OSTIA. COSA C’E’ DIETRO L’ONDATA DI SEQUESTRI E DISSEQUESTRI DEGLI STABILIMENTI BALNEARI SUL LITORALE ROMANO

foto lungomuro

Realizzare una corretta pianificazione del Lungomare romano sarebbe cosa semplice se non ci fossero 60 anni di ‘costruito’. In realtà è come se volessimo dotare Roma di un nuovo Piano Regolatore considerando fattibile la demolizione del Colosseo (come pensò Papa Sisto V). In fondo l’abuso urbanistico ed ambientale con cui Vespasiano cancellò il laghetto alimentato dal Rio Labicano, ripristinato a suo tempo da Nerone come spazio per la sua Domus Aurea, grida ancora vendetta. A Ostia da un po’ di mesi regna la schizofrenia. Da un lato si vuole buttar giù il ‘Lungomuro’ nel tratto della città da sempre urbanizzato, dall’altro si vuole ricostruire un ecomostro come l’ex stabilimento Roma. E’ bene ricordare che sul Lungomare viene tutelato dal Comune di Roma perché ‘negozio storico’, l’esercizio di bar e ristorante dello stabilimento “La Vecchia Pineta”, che assieme al Rex (ora Tibidabo), al Plinius, all’Urbinati, al Kursaal, al Battistini, all’Elmi, allo stabilimento della Lega Navale e a molti altri rappresentano, fino al 1950, l’evoluzione del borgo marino sorto nel 1916.

LA NUOVA LEGGE DELLA REGIONE LAZIO
Nella Legge Regionale del 26 Giugno 2015, n. 8 (Pubblicata nel BURL n° 52 del 30 Giugno 2015), “Disposizioni relative all’utilizzazione del demanio marittimo per finalità turistiche e ricreative. Modifiche alla L.R. del 6 agosto 2007, n. 13, concernente l’organizzazione del sistema turistico laziale, e successive modifiche” varata dalla giunta Zingaretti, un particolare interesse lo ricoprono i seguenti due comma dell’articolo 7 (Disposizioni transitorie e finali):

5. I comuni sono tenuti a riservare alla pubblica fruizione una quota pari ad almeno il 50 per cento dell’arenile di propria competenza. In caso di mancato rispetto di tale quota, il comune non può rilasciare nuove concessioni demaniali marittime e stabilisce, nell’ambito del PUA, le modalità ed i criteri attraverso i quali raggiunge la quota suddetta. (…)

6. I comuni nella pianificazione della quota prevista al comma 5, sono tenuti a garantire, lungo l’arenile di propria competenza, un’equilibrata presenza di spiagge libere e di spiagge libere con servizi. A tal fine, individuano ambiti omogenei nei quali devono essere previste quote di spiagge libere e spiagge libere con servizi pari almeno al 20 per cento in ciascun ambito omogeneo, fermo restando il rispetto della quota di cui al comma 5.

Per arenile si intende semplicemente la distesa di sabbia sulla riva del mare e dunque il riferimento percentuale non è riferito ai metri lineari ma ai metri quadrati, cioè non alla linea di costa ma alla superficie di quella che comunemente chiamiamo ‘spiaggia’. Il Litorale romano (che va dalla foce del Tevere fino al confine con il Comune di Pomezia) è lungo 15.057,63 ml e ricopre una superficie di 2.662.053,30 mq (cioè “l’arenile”). Gli ambiti omogenei di questo arenile sono così classificati:

  • A. Idroscalo e il Porto di Ostia (nessuna balneabilità)
  • B. Il fronte mare avanti all’urbanizzato
  • C. Da piazza dei Canotti, fino alla stazione metro Colombo
  • D. Dalla stazione metro Colombo, per lungomare Vespucci, fino all’ex Dazio
  • E. Dalla riserva del Presidente al confine comunale

con sei sotto-ambiti

  • B1. Da via Carlo Avegno a via delle Repubbliche marinare (spiaggia libera di ponente)
  • B2. Da via delle Repubbliche Marinare a Piazzale Magellano (Lungomare urbano)
  • B3. Da piazzale Magellano a piazza dei Canotti (stabilimenti storici)
  • E1. Corrisponde ai limiti della tenuta Presidenziale di Castel Porziano non accessibile al pubblico.
  • E2. Dal confine della tenuta presidenziale al fosso del Tellinaro (“I Cancelli”)
  • E3. Dal fosso del Tellinaro alla capanna del Guardiapasso (Capocotta)

Numericamente parlando, sulla base delle planimetrie e concessioni autorizzate, risultano
• Spiagge pubbliche 907.723,81 mq
• Tenuta di Castel Porziano 1.009.209,25 mq
• Spiagge private 745.120,37 mq

Non considerando Castel Porziano, le spiagge pubbliche sono più del 50% di arenile previsto dalla legge e dunque (sempre secondo la Legge Regionale) il Comune di Roma potrebbe rilasciare nuove concessioni demaniali marittime. Dove? Qui sorge un problema: il comma 6 dell’articolo 7 della Legge Regionale stabilisce una quota del 20% di spiagge pubbliche all’interno di ogni ‘ambito omogeneo’. In alcuni ambiti bisognerebbe dunque creare spiagge libere a danno dei concessionari privati, ma non esiste praticamente ambito omogeneo dove si può rilasciare una nuova concessione (p.es. il Lungomare urbano). Per altro alcune porzioni di arenile sono intoccabili perché sono state date in concessione a circoli nautici (è il caso della Lega Navale) e ad aree attrezzate per esercizi di ristorazione (p.es. il Ristorante Peppino a Mare), esistendo anche un complesso residenziale di ‘cottage’ estivi, oggetto di licenza edilizia fin dal 1956, denominato Maresole.

Quale escamotage si sono inventati? Hanno individuato – dentro ambiti omogenei dove è richiesto il 20% di spiaggia pubblica e dove fa gola una nuova concessione (già in bozza al Comune di Roma) – all’interno delle concessioni esistenti “porzioni di spazi pubblici quali varchi o passi carrabili, affidati in gestione a consorzi tra concessionari confinanti”. Non solo, ma “concessioni con ampi fronte mare non minori di 250 ml potranno essere frazionate a condizione che sulla dividente sia individuato un varco pubblico non minore di 15 ml di fronte o una spiaggia libera attrezzata non minore di 30 ml di fronte”.

SEQUESTRI E DISSEQUESTRI
Per raggiungere questo obiettivo è partita da 2 anni la caccia al ‘balneare illegale’ e l’operazione ‘ruspe della legalità’, quasi che ‘ruspare’ abbia i connotati del fuoco purificatore ma non degli abusi edilizi bensì di tutte le nefandezze concesse sul Litorale romano dalle giunte di centro sinistra che hanno governato Roma negli ultimi 30 anni (ricordiamo che solo dal 2011, con il decentramento amministrativo voluto da Alemanno, il Municipio X ha ricevuto la delega per il controllo delle concessioni demaniali marittime). Non a caso il sindaco Marino ha riportato in auge i varchi a mare del 1990, budelli impraticabili e comunque mai realizzati da 3 anni a questa parte.
Tra i chioschi autorizzati in convenzione con il Municipio X ha avuto gli onori delle cronache la gestione del Lotto 8 all’associazione Libera, costretta a restituire la spiaggia assegnata per inadempienza. Tutte le altre spiagge pubbliche (Capocotta e Castel Porziano) versano in situazioni pietose sia per ragioni igienico-sanitarie che per assenza di assistenza a mare. Le spiagge date in concessione ai privati subiscono invece quotidiani attacchi anche per modesti illeciti edilizi, bloccando così, in piena stagione estiva, la loro attività lavorativa e finendo per dissanguare le casse pubbliche per le spese legali sostenute dal Comune di Roma a seguito dei ricorsi in Tribunale.
Non sono stati invece sfiorati gli stabilimenti sul Lungomare Amerigo Vespucci, che si sono stratificati senza un progetto unitario dalla metà degli anni sessanta e poi consolidati e attrezzati. Questi, presentano “… un peso considerevole di servizi di intrattenimento e piscine spesso alternati con CRAL aziendali. E’ l’area di concentrazione anche dei circoli rimasti in gestione allo Stato, particolarmente pesanti in termini di edificazione”.

CONCLUSIONI
Ci troviamo di fronte ad una Legge Regionale confusionaria e ancora oggi senza un regolamento attuativo, pertanto non applicabile, che sta condizionando lo scenario storico-urbanistico del Litorale romano in funzione di scelte puramente speculative. Al contrario di altri Comuni marini, Roma ha già un arenile pubblico superiore al 50% richiesto per legge, ma deve trovare la quadratura magica tra il reperimento di spiagge pubbliche sul tratto urbanizzato (da dare poi in convenzione) e la frammentazione delle concessioni esistenti per ‘generare’ nuove concessioni. Nel frattempo, per Capocotta e Castel Porziano si applica la regola del perfetto amministratore: mandare in degrado la risorsa pubblica per poi assegnarla al privato. Ad maiora.

Paula de Jesus per LabUr

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