Da Veltroni ad Alemanno, storia di un Litorale in vendita

Aveva promesso davanti alle telecamere di una TV locale che sarebbe venuto oggi a presentare i progetti per il waterfront di Ostia presso Cineland, nello stesso luogo in cui Veltroni 6 anni fa presentò il piano strategico per il Litorale. E invece ha rimandato per l’ennesima volta l’incontro, che ora è previsto per il 15 luglio. Così il laboratorio di urbanistica LabUr ieri ha presentato tutti i progetti che Alemanno e il Vice Sindaco, Mauro Cutrufo, da 3 anni mostrano in ogni consesso, soprattutto internazionale, ma mai ai cittadini del XIII Municipio. Una presentazione che ha messo in luce la continuità della visione di città dell’amministrazione Alemanno con quella di Veltroni (e Rutelli prima), lontanissima da un’idea di città come “bene comune”. Ne è uscita una Ostia modello “Dubai dè noantri”, un’operazione che lo stesso Assessore all’Urbanistica definisce meramente “di carattere edilizio che ora deve essere tradotto in un provvedimento di densificazione, con variante urbanistica che sarà portata in giunta entro agosto”, cioè mentre, secondo quanto afferma il Sindaco, dovrebbe svolgersi il processo di partecipazione (in pieno Agosto dunque) con la cittadinanza, fino a metà settembre. Insomma, l’ennesima presa per i fondelli e la conferma, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che anche la giunta di centro destra è legata ai poteri forti e non solo. Mentre si svolgeva l’evento di LabUr, dal titolo emblematico “Dichiarazione d’Indipendenza dalle sciocchezze di Alemanno”, il Sindaco presenziava ad Ostia all’inaugurazione del parco dedicato a Monsignore Clemente Riva, disertata dalla Caritas di Ostia per protesta contro la violenza dello sgombero del campo rom di via della Acque Rosse. “Nemmeno le bestie sono trattate così”, ha detto Don Franco Dedonno. Alemanno ha ribadito che gli sgomberi proseguiranno e che il Comune di Roma assisterà solo gli elementi più fragili dei senzatetto ovvero le donne e i bambini, senza offrire alcun percorso di inclusione. Un Sindaco forte con i deboli e debole con i poteri forti. Lo sgombero del 26 giugno scorso nella Pineta delle Acque Rosse è l’ultimo di una serie numerosa, che hanno portato alla memoria quello illegittimo e ancora più grave operato il 23 Febbraio 2010 all’Idroscalo di Ostia. La Comunità Foce del Tevere ha ricordato ieri al Sindaco, attraverso uno striscione, tutte le promesse mancate, a partire dai tavoli di concertazione fermi da luglio dell’anno scorso, mentre il mini sindaco dichiarava il prossimo sgombero del centro sportivo di via Mario Ruta, area che non è nelle disponibilità del Comune di Roma e il cui proprietario ha un regolare contratto di 6 anni e dove dovrebbero sorgere le 70 case popolari destinate ai 500 famiglie residenti all’Idroscalo.

LabUr ha mostrato non solo le diverse versioni dei progetti per il waterfront, ma anche la loro incongruità, gli errori grossolani e le dimenticanze tra la versione presentata agli Stati Generali nel febbraio scorso e quella successiva di maggio alla Luiss, a dimostrazione non solo che non c’è un progetto urbanistico, ma che chi dovrebbe amministrare la cosa pubblica gioca al Lego insieme al potentato di turno, spostando 1 milione di metri cubi lungo il Litorale su richiesta. Ciò che era previsto nelle 5 isole Portoghesi dell’era Rutelli e Veltroni al largo di Ostia, è stato spostato sul Lungomare: beauty farm, alberghi, centri commerciali, mega discoteca con 20 piste da bowling, ristoranti, nuova darsena sul canale dei Pescatori, raddoppio de Porto, centri sportivi compreso un impianto per una delle più grandi scuole di surf d’Europa, nuovo Ponte della Scafa e naturalmente molta edilizia privata. Tutto in aree o vincolate, o demaniali o a patrimonio dello Stato o delle Ferrovie. Ma Cutrufo è certo: “tra il 2012 ed il 2013 saranno pronte il 60% delle opere del Secondo Polo Turistico, dove il waterfront gioca una parte fondamentale”. Manca solo il Casinò, il ‘casino’ invece è assicurato ad Ostia, soprattutto nei fine settimana della lunga estate romana. In assenza di qualunque forma di partecipazione e di informazione, ieri lo storico stabilimento balneare Urbinati, che ha ospitato l’evento, ha voluto dare un segnale importante, mettendo a disposizione di tutti il proprio spazio ogni lunedì, affinché i cittadini abbiano un punto di riferimento dove potersi confrontare con i tecnici di LabUr sulle trasformazioni del loro territorio. (di paula de jesus per LabUr)

A breve tutte le presentazioni sul sito di Labur


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Salaria Sport Village: no all’acquisizione, sì alla demolizione o alla conversione.

La complessità dello scandalo del Salaria Sport Village non si può ridurre, come fanno i media, ai presunti festini di Bertolaso, a massaggiatrici, prostitute e preservativi. Fa anche abbastanza sorridere la confusione tra aree di esondazione e inesistenti fasce ‘A’ e ‘B’ nel parlare della pericolosità dovuta alla vicinanza del Tevere. Resta invece difficile comprendere come si possa pensare di non abbattere il Salaria Sport Village visto che l’area dove sorge non è un prato ma ricopre una funzione fondamentale per tutto il bacino del Tevere, fino alla sua foce. Opporsi alla demolizione dei manufatti, a fronte di un acclarato abuso edilizio, è scellerato. Vediamo perché.

LA STORIA DEGLI ABUSI
Il 24 giugno 2009 è stato lo stesso Commissario Delegato, Claudio Rinaldi, a fare l’elenco di dove si era avvalso del potere straordinario conferitogli per andare in deroga alle leggi vigenti. Nella Relazione di Accompagnamento al Piano delle Opere per i Mondiali di Nuoto Roma ’09, infatti, Rinaldi elenca le due deroghe applicate per il Salaria Sport Village (le stesse che gli saranno poi contestate dalla Procura di Roma e che il TAR del Lazio ha chiarito nel respingere il ricorso dei proprietari del Salaria Sport Village):

1) la deroga agli Elaborati Prescrittivi del Piano Regolatore di Roma
2) la deroga al Regolamento Edilizio del Comune di Roma.

Nel primo caso, con interventi di nuova edificazione, Rinaldi era andato in deroga alle prescrizioni dettate dal Piano Territoriale Paesistico n. 15/8 “Valle del Tevere” (approvato con deliberazione del Consiglio Regionale n. 25/2006 che sottoponeva l’area oggetto dell’intervento a tutela paesaggistica). In pratica, Rinaldi aveva autorizzato i privati del Salaria Sport Village a non applicare l’art.71, c.2 (Reticolo Idrografico) che invece avrebbe comportato una fascia di rispetto di 150 metri dalla sponda del Tevere. Nel secondo caso, Rinaldi escludeva di fatto l’area dalle procedure di attuazione del PRINT n.7 del IV Municipio, concedendo un maggiore indice di edificabilità.
La costruzione del Salaria Sport Village in quell’area era comunque stata autorizzata dagli Uffici del Commissario Delegato il 18 giugno 2008 (prot. 3047/RM2009) seppure il Comune di Roma in sede di conferenza di servizi, con nota del 15 aprile 2008, avesse espresso parere contrario al progetto in quanto incompatibile con i vincoli paesistici e ambientali sopra indicati. L’artefice dell’autorizzazione era stato il precedente Commissario Delegato, Angelo Balducci, a cui Rinaldi subentrò ufficialmente, con l’OPCM n.3684, il 25 giugno 2008 (pubblicazione dell’ordinanza nella G.U. 147). Pertanto anche il parere favorevole firmato il 31 marzo 2008 da Roberto Grappelli, segretario generale dell’Autorità di Bacino del Tevere (ABT), è da attribuire all’era Balducci.
L’area del Salaria Sport Village è compresa tra le aree esondabili del Piano di Stralcio – PS1 dell’ABT, classificata come ‘Zona A’, zona dove è vietata qualunque attività di trasformazione dello stato dei luoghi (morfologica, infrastrutturale, edilizia,) ma dove possono essere realizzati impianti destinati ad attività sportive compatibili con l’ambiente senza creazione di volumetrie (p.es., un campo di calcio senza spogliatoi attigui). Sono dunque zone dove deve essere consentita la libera attività espansiva delle acque per la sicurezza di tutti gli abitanti di Roma e dove l’attività edificatoria è fortemente limitata salvo che per le opere pubbliche o di tale interesse. Ma c’è di più.

Nello scorso dicembre 2010 l’ABT ha intrapreso un percorso di ascolto verso i Comuni a nord di Roma per valutare, caso per caso, il declassamento delle Zone di esondazione da ‘A’ a ‘B’. Nelle Zone ‘B’ rientrano i Piani attuativi e quelli di lottizzazione, per i quali alla data del 23 novembre 1994 siano state stipulate le relative convenzioni (la fascia tra la via Salaria e il Salaria Sport Village, dove c’è la stazione di Settebagni, è Zona ‘B’). E’ facile dunque immaginare che prima o poi, vista la pressione dell’abitato di Settebagni su quell’area, si arrivi a declassare la Zona ‘A’ del Salaria Sport Village in Zona ‘B’. Quindi se rimane una Zona ‘A’ il Salaria tenterà il tutto per tutto per dimostrare che si tratta di un’opera pubblica o comunque di interesse pubblico, ma è anche la stessa cosa che sta chiedendo chi vuole acquisirla a patrimonio pubblico. Se il Salaria Sport Village non ce la farà a dimostrare che si tratta di un’opera pubblica potrà eventualmente contare su un declassamento della Zona in ‘B’, così da poter rientrare nella categoria delle attività edificatorie consentite. Ed è ciò che subdolamente è scritto tra le righe del ricorso presentato al TAR dal Salaria Sport Village.
Gli abusi nello specifico sono 3:

1) mancata attuazione della fascia di rispetto dal Tevere
2) eccessiva edificabilita’
3) nuove costruzioni private in Zona ‘A’, spacciate come opere di interesse pubblico perché collegate al grande evento dei Mondiali di Nuoto.

Ci troviamo dunque di fronte al fatto che il Commissario Delegato si è sostituito a due distinte realtà: il Comune di Roma e l’ABT. Mentre però l’ABT tace a riguardo, il Comune di Roma ha dichiarato che gli interventi realizzati sono illegittimi perché privi di un titolo abilitativo edilizio. Infatti l’OPCM n. 3429/2005 non ha autorizzato esplicitamente il Commissario Delegato a derogare l’art. 13 del Testo Unico in materia edilizia, secondo cui il permesso di costruire è rilasciato dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e degli strumenti urbanistici. Ne consegue che al Commissario Delegato non è mai stato attribuito alcun potere di rilasciare il permesso di costruire per la realizzazione dei singoli interventi edilizi in luogo della competente amministrazione comunale.

L’ENTITA’ DEGLI ABUSI
Quando si parla del Salaria Sport Village si parla di un ampliamento del preesistente circolo sportivo mediante 2 vasche dotate di spogliatoi, una foresteria per 32 atleti più vasca da 50 metri, un bar e l’area ristoro. Tutto è stato da sempre descritto nel ‘Piano delle Opere’ di cui il Comune di Roma e la FIN erano a conoscenza, così come l’Istituto per il Credito Sportivo, che ha elargito mutui agevolati per la realizzazione degli impianti. Addirittura in data 11 novembre 2008, con Decreto Commissariale 4051/RM2009, venivano approvate integrazioni e modifiche soprattutto sui progetti esecutivi degli impianti pubblici, tra cui quello scandaloso del Polo Natatorio di Ostia, e gli appalti sulla viabilità. Nell’elenco, anche gli impianti privati, con i provvedimenti di autorizzazione dei ‘nuovi tipi’, tutti autorizzati il 12 giugno 2009. Ben 9 su 17 impianti hanno chiesto e ottenuto ‘modifiche’. Tra questi, appunto, il Salaria Sport Village.
Ad essere conformi al Regolamento Edilizio, solo 3 impianti su 17: l’A.S. Appio srl, il Circolo Canottieri Lazio e il Real Sporting Village.
Non è difficile immaginarsi allora l’effetto a catena per gli altri 13 impianti (dichiarati dallo stesso Rinaldi non conformi al Regolamento Edilizio Comunale e su cui lo stesso Rinaldi ha forzato la mano andando in deroga), qualora il Salaria Sport Village venisse salvato o dal Consiglio di Stato, che si esprimerà il 30 giugno, o da una richiesta di acquisizione a Patrimonio pubblico in caso di conferma del riconoscimento dell’abuso. Premesso che i costi di gestione delle piscine sono esorbitanti e che le casse comunali non si possono permettere neanche una piscina in più delle attuali, in entrambi i casi sopra descritti si finirebbe per perdere definitivamente anche gli oneri concessori dovuti (e mai pagati) dagli impianti privati. Salvarlo dall’abbattimento dunque significa creare un effetto dòmino sugli altri 13.
Per altro ci sarebbe da indagare sulla effettiva qualità delle opere realizzate. Sono stati fatti tutti i collaudi? Si conosce il valore reale dei costi sostenuti? Sono presenti i documenti amministrativi e di provenienza del materiale impiegato? A fronte di un vizio occulto c’è possibilità di rivalsa? Considerando che il Consiglio di Stato non stravolgerà la precedente sentenza del TAR, tutte queste domande sono d’obbligo prima di proporre una soluzione di acquisizione a patrimonio pubblico.

PERSEGUIRE CHI NON HA CONTROLLATO
Dunque, il Salaria Sport Village è abusivo perché non ha mai ottenuto un permesso a costruire. E’ stato inoltre realizzato in area esondabile. In entrambi i casi sono mancati i controlli. Da una parte, sono mancati i controlli del Comune di Roma, che non poteva non sapere che lì si stava costruendo senza esser stato interpellato, dall’altra sono mancati i controlli da parte dell’ABT, che non poteva non sapere che il Salaria Sport Village era in Zona ‘A’ ma non era un’opera pubblica.
Per altro, e non è un dettaglio da poco, in quell’area non possono essere realizzate opere spondali di difesa e tantomeno opere di difesa a terra che stravolgerebbero la funzione di quell’area, che ricordo essere una zona dove deve essere consentita la libera attività espansiva delle acque del Tevere per la sicurezza di tutti gli abitanti di Roma.

Per altro chi chiede l’acquisizione a patrimonio pubblico pone un falso problema quando parla della messa in sicurezza dei manufatti del Salaria Sport Village realizzati per i Mondiali di Nuoto: il problema della sicurezza non è in quell’area ma per chi è a valle di quell’area se non lo si abbatte.
Se il Consiglio di Stato confermasse l’abuso, esiste una terza soluzione oltre a quella dell’abbattimento o dell’acquisizione ? Sì, riconvertire gli impianti ad attività compatibili con l’ambiente e non di intralcio alle esondazioni, eliminando tutte le volumetrie. Qui sì che sarebbe adatto un parco fluviale e non all’Idroscalo di Ostia, come ha proposto il pessimo Alemanno.

paula de jesus per LabUr

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Roma, emergenza abitativa: quanta confusione per nascondere la torta da spartire

Mentre si sveglia l’opposizione capitolina contro il malaffare di Alemanno sui costi dell’emergenza abitativa, i veri affari vanno in porto, con la compiacenza di tutti i partiti che hanno amici costruttori. Per altro si è assistito ad eventi bislacchi nelle ultime settimane, come il recente incontro del PD in IV Municipio, in cui E. Droghei, responsabile politiche sociale del PD Roma, e il consigliere comunale del PD, Daniele Ozzimo, vicepresidente della commissione servizi sociali di Roma Capitale, hanno proposto di riusare la casa di riposo di Casal Boccone (in affitto dall’Enpals per 1,6 milioni di euro all’anno) per alloggiarci i rifugiati politici in nome di una ‘politica sociale alternativa’. Nei fatti si sposta in questo modo l’attenzione sugli affitti che il Comune paga per i residence per non lasciare spazio sui giornali alla vera speculazione in atto.
A Roma infatti il problema dell’emergenza abitativa è un problema di edilizia: non ci sono fisicamente gli alloggi destinati a questo grave problema sociale. Ecco perché il Dipartimento di Programmazione e Attuazione Urbanistica, in particolare l’Ufficio Grandi Opere Strategiche, ha predisposto un invito pubblico datato 6 maggio 2011 per la realizzazione di alloggi sociali “mediante cambio di destinazione d’uso di fabbricati non residenziali”, con scadenza delle proposte di adesione all’invito fissata per il 4 luglio 2011. Servono 1.000 alloggi e si andrà senza mezzi termini in deroga alle leggi urbanistiche e agli standard urbanistici; dove questi non saranno reperibili, si ‘monetizzeranno’. Addirittura se nel cambio di destinazione d’uso saranno necessari interventi di recupero edilizio, ci saranno per i proponenti anche premi di cubatura: ristrutturazione, +20%; demolizione e ricostruzione, +35%; ristrutturazione urbanistica, un ulteriore +10% a quanto sopra previsto. Insomma, questa operazione di housing sociale è un altro durissimo colpo al Piano Regolatore sulla base dell’emergenza abitativa, per la quale Alemanno non ha fatto nulla fino ad oggi. Si apriranno finestre, porte e quant’altro necessario per una abitazione laddove erano previste strutture non residenziali (destinazioni ad uso commerciale, servizi, turistico-ricettive, produttive, agricole). I soggetti proponenti non saranno solo i proprietari ma anche i promissari acquirenti, per cui altra confusione e altra speculazione. Inoltre, al termine del periodo di locazione a canone sociale, gli alloggi così ricavati potranno essere mantenuti in affitto o venduti agli assegnatari con un prezzo base di riferimento di 2.300 euro/mq, riferito alla prima data del contratto di locazione. Ecco la vera speculazione, perché i costruttori hanno messo d’accordo proprio tutti.
Il non residenziale non si vende più per la crisi economica? Non c’è problema. In Campidoglio si metteranno certamente d’accordo, in nome dell’emergenza e dell’assistenza abitativa. Per il momento solo un po’ di fumo strumentale sul residence “Borgo del Poggio”, quanto basta per distrarre l’opinione pubblica.

paula de jesus per LabUr

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Piccola Palocco: tutto quello che non vi hanno detto

Il Consiglio del XIII Municipio in data 7 giugno 2011 ha espresso parere ‘non favorevole’ sul progetto di intervento urbanistico denominato ‘Piccola Palocco’, ultimo esempio a Roma dell’abbandono dell’urbanistica a favore della speculazione edilizia. Solo due astenuti (Rasi e Colagreco del PdL) e 1 contrario (Ricci, del Gruppo Misto), con PD e PdL schierati insieme a votare un finto ‘no’ per lasciare in realtà al Campidoglio campo libero sulla scelta finale. Tant’è che Luca Gramazio, capogruppo PdL al Comune di Roma, si è affrettato a dichiarare “terremo conto delle richieste dei cittadini, trovando soluzioni che garantiscano la qualità della vita dei residenti”. Dunque ‘Piccola Palocco’ si farà, magari dando un contentino ‘qua e là’.
Ma le dichiarazioni di Gramazio sono solo la prova del 9 di un calcolo corretto. Basta infatti leggere i 6 punti su cui si articola la delibera municipale votata: 3 punti denunciano l’inadeguatezza della rete stradale (Via dei Pescatori,Via Lisippo e le solite complanari della Colombo), 1 rimarca la mancanza di una rete fognaria per le acque meteoriche, 1 evidenzia la carenza di scuole nell’area, 1 chiede un centro per gli anziani. Nessuna valutazione negativa urbanistica sul progetto, sebbene ad una attenta lettura di tutti i documenti presentati, fosse chiaro che la farina era del sacco di qualcun altro, che però ha poca dimestichezza con l’urbanistica, ma forse (e volutamente) ne ha di più con l’edilizia e i lavori pubblici. Inguardabile infatti anche l’ordine del giorno presentato dal PD, limitato al solo adeguamento della viabilità. Così come il successivo emendamento del PD che genericamente si indigna per gli aumenti di cubature.
Vediamo allora in tre punti cose c’è dietro questa speculazione edilizia.

TUTTI SAPEVANO
Il progetto di intervento urbanistico denominato ‘Piccola Palocco’ gira negli uffici del VI Dipartimento del Comune di Roma da 7 anni (protocollo m.9903 del 6 luglio 2004) ed è entrato in Conferenza dei Servizi per la sottoscrizione dell’accordo di programma il 23 ottobre 2007. Al XIII Municipio è stata depositata una copia del progetto attuale il 2 febbraio 2010 (prot. 10326) comunicata ai cittadini tramite foglietti appesi alla recinzione dei terreni in questione. I consiglieri municipali, molti dei quali veterani della politica locale, hanno fatto finta di cadere dalle nuvole. Dal 12 maggio al 7 giugno 2011, si sono tenute tre sedute di Commissione Urbanistica e due Consigli Municipali, quasi che nei 7 anni precedenti la ‘Piccola Palocco’ non fosse mai esistita o che nessuno ne avesse mai sentito parlare. Quel che è emerso dalla votazione è stata l’indignazione e la (finta) sorpresa che invece Bordoni, Orneli e Vizzani (gli ultimi tre presidenti del XIII Municipio, che vivono da sempre sul territorio) dovevano manifestare anni e anni fa.

NESSUNO HA PARLATO DEL VERO PROBLEMA
L’espressione di parere del Municipio doveva essere un indirizzo politico contro una scelta forzata da Roma (solo Roma ?), soprattutto se letta a valle del recente, seppur inutile, decentramento amministrativo ottenuto da Ostia. Nessuna reale denuncia invece è stata fatta dalle forze politiche municipali circa la scandalosa formazione urbanistica del progetto di ‘Piccola Palocco’, resa possibile dall’impiego dei diritti e delle compensazioni edificatorie. D’altronde si sa, diritti e compensazioni edificatorie sono stati voluti e sostenuti dal centro sinistra quando si trattò di redigere il nuovo PRG. Si tratta di un meccanismo perverso che garantisce le cubature in eccesso del vecchio piano regolatore e permette di venderle al miglior offerente. In altre parole, dai terreni di Casal Giudeo e di Ponte Fusano, dove il nuovo piano regolatore ha stabilito che non si può più edificare, si è deciso di spostare le relative cubature sui terreni non edificabili di ‘Piccola Palocco’ per renderli edificabili! Così da anni, località sconosciute come Monte Arsiccio o i Monti della Caccia, ma anche Casal Giudeo, generano centinaia di migliaia di metri cubi che servono ai costruttori per ‘densificare’ dove non potrebbero. Per fare un esempio, il cemento su ‘Piccola Palocco’ aumenterà di 4 volte rispetto a quanto previsto. Unica denuncia invece quella dei consiglieri del PD, Marco Belmonte, che in aula ha urlato un’accusa grave contro il consigliere democratico Alessandro Paltoni (per altro assente) di essere “stato comprato” dal PDL.

DI CHI SONO I TERRENI?
La proposta edificatoria di ‘Piccola Palocco’ è stata avanzata dal gruppo dei proprietari dei terreni. Tra questi spicca la Cogei Italia appartenente alla famiglia Petrassi, imparentata ed in affari, come a tutti noto, con esponenti del PD del XIII Municipio. La Cogei Italia è stata coinvolta nelle indagini sui Mondiali di Nuoto Roma ’09 (Pietralata, Eschilo 1, varianti urbanistiche) ed è famosa per la frase attribuita al suo presidente del Consiglio d’Amministrazione, Roberto Petrassi: «O ti chiami ladro o ti chiami poveraccio, sono due le cose. Noi abbiamo una forma di rubare che è autorizzata sotto certi casi, e quegli altri sono ladri perché rubano le mele al mercato e vanno in galera. Io in galera non ci sono andato, né sono stato incriminato, perché le cose sono abituato a farle bene».
Lo scenario è ancora più confuso se si pensa che la Cogei Italia aveva già presentato il 12 febbraio del 2002 la proposta 32/b (prot.n.1628, dei Patti Territoriali di Ostia) per realizzare una struttura per residenze turistico-alberghiere di 87 camere, respinta per mancata ammissibilità urbanistica. Avrebbe infatti finito per comportare “una densificazione edilizia in un margine verde consolidato nella forma dell’abitato ed in un ambito nel quale sono ampiamente esaurite le potenzialità edificatorie”. Ma altri nomi famosi del territorio del XIII Municipio si annidano nel gioco delle scatole cinesi delle società intestatarie dei terreni. Ricordiamo componenti della famiglia Marino (del Gruppo Marilab), Carlo Pezzella e Bruno Lazzarini. Pezzella, legato a molte attività edilizie (tra cui la proposta di un mega centro commerciale lungo via Canale della Lingua), sembrerebbe avere la proprietà anche dei due manufatti abusivi rispettivamente di circa 1.400 mq e di circa 800 mq, siti in Via Senofane, a ridosso di ‘Piccola Palocco’, su cui da anni si discute. Lazzarini invece, non solo è stato socio accomodante del Solara Garden Center su via di Macchia Saponara, nei terreni limitrofi a ‘Piccola Palocco’, ma è anche amministratore unico de ‘La Pineta 2003 srl’ che grazie al PRU Acilia-Dragona sta costruendo sempre a ridosso di ‘Piccola Palocco’.
In realtà nei terreni interessati dal progetto di intervento urbanistico denominato ‘Piccola Palocco’ figurano al catasto anche terreni intestati al Comune di Roma, su cui si dovrà fare chiarezza. Un esempio su tutti: il terreno individuato dalla particella n.1963, foglio 1113 (poco più di un ettaro) sopra il quale è prevista la realizzazione, da parte dei privati promotori del progetto, di un palazzone a 5 piani, indicato come ZR1. Anche su questo aspetto silenzio assoluto da parte di tutti i capigruppo al Municipio XIII, malgrado LabUr avesse inviato via fax una richiesta di chiarimenti prima del consiglio municipale.

Per concludere, è chiaro che nessun vantaggio verrà alla cittadinanza da questa speculazione edilizia. Ma la triste conclusione è un’altra: queste operazioni si possono fare solo tenendo all’oscuro i cittadini, mettendo di mezzo i partiti e coinvolgendo imprenditori locali ben inseriti in certi ambienti decisionali.
Il Piano Regolatore? E’ morto.

paula de jesus per LabUr

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Ostia Ponente, case popolari: allarmismo del PD XIII

Lo sportello della «Romeo Gestioni» ad Ostia Ponente in via Antonio Forni 39, struttura di contatto per le case popolari, è temporaneamente chiuso da venerdì 27 maggio per via di alcune scritte rivolte ai dipendenti fatte la notte prima con la vernice rossa sulla saracinesca del locale. Troviamo pertanto scandaloso e inaccettabile il clima di tensione che il PD del XIII Municipio sta cavalcando in questi giorni, senza alcun fondamento, mettendo in giro ipotesi false e tendenziose di una chiusura definitiva del locale di Via Forni. Lo ha smentito stamattina direttamente la «Romeo Gestioni» dal suo Contact Center. Il PD del XIII Municipio dovrebbe evitare di spaventare i cittadini ed interessarsi seriamente, se ne è capace, alla questione della vendita in corso degli alloggi popolari in quella zona. Infatti, mentre Alemanno gioca con Tor Bella Monaca neanche fosse il Lego, il Comune sta mettendo in vendita le ex-case Armellini di Via Vincon, Piazza Gasparri, Via Forni, Via Cagni e Via del Sommergibile.. E cosa fa il PD del XIII Municipio? Sostiene l’operato della «Romeo Gestioni» chiedendo ‘scusa’ per quanto accaduto a nome di un quartiere che non rappresenta e fa finte battaglie per Ostia Ponente chiedendo ad Alemanno, con l’occasione del raddoppio del vicino Porto di Roma, di realizzare quelle opere di riqualificazione urbana che proprio sotto Veltroni non sono state fatte. Ad Ostia Ponente ci sono case costruite nei primi anni ’70 usando nel cemento la sabbia di mare. Case di Edilizia Residenziale Pubblica tra le più scadenti a Roma. Case dove la «Romeo Gestioni» (creatura di Rutelli e Veltroni) avrebbe dovuto progettare ed eseguire interventi di manutenzione straordinaria per l’adeguamento normativo, la riqualificazione ambientale e la loro valorizzazione. Ricordiamo che la «Romeo Gestioni» gestisce solo nel Comune di Roma circa 44.800 unità immobiliari (1.239 edifici) e ha in scadenza (2012) un contratto di sette anni firmato nel 2005 pari a quasi 93 milioni di euro. Per questi motivi Labur andrà fino in fondo alla questione, rivelando anche nomi e cognomi di chi, a scapito dei più bisognosi, scavalca e fa scavalcare le graduatorie per l’assegnazione degli alloggi popolari grazie a favori politici.

(Nella foto: Via Forni transennata e il PD che si ‘preoccupa’ di cancellare le scritte sulla saracinesca della Romeo Gestioni)

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‘Piccola Palocco’: terreni comunali ‘consegnati’ ai privati?

Tra i terreni interessati dal progetto di intervento urbanistico denominato Piccola Palocco figurano terreni di proprietà del Comune di Roma. Un esempio su tutti il terreno individuato dalla particella n.1963, foglio 1113 (poco più di un ettaro) sopra il quale è prevista la realizzazione, da parte dei privati promotori del progetto, di un palazzone a 5 piani, indicato come ZR1. Non ne parla nessuno e nemmeno ciò risulta nei documenti della partecipazione promossa dal Comune di Roma. Eppure i dati tratti dal Catasto sono inconfutabili. Questa informativa sarà pertanto inviata a tutti gli uffici competenti del Comune di Roma chiedendo di fare chiarezza sulla questione che, se non smentita, sarebbe di una gravità inaudita e comporterebbe l’inevitabile inoltro da parte di LabUr di una dettagliata denuncia sia alla Procura di Roma che alla Corte dei Conti.

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A Tor Bella Monaca i servizi sociali rimangono al Palo.

Ieri presso il Teatro di Tor Bella Monaca si è tenuto l’incontro “I servizi sociali, la scuola, il territorio” a cui hanno partecipato Gianluigi De Palo, Assessore alla Famiglia e Scuola del Comune di Roma, e Massimiliano Lorenzotti, Presidente del Municipio VIII. Il tema era fondamentale all’interno della riqualificazione di Tor Bella Monaca voluta e imposta ai residenti dal Sindaco Alemanno. Ricordiamo che alla base dell’urbanistica ci sono gli standard urbanistici e cioè verde pubblico, parcheggi pubblici e servizi pubblici (tra i quali quelli sociali), calcolati, nel PRG di Roma, per un totale di 22 mq per abitante. Ebbene, non solo non è mai stato spiegato da Alemanno come sarà possibile raddoppiare la popolazione del quartiere senza prevedere nuove strutture destinate ai servizi (non sono indicati nel masterplan), ma neppure De Palo ha saputo fornire una risposta in materia di sua competenza e cioè quali servizi sociali saranno presenti, visto che nei 3 anni della giunta Alemanno, tra Comune, Provincia e Regione si è tagliato quel poco di esistente. Nervoso e impacciato, del tutto fuori luogo, De Palo ha accusato i cittadini di essere “in confusione” e di volere dagli amministratori solo “promesse ma non proposte”, andandosene via senza rispondere a domande pertinenti da parte degli operatori. Doveva essere un’occasione per le realtà che da anni operano nel quartiere, di confrontarsi con l’amministrazione su problemi e necessità dei servizi sociali, si è trasformata nella conferma che dietro agli annunci propagandistici di Alemanno non c’è nulla, neppure uno straccio di progetto preliminare.

Paula de Jesus – Urbanista

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‘Piccola Palocco’: l’effetto NIMBY e il cerino in mano

Finisce con un nulla di fatto il consiglio municipale del XIII Municipio sulla proposta urbanistica denominata ‘Piccola Palocco’. Si sapeva già dalla primissima ora che non si sarebbe votato. Le ipotesi a questo punto sono due: il consiglio municipale non esprimerà un parere lasciando che sia il Campidoglio a farlo oppure si ripeterà il film già visto con la proposta Casini-Parnasi per Prato della Botte all’Infernetto. Nel primo caso sarebbe l’ennesima riprova del finto decentramento amministrativo di Ostia, nel secondo il rischio è quello di assecondare l’effetto NIMBY dei Palocchini non risolvendo alcun problema reale in termini di standard urbanistici e amplificando ancora di più il fenomeno della diseguaglianza tra cittadini. Non è infatti ammissibile che esistano cittadini di serie A e di serie B e qualche volta anche di serie C. I primi sono quelli che godono dei maggiori privilegi, magari anche quello di avere tra i residenti un deputato della Repubblica che si interessi del caso.
L’urbanistica è materia complessa e non può essere relegata ad una mera questione edilizia di colata di cemento o di allargamento di una strada. Il caso di ‘Piccola Palocco’ rientra all’interno della gran parte delle decisioni urbanistiche che sono state prese in questi anni in variante di destinazione d’uso attraverso accordi di programma, che si fondano su uno dei pilastri teorici del PRG: tutte le cubature residue del piano del ‘62 sono “diritti acquisiti” a cui si è aggiunto un altro pilastro, quello della compensazione. A prescindere dalla bontà o meno di questi pilastri, i cittadini romani si trovano nella seguente situazione: chi è più forte riesce ad evitare la ‘colata a casa sua’ facendola girare per Roma, dove altri cittadini, magari meno combattivi e con meno ‘santi’ nei posti che contano, finiranno per riceverla con tanto di premio di cubatura. Insomma, sembra il gioco del cerino e l’ultimo a cui rimane in mano si bruci.
O si riapre una seria riflessione complessiva o ci troveremo ogni volta a combattere tante ‘Piccole Palocco’.

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XIII Municipio: la ‘patacca’ urbanistica del PRINT di Macchia Saponara

Nel XIII Municipio tutti sono molto preoccupati della speculazione edilizia del finto Programma Integrato (PRINT) chiamato ‘Piccola Palocco’: 15 ettari di superficie, 568 alloggi e 46.133 mq di costruito.
Entro la fine del 2011 è prevista però la Proposta di Deliberazione del PRINT Macchia Saponara: 43 ettari di superficie, 5.030 alloggi, 43.076 mq di nuove costruzioni, a cui va aggiunto l’esistente ricostruito con premi di cubature, come risulta da documentazione ufficiale.
Si tratterebbe dunque di una densificazione dell’area 10 volte superiore a quella di ‘Piccola Palocco’ in termini di alloggi oppure siamo di fronte ad un madornale errore numerico del Comune di Roma.

Quello che è certo è che il progetto preliminare è pronto da marzo 2006, fu redatto dal Comune di Roma, quando al Comune, così come in Municipio XIII, governava una giunta rossoverde. L’allora Presidente del Municipio era Paolo Orneli (PD), mentre la delega all’attuazione degli strumenti urbanistici (da giugno 2007), era nelle mani di Andrea Storri, attuale segretario del PD XIII. Entrambi hanno dichiarato in questi giorni la loro opposizione al progetto “Piccola Palocco”.
Il processo di partecipazione del PRINT di Macchia Saponara, iniziato il 18 gennaio e conclusosi il 31 marzo 2007 con la consegna delle 19 proposte d’intervento, era stato commissionato dal Municipio XIII all’associazione ‘Atelier Locali’, poi incaricata dalla Pirelli, di presentare il progetto della adiacente Centralità Urbana di Acilia-Madonnetta.
A capo del consorzio, costituitosi tra i proprietari dei terreni dell’area di Macchia Saponara, la Ircos S.p.A (Impresa Romana Costruzioni Sociali S.p.A) il cui attuale amministratore è l’Arch. Riccardo Drisaldi. Si tratta della stessa Ircos coinvolta nella polemica sulla realizzazione di oltre 20 mila mq (tra parcheggi, negozi, sala convegni, bar e ristorante) a Porto S. Stefano, che di ‘sociale’ non ha proprio nulla. La Ircos è però un punto di riferimento anche per la giunta Alemanno in tema di housing sociale. Sarà questa la destinazione dell’area che giustificherebbe la forte densificazione di Macchia Saponara ? Poco si conosce e molto si tace su questo PRINT. L’unica altra certezza è che porterà nelle casse del Comune quasi 29 milioni di euro a fronte di un investimento globale di 84 milioni.
Lo strumento del PRINT (sono 174 a Roma) funziona in modo molto semplice: il municipio lancia un programma preliminare (o esprime parere favorevole a una proposta), i privati aderiscono, il Comune approva, raddoppiando le cubature esistenti, incassando il pagamento straordinario (pari ai 2/3 della valorizzazione economica ottenuta) e proponendo incentivi alla demolizione e ricostruzione.
Ma quanto costa ampliare l’esistente? Nel bando dei primi quattro PRINT (Tor Tre Teste, Alessandrino, Pietralata e Macchia Saponara) il valore base fu fissato a circa 1.000 euro/mq. Costruire dunque conviene, anche dove è già costruito. Inoltre, poiché la delibera con cui si approverà a breve il PRINT Macchia Saponara (XIII Municipio) sarà la stessa del PRINT di Pietralata (V Municipio), non ci sarà neppure la discussione in aula sui singoli vantaggi o svantaggi per ciascun municipio, perché l’obiettivo finale del Comune è solo la monetizzazione. In soldoni, i due PRINT di Pietralata e Macchia Saponara produrranno investimenti privati per 500 milioni di euro e opere pubbliche per 90 milioni.
C’è da sperare che i cittadini che hanno aperto gli occhi sullo “scempio” di ‘Piccola Palocco’ li spalanchino a 360°, perché non vale più il vecchio trucco dei “tutti colpevoli, nessun colpevole”.

Paula de Jesus

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Piccola Palocco: il rischio ‘populismo’

Nel vociare intorno alla speculazione edilizia di ‘Piccola Palocco’, si è perso l’obiettivo principale di chiarire qual è il problema urbanistico. Vediamo un po’ di numeri presi dalla documentazione resa disponibile dal Comune di Roma. L’area oggetto della proposta è costituita da 153.776 mq, che saranno destinati per il 70% all’edilizia e per il 30% a verde e servizi pubblici. L’indice di edificabilità è di 0,30 mq/mq, quindi 46.133 mq, di cui 41.520 residenziali e 4.613 commerciali. Poiché l’area è assimilata come ‘verde pubblico attrezzato’ e quindi potrebbe sviluppare solo 0,09 mq/mq (pari a 13.840 mq), come mai si arriva a 46.133? Il gioco è semplice ed è ormai abitudine a Roma. Si tratta dell’applicazione dei diritti edificatori e cioè la possibilità da parte di un privato di cedere dei terreni ed ottenere in cambio dall’amministrazione un potenziale di edificazione da utilizzare in altro sito. In pratica le volumetrie ‘decollano’ da un terreno per ‘atterrare’ da un’altra parte. Non solo, ma i diritti edificatori sono commerciabili.

Nel caso della proposta di ‘Piccola Palocco’, i diritti edificatori sono alla base di tutto: senza di essi non si potrebbe costruire in quell’area. Ecco perché la proprietà ha presentato una proposta urbanistica al Comune di Roma inquadrando l’area come “città da ristrutturare”. La proposta è poi stata mascherata da PRINT, Programma Integrato, sostenendo che migliorerà la qualità urbana, la viabilità e i servizi mediante il concorso di risorse private. Quindi, poiché l’area non era edificabile (ex zona H2), al PRINT è stato attribuito un indice di edificabilità di 0,30 mq/mq, di cui 0,18 mq/mq a disposizione del Comune (nel nostro caso, 27.680 mq), anche provenienti da diritti edificatori.

Per ultimo, sono state individuate due aree di decollo: Casal Giudeo e Ponte Fusano. Dalla prima atterrano a ‘Piccola Palocco’ 22.926 mq, dalla seconda 2.493 mq, per un totale di 25.419 mq. A 46.133 mq ne mancano ancora 6.874 che sono quelli che la proprietà lascerà al Comune di Roma nel comparto ZR1, dei casermoni semicircolari, a 5 piani, che dovrebbero sorgere dietro al centro Solara. Concludendo, la proprietà ha dato al Comune non 0,18 mq/mq ma addirittura 0,21 mq/mq (le compensazioni, più parte dello ZR1) ottenendo in cambio di edificare dove non avrebbe mai potuto.

Ci troviamo di fronte all’assurdo. Da terreni (Casal Giudeo, Ponte Fusano) dove non si può più edificare, si spostano cubature su un terreno non edificabile, per poterlo edificare (‘Piccola Palocco’).

In realtà il principio in base al quale tutti i terreni esprimono la stessa capacità edificatoria e quindi la cubatura di competenza dei terreni non edificabili può essere venduta a quelli edificabili, non ha mai avuto un fondamento legislativo, figuriamoci nel nostro caso. Solo di recente, con l’approvazione del Decreto Sviluppo (D.L. 70/2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 13 maggio 2011 n. 110) si è introdotto un nuovo comma all’articolo 2643 del Codice tentando appunto di dare a questa anomalia un fondamento legislativo. L’articolo prevede che siano resi pubblici con il mezzo della trascrizione i contratti per il trasferimento dei diritti edificatori (Costruzioni Private, art.3). Infatti, solo se si ha la trascrizione nei registri immobiliari si ha certezza dei rapporti con i terzi e, quindi, della relativa opponibilità.

Questo è il problema di ‘Piccola Palocco’, resa edificabile con l’impiego dei diritti edificatori che fino al 13 maggio 2011 non avevano alcun fondamento legislativo.

Aggiungiamo che nella delibera 125/2001 dell’allora Giunta Comunale rossoverde, i diritti edificatori per Casal Giudeo venivano concessi alla società Nuova Florim srl chiedendo che le cubature atterrassero in aree destinate a Edilizia Residenziale Pubblica e non a destinazione residenziale privata come ‘Piccola Palocco’. A febbraio del 2007 la Corte dei Conti aprì un’istruttoria per raggiro della Ragioneria Generale dello Stato, di cui però non si è saputo più nulla.

La complessità della questione impone dunque di non cavalcare una protesta populista priva dei necessari contenuti, perché il rischio è solo quello di fare propaganda e di non raggiungere alcun obiettivo tangibile.

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