I CAMPEGGI DI OSTIA DIMENTICATI DA ‘MAFIA CAPITALE’

agenda buzzi fabulous

Tra le righe delle centinaia di migliaia di pagine scritte su Mafia Capitale esistono ‘spunti’ investigativi mai presi in considerazione. Tra questi, due in particolare riguardano due campeggi del litorale romano. Nessuna indagine è in corso su questi elementi e nessuna contestualizzazione è mai stata fatta. Risulta comunque anomalo che (alla luce di quanto accaduto) indizi così importanti non siano mai stati approfonditi dalle autorità competenti. Vogliamo dunque citarli così come riportati, senza alcun commento aggiuntivo. Entrambi fanno parte degli affari di Salvatore Buzzi con la pubblica amministrazione, affari più o meno leciti ma che rendono bene l’idea della ragnatela tessuta da quel sistema corrotto chiamato Mafia Capitale.

CAMPEGGIO CAPITOL (via di Castel Fusano, 195)
Fabrizio Testa parlando con Salvatore Buzzi in data 21 ottobre 2014 alle ore 14:15 ad un certo punto dice: “Senti, poi io ho notizie che riguardano quel famoso campeggio. Una dirigente molto carina si è messa a disposizione, quindi se mi dai un tecnico… perchè ci sono talmente tanti problemi che mi ha detto: <io non… sono talmente tanti che… venite qua. Io vi sconsiglio, però venite qua e vi racconto tutto>“.
Il ‘tecnico’ viene richiesto da Testa a Buzzi e l’appuntamento viene preso per giovedì 23. L’accordo è chiaro: “Andiamo io e te e ci facciamo dire quali sono i problemi
Giovedì 23 ottobre alle ore 12:48 Buzzi però chiama Testa e quest’ultimo gli manda via sms il numero di telefono della dirigente del Comune di Roma. La dirigente è in attesa della telefonata da parte di Buzzi (“le dici che l’ha anticipato la segretaria di Luca Gramazio per raccontarti tutto… le racconto tutto non c’ho problemi, e racconto tutta la questione che riguarda il campeggio“). La dirigente è Donatella Donati del Comune di Roma che attualmente ricopre la funzione di Dirigente – Unità Amministrativa Municipio I. Nel periodo delle intercettazioni Donatella Donati era Dirigente della U.O. Sportello Unico Attività Ricettive (S.U.A.R.) del Dipartimento promozione del Turismo e della Moda, con compiti ben precisi relativamente alle attività ricettive di campeggi e villaggi turistici, come qui di seguito elencato:

• Ricevimento delle Segnalazioni Certificate di Inizio Attività degli esercizi ricettivi (S.C.I.A.);
• Verifica della conformità delle documentazioni e dichiarazioni allegate alla S.C.I.A. ed invio delle stesse agli altri Uffici preposti al controllo delle attività;
• Attuazione del procedimento unico ai sensi del D.P.R. 160/2010 nel caso di strutture ricettive soggette a vincoli.

Non solo, ma ha avuto anche l’incarico di direzione subapicale della U.O. “Aree Protette” presso il Dipartimento Tutela Ambientale e del Verde di Roma Capitale (almeno fino al 21 maggio 2015) che includeva il Servizio Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, articolato in due Uffici:

• Ufficio Autorizzazioni Riserva Litorale e Pianificazione Ambientale
• Ufficio Promozione Riserva Litorale

Oggi per il campeggio Capitol vige un’ordinanza di demolizione da parte del Municipio X, dopo una serie di accertamenti condotti dal Gruppo X Mare del Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale. Anche LabUr aveva presentato un esposto.

CAMPEGGIO FABULOUS (via di Malafede, 205)
Questo campeggio è da poco entrato nell’occhio del ciclone per una serie di realizzazioni abusive. In pratica “installando stabilmente 142 case mobili all’interno degli oltre 150 ettari di pineta è stato trasformato in una “struttura ricettiva atipica, assimilabile a un villaggio turistico“. Per ora è tutto fermo da parte del Municipio X ma la notizia ha destato scalpore in quanto il campeggio risulta essere stato acquistato dalla Banca Etruria. In realtà il legame del campeggio con Mafia Capitale risulta dall’agenda di Salvatore Buzzi in cui compare scritto (foto): “60 casette x 625 euro = 37.500 Faboulus” proseguendo con una serie di ‘aggiustamenti’ in conteggi da assegnare. Compare anche un nome che sembrerebbe appartenere a Lozada Hernandez Nitza del Valle, la ex-moglie venezuelana dell’ex-vice capo di gabinetto di Walter Veltroni, Luca Odevaine (arrestato per corruzione aggravata).

 

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OSTIA. COSA C’E’ DIETRO L’ONDATA DI SEQUESTRI E DISSEQUESTRI DEGLI STABILIMENTI BALNEARI SUL LITORALE ROMANO

foto lungomuro

Realizzare una corretta pianificazione del Lungomare romano sarebbe cosa semplice se non ci fossero 60 anni di ‘costruito’. In realtà è come se volessimo dotare Roma di un nuovo Piano Regolatore considerando fattibile la demolizione del Colosseo (come pensò Papa Sisto V). In fondo l’abuso urbanistico ed ambientale con cui Vespasiano cancellò il laghetto alimentato dal Rio Labicano, ripristinato a suo tempo da Nerone come spazio per la sua Domus Aurea, grida ancora vendetta. A Ostia da un po’ di mesi regna la schizofrenia. Da un lato si vuole buttar giù il ‘Lungomuro’ nel tratto della città da sempre urbanizzato, dall’altro si vuole ricostruire un ecomostro come l’ex stabilimento Roma. E’ bene ricordare che sul Lungomare viene tutelato dal Comune di Roma perché ‘negozio storico’, l’esercizio di bar e ristorante dello stabilimento “La Vecchia Pineta”, che assieme al Rex (ora Tibidabo), al Plinius, all’Urbinati, al Kursaal, al Battistini, all’Elmi, allo stabilimento della Lega Navale e a molti altri rappresentano, fino al 1950, l’evoluzione del borgo marino sorto nel 1916.

LA NUOVA LEGGE DELLA REGIONE LAZIO
Nella Legge Regionale del 26 Giugno 2015, n. 8 (Pubblicata nel BURL n° 52 del 30 Giugno 2015), “Disposizioni relative all’utilizzazione del demanio marittimo per finalità turistiche e ricreative. Modifiche alla L.R. del 6 agosto 2007, n. 13, concernente l’organizzazione del sistema turistico laziale, e successive modifiche” varata dalla giunta Zingaretti, un particolare interesse lo ricoprono i seguenti due comma dell’articolo 7 (Disposizioni transitorie e finali):

5. I comuni sono tenuti a riservare alla pubblica fruizione una quota pari ad almeno il 50 per cento dell’arenile di propria competenza. In caso di mancato rispetto di tale quota, il comune non può rilasciare nuove concessioni demaniali marittime e stabilisce, nell’ambito del PUA, le modalità ed i criteri attraverso i quali raggiunge la quota suddetta. (…)

6. I comuni nella pianificazione della quota prevista al comma 5, sono tenuti a garantire, lungo l’arenile di propria competenza, un’equilibrata presenza di spiagge libere e di spiagge libere con servizi. A tal fine, individuano ambiti omogenei nei quali devono essere previste quote di spiagge libere e spiagge libere con servizi pari almeno al 20 per cento in ciascun ambito omogeneo, fermo restando il rispetto della quota di cui al comma 5.

Per arenile si intende semplicemente la distesa di sabbia sulla riva del mare e dunque il riferimento percentuale non è riferito ai metri lineari ma ai metri quadrati, cioè non alla linea di costa ma alla superficie di quella che comunemente chiamiamo ‘spiaggia’. Il Litorale romano (che va dalla foce del Tevere fino al confine con il Comune di Pomezia) è lungo 15.057,63 ml e ricopre una superficie di 2.662.053,30 mq (cioè “l’arenile”). Gli ambiti omogenei di questo arenile sono così classificati:

  • A. Idroscalo e il Porto di Ostia (nessuna balneabilità)
  • B. Il fronte mare avanti all’urbanizzato
  • C. Da piazza dei Canotti, fino alla stazione metro Colombo
  • D. Dalla stazione metro Colombo, per lungomare Vespucci, fino all’ex Dazio
  • E. Dalla riserva del Presidente al confine comunale

con sei sotto-ambiti

  • B1. Da via Carlo Avegno a via delle Repubbliche marinare (spiaggia libera di ponente)
  • B2. Da via delle Repubbliche Marinare a Piazzale Magellano (Lungomare urbano)
  • B3. Da piazzale Magellano a piazza dei Canotti (stabilimenti storici)
  • E1. Corrisponde ai limiti della tenuta Presidenziale di Castel Porziano non accessibile al pubblico.
  • E2. Dal confine della tenuta presidenziale al fosso del Tellinaro (“I Cancelli”)
  • E3. Dal fosso del Tellinaro alla capanna del Guardiapasso (Capocotta)

Numericamente parlando, sulla base delle planimetrie e concessioni autorizzate, risultano
• Spiagge pubbliche 907.723,81 mq
• Tenuta di Castel Porziano 1.009.209,25 mq
• Spiagge private 745.120,37 mq

Non considerando Castel Porziano, le spiagge pubbliche sono più del 50% di arenile previsto dalla legge e dunque (sempre secondo la Legge Regionale) il Comune di Roma potrebbe rilasciare nuove concessioni demaniali marittime. Dove? Qui sorge un problema: il comma 6 dell’articolo 7 della Legge Regionale stabilisce una quota del 20% di spiagge pubbliche all’interno di ogni ‘ambito omogeneo’. In alcuni ambiti bisognerebbe dunque creare spiagge libere a danno dei concessionari privati, ma non esiste praticamente ambito omogeneo dove si può rilasciare una nuova concessione (p.es. il Lungomare urbano). Per altro alcune porzioni di arenile sono intoccabili perché sono state date in concessione a circoli nautici (è il caso della Lega Navale) e ad aree attrezzate per esercizi di ristorazione (p.es. il Ristorante Peppino a Mare), esistendo anche un complesso residenziale di ‘cottage’ estivi, oggetto di licenza edilizia fin dal 1956, denominato Maresole.

Quale escamotage si sono inventati? Hanno individuato – dentro ambiti omogenei dove è richiesto il 20% di spiaggia pubblica e dove fa gola una nuova concessione (già in bozza al Comune di Roma) – all’interno delle concessioni esistenti “porzioni di spazi pubblici quali varchi o passi carrabili, affidati in gestione a consorzi tra concessionari confinanti”. Non solo, ma “concessioni con ampi fronte mare non minori di 250 ml potranno essere frazionate a condizione che sulla dividente sia individuato un varco pubblico non minore di 15 ml di fronte o una spiaggia libera attrezzata non minore di 30 ml di fronte”.

SEQUESTRI E DISSEQUESTRI
Per raggiungere questo obiettivo è partita da 2 anni la caccia al ‘balneare illegale’ e l’operazione ‘ruspe della legalità’, quasi che ‘ruspare’ abbia i connotati del fuoco purificatore ma non degli abusi edilizi bensì di tutte le nefandezze concesse sul Litorale romano dalle giunte di centro sinistra che hanno governato Roma negli ultimi 30 anni (ricordiamo che solo dal 2011, con il decentramento amministrativo voluto da Alemanno, il Municipio X ha ricevuto la delega per il controllo delle concessioni demaniali marittime). Non a caso il sindaco Marino ha riportato in auge i varchi a mare del 1990, budelli impraticabili e comunque mai realizzati da 3 anni a questa parte.
Tra i chioschi autorizzati in convenzione con il Municipio X ha avuto gli onori delle cronache la gestione del Lotto 8 all’associazione Libera, costretta a restituire la spiaggia assegnata per inadempienza. Tutte le altre spiagge pubbliche (Capocotta e Castel Porziano) versano in situazioni pietose sia per ragioni igienico-sanitarie che per assenza di assistenza a mare. Le spiagge date in concessione ai privati subiscono invece quotidiani attacchi anche per modesti illeciti edilizi, bloccando così, in piena stagione estiva, la loro attività lavorativa e finendo per dissanguare le casse pubbliche per le spese legali sostenute dal Comune di Roma a seguito dei ricorsi in Tribunale.
Non sono stati invece sfiorati gli stabilimenti sul Lungomare Amerigo Vespucci, che si sono stratificati senza un progetto unitario dalla metà degli anni sessanta e poi consolidati e attrezzati. Questi, presentano “… un peso considerevole di servizi di intrattenimento e piscine spesso alternati con CRAL aziendali. E’ l’area di concentrazione anche dei circoli rimasti in gestione allo Stato, particolarmente pesanti in termini di edificazione”.

CONCLUSIONI
Ci troviamo di fronte ad una Legge Regionale confusionaria e ancora oggi senza un regolamento attuativo, pertanto non applicabile, che sta condizionando lo scenario storico-urbanistico del Litorale romano in funzione di scelte puramente speculative. Al contrario di altri Comuni marini, Roma ha già un arenile pubblico superiore al 50% richiesto per legge, ma deve trovare la quadratura magica tra il reperimento di spiagge pubbliche sul tratto urbanizzato (da dare poi in convenzione) e la frammentazione delle concessioni esistenti per ‘generare’ nuove concessioni. Nel frattempo, per Capocotta e Castel Porziano si applica la regola del perfetto amministratore: mandare in degrado la risorsa pubblica per poi assegnarla al privato. Ad maiora.

Paula de Jesus per LabUr

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OSTIA, ESPOSTO DI LABUR: SUL VILLAGE PRESUNTO DANNO ERARIALE

mq village commerciale

In un periodo così difficile per Ostia, che vede ondate pressoché quotidiane di sequestri e dissequestri di stabilimenti balneari per presunti abusi edilizi, sarebbe opportuno che almeno per il Village, che la Hesperia srl ha affittato per 3 anni a 10 mila euro al mese, esistesse la piena trasparenza amministrativa.
Il Village, confiscato in via provvisoria al clan mafioso dei Fasciani, non pagherebbe infatti il canone demaniale dovuto. I valori delle tabelle ASL, citate nel contratto d’affitto del ramo d’azienda con il quale la società Hesperia srl è stata autorizzata dall’ANBSC (1) a condurre il Village, non sono gli stessi utilizzati dal Municipio X per il calcolo del canone demaniale, tant’è che la perizia tecnica effettuata dall’Hesperia srl (2) e confermata dall’ANBSC restituisce, ad esempio, un numero di metri quadrati di aree commerciali più alto di quello conteggiato dall’amministrazione. I valori resi pubblici dal Municipio X sono i seguenti:

area scoperta 4.502,78 mq
strutture facile rimozione 1.394,50 mq
strutture difficile rimozione 852,72 mq
aree commerciali 200 mq
area commerciale con riduzione 20% (da 100 a 80 mq)

Dunque, per il Municipio X, ci sono 300 mq di aree commerciali, mentre dalla perizia risultano 30 mq di yogurtheria, 288 mq di ristorante e 140 mq di bar/tavola fredda, per un totale di 458 mq, a cui andrebbero aggiunti quelli del chiosco della spiaggia e della terrazza. Sulla base solo di questi numero stiamo parlando di una differenza dell’importo dovuto di quasi 20.000 euro.
Inoltre, dalle rilevazioni da noi eseguite, veranda, magazzini, depositi, ambienti di servizio ad uso della spiaggia, 49 cabine in legno e i due blocchi di bagni occupano una superficie coperta che eccederebbe la somma indicata delle “strutture di facile e difficile rimozione” (quasi 600 mq in più).

Verificare gli abusi è un atto dovuto, ma lo è anche la riscossione dei canoni dovuti, visto per altro che il Comune di Roma sarebbe stato messo in mora dalla Regione Lazio per non aver pagato dal 2009 i canoni demaniali per un importo complessivo di 81.000 euro/anno, soldi dei cittadini. Si chiede la verifica di tali presunti danni erariali, così come sopra esposto.

(1) Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata
(2) allegato D dell’atto certificato dal dottor Valerio Tirone, notaio in Guidonia Montecelio, con studio in Guidonia, via Locatelli n.15, iscritto nel Collegio Notarile dei distretti riuniti di Roma, Velletri e Civitavecchia – “Perizia tecnica del 21 luglio 2015 redatta dalla società Barbieri Nardone Costruzioni srl (Prot. Com. 170_15, 20150721_ag)“, sopralluoghi effettuati il 7, 9 e 13 luglio 2015

  • ESPOSTO INVIATO IN DATA ODIERNA A:
    – Comune di Roma, Municipio X
    – Regione Lazio
    – Consorzio Unindustria per la gestione dei beni sequestrati
    – Amministratore Giudiziario Malibù Beach srl
    – Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata
    – Autorità Nazionale Anti Corruzione
    – Guardia di Finanza
    – Procura di Roma
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MUNICIPIO X – SEQUESTRI STABILIMENTI BALNEARI. I COSTI DELLA LEGALITA’ E DELLA DISINFORMAZIONE

IMG_20160516_131358In un Municipio, come il X di Roma Capitale, commissariato per Mafia la sempre più sentita istanza di legalità deve coesistere con la parola d’ordine “trasparenza”. E invece si assiste, soprattutto da parte di alcuni organi di stampa filogovernativi, ad una sistematica disinformazione per scarsa conoscenza di norme e leggi e per esigenze di propaganda elettorale. E’ il caso ad esempio dei “sequestri preventivi” in corso ad Ostia ai danni degli stabilimenti balneari. Prima della condanna non può esserci alcuna colpevolezza riguardo al reato contestato. Il sequestro preventivo (Art. 321 c.p.p.) è solo una misura cautelare (dunque, preventiva, provvisoria) che l’autorità giudiziaria impone affinché il reato (presunto) non possa proseguire. Agli stabilimenti raggiunti da un sequestro preventivo vengono contestati reati edilizi (abusi), che dovranno essere riscontrati in sede processuale. Il concessionario dello stabilimento, entro 10 giorni dalla data di notifica del sequestro, può rivolgersi al Tribunale del Riesame per annullare il decreto di sequestro, cosa che è regolarmente accaduta ad Ostia per tutti i sequestri preventivi intentati dall’Amministrazione Prefettizia tant’è che tutti gli stabilimenti balneari sono aperti, compreso il Faber Beach. E’ bene sottolineare dunque che agli stabilimenti balneari non viene contestato il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, di bancarotta fraudolenta o di criminalità organizzata, come qualcuno insiste a dipingere forzatamente, bensì reati edilizi e autorizzativi, dunque ‘amministrativi’. L’azione condotta dalla Commissione Prefettizia di Ostia è volta infatti a ‘fiaccare’ la resistenza economica degli stabilimenti che si rifiutano di ripristinare in via ‘bonaria’ quanto a loro contestato.
E’ importante altresì sottolineare ed essere consapevoli che l’esigenza di legalità, in un territorio commissariato per mafia, non solo ha un costo per i cittadini, ma anche un lato oscuro. I continui ricorsi amministrativi da parte di soggetti privati pesano sulle già magre casse del Comune di Roma (*). Inoltre, ai titoli cubitali sui giornali non corrisponde la realtà de facto ed è forte il pericolo di mettere in crisi il rapporto fra le istituzioni e i cittadini, alimentando un sentimento di diffidenza e di ripulsa verso tutto ciò che è pubblico, mettendo in crisi lo stesso sentimento della legalità. Il cittadino disinformato dalla stampa che decide di passare la sua giornata al mare scopre che gli stabilimenti sono tutti aperti, mentre le spiagge libere sono abbandonate al degrado. Insomma, il cittadino si sente beffato due volte.
Analoga considerazione vale per il paventato spauracchio della decadenza della concessione, gridato ogni volta all’indomani di un sequestro preventivo. Se non c’è una sentenza di condanna, la decadenza della concessione non c’è e dunque sono colpevolmente fantasiose le affermazioni giornalistiche secondo cui gli stabilimenti sequestrati sono tornati nella mani dello Stato, al massimo può esser stata designata l’amministrazione pubblica come ‘custode giudiziario’ del bene sequestrato.
La legalità ha un costo, che i cittadini sono anche ben felici di pagare purché però ci sia trasparenza nelle azioni amministrative e una valutazione della loro efficacia. Si può sequestrare per ben 3 volte uno stabilimento e perdere tutte e tre le volte il ricorso? Ci si può soffermare a riflettere sull’ipotesi che possa essere stata un’azione temeraria? Non è un obbligo morale quello di valutare oltre ai danni erariali i danni derivanti dalla disillusione degli effetti attesi dalla legalità? E, per ultimo, si sta tutelando l’interesse pubblico dei cittadini italiani e stranieri che vogliono godersi il mare, si sta garantendo (sguarnendo le spiagge) la pubblica e privata incolumità?

(*) Solo il costo della dirigenza dell’avvocatura capitolina (23 dirigenti apicali) è di circa 6,5 milioni l’anno. Ogni anno, il Comune affronta circa 15mila nuove cause di cui un 12% di diritto amministrativo (TAR, Consiglio di Stato) che dunque ammontano a circa 1800 cause. Facendo una stima per difetto, se il Comune ne perde il 10% ed ognuna prevede il pagamento delle spese pari a 5mila euro, si hanno 900mila euro all’anno.

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OSTIA, IL ‘TOLLERATO’ VARCO A MARE DI SABELLA: NUOVO ESPOSTO

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il cancello che chiude il varco a mare

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il cancello chiuso che impedisce l’accesso alla spiaggia

Inizia la stagione balneare ma la spiaggia della Colonia Marina L’Arca, Lungomare Amerigo Vespucci 10 (Ostia Lido, Roma), a fianco dello stabilimento balneare Venezia, è chiusa, così come il suo varco a mare di cui abbiamo già ampiamente scritto. Una storia vecchia di un anno che si ripete, su cui pende ancora il nostro esposto del 12 agosto 2015. Il varco a mare risulta ancora citato come ‘da realizzare‘ all’interno dell’ordinanza di balneazione 2016 del Comune di Roma (pagina 3). Da voci insistenti, risulterebbe però che la Colonia Marina L’Arca abbia riconsegnato la concessione demaniale, motivo per cui sarebbe chiusa. Ci troveremmo così davanti a varchi di serie A e varchi di serie B: quelli sui quali si è accanito il magistrato Alfonso Sabella durante il periodo in cui aveva la delega di presidente del Municipio X (p.es. lo Shilling) e quelli ‘tollerati’ da Sabella (p.es. L’Arca). Un pasticcio imbarazzante e soprattutto illegale compiuto da chi, come Sabella, ha avuto troppi momenti di ‘distrazione‘ sul Lungomare di Ostia. Invieremo un nuovo esposto alla Commissione Prefettizia attuale del Municipio X (commissariato per mafia proprio sotto Sabella mentre invece comandava dubbie operazioni di legalità) chiedendo spiegazioni in merito sia al varco che all’eventuale messa a bando della concessione con procedura ad evidenza pubblica. Tutto questo, mentre imperversano le indagini dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione sulle spiagge libere, i cui affidamenti non sono mai stati controllati con dovizia da Sabella.

Paula de Jesus per LabUr

 

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OSTIA, APERTURA CAMPEGGIO CAPITOL: ESPOSTO

campeggio capitol

Inviato il 2 marzo 2016 al Comune di Roma, al X Municipio, al CBTAR, alla Regione Lazio, al Corpo Forestale dello Stato.

PREMESSA
L’apertura del Camping Village Roma Capitol, lungo via di Castel Fusano, è prevista nella primavera del 2016. La nuova struttura a 4 stelle si estenderà su un’area di 26 ettari nella Pineta di Castel Fusano, all’interno della Riserva Naturale Statale del «Litorale Romano». L’area, secondo il Decreto n.311 del 24 ottobre 2013 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Mare (pubblicato sulla G.U. n.272 del 20/11/2013, Nuova perimetrazione della Riserva naturale statale del «Litorale Romano»), delimitata da via del Canale dello Stagno, via di Castel Fusano, via del Fosso di Dragoncello e via dei Pescatori, insiste nella c.d. “Zona 1 (di massima protezione)”, come si evince dalla Tavola n.7 allegata al D.M. sopra citato.
L’operazione finanziaria ha coinvolto la Iccrea Banca Impresa e un pool di banche di credito cooperativo, costituito da Bcc Roma, Bcc Garda, Bcc Staranzano e Bcc San Biagio, assistite dallo studio legale Watson Farley & Williams, con un team guidato dal partner Francesco Dialti. Il finanziamento, utilizzato per i costi relativi alle infrastrutture ricettive del camping, è stato concesso alla S.i.l. Campeggi srl, società del gruppo Baia Silvella con sede a Salò, controllata dalla famiglia Vezzola (Piazza Vittorio Emanuele II, 31; 25087 Salò, Italia). L’autorizzazione a costruire nuove strutture, dopo numerose vicende giudiziarie, è stata rilasciata dal Dipartimento Turismo di Roma Capitale (d.d. 57 del 08.08.2012, autorizzazione unica n.QA8030 del 30.11.2005). Con l’apertura di tale camping, il Gruppo Baia Silvella, che rappresenta una delle più radicate e conosciute realtà nel settore del Camping Village a livello internazionale, porterà a 9 le proprie strutture ricettive.

I FATTI
Lo stato attuale dei lavori risulta essere molto in ritardo rispetto alle date previste per l’apertura. Tuttavia, sono già aperte da mesi le prenotazioni e la struttura ospiterà questa estate oltre 5.000 posti letto più bar, ristorante e self-service, pizzeria, market e bazar, anfiteatro all’aperto, cappella all’aperto, piscine, campi polivalenti, campi da beach volley e calcetto, più tutto quanto necessario per accogliere, camper, caravan, tende e case mobili. Si teme che, per aprire in tempo utile la struttura, non sia ancora completato e collaudato quanto previsto per legge e da progetto al fine di garantire le necessarie condizioni idriche, idrauliche e igienico-sanitarie a tutela dell’area protetta in cui insiste.

CONSIDERATO
– che gli obiettivi del Piano di Gestione della RNS del Litorale Romano sono: la tutela della biodiversità e la conservazione delle componenti faunistiche, floristiche, vegetazionali, geologiche, idriche, ecosistemiche e paesaggistiche dell’area;
– che il progetto di riqualificazione del campeggio Capitol in località Ostia Castel Fusano, inquadrato come ‘riassetto urbano’ per la pesante concentrazione ed attività antropica prevista soprattutto durante il periodo estivo, prevedeva l’assoggettamento alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale da parte della Regione Lazio, della quale risulta esser stato dato nel 2011 un ‘parere favorevole con prescrizioni’ (prot. 478964 del 8/11/11);
– che risulta una forte criticità idraulica ed ambientale dell’area;
– che l’unico corpo ricettore idrico risulta essere il tratto terminale del Canale dei Pescatori, che già presenta una pessima qualità chimico-fisica nonché biologica delle acque;
– che deve essere evitato il deperimento della falda acquifera,

SI CHIEDE CON URGENZA LA VERIFICA DEI SEGUENTI PUNTI, ESSENDO EVIDENTE IL RITARDO DEI LAVORI E IL CONSEGUENTE COLLAUDO DELLE OPERE, IN FUNZIONE DELLA PROSSIMA APERTURA DEL CAMPING

1. la verifica dello stato dei lavori e il collaudo dell’impianto di depurazione delle acque reflue;
2. la verifica dei sistemi di smaltimento delle acque meteoriche e delle piscine;
3. la verifica dell’effettiva trasformazione del territorio ad invarianza idraulica rispetto all’unico corpo ricettore idrico che riceve i deflussi superficiali originati dalla trasformazione stessa (equilibrio idraulico ed idrogeologico);
4. la verifica della certificazione dell’allacciamento alla rete fognaria dei servizi commerciali;
5. la verifica di compatibilità di tutto quanto finora elencato rispetto al Piano di Gestione della RNS del Litorale Romano in funzione dei principi espressi nel Rapporto Preliminare prodotto a seguito del decreto del Presidente della Regione Lazio (n. T00468 del 16 dicembre 2014) con cui, in ottemperanza alle Sentenze T.A.R. Lazio nn. 3764/2009 e 12651/2009 è stato nominato il dott.Vito Consoli, Direttore dell’Agenzia Regionale Parchi (A.R.P.), Commissario ad acta, con il compito di attivare tutti gli adempimenti necessari ai fini della conclusione della procedura amministrativa di adozione del Piano di Gestione e del Regolamento attuativo della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano.

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PORTO DI ROMA, OSTIA – LE RESPONSABILITA’ POLITICHE DELLA MANCATA VIGILANZA

ALLEGATO 16 cidonio 2b

Nonostante il Municipio X sia stato commissariato per mafia, né l’Assessore Alfonso Sabella né la Commissione Prefettizia hanno saputo dare una risposta sul Collegio di Vigilanza del Porto di Roma. Non si riesce nemmeno a chiarire se Balini abbia pagato interamente i canoni demaniali. Al Dipartimento di Programmazione e Attuazione Urbanistica non si trova il progetto del Porto. Sabella ai suoi collaboratori: “Stiamo attenti quando trattiamo il Porto, li ci sparano sul serio”. Ma non ha fatto nulla. Sarebbe stato un inizio di percorso di legalità quello di nominare chi doveva controllare che tutto fosse in ordine.

Recentemente LabUr ha inoltrato un Accesso Civico al Comune di Roma, volto a conoscere la composizione del Collegio di Vigilanza relativo all’Accordo di Programma che ha portato alla realizzazione del Porto di Roma. Essendo “un accordo di programma, nel diritto amministrativo italiano, una convenzione tra enti territoriali (regioni, province o comuni) ed altre amministrazioni pubbliche mediante la quale le parti coordinano le loro attività per la realizzazione di opere, interventi o programmi di intervento” abbiamo chiesto chi abbia vigilato sulla corretta realizzazione di quest’opera strategica, dato che l’art. 34, comma 7, D.Lgs. 18 Agosto 2000 n. 267, prevede tale organo di controllo. Ebbene, dopo 15 anni dall’inaugurazione avvenuta nel 2001, LabUr ha scoperto che non c’è mai stato un Collegio di Vigilanza, così come previsto dall’articolo 5 dell’Accordo di Programma firmato in data 26 luglio 2000 e ratificato ai sensi dell’art.27 della legge 142/90 dal Comune di Roma con delibera n.134 del Consiglio Comunale in data 31 luglio 2000.
Il Collegio di Vigilanza doveva essere composto dal Sindaco (o suo delegato) e da un rappresentante di ciascuno degli enti firmatari: Regione Lazio, Ministero Beni Culturali (Soprintendenza di Ostia e di Roma) e Ministero delle Finanze (Direzione Centrale Demanio). Dall’Accordo di Programma è per esempio scomparsa la Caserma della Guardia di Finanza che ha lasciato il posto ad un albergo e a un residence, nonché al museo della LIPU, fatto che avrebbe dovuto bloccare la realizzazione del Porto di Roma.

LA RINUNCIA DELLA GUARDIA DI FINANZA
Da un carteggio tra la Guardia di Finanza e la società di Mauro Balini del 27 dicembre 2008 (prot. n.40152/52, II Gruppo Roma) si evince che già il 26 aprile del 1999 la Guardia di Finanza sottolineava che la costruzione dell’immobile non era da considerarsi vincolante per il Corpo in quanto non era mai “stato assunto alcun impegno formale a nome dell’Amministrazione” con l’A.T.I., la società di Balini che ha realizzato il Porto grazie all’Accordo di Programma del 2000. Dunque, a dicembre 2008, la Guardia di Finanza si sente libera di rifiutare la Caserma. Questa circostanza era già nota a Balini almeno due mesi prima, visto che il 10 ottobre 2008 il Comune di Roma vendeva a Balini un pezzo di terra in esecuzione della deliberazione n.35 adottata in data 17 marzo 2008 dal Commissario Straordinario del Comune di Roma, Mario Morcone. Proprio su una parte di quel terreno di 31.578 mq ubicato dietro al Porto (lungo via Carlo Avegno, oggi ancora abbandonato), venduto a 3.819.934,40 euro (circa 121 euro/mq) doveva infatti sorgere la Caserma. Balini però aveva già pronto un altro progetto che prevedeva la costruzione di un residence, di un albergo e altro ancora. A prescindere dai dettagli tecnici, questa era una delle situazioni in cui avrebbe dovuto intervenire il Collegio di Vigilanza.

LA CAMPAGNA ELETTORALE DI RUTELLI
Dal 14 febbraio al 28 aprile 2008, Roma ha avuto un Commissario Straordinario a seguito delle dimissioni del Sindaco Veltroni (PD), candidato alla Presidenza del Consiglio. Il Prefetto era Morcone, che a marzo del 2008 rende ‘vendibile’ l’area dove Balini vuole sviluppare il nuovo progetto. Circa un mese dopo, il 7 aprile 2008, Francesco Rutelli, candidato a Sindaco di Roma per il centrosinistra, viene invitato a fare il suo comizio elettorale dentro gli uffici del Porto di Roma da Mauro Balini, patròn del Porto, finito nelle cronache di Mafia Capitale. Erano presenti, oltre all’ex Assessore comunale al Commercio prima sotto Rutelli (1997-2001) e poi sotto Veltroni (2001-2008), Franco Cioffarelli (PD), che accompagnava Rutelli, l’assessore regionale allo Sviluppo Economico, Ricerca Innovazione e Turismo, Claudio Mancini (PD), l’assessore al Turismo della Provincia di Roma, Patrizia Ninci (PD), il presidente uscente del Municipio, Paolo Orneli (PD), compresi esponenti locali come Domenico Pizzuti (PD) e altri. Queste le testuali parole di Mauro Balini: “Volevo soltanto dire dell’incontro del Porto di Roma con l’onorevole Rutelli. Che per noi romani è Rutelli, Francesco. E’ nato nel 2000-2001. Avevamo un problema serio con l’iter procedurale e chiedemmo aiuto al nostro Sindaco, Francesco Rutelli. Quel giorno mi accompagnò l’assessore Franco Cioffarelli. Francesco Rutelli aveva altre cose da fare, ci fermò in un salotto e ci disse soltanto due parole (non so se te le ricordi), mi fece: “Balini, ma i posti di lavoro, li lasci?” “Come no!” “L’imprenditoria la vuoi?” “Si!” “Riesci a dare altra forza lavoro sul territorio, ripristinare il parco Pasolini?” “Si!” Siamo andati via e si fece quella sera il porto turistico di Roma“. Rutelli annuisce e promette che il futuro raddoppio del Porto e la realizzazione del nuovo ponte della Scafa si faranno.

IL DEPISTAGGIO DI SERAFINA BUARNE’, SEGRETARIO GENERALE DEL COMUNE DI ROMA
La mancanza del Collegio di Vigilanza di un Accordo di Programma così importante doveva esser già nota al Comune di Roma, anche perché è obbligo di legge la pubblicazione dell’avvenuta composizione. A maggior ragione ciò doveva esser fatto dal Comune di Roma dopo i fatti di Mafia Capitale e l’arresto di Mauro Balini. Invece, il 15 gennaio 2016, alla richiesta di LabUr, Serafina Buarnè, Segretario Generale del Comune di Roma (preposto alla trasparenza amministrativa e scelto dall’Assessore alla Legalità, Alfonso Sabella), nega l’Accesso Civico rispondendo testualmente che quanto richiesto “non soggiace agli obblighi di pubblicazione previsti dal D.Lgs. n.33/2013“. Non era il primo rifiuto. Nel frattempo la Buarné ha lasciato l’incarico e dopo l’ennesima richiesta di LabUr è arrivata la risposta il 5 febbraio 2016 da parte della dott.ssa Maria Rosaria Pacelli, che intimava la pubblicazione richiesta da LabUr entro il 24 febbraio 2016. Ad oggi, 28 febbraio, però ancora nulla.

L’IMBARAZZO DELLA COMMISSIONE PREFETTIZIA DI OSTIA
Nonostante il Municipio X sia stato commissariato per mafia, né l’Assessore Alfonso Sabella né la Commissione Prefettizia hanno saputo dare una risposta sulla Commissione di Vigilanza. La cosa davvero incredibile è che non si riesce a chiarire se Balini abbia pagato interamente i canoni demaniali mentre ci si accanisce contro tutti gli stabilimenti balneari, senza alcuna distinzione. Addirittura al Dipartimento di Programmazione e Attuazione Urbanistica non si trova il progetto del Porto: l’Ing. Antonello Fatello (che istruì l’Accordo di Programma) oggi è indagato e non si conoscono i nomi della Commissione di Vigilanza sulle opere pubbliche e di interesse pubblico del Porto. Lo stesso Sabella diceva ai suoi collaboratori: “Stiamo attenti quando trattiamo il Porto, li ci sparano sul serio”. Ma non ha fatto nulla. Sarebbe stato un inizio di percorso di legalità da parte di Sabella quello di nominare chi doveva controllare che tutto fosse in ordine, un’azione ordinaria, non straordinaria.

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URBANISTICA SOCIALE PER NUOVA OSTIA: IL PASTICCIO DEL COMUNE DI ROMA

ide

(Rappresentazione cartografica dell’Indice di disagio edilizio (IDE) per zona urbanistica di Roma – Fonte: Elaborazioni dell’Ufficio di Statistica di Roma Capitale – Settore Cartografico – su dati Istat)

Il degrado edilizio di Nuova Ostia (le famose ‘case ricotta’ del costruttore Armellini) emerge nella sua drammaticità in una pubblicazione di gennaio 2016 fatta dal Comune di Roma, un vero e proprio pasticcio tecnico/amministrativo che denota l’incompetenza degli uffici capitolini.
Tutto prende spunto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M. 15 ottobre 2015, “Interventi per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate, GU n.249 del 26-10-2015) con il quale è stato redatto un “Bando per la presentazione di proposte per la predisposizione del piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate”. Secondo il bando, erano ammessi a presentare i progetti e le domande di finanziamento entro il 30 novembre 2015, i Comuni che hanno nel loro territorio la presenza di aree urbane degradate. Il Comune di Roma, incomprensibilmente, è riuscito ad affermare e ‘dimostrare’ la non esistenza di “aree degradate”, pubblicando solo a gennaio 2016 (cioè oltre la scadenza prevista) un’analisi per municipio e zona urbanistica sulla base del Censimento ISTAT del 2011 e prendendo in considerazione solo il 96% delle sezioni di censimento di Roma. In pratica, un vero e proprio pasticcio che non restituisce la tragica realtà in cui vive Roma e in particolare l’area di Nuova Ostia. Inoltre, il D.P.C.M. prevedeva che i dati dovessero essere “riferiti al semestre precedente a quello della rilevazione” e dunque non si comprende perché il Comune di Roma abbia utilizzato i dati Censimento ISTAT del 2011, cioè di 5 anni fa.

E’ davvero incomprensibile il comportamento del Comune di Roma, dato che i criteri per definire le “aree urbane degradate” erano semplici:

– Indice di Disagio Sociale (IDS), pari o superiore a 1, sulla base del tasso di disoccupazione, di occupazione, di concentrazione giovanile e di scolarizzazione;
– Indice di Disagio Edilizio (IDE), pari o superiore a 1, sulla base dello stato di conservazione degli edifici residenziali dell’area urbana d’interesse (pessimo e mediocre), del totale degli edifici residenziali dell’area urbana d’interesse, più un coefficiente di ponderazione (0,168)

Per altro il bando prevedeva anche che “gli indicatori potranno essere rilevati anche a livello di territorio infracomunale, attraverso l’aggregazione di particelle censuarie contigue con riferimento ai dati rilevati dal Censimento 2011”.
Nonostante ciò, il Comune di Roma riesce nell’impresa di non far emergere la drammaticità dello stato di abbandono ad esempio di oltre 1.500 unità immobiliari a Nuova Ostia, sia sotto il profilo della manutenzione ordinaria sia di quella straordinaria, un problema da sempre noto all’Amministrazione Capitolina. Ricordiamo che in quest’area è stato chiuso per occupazione abusiva il circolo del PD di via Forni, che aveva aperto già nel 2007 uno sportello per assistere le famiglie “nei rapporti con la Romeo e con l’ATER“, cioè con le aziende che si occupano dell’amministrazione dell’edilizia residenziale. E’ stata la stessa segretaria del circolo, Sabrina Giacobbi, ad affermare che il circolo del PD non ha mai pagato un alloggio che invece il Comune ha pagato per 45 anni alle società della famiglia Armellini.

Le ingerenze di alcuni partiti nelle aree degradate, nel caso specifico a Nuova Ostia del PD, devono terminare. E’ ora che si realizzi una seria urbanistica sociale che recuperi le aree degradate a vantaggio dell’edilizia residenziale pubblica, quella destinata ai poveri, a coloro che vivono in costante emergenza abitativa e non agli amici del partito, pronti a tuonare sciocchezze senza alcun fondamento di realtà grazie alla stampa compiacente in prossimità delle campagne elettorali.
E’ di questi giorni la richiesta da parte del Comune di Roma al Municipio X di intervenire nei confronti dei 4.172 alloggi di edilizia residenziale pubblica facenti parte del patrimonio comunale dopo la chiusura del contratto con la Romeo Gestioni Spa, che perdurava dal 20 ottobre 2005. In realtà i numeri del Municipio X sono di gran lunga più impressionanti, tutti in aree degradate:

– Alloggi di edilizia residenziale e pertinenze condotti in affitto passivo: 1.720 (di cui 1.042 di ‘Armellini’ a Nuova Ostia)
– Alloggi di edilizia residenziale e pertinenze: 4.172
– Beni ad uso non residenziale: 65
– Beni ad uso non residenziale condotti in affitto passivo: 53

Dunque appare evidente che il Comune di Roma non intende assumersi la responsabilità di individuare le ‘aree degradate’ all’interno dei suoi confini. Fa più comodo ai partiti usare queste sacche di degrado come un serbatoio di voti. Eppure oggi ci sarebbe stato lo strumento per risolvere una volta per tutte la questione del degrado sociale, urbanistico ed edilizio del settore di Ostia Ponente. Invece, secondo i ‘calcoli’ (errati) del Comune di Roma, in funzione del censimento del 2011, per Ostia Nord (non Nuova Ostia, che ne costituisce una parte) risulterebbe un Indice di Disagio Sociale (IDS) pari a -0,25 e un Indice di Disagio Edilizio (IDE) pari a +1,72. Valori questi ben lontani da quelli del Municipio Roma X di appartenenza (IDS=-3,81, IDE=+0,63), più vicini a quelli del Comune di Roma (IDS=-4,42, IDE=+0,75) e comunque non sufficienti per classificare Ostia Nord “area degradata”.
In cambio, compiuto il pasticcio, rimane il danno erariale della sede del PD di Nuova Ostia (si stima oltre un milione di euro), le fatiscenti case ‘ricotta’ costruite dalla famiglia Armellini e la ripresa (sempre da parte del PD) della compravendita dei voti in funzione di un fallito e scellerato Piano di Riqualificazione Urbana di Ostia Ponente di quasi 20 anni fa. Nuovamente si conducono analisi senza alcun rigore e le stesse forze politiche, che pure hanno lucrato sulla speculazione fondiaria e sono responsabili della politica che è all’origine del degrado di molti quartieri, sono le stesse che dicono che è tutta colpa della criminalità e finalmente c’è la soluzione, una soluzione che inizia sempre, nella moda del momento, con la parola “legalità” brandita come una clava al solo scopo di accattivarsi il favore elettorale delle loro vittime (e che loro per primi non rispettano). Una “legalità” di cui non sappiamo che farcene se serve solo a colpire i più deboli e favorire i soliti poteri per lasciare tutto così com’è da decenni a questa parte.

Paula de Jesus per LabUr

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IDROSCALO DI OSTIA A RISCHIO PER ASSENZA DEL COLLEGIO DI VIGILANZA SULLE OPERE DEL PORTO DI OSTIA

scolmatore idroscalo

Relativamente al problema della sicurezza idraulica dell’Idroscalo di Ostia si attende ormai da 15 anni la costituzione (ai sensi del comma 7 dell’art.34 del D.Lgs. n. 267/2000) del Collegio di Vigilanza sullo stato di attuazione dei due Accordi di Programma relativi alla realizzazione del Porto Turistico di Roma ad Ostia e del suo raddoppio. E’ una gravissima negligenza da parte della Pubblica Amministrazione che oggi invece interviene chiedendo la ‘delocalizzazione’ dell’abitato dell’Idroscalo in funzione della futura (ma non prossima) realizzazione, a monte dell’abitato, di un tratto di argine mancante sul fiume Tevere. Il rispetto di quanto previsto dagli Accordi di Programma eliminerebbe, nell’immediato, il problema della pubblica incolumità e della necessità di ‘delocalizzare’ l’Idroscalo di Ostia, mitigando in modo significativo le conseguenze previste a seguito di un’eventuale piena eccezionale del fiume Tevere.

INTRODUZIONE
Il futuro dell’abitato dell’Idroscalo di Ostia, che con la delibera n.3 del 18 dicembre 2015 della Commissione Prefettizia per il Municipio X si intende ‘delocalizzare’, è vincolato da questioni di abusivismo e di sicurezza idraulica. Nella riunione del 14 gennaio 2016 tra il Coordinamento dell’Idroscalo e la Commissione Prefettizia, è però emersa l’urgenza della ‘delocalizzazione’ solo in termini di sicurezza idraulica, urgenza dovuta alla futura realizzazione dell’argine proposto dal Comune di Roma in prossimità di Tor San Michele. Tuttavia nella riunione non si è tenuto conto dei valori della portata del fiume Tevere in caso di piena eccezionale, questi a loro volta regolabili dalla ripartizione delle portate a Capo Due Rami (previsione del ‘partitore’, opera TE019) e da altre opere idrauliche di mitigazione. Risulta evidente che senza una corretta analisi dei valori di portata della piena non è possibile calcolare il livello di pericolosità per la pubblica incolumità dell’Idroscalo di Ostia.

PORTATA DEL FIUME TEVERE E OPERE DI MITIGAZIONE
La Commissione nominata dal Ministro dei LL.PP. con decreto del 28 febbraio 1938 n.1428 avente l’incarico di proporre un Piano Generale di opere di sistemazione del Tevere, ha prescritto la sistemazione dell’incile del canale di Fiumicino per limitare a 500 mc/s la portata massima derivabile in caso di piena del fiume.
Pertanto, in relazione al vigente quadro idrologico di riferimento ciò sta a significare (per un evento con tempo di ritorno pari a 200 anni) una portata naturale nel ramo di Fiumara Grande pari a 2.640 mc/s, che diviene pari a 2.959 mc/s in condizione di regolazione della partizione a Capo Due Rami (opera TE019).
Attualmente, le simulazioni hanno evidenziato che la portata uscente dalla soluzione di continuità dell’argine in sponda sinistra di Fiumara Grande in zona Tor San Michele invaderebbe l’area comunale in sinistra dell’alveo ed entrerebbe nell’area appositamente destinata ad oasi naturale della LIPU, tramite i varchi realizzati dall’interruzione delle dune perimetrali, e lungo via dell’Idroscalo, venendo convogliata fino all’estremità occidentale del parco in corrispondenza della zona terminale del Porto Turistico di Roma e del borghetto dell’Idroscalo. La corrente idrica manterrebbe in tutta l’area velocità estremamente contenute, inferiori a 0,30 m/s.
Invece, nell’ipotesi di avvenuta realizzazione del partitore di Capo Due Rami, e dunque di incremento dei valori di portata transitante nella Fiumara Grande, le simulazioni hanno evidenziato un aggravio della sofferenza idraulica in aree insediate con infrastrutture di servizi cantieristici, in particolare in presenza del rilevato arginale proposto dal Comune di Roma. In tale ipotesi, è dunque necessario intervenire in corrispondenza della sezione terminale dell’oasi naturale con la realizzazione di interventi di ingegneria idraulica che, inquadrati nel più ampio ambito dell’assetto definitivo dell’area di foce, consentono di recapitare in mare a ponente della struttura portuale le portate eccedenti quelle smaltibili con i provvedimenti di protezione civile, garantendo con lo ‘scolmatore su via dell’Idroscalo’ (si veda immagine riportata):

  • lo scarico a mare in condizioni di livello marino a quota 0.76 m delle maggiori portate sopra definite;
  • l’impossibilità del rientro della marea nell’area dell’oasi naturale;
  • il sottopassaggio di via dell’Idroscalo e delle aree terminali occidentali del Porto Turistico di Roma;
  • il contenimento dell’impatto ambientale dell’opera adottando, in particolare per lo scarico a mare e l’attraversamento del litorale, soluzioni compatibili dal punto di vista ambientale;

Tale soluzione era stata approvata in fase di progetto definitivo per il raddoppio del Porto Turistico di Roma ad Ostia ed era conseguenza di scelte (mai attuate) del progetto iniziale del porto stesso.

CONCLUSIONI
Partendo dal modello idrodinamico utilizzato dal progetto definitivo del raddoppio del Porto Turistico di Roma ad Ostia, è possibile, tramite impiego dello scolmatore su via dell’Idroscalo, nell’ipotesi dell’assetto definitivo dell’area di foce, consentire di ridurre il livello idrico nella zona del “borghetto dell’Idroscalo”, ottenendo un modesto aggravio della sofferenza idraulica, peraltro non significativa ai fini del livello di criticità delle costruzioni ivi poste.

Ricordiamo infine che dal 2010 si attende che il Comune di Roma, per continuità amministrativa, esegua l’ordinanza dell’ex Sindaco di Roma, Giovanni Alemanno, n.43 del 17 febbraio 2010, relativamente alla difesa lato fiume dell’abitato dell’Idroscalo di Ostia. L’ordinanza aveva caratteristiche di Protezione Civile e prevedeva anche la difesa dell’abitato di Ostia mediante posa, presso gli argini del fiume Tevere, di palancole in acciaio tipo Larssen 23, per una lunghezza di circa 200 metri, opera mai realizzata.

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OSTIA, LE “SPIAGGIE” DEL PD E L’EMENDAMENTO ALLA LEGGE DI STABILITA’

stefano esposito spiega ddl

Il problema degli imprenditori balneari definiti “concessionari pertinenziali” esiste dal 2007 e lo ha creato lo Stato. Non è un problema di abusivismo, di criminalità, di illegalità, ma è un problema fiscale. Tutti i partiti lo hanno sempre denunciato chiedendo di risolverlo per salvare dal fallimento centinaia di imprenditori balneari. Il PD invece, intervenendo adesso
a dicembre 2015 in ambito di Legge di Stabilità, ha approfittato del problema, introducendo nella legge un emendamento a favore di tutti i balneari, poi riformulato in sede di testo finale (14 dicembre 2015), ma che inizialmente così recitava: “…fino al 31 dicembre 2016 sono sospese le decadenze, nonché gli eventuali procedimenti amministrativi, avviati dalle amministrazioni competenti, concernenti il rilascio, la sospensione, la revoca o la decadenza della concessione demaniale marittima derivanti dal mancato versamento del canone, e relativi effetti” (pubblicato nel Bollettino delle Giunte e Commissioni del 06/12/2015). In questa frase non c’era alcuna restrizione ai soli “concessionari pertinenziali“. Forse solo così si capisce perché il senatore Stefano Esposito (PD), intervenendo sull’argomento telecomandato da Matteo Orfini (presidente PD), ha scritto ‘spiaggie’ con una imbarazzante ‘i’ di troppo, la ‘i’ di ‘interessi’ ‘illegittimi quando non illeciti’. Interessi ai quali il PD da 2 anni a questa parte sembra essersi dedicato con particolare attenzione, soprattutto ad Ostia, dove si adopera per creare evidente confusione. D’altronde Stefano Esposito, personaggio sconosciuto alla politica, è diventato ‘famoso’ nel suo breve Assessorato alla Mobilità presso il Comune di Roma (materia a lui ignota) per le bestemmie in Aula Giulio Cesare, per aver intonato il coretto juventino “Roma merda”, per essere diventato un troll su twitter e facebook contro il M5S e per esser stato condannato per diffamazione verso i NoTav. Insomma, l’ultima ‘sbrodolata’ di Esposito serve solo per gettare fumo e far ‘caciara’ con l’obiettivo di mascherare gli interessi del PD sulle spiagge. Vediamo perché.

LA QUESTIONE DEI CANONI DEMANIALI RIVISTI NEL 2007
Con la legge finanziaria del 2007 (art.1 comma 251 legge 296/2006) sono state introdotte nuove modalità di calcolo dei canoni demaniali marittimi per finalità turistico/ricreative.
Con una serie di circolari dell’Agenzia del Demanio e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sono state stabilite le ‘linee guida’ per la determinazione del canone demaniale relativamente all’individuazione e quantificazione delle superfici demaniali sulla base delle seguenti tipologie: area scoperta, area di facile rimozione, area di difficile rimozione, pertinenze demaniali non soggette a canone OMI, pertinenze demaniali soggette a canone OMI e specchi d’acqua. Per ‘pertinenza demaniale’ si intende una costruzione (bar, ristorante, etc.), realizzata dal privato in area di concessione, che risulta però acquisita dallo Stato. Quelle soggette al canone OMI sono quelle destinate ad attività commerciali, terziario/direzionali e di produzione di beni e servizi.
Ricordiamo che l’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) è l’organo dell’Agenzia delle Entrate che cura la rilevazione e l’elaborazione delle informazioni di carattere tecnico-economico relative ai valori immobiliari e al mercato degli affitti. Dunque, per canone OMI, si intende che a un ristorante, a un bar, a una palestra costruita su demanio marittimo deve applicarsi, come coefficiente, lo stesso valore di mercato rilevato dagli esercizi equivalenti della stessa zona e che non insistono su aree demaniali.

ACQUISIZIONE ALLO STATO DELLE OPERE INAMOVIBILI REALIZZATE NELL’AMBITO DI UNA CONCESSIONE DEMANIALE MARITTIMA
Le ‘pertinenze demaniali’ soggette a canone OMI sono opere spesso, per loro natura, ‘non amovibili’: bar, ristoranti, palestre, negozi, etc. che sono state acquisite, gratuitamente,
dallo Stato. Infatti l’Agenzia del Demanio impone che alla scadenza di una concessione demaniale, l’acquisizione (accessione gratuita) allo Stato delle opere ‘non amovibili’ in essa
comprese avvenga ‘ipso iure’ cioè senza la necessità dell’adozione di alcun ulteriore atto, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione. Non è previsto alcun
rimborso o compenso all’ex-concessionario. Ciò avviene mediante un atto di incameramento, che consiste nella redazione del ‘testimoniale di stato’ e del ‘verbale di contestazione’ delle opere ‘non amovibili’. Il passaggio delle opere ‘non amovibili’ allo Stato si chiama ‘devoluzione’. Da qui l’importanza tra rinnovo e proroga di una concessione. Il rinnovo segna la scadenza della precedente concessione e dunque l’incameramento delle opere ‘non amovibili; la proroga presuppone la continuazione del rapporto in corso e dunque non c’è incameramento. In realtà la legge che fino ad oggi ha consentito il rinnovo automatico delle concessioni ha introdotto un regime derogatorio che in sostanza esclude l’incameramento, uguagliando il rinnovo automatico alla proroga. E’ chiaro che in fase di incameramento esiste una molteplicità di casi: si deve valutare se un’opera è veramente inamovibile, se è in buono stato di conservazione o se conviene demolirla e così via.

IL PROBLEMA
Il problema è come considerare le opere di difficile rimozione (‘non amovibili’) realizzate in aree in concessione che, alla scadenza del titolo, non siano state formalmente incamerate tra le pertinenze demaniali mediante redazione di specifico verbale e relativo testimoniale di Stato (atto di incameramento). Ciò è all’origine della disparità dei pagamenti tra le concessioni che hanno al loro interno beni incamerati (pertinenze dunque soggette anche al canone OMI, secondo gli aumenti previsti dalla finanziaria del 2007) e concessioni che non li hanno. Le prime, vengono chiamate “concessioni pertinenziali” proprio perché nel canone da pagare la quota dovuta alle pertinenze è quella più rilevante. Il problema delle pertinenze demaniali, con canoni aumentati del 300% o 1500% in un anno (dal 2006 al 2007), ha mandato e sta mandando in fallimento centinaia di imprenditori balneari italiani che prima pagavano poco e ora pagano troppo.
Una recente sentenza del TAR della Toscana n.328 del 27 febbraio 2015 ha stabilito che i beni edificati dal concessionario su area demaniale sono in proprietà superficiaria del
concessionario e non sono quindi di proprietà demaniale, dunque non sono pertinenze demaniali e quindi non sono soggette al canone OMI, ma a quello tabellare. In questo modo, si è definitivamente sancita la disparità con i concessionari pertinenziali, che devono pagare canoni insostenibili e che, a causa di ciò, stanno per vedersi revocata la concessione stessa proprio per il mancato pagamento del canone.

IL CAOS INTRODOTTO DAL PD
Mentre da anni si discute tale problema in ogni sede senza venirne a capo, a partire dall’estate 2013 (dopo gli arresti per mafia sul Litorale romano e dopo l’arresto del presidente del X Municipio, Andrea Tassone, PD), il PD ha imbastito un’azione di fanatismo nel nome della “Legalità” dando dei ‘mafiosi’ a tutti i concessionari balneari e considerandoli abusivi per aver costruito in maniera, a loro dire, illegale sul demanio marittimo. Poiché il litorale di Roma è, per decentramento amministrativo, governato proprio dal X Municipio, sono partite da Ostia le finte ‘ruspe della legalità’, si sono aperti finti varchi a mare e si sono operati, fino a novembre 2015, finti sequestri per presunti abusi edilizi, mai convalidati da un GIP, su bar, ristoranti e locali degli stabilimenti balneari (nessuno in realtà mai incamerato). Tutto orchestrato a livello mediatico dal Sen.  Stefano Esposito, telecomandato da Matteo Orfini, in veste di commissario del PD di Ostia. Obiettivo, indebolire il potere delle associazioni dei balneari di Ostia. Peccato che Orfini sia stato evidentemente messo all’oscuro su quello che il partito, che lui stesso presiede, stava facendo alla Camera in ambito di Legge di Stabilità.

Infatti è accaduto qualcosa di incredibile a inizio dicembre 2015.
Nel testo approvato dalla V Commissione Bilancio della Camera (A.C. 3444-A) della Legge di Stabilità 2016 (nuovo nome della legge finanziaria), è comparso il 6 dicembre 2015 il
seguente emendamento (pubblicato nel Bollettino delle Giunte e Commissioni del 06/12/2015):

Dopo il comma 256, aggiungere il seguente:
256¬bis. Nelle more del riordino della materia previsto dall’articolo 1, comma 732, della legge 27 dicembre 2013, n.147, fino al 31 dicembre 2016 sono sospese le decadenze,
nonché gli eventuali procedimenti amministrativi, avviati dalle amministrazioni competenti, concernenti il rilascio, la sospensione, la revoca o la decadenza della concessione demaniale marittima derivanti dal mancato versamento del canone, e relativi effetti. Fino alla medesima data del 31 dicembre 2016 sono sospesi i procedimenti amministrativi finalizzati alla devoluzione delle opere non amovibili di cui all’articolo 49 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327.
[nr. di presentazione: 27.46; presentatori Pizzolante (AP), Arlotti (PD), Giacobbe (PD), Capone (PD), Sani (PD)]

Dunque, non si diceva esplicitamente di voler salvare i ‘concessionari pertinenziali’, bensì si chideva di sospendere la devoluzione delle opere non amovibili nel caso di mancato
pagamento del canone (quindi una regola che vale per tutti i concessionari), che estendeva di fatto a tutta la categoria dei concessionari balneari l’impunità in caso di mancato
pagamento del canone. Il M5S a questo punto ha accusato il 15 dicembre il PD di fare il doppio gioco con i balneari, perché se da una parte il PD, capeggiato da Esposito, li definisce ‘mafiosi’ ad Ostia, dall’altra avrebbe consentito con l’emendamento che, in assenza del pagamento del canone, nulla potesse accadere nei loro riguardi.
Peccato che il 14 dicembre tale emendamento (pubblicato nel Bollettino delle Giunte e Commissioni) fosse già stato riformulato, riportando la questione nei giusti termini:

Dopo il comma 256, aggiungere il seguente:
256­bis. Sino alla data del 30 settembre 2016, entro la quale si provvede al complessivo riordino della disciplina dei canoni demaniali marittimi, i procedimenti amministrativi
pendenti alla data del 15 novembre 2015, avviati dalle amministrazioni competenti per il rilascio, la sospensione, la revoca e la decadenza di concessioni demaniali marittime con
finalità turistico­ricreative, con esclusivo riferimento a quelle inerenti la conduzione delle pertinenze demaniali, derivanti da procedure di contenzioso connesse all’applicazione dei
criteri per il calcolo dei canoni di cui all’articolo 1, comma 251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono sospesi. La disposizione di cui al presente comma non si applica per i
beni pertinenziali che risultano comunque oggetto di procedimenti giudiziari di natura penale. [nr. di presentazione: 27.46; presentatori Pizzolante (AP), Arlotti (PD)]

A questo punto il “coupe de theatre” di Stefano Esposito: il 17 dicembre, nonostante non sapesse nulla di quanto fosse accaduto sino ad allora, accusa il M5S di non sapere a sua volta dell’emendamento riformulato! e dichiara di essere “incredulo per un’iniziativa incomprensibile“che “testimonia una mancanza di regia politica” sul tema da parte del PD. Poi,  per salvare l’azione mediatica condotta ad Ostia, aggiunge di “confidare nel Lodo Mirabelli”. Franco Mirabelli è il capogruppo del PD in Commissione Antimafia e una sua modifica all’emendamento contestato avrebbe consentito di non far valere la norma per gli enti commissariati per mafia. A parte che l’emendamento era già stato approvato nella sua versione finale il 14 dicembre (cioè 3 giorni prima!), ma comunque l’emendamento non interveniva (neppure nella sua stesura iniziale) sugli eventuali abusi edilizi, ma solo sul mancato versamento del canone. Esposito, nel cavalcare la tesi ad Ostia dei balneari ‘mafiosi’, neppure si era accorto che, se ci fosse stato l’intervento della Commissione Antimafia come auspicato anche da Orfini, sarebbero stati coinvolti nella sua ‘guerra’ personale anche i concessionari di Bovalino, Bagnara Calabra, Scicli o
Scalea, anch’essi comuni marini commissariati per mafia. A correre in soccorso del senatore distratto, anche l’organo di partito, l’Unità che, con un imbarazzante e raffazzonato articolo, ha finito per creare ulteriore caos. Infatti, oltre a riportare le esternazioni di Esposito, ha riportato anche un intervento di Carla Ruoco (deputato M5S) del giugno 2014 in cui evidenziava, con chiarezza, i problemi dei concessionari pertinenziali. Peccato che l’Unità abbia messo sullo stesso piano l’intervento del M5S (confinato ai soli concessionari pertinenziali) con l’emendamento iniziale della Legge di Stabilità 2016 che invece era aperto a tutti i concessionari, seguendo il delirio di Esposito in tandem con Orfini.
Quindi, in odore di smascheramento, il PD dopo 8 giorni dall’errore commesso (speriamo in buona fede) riformula l’emendamento, questa volta rivolto ai soli concessionari pertinenziali. Si evince dunque come Orfini ed Esposito abbiano strumentalizzato una questione delicata e nazionale per diffamare nuovamente l’intera categoria dei balneari di Ostia con metodi di distrazione di massa, che portano lontano dalla verità. Consigliamo ad entrambi di interessarsi del lavoro svolto dai colleghi alla Camera dei Deputati per evitare figuracce mostrando tutto il loro vuoto pneumatico tecnico e politico.

Paula de Jesus per LabUr

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