni pino è invece diventato un costo puro per la collettività, per altro mai dettagliato dall’Amministrazione perché annacquato in un appalto di abbattimento spacciato per manutenzione ordinaria. Ogni singolo pino si è però trasformato anche in un guadagno per il privato equivalente a circa 1.200 euro di cippato.
A questo costo andrebbero aggiunti gli oneri per la ripiantumazione, obbligatoria per legge e che per altro non avviene mai, nonché il danno paesaggistico e biologico. Un albero di 15 metri e di 80 anni, con un diametro di 50-60 cm accumula milioni di atomi di carbonio. Il valore di sostituzione di questo albero è pari alla messa a dimora di circa 2.000 (duemila) giovani alberi di 2 metri di altezza. In Italia siano ben lontani dalle c.d. regola urbanistica di Vancouver (Canada): “3/30/300” e cioè vedere almeno 3 alberi dalla finestra, avere 30 alberi nella superficie di un quartiere, contarne 300 nel parco pubblico ubicato entro i 300 metri dall’abitazione.

Ecco perché all’interno di questo sistema, a Roma (non solo sul viale di Castelporziano), chi ne trae profitto è la criminalità.

Qui di seguito riportiamo i numeri (per difetto) della strage di pini avvenuta nel Municipio X in un anno, un Municipio che ha ben due Riserve Naturali Statali (quella di Castelporziano e del Litorale Romano), che ha il decentramento amministrativo per il verde e un direttore del Municipio iscritto all’ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della provincia di Roma.

TENUTA PRESIDENZIALE DI CASTELPORZIANO

anno: 2023

estensione: 160 ettari

massa legnosa: circa 28.713,85 tonnellate

nr pini: circa 4.200

committente: Segretariato Presidenza della Repubblcia

ditta: MASSONI P. e M. srl (via di Sottomonte, 160 – 55060 Guamo, LU)

 

VIA DEI PESCATORI

anno: 2023

estensione: 4 ettari (alberature stradali per 4 km)

massa legnosa: circa 720 tonnellate

nr pini: dichiarati 104

committente: Municipio Roma X

ditta: Nomentana Appalti srl (via Giulio Cesare, 71 – 00192 Roma, RM)

 

VIA DELLA VILLA DI PLINIO

anno: 2022

estensione: 2 ettari (alberature stradali per 1,7 km)

massa legnosa: circa 340 tonnellate

nr pini: dichiarati 50

committente: Comune di Roma, Dipartimento Tutela Ambientale

ditta: Verdidea srl (via Gargiulo, snc – 64122 Talsano, TA)

 

VIA DI CASTELFUSANO

anno: 2023

estensione: 3 ettari (alberature stradali per 2,5 km)

massa legnosa: circa 1.320 tonnellate

nr pini: dichiarati 202

committente: Municipio Roma X

ditta:  Gentile Multiservizi srl (via dei Pini, 89 – 00020 Marano Equo, RM)

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OSTIA, VALENZA TURISTICA: LA TRUFFA BIS

Valenza Turistica OstiaMentre si discute in Comune e in Regione l’avvio dell’approvazione del PUA in modo illegittimo, esce la seconda sentenza del TAR del Lazio che dà ragione agli stabilimenti balneari: Ostia non  come Amalfi. La sua valenza turistica è la più bassa prevista in Italia. Tutti i canoni concessori sono sbagliati dal 2016. Decine di milioni di euro di danno erariale.

Con sentenza N. 01255/2024 (pubblicata il 23/01/2024) il TAR Sez. Quinta Ter, ha dato ragione a 19 stabilimenti di Ostia contro Roma Capitale, accogliendo il ricorso di annullamento della delibera n.33/2022 recante “modifica della Deliberazione n.9 del 6 ottobre 2020 adottata dalla Commissione Straordinaria con i poteri della Giunta Municipale”, del 25/10/2022, con la quale la Giunta Municipale del Comune di Roma ha approvato la nuova scheda di analisi del Municipio X di Roma Capitale, attribuendo un valore complessivo di 64,50 punti con conseguente collocamento del territorio di Roma Capitale in Valenza Turistica di categoria A, come Amalfi.

Secondo il Tribunale Amministrativo il Municipio X avrebbe sovrastimato i posti ricettivi e negata l’esistenza di zone non balneabili e dello stato di erosione delle coste. Non solo: non avrebbe nemmeno depositato gli atti dell’istruttoria in aula, né spiegato da quale fonte avrebbe tratto i nuovi valori, né su quale periodo gli stessi siano stati calcolati.
I criteri adottati dal Municipio Roma X in termini di canoni concessori dunque sono sbagliati perché la classificazione di ‘alta valenza turistica’ per il Litorale romano poggia su dati errati o di dubbia provenienza e il TAR ne sottolinea i vizi di istruttoria e quelli di eccesso di potere. L’ennesima pagina di brutte figure amministrative che danneggiano l’immagine dello Stato.

Un film che LabUr aveva già preannunciato a Gennaio 2023 (LINK), quando il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Settima), il 22 novembre 2022 (con pubblicazione del 4 gennaio 2023) ha sentenziato circa l’errata valutazione da parte del Comune di Roma (fino al 2020) dei fenomeni erosivi lungo il Litorale romano attribuendo alle concessioni demaniali marittime la classificazione di “alta valenza turistica“. Era stato infatti incontrovertibilmente appurato, in sede di verificazione giudiziale, che l’arenile si era ridotto “a seguito di eventi dannosi di eccezionale gravità che hanno comportato una minore utilizzazione dei beni oggetto della concessione”. Il Comune di Roma aveva infatti utilizzato le sole “pubblicazioni fonte ENEA” anziché l’ “Atlante regionale della Dinamica Costiera elaborata nell’ambito del “Progetto Europeo Maremed”, così come previsto dalla legge regionale 14 luglio 2014, n. 7. Lo stesso errore commesso dalla delibera di giunta n.33 del 24 ottobre 2022 che ha utilizzato il “Rapporto spiagge Legambiente 2022” per definire di valore ‘medio’ l’effetto erosivo costiero attribuendo alle concessioni di nuovo una “alta valenza turistica” a fronte invece della gravità visibile a tutti, in primis alla Regione Lazio, anche a Legambiente stessa. Per altro erano state stravolte le conclusioni stesse di Legambiente che, testualmente, in linea con quanto sostenuto dalla Regione Lazio, riteneva grave e non ‘media’ l’erosione sul litorale romano: “Il litorale di Roma, la zona di Ostia e del X Municipio, ha visto negli anni numerosi interventi sia di opere rigide che di ripascimenti. Su questi 10 km di litorale sono state realizzate opere rigide come barriere sommerse ravvicinate (Ostia Ponente) o distanziate (Ostia Centro), pennelli semisommersi (Ostia Ponente e centro), ripascimenti con sabbie da cave terrestri (Ostia Ponente e Centro), con sabbia da cave marine (Ostia Ponente e Levante). Dal 1990 al 2015 (il periodo più importante per la mole di interventi) l’erosione complessiva del litorale di Ostia è passata da circa 50.000 mq a 120.000 mq. Dal 2016 al 2018 la situazione è ulteriormente peggiorata”.

Vedremo che cosa farà il nuovo Ufficio di scopo, che il Comune deve ancora istituire. La tabella dovrà essere rifatta con i punteggi corretti.

 

 

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OSTIA, VIA DI CASTEL FUSANO: LA DENDROFOBIA DEL DIRETTORE AGRONOMO

Un'ambulanza diretta all'ospedale G.B.Grassi costretta ad evitare le transenne su via di Castelfusano procedendo su sterrato (foto 14 dicembre 2023)

Un’ambulanza diretta all’ospedale G.B.Grassi costretta ad evitare le transenne su via di Castelfusano procedendo su sterrato (foto 14 dicembre 2023)

Si chiama Marcello VISCA, classe 1960, agronomo, laureato in Scienze Agrarie nel 1982, iscritto all’Ordine professionale dal 1985 e dal 1 settembre 2022 direttore del Municipio Roma X, dove già da gennaio a novembre 2002 aveva ricoperto il ruolo di dirigente della unità Ambiente e Litorale. Sotto VISCA, da settembre 2022, sono stati abbattuti nel Municipio X, l’unico municipio di Roma che gestisce il verde in forma autonoma, oltre 400 pini, uno al giorno. Pini ormai ‘morti in piedi’, lungo le principali strade, lasciati in balìa della famigerata ‘cocciniglia tartaruga’, senza alcuna cura. Una triste eredità lasciatagli dal precedente direttore municipale, Nicola DE BERNARDINI (poi diventato direttore del Dipartimento comunale Tutela Ambientale) che poco o nulla ha fatto dal 2019, anno in cui l’infestazione ha subito una forte impennata, fino al 2021, anno in cui la cocciniglia ha finito per infestare anche tutte le pinete del litorale romano.

Sembra una vera dendrofobia. O c’è dell’altro?

L’abbattimento dei pini ‘morti in piedi’ ha di fatto paralizzato la mobilità nel Municipio X, provocando la chiusura prima di via dei Pescatori, poi di via di Castelporziano, poi di via della Villa di Plinio e per ultimo di via di Castel Fusano, tutte strade fondamentali anche per il servizio pubblico (p.es. via di Castel Fusano assorbe il 70% del traffico veicolare tra la via del Mare e la via Cristoforo Colombo). 

Se gli abbattimenti si sono resi necessari per garantire la pubblica e privata incolumità (perché il vento e le piogge hanno peggiorato il rischio di crolli), non si capisce come mai davanti a simile evidenza non si sia programmato in tempo utile un piano di viabilità alternativo interessando il Gruppo X Mare del Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale.

Ad oggi il risultato è invece il caos totale accompagnato dalla totale assenza di trasparenza pubblica degli atti, tutti emessi in somma urgenza. Possibile che il Municipio e la Polizia Locale siano stati sorpresi dagli eventi?

L’esempio più eclatante è proprio quello dell’ultima arrivata e cioè di via di Castel Fusano.

via di castelfusano chiusaLa strada (circa 2,5 km) è stata chiusa  con Determinazione Dirigenziale del Gruppo X Mare in data 2 dicembre 2012 fino al termine degli abbattimenti affidati (senza alcuna evidenza pubblica) alla ditta “Ge.Co.S. – Gestione Costruzioni Servizi Srl” di Pomezia, già di recente impiegata su via di Castelporziano con le stesse modalità che andiamo a descrivere. A detta delle dichiarazioni a mezzo stampa di Valentina PRODON, Assessore municipale all’Ambiente, l’abbattimento di oltre 200 pini lungo via di Castel Fusano porterà a riaprire la strada a metà gennaio 2024. Precisiamo che la ditta ha iniziato le lavorazioni il 12 dicembre ma che nessun cartello lavori è oggi presente sul cantiere e neppure risultano pubblicati gli atti di affidamento lavori.

La chiusura della strada non era stata programmata, tutto è avvenuto casualmente, come di seguito narrato.

Alle ore 2:20 del 2 dicembre veniva segnalata ai Vigili del Fuoco la presenza, a circa 500 mt dall’incrocio tra via di Castel Fusano con via dei Pescatori, di un’autovettura SMART ferma sulla corsia direzione via Cristoforo Colombo, danneggiata nella parte anteriore per l’urto con un grosso ramo di pino caduto sulla sede stradale. Circa 50 mt più avanti, ma in direzione via del Mare, era presente una seconda autovettura FIAT “Panda”, anch’essa danneggiata nella parte anteriore per gli stessi motivi.

Al tempestivo intervento dei Vigili del Fuoco seguiva quello del Gruppo X Mare per i rilievi dell’incidente. Con fonogramma dei Vigili del Fuoco delle ore 4:39 sempre del 2 dicembre, ai sensi dell’art.650 c.p., veniva richiesto al Municipio dai Vigili del Fuoco il divieto di transito su via di Castel Fusano in entrambe le direzioni, nel tratto tra via Carlo Maviglia e via dei Pescatori, al fine di risolvere il pericolo della caduta rami dai pini ‘morti in piedi’.

In realtà già esisteva una interdizione al traffico in Via di Castel Fusano ai sensi dell’Ordinanza Sindacale n. 130 del 01 dicembre 2023 (nota prot. n. RK/2023/0012252). Questa ordinanza prevedeva per la giornata del 02 dicembre 2023, causa allerta “gialla” di Protezione Civile per il forte vento previsto sul litorale romano, l’adozione da parte del Municipio X e del Gruppo X Mare di adeguati provvedimenti di limitazione temporanea di circolazione stradale per via di Castel Fusano. Ciò non è stato eseguito e la chiusura della strada è avvenuta solo dopo il doppio incidente.

Non solo, ma la questione della pericolosità di via di Castel Fusano era stata ampiamente segnalata dai cittadini da oltre un anno, senza alcun intervento del Municipio e della Polizia Locale. Addirittura nella seduta congiunta del 14 febbraio 2023 tra le Commissioni municipali III – Lavori Pubblici e Mobilità e IV – Ambiente (presenti i rispettivi referenti, Leonardo DI MATTEO e Valentina SCARFAGNA, nonchè gli assessori Guglielmo CALCERANO e Valentina PRODON), il direttore Marcello VISCA ha dichiarato di essere a conoscenza del problema di pericolo caduta alberi su via di Castel Fusano e di ‘stare studiando’ il modo di intervenire, compresa la c.d. ‘cippatura’ dei pini abbattuti e cioè il procedimento meccanico con cui ottenere legno sminuzzato (‘cippato’) dai tronchi, utile come biocombustibile. L’estratto della registrazione video qui riportato lo testimonia.

Restano pertanto aperte molte domande. Come mai 10 mesi fa non si è intervenuti su via di Castel Fusano? Che fine faranno i tronchi dei pini? Saranno considerati ‘rifiuti’ e smaltiti in discarica (con dei costi) o trasformati in ‘cippato’ (con degli utili)? Perchè si è atteso l’incidente senza dare seguito all’Ordinanza Sindacale e senza prevedere con anticipo una viabilità alternativa, provocando di fatto una interruzione di pubblico servizio essendo via di Castel Fusano percorsa quotidianamente dalle ambulanze dirette all’Ospedale G.B. Grassi?

La strage dei pini nel Municipio X non sembra arrestarsi e forse la causa potrebbe essere uno sporco giro di affari collegato all’utilizzo del ‘cippato’ ricavato dai tronchi. Un Municipio come quello di Ostia, autonomo da Roma per la gestione del verde, immerso all’interno della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano (la cui Commissione di gestione, assente da agosto 2022, è appena stata costituita il 22 novembre u.s.), controllato (teoricamente?) da apposita sezione dei Carabinieri Forestali, diretto dall’agronomo Marcello VISCA, sembra complice della criminale gestione dei rifiuti derivanti dall’abbattimento dei pini. La scusa è che, ormai ‘morti in piedi’, siano stati abbandonati dall’infestazione degli insetti. Ma allora, se anche così fosse giustificato dalle carte ufficiali (per ora assenti) i proventi derivanti dal biocombustibile, a chi vanno?

2008 2022

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INFERNETTO: IL VERDE DISGRAZIATO CHE FAVORISCE LA CRIMINALITÀ

pino caduto infernettoL’Infernetto è un quartiere che non è consorziato come AXA e Casalpalocco per la manutenzione del verde, ma che sopravvive sulle spalle dei residenti, frontisti delle strade. Fino a quando non si attuerà il Piano Particolareggiato del 1992, saranno i proprietari dei villini ad esser considerati responsabili del proprio fronte strada per legge, verde compreso.

Questo vale anche per le aree in mano al Comune di Roma, come quella ad angolo tra via Wolf Ferrari e via Soffredini dove ieri sera c’è stato il crollo di un pino secco da anni e regolarmente segnalato dai residenti via pec anche alla Polizia municipale. Evidentemente la pubblica e privata incolumità è un optional buono solo per le crociate funzionali ad altri interessi. Da rimarcare che quell’albero era posizionato davanti al futuro e famigerato Centro di Raccolta AMA dove ultimamente si sono svolti degli illeciti lavori che potrebbero aver indebolito la stabilità del pino.

Per altro ricordiamo che via Wolf Ferrari è una strada pubblica e il pino caduto si trovava sulla pertinenza stradale di proprietà dunque del Comune di Roma.
Solo dopo il crollo, è intervenuto ‘qualcuno’ a rimuovere il pino, tagliandolo a pezzi verso le 20:30. Stamattina alle 11:00 è ancora lì, creando ulteriore pericolo per occupazione irregolare della banchina stradale.

Non sono i pini ad essere pericolosi e nemmeno i “naziambientalisti”, ma un Comune di Roma mascalzone che mette a rischio la vita dei cittadini e che provoca un continuo danno al patrimonio pubblico facendo morire le alberature stradali, abbandonandole a se stesse e senza provvedere alla loro manutenzione.
Dietro a questo criminale, quanto redditizio, comportamento del pubblico, una pletora di finti ambientalisti, il clan massonico degli agronomi e la criminalità organizzata che trovano sponda nella nuova crociata mediatica contro i pini.
È ora delle denunce.

Albero caduto (foto ore 20.30 del 10 novembre 2023) che invade tutta via Wolf Ferrari

Albero caduto (foto ore 20.30 del 10 novembre 2023) che invade tutta via Wolf Ferrari

Albero tagliato e abbandonato sulla banchina di via Wolf Ferrari (foto ore 11:00 del 11 novembre 2023)

Albero tagliato e abbandonato sulla banchina di via Wolf Ferrari (foto ore 11:00 del 11 novembre 2023)

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PINI CASALPALOCCO – NAZI A CHI, ESATTAMENTE?

pINO cASALPALOCCOCade un pino su Via Cristoforo Colombo. Cosa c’entri con la querelle sui pini di Casalpalocco non è dato sapere, ma è l’occasione per screditare il lavoro delle associazioni (e di molti residenti) definendole “naziambientaliste”, senza dare informazioni e senza cercare i veri colpevoli.

I FATTI
Alcune associazioni ambientaliste hanno rivolto formale diffida al Comune, al X Municipio e al Consorzio di Casal Palocco, che ha il mandato di mantenere il verde del quartiere, facendo presente che era possibile intervenire sul manto stradale senza abbattimenti, utilizzando le più avanzate indagini tecnico strumentali e trattamenti dell’apparato radicale. Queste tecniche, previste anche dalla normativa vigente, consentono di preservare in sicurezza il più alto numero possibile di alberi. Ad una prima diffida di settembre sono seguite anche quelle di altri cittadini a titolo individuale e la protesta non si è fermata. La Soprintendenza Speciale per l’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma in data 24 ottobre ha fatto pervenire al Dipartimento Tutela Ambientale e agli enti interessati una revoca in autotutela e annullamento delle autorizzazioni fino ad allora ottenute, per riaprire il procedimento di autorizzazione con nuovi approfondimenti, alla luce di quanto disposto dal recente Regolamento Capitolino del Verde e del paesaggio urbano della Capitale che chiede di tener conto delle alternative progettuali per il mantenimento degli alberi.

ESPOSTO ALLA CORTE DEI CONTI
Visto quanto sta accadendo su tutto il verde del Municipio X, LabUr – Laboratorio di Urbanistica procederà con un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale sui pini di Casalpalocco. Ogni pino in quel quartiere ha un valore economico e dunque patrimoniale di oltre 36mila euro. Il caso di Palocco, definito il “pianeta verde” è emblematico di come viene gestito il verde. Presenta infatti grosse anomalie sotto tre profili. La prima è relativa alle competenze: il Consorzio non è più proprietario delle strade, ma continua a fare manutenzione del verde delle pertinenze delle strade di proprietà però del Comune, come se fosse un giardiniere. Se le radici affiorano dal manto stradale di chi è la colpa? Del giardiniere che le ha fatte affiorare causando un danno alla strada o del Comune che per 13 anni non ha fatto manutenzione delle strade decretando così la morte degli alberi? La seconda anomalia riguarda i centri di costo: il Comune di Roma eroga dei fondi al Consorzio per l’uso delle strade da parte dei mezzi pubblici. Se i lavori stradali vengono eseguiti non a regola d’arte, sacrificando così centinaia di pini, i consorziati pagano due volte visto che perdono anche il grande valore patrimoniale del verde di cui hanno la manutenzione. Terza anomalia è relativa agli agronomi: quello del Comune dichiara l’abbattimento di oltre 300 alberi, quello del Consorzio 64. Questa discrepanza macroscopica è imbarazzante per la categoria se pensiamo alle migliaia di pini abbattutti dal Comune in questi ultimi 2 anni solo nel Municipio X, dalla tenuta di Castelporziano alla pineta di Castelfusano, passando per viale di Castelporziano e via dei Pescatori, solo per fare qualche esempio. Gli agronomi del Comune tutelano e valorizzano il verde o sono divenuti una sotto categoria dei medici necroscopi a servizio della rottamazione del verde per opachi interessi? Dunque, “nazi” a chi, esattamente?

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OSTIA, FALLIMENTO LITORALE: MARIO FALCONI, “FERO O PIUMA”?

falconi feroIl fallimento del PD nella gestione del litorale romano è a tutti noto: una stagione senza bagnini che ha lasciato nel degrado le spiagge libere e che ha visto la chiusura dei chioschi di Capocotta e Castelporziano. Alla guida di questo fallimento, il Presidente del Municipio X, Mario FALCONI, che, dopo la deliberazione di assemblea capitolina n.160 del 31 ottobre 2023, si vede scippare dalle mani tutte le deleghe sul demanio marittimo approvate 12 anni fa. ‘Mani’ che, ricordando la famosa scena del film “Bianco, rosso e Verdone” con l’attore Mario Brega (a cui Falconi assomiglia nel modo di parlare), dovevano essere ‘fero’ in campagna elettorale ma che si sono dimostrate ‘piuma’ (se non peggio) nella pratica. Non è solo una battuta:
Falconi è apparso infatti in un’intervista proprio con questa scritta dietro di lui: “Fero o piuma?”

In questa metamorfosi materiale, di certo una data, quella del 12 aprile 2022, rimarrà negli annali del Municipio X e verrà ricordata come la “giornata del timbro”. Ad apporre i sigilli capitolini in pochi minuti, tutti insieme appassionatamente, ben 4 uffici, quattro intrepidi moschettieri, che, su indicazione di un misterioso (ma non troppo) Cardinale Richelieu, hanno spento le velleità di Falconi. E’ grazie alla loro dedizione che il Municipio X non gestirà più il litorale romano.

Ma ecco il coup de théâtre. Dal 12 aprile 2022 al 31 ottobre 2023 (anche in fase di pubblicazione presso l’Albo Pretorio), il solerte Segretariato Generale e l’infaticabile Gabinetto del Sindaco non si accorgono di non aver richiesto il necessario parere di competenza alla Commissione capitolina delegata al Turismo, mettendo a serio rischio la validità della delibera con cui Roma si è ripresa la spiaggia romana.

Infatti l’articolo 13 abrogato dal decentramento amministrativo del 2011 attribuiva al Municipio X non solo la competenza dell’attuazione del Piano di Utilizzazione degli Arenili, ma anche l’esercizio di tutte le funzioni amministrative inerenti al demanio marittimo, che sono entrambe materia di Turismo. Colpa o dolo dei Quattro Moschettieri?
E’ il combinato degli articoli 50, 51 e 92 del Regolamento dell’Assemblea Capitolina a stabilirlo: le proposte di Deliberazione dell’Assemblea Capitolina provenienti dalla Giunta (il caso in questione) devono essere sottoposte alle commissioni competenti, in questo caso Decentramento e Turismo. Ma così non è stato.

Come per il Porto di Roma ad Ostia, così per i chioschi delle spiagge libere, per la dividente demaniale di Castel Fusano, per il Complesso Maresole, per le spiagge di Capocotta e Castelporziano, LabUr – Laboratorio di Urbanistica interesserà le autorità competenti su tale anomalia, che non è la sola. Per esempio, la proposta iniziale (Decisione di Giunta n.34 del 17 giugno 2022) non prevedeva di far sedere al Tavolo Tecnico istituito dall’attuale delibera per la gestione delle spiagge anche la Commissione della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano. Ricordiamo che tale Commissione, ormai decaduta da oltre un anno, sarà a breve costituita e avrà potere vincolante su tutte le decisioni da prendere lungo la costa, dal futuro dei chioschi di Capocotta fino alla realizzazione del mega porto turistico alla foce del Tevere in mano alla Royal Carribean.

Tra tante certezze, rimane solo un dubbio: di cosa sono fatte le mani di Mario Falconi? Perché un Presidente municipale con le mani di ‘piuma’ non è certo la soluzione giusta in un territorio contaminato dalla criminalità organizzata.

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MUNICIPIO X, 28 OTTOBRE 2023: IL DISASTRO DELLA VIA CRISTOFORO COLOMBO

foto colomboIl caos totale di sabato 28 ottobre 2023 rimarrà nella storia del Municipio Roma X. Dalle 8 fin oltre le 15.30 un tratto della Cristoforo Colombo in direzione Roma (tra via di Acilia e via di Malafede) è stato chiuso al traffico, anche ai mezzi pubblici, per delle chiazze di olio sul manto stradale risalenti a due incidenti occorsi a metà mattina del 27 ottobre. Prima di tale chiusura, la strada era rimasta aperta e il traffico era regolare. Poi la viabilità di tutto il Municipio Roma X è impazzita, con pesanti ripercussioni sulla via del Mare e la via Ostiense, nonchè su tutte le strade di ‘fuga’ dalla Colombo.

Solo 3 mesi fa l’aggiudicazione del maxi affidamento in concessione dei servizi per il ripristino in sicurezza del manto stradale in caso di incidenti su tutte le strade di Roma.
A vincerlo, il 7 luglio 2023, la Sicurezza & Ambiente Spa con un ribasso del 60% sull’importo dei costi operativi indicati, ottenendo ben 98 punti su 100 e dichiarando una riduzione di 15 minuti rispetto a i tempi di intervento richiesti nel capitolato, grazie anche alla presenza di ulteriori 12 postazioni logistiche oltre le 2 previste. Ma l’ “efficienza” del servizio non si è vista il 28 ottobre scorso sulla Cristoforo Colombo.

LA CONCESSIONE
Secondo la Polizia Locale, a Roma ci sarebbe una media di circa 30mila incidenti all’anno, il 20-25% dei quali con sversamento di olio e/o dispersione di detriti sul manto stradale. 1.300 di questi provocano danni a manufatti stradali. In totale, ogni anno, occorrono da 7.300 a 8.800 interventi per ripulire il manto stradale e per ripristinare le condizioni di sicurezza. Sulla base di tariffe applicate in altre città e su un’indagine di mercato tra operatori del settore, si sono stimati i prezzi per ciascun intervento, definendo così un importo globale dei costi operativi.
La concessione – della durata di 3 anni, senza rinnovo, per un valore di 15,5 milioni di euro – riguarda gli incidenti o eventi su strade di competenza del Comune di Roma e su strade private aperte al pubblico transito sulle quali sia chiamato ad intervenire il Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale o altre forze di polizia. Ha per oggetto:
a) il ripristino delle condizioni di sicurezza stradale con eventuale posizionamento temporaneo di segnaletica
b) il recupero delle somme necessarie al reintegro delle infrastrutture danneggiate
c) l’avvio a smaltimento e/o recupero di tutti i rifiuti derivanti dagli interventi.
Gli interventi indicati costituiscono obbligo sancito dagli artt. 14, 161, 193, 211 del Codice della Strada e dagli art. 183, lett. h), 192,193 e 255 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 (“Testo Unico in materia ambientale”).

I COSTI OPERATIVI
Il concessionario agisce a proprie spese e recupera i propri costi operativi rivalendosi solo nei confronti delle compagnie di assicurazione che coprono la Responsabilità Civile Auto (RCA) dei veicoli coinvolti, fermo restando che, anche in caso di mancato recupero nei confronti dei soggetti obbligati, nessun onere potrà gravare sull’Amministrazione capitolina. Nulla può essere inoltre richiesto ai cittadini coinvolti nel sinistro stradale.
Gli interventi devono essere svolti anche quando non sia possibile risalire al responsabile. Il concessionario può comunque agire per proprio conto in sede giudiziaria civile e anche conseguire remunerazione per i servizi svolti attraverso i proventi derivanti dai rifiuti avviati a recupero.

I corrispettivi massimi a base di gara sono stati divisi su 2 voci, calcolate per superfici comprese tra 50 e 100mq.
A) asportazione detriti solidi (530 euro)
B) aspirazione liquidi e rimozione detriti solidi (660 euro)
Nel caso di una diversa superficie S, vale quanto segue
* S<50mq,      A=371 €, B=462 €
* 100<S<301  A=2,385 €/mq; B=13,2 €/mq
* S>300           A=1.855 €/mq; B=2,64 €/mq

IL SERVIZIO
Il concessionario deve avere una centrale operativa, H24 per 365 giorni l’anno, al fine ri raccogliere le chiamate e far confluire mezzi e personale sul luogo d’intervento.
I tempi d’intervento, calcolati dal momento della chiamata all’arrivo sul posto, sono
1) un’ora peri giorni feriali dalle ore 06:00 alle ore 22 00;
2) un’ora e trenta minuti nei giorni feriali dalle 22.00 alle ore 06.00, sabato e giorni festivi dalle ore 00:00 alle ore 24:00.

Il personale deve documentare con foto e modulistica lo stato dei luoghi al momento dell’intervento e alla fine dello stesso. Tutte le attività previste e necessarie per il tipo di intervento devono svolgersi in un tempo massimo di 45 minuti dall’arrivo sul posto.
Le penali per ritardo di arrivo o intervento oscillano da 50 a 500 euro anche se superiori a un’ora.

CRISTOFORO COLOMBO: COSA NON HA FUNZIONATO
È evidente che il giorno 27 non è stato fatto quanto previsto. La ditta avrebbe infatti dovuto ripristinare le condizioni di sicurezza stradale con arrivo entro un’ora e intervento in 45 minuti, senza considerare le ‘migliorie’ introdotte in sede di offerta. Tutto invece è slittato di 24 ore, con una penale ridicola (500 euro) rispetto ai danni materiali ed esistenziali subiti da decine di migliaia di cittadini.
Per questo motivo LabUr ha chiesto la documentazione di servizio alla Polizia Locale per meglio individuare le responsabilità di un simile disastro amministrativo e attiverà un censimento dei danni.
La città dei 15 minuti, sbandierata da 2 anni dal Sindaco Gualtieri è ormai una consolidata bugia.
***
Il concessionario deve fornire entro 24 ore dal completamento dell’intervento stesso alla U.O. Gruppo competente intervenuta, mediante mail, il riepilogo delle attività svolte,
a) data del sinistro o dell’evento;
b) punto di fermo del veicolo incidentato (progressiva distanziometrica della strada o coordinate geografiche) o estensione di eventuali sversamenti o eventi non riconducibili a sinistri stradali;
c) Identificativo della pattuglia di Polizia Locale intervenuta sul luogo del sinistro o dell’evento;
d) ora della chiamata;
e) ora diarrivo sul luogo dell’intervento degli operatori;
f) numero di operatori intervenuti;
g) durata dell’intervento;
h) elenco di eventuali danni alle infrastrutture o agli arredi stradali, se avvenuti, corredato da materiale fotografico.

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INFERNETTO, CENTRO RACCOLTA AMA: UN DIVERSIVO PER ALTRI AFFARI

ama porrino diversivoIl futuro Centro di Raccolta dell’AMA all’Infernetto, di cui abbiamo già tanto scritto, continua a far parlare di sé. L’area dove dovrebbe sorgere era di alcuni privati proprietari del Comparto 24 (una delle tante zone interne al Piano Particolareggiato dell’Infernetto con cui si è risolto il problema dell’abusivismo). Non è mai stata data in comodato d’uso e neppure mai consegnata all’AMA. Nonostante ciò è stata ‘aperta’ all’AMA per consentirle di operare dei sondaggi per il c.d. progetto preliminare.
Da quanto accertato (prot. NA/19656), è stato il Dipartimento Ciclo Rifiuti del Comune di Roma a consentire l’operazione utilizzando il punto 4 della Delibera di Assemblea Capitolina n.19 del 19 marzo 2021 che autorizza però il Dipartimento Patrimonio (dunque non il Dipartimento Ciclo dei Rifiuti) a concedere all’AMA una eventuale temporanea ‘consegna’ dell’area in attesa del progetto.
Da due mesi, il Dipartimento Ciclo dei Rifiuti non fornisce motivazione del suo illegittimo operato.

Una sciatteria amministrativa che si aggiungerebbe alla non risultanza di un verbale di immissione in possesso dell’area da parte del Comune di Roma, cioè l’atto finale che sancisce la definitiva disponibilità dell’area da parte del Comune ‘aperta’ all’AMA. A confermarlo è il muro di gomma che si è alzato da parte degli uffici nel rilasciare atti pubblici.

Nel sospetto, ormai più che fondato, che dietro il Centro di Raccolta all’Infernetto si mascherino interessi diversi da quelli collettivi, è utile dunque rileggere le diverse fasi con cui quell’area è giunta 20 anni fa nelle mani del Comune e domandarsi come mai, dopo tanto tempo, sia rimasta incolta e abbandonata.
Tutto ha inizio dall’atto del Notaio in Roma Luigi LA GIOIA (rep.n.55175, racc.n.13413 del 13 maggio 2004) con il quale le società SIDAMA srl (p.Iva 00981341001) e ALEX Costruzioni srl (p.Iva 05834981002) cedono gratuitamente al Comune di Roma l’area in questione. Ciò avviene a seguito di un progetto del Consorzio Comparto 24 (comprendente le 2 società e costituitosi il 15 ottobre 2003) presentato il 30 ottobre 2003, per la costruzione di un edificio avente caratteristiche “residenziale e non residenziale”. Tale edificio ricade su un’altra particella dello stesso Comparto 24 di proprietà della ASA IMMOBILIARE srl (p.Iva 08686581003) il cui amministratore unico era anche amministratore unico della ALEX COSTRUZIONI srl. Tralasciando l’intreccio delle proprietà societarie, il progetto veniva ritenuto assentibile solo previa cessione di aree così destinate: 1.591 mq di sede stradale, 841 mq di parcheggio e 6.348 mq per servizi pubblici dove era prevista una scuola materna. Le potenziali cubature cedute con i terreni dai privati venivano riportate sul nuovo progetto. Ai fini fiscali, quanto ceduto è dichiarato avere un valore di 3.500,00 euro. Delle opere pubbliche non si è vusta neppure l’ombra. L’edificio privato invece viene costruito (angolo via Ennio Porrino e via Ermanno Wolf Ferrari) e ancora oggi è nelle mani della ASA IMMOBILIARE srl, che però ha cambiato nel 2006 (data di fine lavori) la destinazione d’uso da “residenziale e non residenziale” in “D/2: Alberghi e pensioni”. Viene così inserito tra le strutture per l’emergenza abitativa e assistenziale da affittare al Comune di Roma. Con questa nuova destinazione d’uso, viene gestito dalla Arciconfraternita del S.S. Sacramento e di S. Trifone, che accoglie 20 nuclei familiari nel periodo tra il 19 gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011 ad un costo (tra canone, servizi e tributi) di 610.524,00 euro a carico del Comune. Successivamente, la gestione passa alla Cooperativa Sociale Domus Caritatis fino al 10 giugno 2015, quando il centro verrà chiuso perché coinvolto nel terremoto giudiziario e politico di Mafia Capitale. Tuttavia ancora oggi è rimasto inserito nei progetti facenti parte dell’accoglienza socio sanitaria, a tutela della salute dei diritti dei rifugiati come Centro di Accoglienza Straordinaria (CAS).

In conclusione, un’area pubblica che doveva servire 20 anni fa per portare servizi ad un quartiere nel perimetro della pianificazione urbanistica, è stata invece smantellata in un primo tempo per consentire interessi particolari del locale Consorzio, e poi lasciata in abbandono fino a stravolgerne la missione iniziale: da scuola materna a Centro di Raccolta AMA.

Questo spiegherebbe il motivo per cui studi notarili, uffici comunali, politica locale e alcuni imprenditori, cercano di ostacolare il percorso che LabUr ha intrapreso nella difesa di un valore collettivo, dei diritti dei cittadini residenti e di un valore patrimoniale di quei terreni che si vuole impiegare per non chiari progetti futuri, in cui il Centro di Raccolta AMA è, di fatto, solo un diversivo.

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INFERNETTO, VIA CECCAROSSI: UN “COLPO DI GENIO” LA RIAPRIRA’?

ceccarossiPer le strade dell’Infernetto serve un colpo di genio“. Queste le parole di Marco BELMONTE, Presidente della Commissione Urbanistica del Municipio X, durante la seduta odierna per discutere la riapertura di via Domenico Ceccarossi all’Infernetto in seduta congiunta con Leonardo DI MATTEO, Presidente della Commissione Lavori Pubblici e Mobilità del Municipio X.
Via Ceccarossi è chiusa da anni nonostante sia stata collaudata ma non presa in carico dal Municipio X. Una strada importante chiusa al traffico dove sarebbe previsto il passaggio della linea ATAC 065.

IL “COLPO DI GENIO”
Nella seduta di oggi, 11 ottobre 2023, è emerso che esiste solo un indirizzo politico per far spendere sulla strada parte del milione di euro che il Dipartimento Urbanistica del Comune ha destinato alla progettazione e realizzazione di NUOVE strade nelle periferie. Questo sarebbe il “colpo di genio“. Peccato che via Ceccarossi non sia una nuova strada e che non si tratti di progettazione ma di manutenzione straordinaria per aver da troppo tempo omesso quella ordinaria. Inizialmente erano piccoli problemi, poi sono arrivate le voragini.chr hanno pregiudicato la privata e pubblica incolumità.

Entro fine anno, secondo quanto è stato riferito in Commissione, si dovrebbe concludere la “progettazione” preliminare del tratto chiuso di via Ceccarossi, prelevando i soldi necessari anche da quelli dell’ACRU Infernetto (Associazione Consortile di Recupero Urbano) che ha realizzato la strada, ed interessando gli uffici tecnici di Risorse per Roma Spa perché a detta di Gabriele SANI (Direttore Tecnico del Municipio X) “da tempo non si progetta più internamente per mancanza di personale” ma si affida tutto all’esterno, con ulteriori costi per i cittadini. Sempre secondo SANI, una volta pronto il progetto, il Municipio X prenderà in carico la strada, preparerà il bando di gara e seguirà i lavori.

Secondo il Dipartimento di Urbanistica, però non è sufficiente l’indirizzo politico per poter riaprire la strada. A sostenerlo è l’Arch. Maria PORSI, Responsabile dell’Ufficio monitoraggio del processo di attuazione delle Convenzioni Urbanistiche e impianti tecnologici, che ha sostenuto che l’iter amministrativo relativo alla strada si è concluso con la sua consegna al Comune da parte dell’ACRU nel 2013 e collaudata nel 2015, pur mancando ad oggi la sua presa in carico. Il Dipartimento ha redatto infatti una dettagliata relazione tecnica elencando tutti i problemi occorsi segnalando, appunto, che “per opere da ripristinare in via straordinaria non si possono impiegare fondi per opere da realizzare ex novo“.

Nulla smuove però la volontà politica del Municipio X dalla sua decisione, sostenuta anche dall’Assessore municipale ai Lavori Pubblici e Patrimonio, Guglielmo CALCERANO. A dar maggior forza è intervenuto Guido STAFFIERI, membro dello Staff dell’Assessore comunale all’Urbanistica, Maurizio VELOCCIA, dichiarando che si è davanti “a una dinamica complessa ma già impiegata in altre situazioni simili. Occorrerà capirne i dettagli e approfondire gli impegni presi, che non saranno disattesi. Di certo non è un ripristino perchè esistono problemi maggiori. L’ammontare del progetto preliminare verrà fornito a breve“. Ricordiamo che l’ammontare della spesa prevista un anno fa non superava i 35 mila euro che dunque saranno ampiamente superati.

Dunque tutti d’accordo o quasi. Per Marco BELMONTE la strada va riaperta a prescindere dalla normativa e il metodo va applicato anche in altre situzioni presenti nel Municipio X. Per Leonardo DI MATTEO, il Municipio X deve prendersi le proprie responsabilità: la strada va riaperta a spese del Municipio e non dei frontisti, come invece affermarono a gennaio 2021, gli uffici municipali a guida M5S. Per Guglielmo CALCERANO, esistono due aspetti: risolvere il problema e chiarire le responsabilità dei ritardi e dei conseguenti danni per la contabilità pubblica. Per il consigliere municipale Marco POSSANZINI addirittura le normative sono un fatto secondario rispetto alla riapertura. Dulcis in fundo, l’opinione di Gabriele SANI: “io rispondo solo da un punto di vista tecnico. Non conosco molto bene la vicenda non avendo a disposizione tutti gli atti. Sarà difficile individuare le responsabilità tecniche e amminnistrative“. Peccato, bastava leggere la relazione del 2021 sopra citata e sfogliare gli articoli di LabUr prima di venire in Commissione.
Anche l’Architetto Flavio PONTI dell’ACRU è disposto a collaborare nonostante due anni fa venisse considerato dall’Amministrazione tutta il responsabile dei problemi.

Se tutto andrà secondo il programma del Municipio X, la strada non sarà riaperta prima di aprile 2024. Nel frattempo seguiremo le vicende, acquisiremo nuovi atti e informeremo la magistratura contabile affinchè verifichi la regolarità contabile di tale presa di posizione, ancora non supportata da un parere dell’Avvocatura Capitolina.
Ottimo infatti la volontà politica di riaprire la strada (lo strilliamo da anni), ma non è possibile un colpo di spugna sugli errori amministrativi pagati per oltre 10 anni dai cittadini. I responsabili hanno nome e cognome.

Qui l’intervento di Evoluzione Civica (VIA CECCAROSSI, SMENTITI I 5S MA LA “NUOVA” STRADA È IN SALITA) che, insieme a LabUr, da anni si batte per la riapertura di via Ceccarossi.

 

 

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CASTELPORZIANO, FINISCE UN’EPOCA E SI APRE UNA NUOVA STAGIONE PER I CHIOSCHI

castelporziano nuova epocaChe fine faranno i chioschi di Castelporziano? Terminata l’emergenza della disastrosa stagione balneare 2023, tutto torna nelle mani della Procura di Roma. Con riserva di approfondire ogni dettaglio di questa assurda vicenda, ci limitiamo a fissare alcuni capisaldi di legge in attesa che la giustizia amministrativa, civile, penale e contabile proceda nei confronti del Comune di Roma e dei suoi funzionari che dal 2001 al 2023 hanno devastato la più bella e grande spiaggia libera d’Europa.

IL CONTESTO NORMATIVO
Il 30 settembre scadrà la nuova convenzione, stipulata il 27 luglio 2023, tra il Comune di Roma e i titolari delle licenze commerciali esercitate presso i 5 chioschi lungo i quasi 2 km della spiaggia di pubblica fruizione di Castelporziano. I chioschi sono di fatto ancora interessati da un procedimento penale presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Roma per occupazione senza titolo di area demaniale dal 2015 al 2021 (ex art.1161 Codice della Navigazione).
Una complessa vicenda sorta all’interno della Convenzione ‘madre’ tra il Comune di Roma e la Presidenza della Repubblica che ha consentito, dal 1965, l’apertura della spiaggia ai Romani, una spiaggia che però è dello Stato e non della Presidenza (che la ha solo in ‘dotazione’) e che pertanto ricade sotto la competenza dell’Agenzia del Demanio e della Capitaneria di porto di Roma.
Senza entrare nei dettagli e nei tecnicismi della materia, dopo le denunce di LabUr è risultato che il Comune di Roma non ha pagato dal 2001 la concessione demaniale marittima della spiaggia di Castelporziano, così come invece contemplato nella Convenzione del 1965. Ricordiamo che una ‘convenzione’ è un accordo tra le parti e che una ‘concessione’ è invece un atto amministrativo con cui la pubblica amministrazione consente l’uso di risorse non disponibili, cioè di tutti.

LE VICENDE DEL 2023
Dopo le denunce di LabUr nei confronti del Comune di Roma, si è giunti al sequestro dei 5 chioschi ad inizio stagione balneare 2023, situazione che ha creato un grave disagio ai cittadini romani. Inutili e grotteschi i tentativi del Comune di spostare in ambito politico un problema amministrativo, poi finito in sede giudiziaria. Solo in data 26 maggio (dopo i sequestri) il Comune ha chiesto alla Capitaneria di porto di Roma la necessaria concessione demaniale ‘dimenticata’ (e non pagata) da 22 anni. La concessione è stata rilasciata il 22 giugno, previo parere favorevole dell’Agenzia del Demanio del 6 giugno, includendo le aree occupate dai chioschi (66 mq ciascuno) e le loro parti esterne. Successivamente, il 27 giugno, il Comune ha chiesto sempre alla Capitaneria di porto l’autorizzazione ex art. 45bis del Codice della Navigazione per poter affidare i chioschi ai precedenti titolari, ancora però sotto sequestro. Solo dopo parere favorevole della Procura in data 17 luglio e la comunicazione del Comune alla Capitaneria in data 20 luglio del dissequestro e della restituzione a proprio favore delle strutture dei chioschi, si è giunti alla convenzione del 27 luglio tra il Comune e i chioschi, con durata fino al 30 settembre e con l’obbligo da parte dei chioschi di pagare l’indennità per occupazione senza titolo dal 2015 al 2021.

IL NUOVO INTERVENTO DI LABUR
Il 23 giugno 2023 mediante istanza di accesso civico generalizzato, veniva chiesto alla Capitaneria di porto di Roma l’accesso alla seguente documentazione: “Con riferimento al tratto di arenile di Castelporziano destinato alla pubblica fruizione, si chiede la documentazione relativa alla vigente dividente demaniale”. Si precisa che per ‘dividente demaniale’ si indica la perimetrazione del demanio marittimo.
In data 5 luglio 2023 (prot. reg.uff .18404): così veniva risposto dalla Capitaneria: “In esito alla domanda di accesso in riferimento, si comunica che l’andamento della dividente demaniale è visualizzabile tramite consultazione del Portale del Mare (SID) (si allegano estratti del tratto di area interessato dalla richiesta)”.
Da tali estratti (che produciamo in allegato) risultava che 3 chioschi su 5 (4°, 6° e 7° Cancello) erano esterni al demanio marittimo sul quale insistevano invece i chioschi Paradise Beach (1° cancello) e Free Beach (2° Cancello). Dalla comunicazione pervenutaci, veniva informata il 6 luglio la Procura di Roma precisando che a tutti gli effetti (per i 3 chioschi citati), si escluderebbe il reato ex art. 1161 del Codice della Navigazione.
Non solo.
Tale documentazione inviataci dalla Capitaneria il 5 luglio, in assenza di un nuovo verbale di delimitazione demaniale (ancora ad oggi, non risultante), metterebbe in discussione la concessione e l’autorizzazione ex art. 45bis rilasciata al Comune in quanto comprensive di aree non appartenenti al Screenshot 2023-09-29 10.56.24demanio marittimo. In altre parole, il demanio marittimo si estenderebbe dal mare alle dune ed invece la concessione del demanio marittimo, dal mare fino alla litoranea Ostia-Anzio.
Che qualcosa non sia stato fatto proprio in modo regolare lo dimostra l’immagine di oggi, qui di fianco riportata, in cui non risulta alcuna perimetrazione del demanio marittimo (segnata da una linea ‘rossa’). Sono infatti in corso ancora delle verifiche.

IL RICHIAMO DELLA CORTE DEI CONTI
Lo Stato non fa fruttare al meglio le concessioni demaniali. È questo l’ammonimento che arriva dalla Corte dei Conti. I magistrati contabili hanno riscontrato “un quadro di frammentarietà della normativa e delle competenze amministrative caratterizzato dalla separazione tra la titolarità delle responsabilità nel rilascio delle concessioni (affidata agli enti territoriali) e la titolarità dei proventi pubblici che ne derivano (in capo allo Stato)”. Una confusione che ha come conseguenza un ammanco di risorse in capo all’erario pubblico. Ciò si applica anche al caso del mancato pagamento (22 anni!) della concessione da parte del Comune e che ha finito per inguaiare i chioschi. La Corte ritiene inoltre “urgente un’adeguata implementazione del sistema informativo di gestione delle concessioni demaniali, il c.d. “Sid – Il Portale del mare”, l’unica fonte ad oggi di riferimento per individuare la dividente demaniale a Castelporziano.

Ricordiamo che il Sistema Informativo del Demanio marittimo (SID) è stato istituito sulla base della legge n.44 dell’11 febbraio 1993, al fine di consentire una più efficace gestione dei beni demaniali marittimi da parte dell’allora Ministero della marina mercanti­le, poi confluito nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), tuttora titolare della gestione del sistema. Dovrebbe essere il punto di riferimento della pubblica amministrazione nell’ottica di trasparenza amministrativa verso i cittadini.

CONCLUSIONI
Se tutto procederà come si deve (per legge) i chioschi potranno tornare a nuova vita, impiegati per fornire servizi di ristorazione ma non quelli di balneazione, in carico esclusivo (in quanto concessionario) al Comune di Roma ed in particolare all’attuale presidente del Municipio Roma X, Mario FALCONI, al quale è intestata la concessione.

 

 

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