INFERNETTO, VIA PREDOI: GIU’ LE BARACCHE SU I VILLINI. TUTTO REGOLARE?

via-predoi-articoloUn’enorme buca in zona archeologica senza alcun sondaggio preventivo, eternit sbriciolato senza alcuna evidente procedura di smaltimento, casupole inabitabili demolite per raddoppiarne la cubatura e costruire delle ville. Questo l’inquietante scenario a cui si assiste da oltre un mese presso il terreno su via Bedollo, angolo via Predoi, all’Infernetto, un quartiere residenziale senza servizi del Municipio X, quello commissariato per mafia. Ciò che più colpisce è la totale mancanza di legalità apparente che anche un piccolo cantiere come questo dovrebbe rispettare.

A poche centinaia di metri sono ancora  visibili i resti dell’acquedotto romano di via Bedollo salvato in extremis anni fa dai residenti e dall’associazione culturale Severiana eppure, contrariamente a quanto previsto per legge, qui si sono sbancati in fretta e furia metri cubi di terra senza alcun controllo, così come sono state demolite le quattro casette fatiscenti il cui tetto in eternit è stato smantellato senza preoccuparsi di utilizzare prima dei fissanti o di impiegare ditte specializzate per il suo smaltimento, nonostante nei pressi ci sia anche un asilo nido. In fondo, se ci sarà qualche caso di cancro ai polmoni, lo sapremo tra 15 anni.
Ciò che lascia più perplessi è la fretta con cui tutto questo è avvenuto. I lavori sono iniziati utilizzando due recenti ‘furberie’ legalizzate:

– la Legge Regionale 11 Agosto 2009, n. 21 (Misure straordinarie per il settore edilizio ed interventi per l’edilizia residenziale sociale)

– la Super DIA, cioè la combinazione della CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata) e la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), introdotte nel 2010.

Le casupole avevano un regolare titolo abitativo? LabUr – Laboratorio Urbanistico, verificherà la conformità dell’operazione in corso con il contenuto degli artt. 2 e 3 della legge sopra citata, che parla espressamente, p.es., di rispetto degli standard urbanistici e delle opere di urbanizzazione primaria o di interventi che devono essere eseguiti “nel rispetto delle altezze e delle distanze previste dagli articoli 8 e 9 del decreto del Ministro per il lavori pubblici 2 aprile 1968″. Se consideriamo poi che il progettista ed il direttore dei lavori sono legati in maniera ‘lavorativa’ molto stretta con gli uffici tecnici del Municipio, a pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca.

Ricordiamo inoltre che la Super DIA è stata consegnata il 13 luglio 2016 e che i lavori sono iniziati il 29 settembre (finiranno il 30 settembre 2018 per un importo di 1,1 milioni di euro). C’è stato dunque tutto il tempo per verificare gli elaborati e i documenti necessari, tra cui anche la richiesta di una autorizzazione sismica da parte del Genio Civile.

Per altro, in questa stagione,  quando si opera uno scavo si procede subito alla realizzazione dei plinti di fondazione, cosa che non è ancora avvenuta, nonostante l’arrivo delle piogge. Perché allora tutta questa fretta di demolire? Si doveva cancellare qualcosa che ora non si può più vedere e lasciar parlare solo le carte e le successive autorizzazioni?

Non si conosce il progetto e comunque non c’è alcun Permesso di Costruire. La Super DIA è utilizzabile in alternativa al Permesso di Costruire solo nei seguenti casi:

  • per interventi di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici
  • per interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica, purché realizzati in esecuzione di piani urbanistici attuativi approvati che rechino precise indicazioni di carattere volumetrico, tipologico, formale e costruttivo
  • per gli interventi di nuova costruzione, qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.

LabUr seguirà con molta attenzione ogni sviluppo su quel terreno perché è impensabile che all’Infernetto si continui a costruire in ogni francobollo di terra con ogni escamotage possibile, arrivando addirittura a demolire dei manufatti per utilizzarne le cubature senza garantire il rispetto degli standard urbanistici. Via Bedollo e Via Predoi non sono strade in manutenzione al Municipio X ed insistono in un quadrante dell’Infernetto come quello della convenzione di Riserva Verde, da sempre afflitto da gravi carenze urbanistiche. LabUr chiederà all’amministrazione come mai non si sono svolti i dovuti sondaggi archeologici e come mai è stato rimosso materiale in eternit senza alcuna precauzione, come dimostrano le foto in nostro possesso.

paula de jesus per LabUr

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OSTIA – CANTONE DELIBERA A FAVORE DI LABUR SULLE SPIAGGE LIBERE

Per Alfonso Sabella, ex Assessore alla Legalità, tutto 'regolare'

Per Alfonso Sabella, ex Assessore alla Legalità, tutto ‘regolare’

Con delibera 1086 del 5 ottobre 2016, il Presidente dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), il dr. Raffaele Cantone, ha dato ragione a LabUr, Laboratorio di Urbanistica, che aveva inviato un esposto sull’affidamento in concessione dei servizi connessi alla balneazione delle spiagge libere del Litorale di Roma Capitale, Municipio X. Dal 2013 LabUr aveva infatti denunciato pubblicamente, più volte, diversi profili di illegittimità e di non rispondenza alle previsioni normative, che le sono costate insulti, calunnie e diffamazioni aggravate anche con l’utilizzo di certa stampa compiacente che ha coperto comportamenti delittuosi. “I profili di illegittimità e le anomalie riscontrate, in una valutazione di insieme, rivelano una quantomeno non corretta – se non distorta – gestione della procedura posta in essere dal Municipio X di Roma Capitale per l’affidamento dei servizi connessi alla balneazione sulle spiagge libere di Ostia Lido”, tra cui il Lotto n°8, quello affidato all’ATI UISP (Libera – nomi e numeri contro le mafie, UISP – Unione Italiana Sport per tutti e Le Grand Coureur S.D.D.).
Le responsabilità amministrative sono molte, così come quelle politiche: dal Presidente del Municipio X, Andrea Tassone (PD), coinvolto nel processo Mondo di Mezzo di Mafia Capitale, e Claudio Saccotelli, ex Direttore del Municipio X, che al processo in corso nei confronti di Tassone ha lamentato i troppi accessi civici da parte di LabUr, arrivando ai Commissari Prefettizi e passando per Alfonso Sabella, ‘padrino’ della gestione del Lotto n°8, Delegato dal Sindaco Marino per il Municipio X oltre che ex Assessore alla Legalità del Comune di Roma. Neppure si possono dimenticare le ‘interferenze’ del PD compiute dall’On. Matteo Orfini (presidente del PD e Commissario PD Roma), dal Sen. Stefano Esposito (ex Assessore ai Trasporti e Commissario PD Ostia) e da Giovanni Zannola (consigliere PD ed ex Presidente della Commissione Sport del Municipio X), legatissimo alla UISP – tanto da accompagnarla alla consegna delle buste per il bando delle spiagge – che ‘protetto’ da Esposito ha tentato di diffamare LabUr presentando denunce tutte regolarmente archiviate.
Secondo quanto scrive Cantone, i profili di illegittimità e le anomalie riguardano:

  1. Violazione, da parte del Municipio X di Roma Capitale, dell’art.29 del d.lgs. 163/2006, per omessa indicazione del valore della concessione dei servizi connessi la balneazione.
  2. Invalidità della nomina della commissione di gara, non conforme ai principi e alla normativa di settore che prevede espressamente che la commissione di gara deve essere composta da un numero dispari di componenti, in violazione dell’art. 8.1 comma 2 del d.lgs. 163/2006.
  3. Genericità dei requisiti di capacità tecnica e professionale, inidonea a dimostrare la capacità tecnica, professionale ed economica finanziaria degli operatori economici partecipanti alla procedura di gara, non coerenti con le previsioni di cui all’art. 12 del d.lgs. 1,63 /2006;. Inoltre, non è stato richiesto dal Municipio ai partecipanti l’attestato SOA obbligatoria per i lavori di valore superiore a 150 mila euro.
  4. Illegittimità dell’operato della Commissione di gara. Cantone conferma quanto da noi esposto e cioè che i criteri di valutazione delle offerte sono stati del tutto discrezionali. La specificazione del punteggio da assegnare a ciascun criterio di valutazione ex post rispetto al bando non appare coerente con il principio di trasparenza di cui all’art. 2 comma 1 del Codice dei contratti, riconducibile ai principi fondamentali di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione sanciti dall’art. 97 della Costituzione, ai quali ciascuna amministrazione pubblica deve informare il proprio operato. II fatto che non sia stato dato alcun peso all’elemento prezzo (poiché non è stata prevista la corresponsione di un canone da parte del concessionario) ha reso del tutto discrezionale la valutazione delle offerte.
  5. Non conformità delle dichiarazioni. In riferimento alla richiesta del possesso dei requisiti di carattere morale di cui ex art. 38 del d.lgs. 163/2006 e relativi controlli, nel disciplinare di gara si chiede ai concorrenti una semplice dichiarazione sottoscritta dal Legale Rappresentante, corredata da copia di documento di identità. Tale dichiarazione non è conforme alle previsioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa. Inoltre, Cantone solleva dubbi circa l’effettivo controllo sul possesso dei requisiti sui concorrenti risultanti aggiudicatari e le modalità con le quali sia avvenuto. Nei bandi di gara, devono essere indicati in maniere chiara e precisa i requisiti di carattere morale dei concorrenti e le modalità con le quali debbano essere effettuate le relative dichiarazioni sostitutive, addirittura nel Lotto n°6 emergono forti dubbi sulla regolarità della verifica del possesso dei requisiti di carattere morale.
  6. Mancata comunicazione delle esclusioni al Casellario informatico dell’ANAC. Il Municipio X, infatti, non ha provveduto alla comunicazione all’Autorità delle esclusioni operate nei confronti delle società per false dichiarazioni ai fini dell’inserimento nel suddetto casellario.
  7. Atipicità recesso UISP/Libera. Per quanto riguarda il Lotto n°8, ATI UISP, stante l’indagine penale in corso, Cantone evidenzia tuttavia che l’atto con il quale l’ATI UISP ha dichiarato di recedere dalla convenzione appare atipico, e vi sono forti dubbi sull’accettazione dello stesso da parte dell’amministrazione comunale, che pare avere accettato tout court, senza effettuare le dovute valutazioni sul piano giuridico.

Tutto ciò considerato e ritenuto, il Consiglio del ANAC nella seduta del 5 ottobre 2016, ha deliberato non solo quanto esposto sopra, è cioè una inappellabile sentenza di violazioni amministrative, ma inviato alla Procura Generale presso il Tribunale di Roma e alla Procura Generale della Corte dei Conti il fascicolo per le iniziative di competenza. Ora LabUr si riserva di proseguire l’azione di denuncia anche nei confronti di chi ha ingannato la fede pubblica fornendo informazioni false e tendenziose.

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STADIO DELLA ROMA: RIDE LA FAMIGLIA ARMELLINI

armellini-parnasi-esproprio-stadio-romaStadio della Roma: è stato avviato il procedimento di espropriazione delle aree per pubblica utilità. Oltre 600 mila mq sono degli Armellini, molti di più di quelli di cui fino ad oggi si è parlato. Terreni inutili anche per le patate che ora vengono rivalutati per un progetto che non si sa che fine farà. La cosa più grottesca è che la Immobilquindici, una delle due società proprietarie dei terreni (l’altra è la Filemone in Lussemburgo), ha sede in via Ostiense 131/L il famigerato palazzo che ospita gli uffici del Comune di Roma per la Gestione delle Entrate da Contravvenzioni (Servizio Codice della Strada, Ufficio Verbali). Ospita è il termine giusto perché per avere quei locali il Comune di Roma paga 1.181.573,11 euro (tutto compreso) alla società Valle Giulia S.r.l., un’altra delle centinaia di società che alimentano gli Armellini (in realtà in quel palazzo ci sono anche altri uffici del Comune, per altri 470 mila euro, dal 2011 al 2017). Insomma ancora non c’è la variante urbanistica (sempre che lo stadio si faccia) e già iniziano a girare i soldi nelle tasche dei soliti noti.

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OLIMPIADI ROMA: RICATTI E MENZOGNE DI RENZI-MALAGO’

renzi-malago-marinoPaula de Jesus per LabUr

L’ignobile ricatto al Comune di Roma fatto in questi giorni da Giovanni Malagò, Presidente del CONI, a seguito del ritiro della candidatura della Capitale dai Giochi Olimpici del 2024, non ha alcun fondamento giuridico o amministrativo. Malagò non può invocare alcun ‘danno erariale’ alla giunta Raggi. Infatti ad oggi, esiste solo la Mozione di Assemblea Capitolina del 25 giugno 2015 con la quale si impegnava il Sindaco Marino a proporre la candidatura olimpica di Roma e mai tale mozione è stata seguita dalla necessaria deliberazione con cui tale impegno doveva essere formalizzato a livello amministrativo. Perché gli organi dell’informazione non lo dicono? Malagò ha minacciato di agire contro il Comune di Roma per presunto ‘danno erariale’, in quanto il ritiro della candidatura comporterebbe una, inesistente, interruzione della “continuità amministrativa”. Il ‘danno’ sarebbe, sempre secondo il CONI, di circa 20 milioni di euro, quasi 700 mila euro imputabili a ogni singolo consigliere capitolino del M5S. Invitiamo dunque Malagò, il PD e la stampa, in particolare La Repubblica, di informarsi sul significato di Mozione di Assemblea Capitolina, così come descritto anche nel “Regolamento del Consiglio Comunale” di Roma:

Articolo 109 (Contenuto, forma e discussione delle mozioni)
1. La mozione è un atto di indirizzo deliberato dal Consiglio Comunale per impegnare il Sindaco e la Giunta al compimento di atti o all’adozione di iniziative di propria competenza

Quindi, la ‘mozione’ non è un atto giuridico né tantomeno amministrativo, ma un atto di indirizzo politico che ha il solo fine di promuovere un dibattito su una specifica questione per poi fornire alla Giunta o al Sindaco orientamenti su come trattare la questione stessa. Nel caso specifico della candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024, nulla di più di un testo sottoposto al voto dell’Assemblea Capitolina teso ad indirizzare la politica del Comune (rappresentata dal Sindaco e dalla sua Giunta) sulla questione Olimpiadi.
Dopo la ‘mozione’ per la candidatura sarebbe stata necessaria una deliberazione che impegnasse e vincolasse il Sindaco Marino e la sua Giunta ad adempiere al contenuto riportato nella deliberazione stessa, perché una Deliberazione di Assemblea Capitolina rappresenta un atto giuridico e amministrativo attraverso il quale l’Assemblea adotta le proprie decisioni che hanno la precisa natura di ‘regolamento’.
E’ curioso rilevare che sotto l’ex Sindaco Gianni Alemanno, l’iter seguito fu il seguente (corretto da un punto di vista sia politico sia amministrativo):

21 gennaio 2010 – ordine del giorno n.21 che, approvato all’unanimità dall’Assemblea Capitolina, impegna il Sindaco a presentare al CONI la candidatura di Roma ad ospitare i XXXII Giochi Olimpici e ai XVI Giochi Paralimpici del 2020;
18 maggio 2010 – il Consiglio Nazionale del CONI accoglie la candidatura di Roma;
08 giugno 2011 – il Direttore del Dipartimento Sport esprime parere favorevole circa la regolarità tecnica della deliberazione in oggetto;
12 luglio 2011 – il Ragioniere Generale esprime parere favorevole circa la regolarità contabile della deliberazione in oggetto;
14 luglio 2011 – con deliberazione n.54 dell’Assemblea Capitolina approva con 51 voti favorevoli, 2 contrari e l’astensione dei Consiglieri Rossin e Storace, la “Autorizzazione alla candidatura della città di Roma ai XXXII Giochi Olimpici e ai XVI Giochi Paralimpici del 2020 e costituzione del relativo Comitato Promotore”.

Monti ‘bocciò’ la candidatura alle Olimpiadi 2020. Con l’arrivo di Ignazio Marino e Matteo Renzi, le cose andarono diversamente:

15 dicembre 2014 – Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, annuncia che Roma si candiderà alle Olimpiadi del 2024 e che Giovanni Malagò, presidente del CONI, assumerò la guida del Comitato Promotore anche se tale dichiarazione non ha mai rappresentato un impegno formale per il Comitato Olimpico Internazionale (CIO);
25 giugno 2015 – L’Assemblea Capitolina approva la mozione per impegnare il Sindaco e la Giunta alla candidatura di Roma 2024;
02 luglio 2015 – il Consiglio Nazionale del CONI accoglie la candidatura di Roma;
15 settembre 2015 – Roma presenta la sua candidatura ai giochi olimpici nella cosiddetta “prima fase”;
17 febbraio 2016 – consegna al CIO della fase 1 del dossier;

Fino ad oggi dunque c’è stata solo una manovra politica del Governo Renzi, nata per far dimenticare anche le vicende di Mafia Capitale. Non a caso, mentre si votava la mozione, Francesco D’Ausilio si dimetteva da capogruppo capitolino del PD e veniva partorito un dossier ricco di imbarazzanti affermazioni. Ne riportiamo alcune:

1) “La vera forza della candidatura italiana è disporre del 70% degli impianti sportivi” (tra questi, due ‘chicche’: il Marco Simone Golf & Country Club e i padiglioni della Fiera di Roma per sport indoor);
2) “Le Olimpiadi consentiranno di realizzare, potenziare e mettere a sistema opere che cambieranno la mobilità a Roma. La “cura del ferro” sarà il cuore degli interventi infrastrutturali previsti” (tra cui, ovviamente, il potenziamento della Roma-Lido!)
3) “I costi operativi sono pari a circa 3,2 miliardi e riguardano organizzazione, sicurezza, anti-doping, gestione eventi e impianti temporanei, e saranno interamente coperti dal CIO, dalle sponsorizzazioni, da “marketing”, “merchandising” e proventi della biglietteria. I costi di investimento (2,1 miliardi) riguardano il Villaggio Olimpico, i centri Media, gli impianti sportivi permanenti, gli impianti di allenamento e saranno a carico dello Stato e non delle singole amministrazioni comunali

In pratica, un insieme di interventi urbanistici (p.es. il Villaggio Olimpico) e infrastrutturali (p.es., il Grande Raccordo Anulare delle Biciclette), che spaziano dal rifacimento e/o adeguamento degli impianti sportivi fino alla mobilità, pagati dal CIO (1,7 miliardi di euro), dai privati (1,5 miliardi di euro) ma soprattutto dalla pubblica amministrazione (2,1 miliardi di euro). Tutto questo senza che il CONI abbia concordato con il Comune di Roma (città ospitante per volontà di Matteo Renzi), almeno i seguenti punti:

– lo Statuto del Comitato Promotore, per condividere e concertare obiettivi e finalità dell’evento (ma anche la composizione dell’organico)
– un organo di controllo per sovraintendere insieme l’impatto dell’evento sulla città in termini di vivibilità urbana, opere pubbliche e assetto urbanistico, nonché la ricaduta dei progetti anche oltre l’evento olimpico e paraolimpico per il potenziamento dell’impiantistica sportiva e dello sport di base;
– strumenti amministrativi per coordinare le iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’evento olimpico e paraolimpico, stimolando la partecipazione della cittadinanza anche in termini di idee e progetti.

Nulla di tutto questo è stato fatto dal trittico Renzi-Malagò-Marino eppure oggi strillano ad un presunto “danno erariale” compiuto dalla giunta Raggi, senza avere in mano alcun strumento giuridico a supporto e senza aver mai ottemperato all’obbligo di giustificare la spesa di quasi 20 milioni di euro da parte del Comitato Promotore in 18 mesi di attività.

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RIFIUTI ROMA – MARINO, MURARO … MA ZINGARETTI?

zingaretti-immaginaPerché nessuno chiede conto a Zingaretti sui rifiuti.

Mentre a Roma imperversa un architettato e squallido scontro politico condotto dal PD sul caso Muraro, Assessore all’Ambiente della neo Giunta di Roma, nessuno parla delle responsabilità della Regione Lazio in tema di rifiuti, sia delle precedenti giunte, sia di quella attuale governata da Zingaretti (PD). Per capire cosa sta accadendo, è necessario fare un po’ di chiarezza partendo proprio dalla procedura di infrazione europea sulle discariche abusive.

Il caso riguarda la mancata esecuzione della prima sentenza di condanna del 26 aprile 2007 per violazione della direttiva rifiuti 75/442/CE (modificata dalla direttiva 91/156/CEE), della direttiva 91/689 CEE e della direttiva 1999/13/CE in riferimento a 200 discariche presenti sul territorio di 18 Regioni italiane. Tra queste 200, 21 erano ubicate nel Lazio, di cui 1 di rifiuti pericolosi (dati del Ministero dell’Ambiente, marzo 2015). Il 2 dicembre 2014 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha finito per condannare l’Italia al pagamento, per le suddette violazioni, di una sanzione forfettaria di “40 milioni di euro e di una penalità semestrale di 42,8 milioni di euro da pagarsi fino all’esecuzione completa della sentenza”. A marzo 2016, dopo una serie di interventi, le discariche da 200 sono passate a 155.

Nel frattempo però si è concretizzata la procedura d’infrazione relativa alla gestione dei rifiuti urbani nella Regione Lazio (2011/4021) con relativa sentenza del 15 ottobre 2014 per il mancato rispetto dell’articolo 6 della Direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, ai sensi del quale gli Stati membri devono provvedere affinché siano conferiti in discarica solo rifiuti adeguatamente trattati.

L’indagine della Commissione, inizialmente focalizzata su Malagrotta, era partita nel 2009. A marzo 2011, le autorità italiane avevano tentato di sfuggire alla procedura d’infrazione, sostenendo che tutti i rifiuti conferiti in discarica a Malagrotta dovevano essere considerati come rifiuti “trattati”. La Corte però ha dato ragione alla Commissione europea, che non aveva accettato l’argomentazione italiana, sottolineando come la sola triturazione o compressione dei rifiuti indifferenziati, senza un’adeguata selezione e una qualche forma di stabilizzazione delle diverse frazioni dei rifiuti, non risponde agli obiettivi della direttiva Ue.

La sentenza del 15 ottobre 2014 dunque si applicava alle discariche del Lazio che al primo agosto 2012 non erano in regola: cinque dell’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) di Roma (Malagrotta, Colle Fagiolara, Cupinoro, Montecelio-Inviolata e Fosso Crepacuore) e due nell’ATO di Latina, ubicate a Borgo Montello.

A ottobre 2013 Marino ha ‘chiuso’ Malagrotta, per anticipare la inevitabile sentenza e mitigare i danni, senza aver però definito un piano ben preciso per sostituirla. Oggi è la Sindaca di Roma, Virginia Raggi, a far notare questa grave inerzia: “Siamo assolutamente convinti della chiusura di Malagrotta, anzi continuiamo a invitare Cerroni ad effettuare le operazioni di bonifica. Sarebbe interessante capire come mai nessuno, fino ad oggi, lo abbia invitato a farle visto che sono previste per legge. Sarebbe anche interessante capire come mai quando Marino ha pensato di chiudere Malagrotta non abbia approntato un sistema congruo di smaltimento dei rifiuti. Noi, quindi, oggi stiamo scontando l’effetto di una politica disastrosa fatta negli ultimi venti anni sui rifiuti“.

Le colpe sono di Marino? Le colpe sono della Raggi? Forse le colpe sono soprattutto di Zingaretti, Governatore della Regione Lazio dal 12 marzo 2013. Ricordiamo infatti che è nella fase di lettera di messa in mora notificata, ai sensi dell’art. 258 TFUE, la procedura di infrazione relativa ai “Piani regionali di gestione dei rifiuti”, in violazione della direttiva 2008/98/CE (P.I. 2015/2165), da cui però si salva il Lazio, messosi teoricamente in regola nel 2012. Dunque, sarebbe (sulla carta e nei proclami) chiara per il Lazio (e non solo per Roma) la modalità con cui smaltire i rifiuti.

Prendendo atto che le responsabilità di un Comune o di una partecipata sono condizionate dalle scelte regionali, prendendo atto della relazione dell’assessore regionale ai rifiuti Mauro Buschini (18 luglio 2016), in cui si evidenzia la chiusura definitiva della discarica di Malagrotta, è veramente risolto nel Lazio lo smaltimento dei rifiuti con gli impianti esistenti di Trattamento Meccanico-Biologico (TMB) e con gli impianti di lavorazione della differenziata? La risposta è no.

Nel caso di Roma, città ancora in pieno sviluppo demografico, passare dal sistema a discarica di Malagrotta (chiusa nel 2013) a quello idealizzato richiede per la sua attuazione almeno 7-8 anni, dunque per il 2020-2021. Tre anni li abbiamo già persi grazie a Zingaretti, ma se si continua a litigare a Roma e a non far lavorare l’amministrazione, scelta dai cittadini, si rischia di venire sommersi dalla mondezza e di invalidare l’idoneo trattamento dei rifiuti urbani da conferire in discarica, non rispettando per altro il fabbisogno della Regione Lazio in termini di recupero energetico di rifiuti.

In altre parole, Marino (PD) ha fallito l’obiettivo, Zingaretti (PD) sonnecchia e la colpa è tutta della Raggi (M5S). I giudici che hanno emesso questa sentenza? I cronisti di importanti quotidiani nazionali, che hanno dimenticato di informare su quanto sopra divenendo più o meno consapevolmente editorialisti fiancheggiatori di chi non vuole fare un mea culpa, politicamente necessario, così da coprire non solo il cattivo operato delle amministrazioni locali di centro-sinistra, ma anche lo scellerato comportamento dei vari Ministri dell’Ambiente dal 2009 ad oggi e che appartengono ai partiti che oggi criticano la Raggi che è appena insediata.

La domanda dunque è: se, sulla carta, la Regione Lazio era apposto dal 2012 com’è possibile che dal 2013 non sia stato attuato nulla? Perché nessun cronista/giudice ne chiede conto a Zingaretti?
Ricordiamo che il 13 dicembre 2013, nel corso di una conferenza stampa, il Presidente Nicola Zingaretti e l’ex assessore delegato ai rifiuti Michele Civita, avevano promesso che entro febbraio 2014 il nuovo Piano Regionale dei rifiuti sarebbe sbarcato in Consiglio. Dopo l’arresto di Manlio Cerroni, il monopolista regionale dei rifiuti, avvenuto il 9 gennaio 2014, del Piano si sono perse le tracce. Ora, si dovrà procedere su ordine dei giudici del Tar. Infatti, lo scorso 7 marzo 2016  il Tribunale Amministrativo del Lazio (TAR) ha ordinato alla Regione Lazio “di individuare entro il termine di 180 giorni la rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento rifiuti in ambito regionale”.In questi giorni dunque il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il nuovo assessore all’Ambiente delegato ai rifiuti, Mauro Buschini, dovranno portare il nuovo Piano Rifiuti in Consiglio per sottoporlo al voto del mini-parlamento regionale. Si tratta del documento che dovrebbe guidare in modo ordinato e razionale, nel rispetto della salute umana e dell’ambiente, il proliferare di impianti dedicati al trattamento della spazzatura urbana. Ma anche agevolare la diffusione e il radicamento della raccolta porta a porta, oltre ai sistemi di riciclo e riuso delle materie prime che rappresentano l’unica vera alternativa al business ‘mortale’ delle discariche, degli inceneritori e degli impianti a ‘bio’ gas e ‘bio’ metano.

Ministri all’Ambiente

  • Alfonso Pecoraro Scanio  (Governo Prodi II, Federazione dei Verdi, 17 maggio 2006 – 8 maggio 2008)
  • Stefania Prestigiacomo (Governo Berlusconi IV, Il Popolo della Libertà, 8 maggio 2008 – 16 novembre 2011)
  • Corrado Clini (Governo Monti, Indipendente, 16 novembre 2011 – 28 aprile 2013)
  • Andrea Orlando (Governo Letta, Partito Democratico, 28 aprile 2013 – 22 febbraio 2014)
  • Gianluca Galletti (Governo Renzi, Unione di Centro, 22 febbraio 2014 – in carica)
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IL LITORALE ROMANO FRONTIERA DI LEGALITA’

IMG_20160828_143026La recente determinazione dirigenziale con cui il Municipio X ha dichiarato la decadenza dalla titolarità della Concessione Demaniale Marittima dello stabilimento balneare MED (ex art.47 del codice della navigazione) desta, a livello urbanistico, elementi di preoccupazione. Da quanto è dato sapere, tra le diverse contestazioni di carattere amministrativo ed edilizio sollevate si sostiene anche che i manufatti realizzati in quell’area, dunque su Demanio Marittimo, non sarebbero conformi alle grandezze edilizie previste dal Nuovo Piano Regolatore Generale (NPRG) del Comune di Roma. Senza scendere nei dettagli, vale la pena ricordare che le Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del NPRG, secondo la Delibera di approvazione del Consiglio Comunale n. 18 del 12 febbraio 2008, individuano il Demanio Marittimo come zona di “Verde pubblico e servizi pubblici di livello locale” (cfr. Elaborato 3a Stralcio della pianificazione vigente: Piano Regolatore Generale: sistemi e regole, normato dall’art. 85 delle NTA). Inoltre, tra le funzioni ammesse in tale area, le uniche destinazioni possibili sono quelle di verde pubblico ed in particolare di “aree per il gioco dei ragazzi e dei bambini e per il tempo libero degli adulti: eventualmente attrezzati con chioschi, punti di ristoro, servizi igienici” (comma 1, lettera d). A tale destinazione corrispondono (comma 2) determinati parametri e grandezze urbanistico-ecologiche, che si riassumono (per la realizzazione di tali servizi di livello locale) in un indice di edificabilità pari a 0,05 mq/mq. Ciò vuol dire che sui 1.700 mq di concessione del MED sarebbero edificabili solo 85 mq.
Ora, secondo l’elenco delle Concessioni Demaniali Marittime ricadenti nel territorio del Municipio Roma X (pubblicato il 4 gennaio 2016 ed aggiornato recentemente, il 3 agosto 2016) il MED avrebbe 125 mq di opere di facile rimozione (chioschi, cabine, rimessa attrezzi, etc), dunque 40 mq in più. Tale eccedenza esisteva già nella determinazione dirigenziale n.846 del 24 marzo 2014, con cui la concessione dello stabilimento balneare MED è stata dichiarata valida fino al 31 dicembre 2020. Allora cosa è cambiato da quella data ad oggi da determinare la decadenza della concessione? Questa è la domanda che una corretta amministrazione pubblica dovrebbe porsi. In altre parole, per il principio della continuità amministrativa, la prima indagine dovrebbe svolgersi all’interno dei propri uffici per verificare la regolarità della proroga della concessione fino al 2020, avvenuta sotto l’amministrazione di Andrea Tassone, PD, arrestato per Mafia Capitale il 4 giugno 2015. Nulla di questo è stato fatto e la determinazione dirigenziale 846/2014 dal 29 agosto 2016 continua a valere per tutti ad eccezione che per il MED, ledendo un principio fondamentale della legalità e cioè l’applicabilità delle norme e dei regolamenti per tutti e non solo per alcuni.
Questa dislessia amministrativa nella gestione di un bene pubblico, come quello demaniale, pone due questioni: l’interesse pubblico della fascia demaniale e l’attuazione prossima ventura del PUA, cioè del Piano Urbanistico degli Arenili.
Secondo gli studi del Comune di Roma, risulta che su tutto il Litorale romano esiste una capacità insediativa residua che ammonta a ben 17.086,03 mq di SUL (la Superficie Utile Lorda è, in urbanistica, “la somma delle superfici di tutti i piani fuori terra, seminterrati ed interrati” comprensive di tutti gli elementi quali, p.es., scale, portici, etc.). Dunque ancora molto è edificabile ed è per questo che occorre disciplinare la fascia demaniale marittima ai fini del rilascio e della regolamentazione delle concessioni. L’obiettivo generale dovrebbe essere il miglioramento dei servizi alla balneazione nel rispetto dei vincoli ambientali e paesistici, cioè in altre parole, riconoscere un interesse pubblico, un interesse collettivo, da tradurre non solo nel diritto di accesso al mare ma, in forma più estesa, nel diritto di fruire del mare e dell’arenile. Potervi accedere, ma non usufruirne non ha alcun senso. Un cattivo esempio, sotto gli occhi di tutti, sono i servizi negati quest’anno sulle spiagge di Castelporziano e di Capocotta, oggetto di un discutibile comportamento amministrativo che ha demolito senza ricostruire, per cui il cittadino trova arenili senza bagnini di salvataggio e relative postazioni, senza servizi igienici, senza presidi sanitari e aree d’ombra assenti o inadeguate, senza alcuna regolamentazione di accesso ai mezzi di trasporto pubblici e privati. Dunque, gli arenili sono stati di fatto sacrificati per una discutibile applicazione della legalità e non si comprende (o forse sì) a favore di chi. Certamente non dei cittadini.

In questo confuso contesto si è inserita la nuova Legge Regionale del 26 Giugno 2015, n. 8 (Pubblicata nel BURL n° 52 del 30 Giugno 2015), “Disposizioni relative all’utilizzazione del demanio marittimo per finalità turistiche e ricreative. Modifiche alla L.R. del 6 agosto 2007, n. 13, concernente l’organizzazione del sistema turistico laziale, e successive modifiche”, di cui recentemente è stato pubblicato anche il Regolamento attuativo. Vale la pena ricordare che da alcuni anni gli stabilimenti balneari sono a tutti gli effetti imprese turistiche e dunque deve esserne ampliato il periodo di apertura delle attività, promuovendo la destagionalizzazione dell’offerta turistica e “lo svolgimento di attività collaterali alla balneazione” mediante utilizzo delle “strutture di facile rimozione utilizzate per finalità turistiche e ricreative, eventualmente presenti sull’area demaniale marittima assentita in concessione“. Una rivoluzione, che dovrà passare per ogni Assemblea Comunale di tutti i comuni marittimi del Lazio, compresa Roma Capitale e dunque Ostia.

Quello a cui si assiste in questi mesi va nella direzione opposta. Ostia, commissariata per mafia per “salvare Roma Capitale dal Commissariamento”, senza alcuna pianificazione territoriale che faccia riferimento ai punti sopra citati, si è caratterizzata durante questa stagione balneare per la spasmodica ricerca delle irregolarità amministrative od edilizie all’interno delle singole concessioni marittime, decontestualizzate da un inquadramento urbanistico che invece doveva avere come riferimento ‘alto’ il raggiungimento dell’interesse pubblico del mare tramite anche l’utilizzo della nuova legge regionale.
Si assiste dunque a inutili (e costose) prove di forza tra amministrazione e concessionari, finalizzate a rimuovere poche decine di mq, demonizzando un’intera categoria, che divengono così gli unici colpevoli, senza ‘indagare’ l’operato degli amministrativi che hanno firmato le precedenti autorizzazioni e senza alcun rispetto verso gli interessi del Cittadino, primus inter pares.

Il mare non è frontiera per l’esibizione del machismo della legalità.

Paula de Jesus per LabUr

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OSTIA, RIAPRE IL CAMPEGGIO CAPITOL

campeggio capitol

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis) ha pronunciato il 30 agosto 2016 l’ordinanza cautelare per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della determinazione n. 919 del 15.06.2016 con la quale è stata ingiunta la rimozione o demolizione delle opere abusivamente realizzate in via di Castel Fusano 195 (il famoso Campig Capitol).
Ebbene, visti tutti gli atti, ha accolto la sospensione del provvedimento impugnato, imponendo all’Amministrazione di riesaminarlo e fissando per il proseguo la camera di consiglio del 18.01.2017.
Cosa dire? A parte la disinformazione fatta da Repubblica noi attendiamo ancora una risposta da parte degli Enti interessati circa il nostro esposto del 2 marzo 2016, tra cui la segnalazione riguardo i fatti di Mafia Capitale. Avendo tempo fino a gennaio 2017 speriamo che l’amministrazione commissariata del Municipio X sappia ‘liberarsi’ da certi vecchi indirizzi politici e che prenda in considerazione i veri fatti, che sono quelli da noi denunciati. Questa forma di inerzia è infatti un grave danno erariale perché la proprietà del campeggio, oltre a denunciare Repubblica per diffamazione (non era per esempio vera la notizia della ripresa dei lavori), finirà per chiedere i danni all’amministrazione pubblica che si stimano essere almeno di 4.000.000 di euro.
Nel frattempo apprendiamo dalla testata locale di OstiaTv che proprio in questi giorni “la nuova struttura di via di Castelfusano ha ospitato due delegazioni di tour operator tedesco e olandese: in autunno accoglierà 600 ospiti. Al lavoro per garantire ospitalità a centinaia di giovani atleti cinesi e giovanissimi calciatori del Manchester, Real Madrid, Bayern e Benfica. Il prossimo 16 settembre il pregio architettonico-ambientale del villaggio sarà uno dei temi del XIX workshop turistico internazionale Buy Lazio organizzato dalla Regione“. Complimenti a tutti soprattutto alla Regione Lazio governata da Nicola Zingaretti (PD) che aveva in forte anticipo previsto la ‘riapertura’ del campeggio.

 

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OSTIA, CAMPING CAPITOL: CHI SI VUOLE PROTEGGERE DISINFORMANDO?

Capitol ritrovamenti archeologiciProsegue senza sosta la disinformazione de La Repubblica sul camping Capitol (1) da parte di un giornalista che ha difeso per mesi Andrea Tassone (PD), il mini-sindaco di Ostia arrestato per Mafia Capitale, e che nulla ha avuto da dire sul suo vice, Sandro Lorenzatti (SEL), che per 9 anni non ha visto niente nonostante sia stato per 6 anni membro della Commissione di Riserva e 3 anni in Municipio X. Mai un accenno neppure alle intercettazioni di Mafia Capitale tra Buzzi e Fabrizio Testa proprio sul camping Capitol, che abbiamo ampiamente documentato (2).

GLI ESPOSTI
L’annosa questione Capitol si è riaperta dopo l’esposto di LabUr del 2 marzo 2016, indirizzato al Comune di Roma, al X Municipio, al CBTAR, alla Regione Lazio e al Corpo Forestale dello Stato, al quale è seguito, il 7 marzo, un controllo presso le strutture del campeggio da parte del Municipio X e dal comandante del X Gruppo ‘Mare’ del Corpo di Polizia Locale, Antonio Di Maggio. Falso dunque che l’unica “denuncia” sia di Angelo Bonelli (Verdi), di cui La Repubblica tesse incomprensibili lodi, che interviene sulla questione, dopo l’esposto di LabUr, il 12 marzo 2016 su Facebook, ripreso dal Corriere della Sera solo il 13 maggio 2016. L’articolo del Corriere si riferisce ad un’inchiesta su 11 campeggi di Roma condotta dal pool di PM Antonio Calaresu, Francesca Passaniti e Antonino Di Maio, coordinati dall’aggiunto Roberto Cucchiari. Gli approfondimenti sul Capitol sono stati delegati proprio al comandante Antonio Di Maggio, in possesso dell’esposto di LabUr del 2 marzo. I reati denunciati erano gli stessi contemplati nella determinazione n.919 del 15.06.2016, con la quale è stata ingiunta la rimozione o demolizione delle opere abusivamente realizzate nel campeggio. Quindi, l’ispezione del 7 marzo avviene a seguito dell’esposto di LabUr che riguardava proprio le strutture igienico sanitarie del campeggio, in funzione dello stato dei lavori, in forte ritardo, e dei loro futuri collaudi, motivo per cui il campeggio non ha mantenuto la promessa di aprire nella primavera del 2016. Sembra che Bonelli abbia solo fatto un  esposto (non una denuncia) alla Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) il 25 maggio 2016 quando ormai le indagini erano state avviate dalla Procura di Roma. A confermarlo su facebook lo stesso Bonelli, che non manca mai, da navigato politico, di pubblicizzare le sue attività. Dunque, nessuna denuncia da parte sua prima del 2 marzo 2016, così come non v’è traccia nella storia di sue denunce sul Porto di Roma ad Ostia per quanto accaduto nel 2008, e come sia andata a finire è cosa nota; la LIPU è lì a testimoniarlo. Chiediamo dunque a Bonelli di rendere pubblica la sua denuncia in Procura sul Capitol, se esiste. Una denuncia che non viene menzionata neppure quando un utente su facebook gli scrive “vi svegliate sempre troppo tardi”. Bonelli risponde: “nel 2007 i lavori furono sequestrati grazie ad un mio esposto !!!”. Vero, le denunce di Bonelli sono ferme al 2007. Perché dunque La Repubblica, dopo aver confuso un decreto con una sentenza, si comporta come se fosse l’ufficio stampa di Bonelli? “Cui prodest scelus, is fecit”?

L’ANOMALIA E GLI OMESSI CONTROLLI
Il 3 maggio 2016, sulla base di una decisione presa il 26 aprile, il Presidente del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), Salvatore Mezzacapo, ha dichiarato ‘perento’ il ricorso numero di registro generale 2489 del 2009, proposto dalla Società SIL Campeggi Srl per l’annullamento del provvedimento di cui alla nota Regione Lazio – Dipartimento Territorio – Direzione Generale Ambiente e Cooperazione tra i Popoli – Area 2S/04, prot. n. 8177/09. In altri termini, la SIL non ha più presentato istanza di fissazione di udienza nel termine di 180 giorni dopo la comunicazione, avvenuta in data 18 giugno 2015 a mezzo pec, perché evidentemente era confidente di aprire nella primavera 2016. Chi o cosa gli garantiva questa certezza?
Sul Capitol molti hanno omesso di controllare, come dovuto, in tutti questi anni: la Regione Lazio, il Comune di Roma, il Municipio X, a partire dall’amministrazione Tassone a quella di Sabella, nonostante LabUr avesse dal 2012 (3) denunciato e chiesto chiarimenti sia sulla questione del taglio dei pini sia sul procedimento di VIA (Prot. 478964 del 8/11/11), di cui non si sa più nulla.
Infine, il commissariamento di Galletti è un’altra inutile sovrapposizione alla gestione straordinaria della Riserva. Infatti, con decreto del Presidente della Regione Lazio (n. T00468 del 16 dicembre 2014), in ottemperanza alle Sentenze T.A.R. Lazio nn. 3764/2009 e 12651/2009, era già stato nominato il Dott. Vito Consoli, Direttore dell’Agenzia Regionale Parchi (A.R.P.), Commissario ad acta, con il compito di attivare tutti gli adempimenti necessari ai fini della conclusione della procedura amministrativa di adozione del Piano di Gestione e del Regolamento attuativo della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano. Tutto ignorato sia dall’ex Sindaco, Ignazio Marino, sia dall’Assessore alla Trasformazione Urbana, Giovanni Caudo, sia dal Municipio X, con Tassone e Lorenzatti e poi con Sabella. Per queste ragioni LabUr procederà a fare una dettagliata denuncia in Procura.

(1) http://www.labur.eu/public/blog/?p=1841
(2) http://www.labur.eu/public/blog/?p=1827
(3) http://www.labur.eu/public/blog/?p=1174

Paula de Jesus per LabUr

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OSTIA, RIAPERTURA CAMPEGGIO CAPITOL: ANCHE OGGI UNA PAGINA DI DISINFORMAZIONE.

riapertura campeggio capitolIncomprensibile la disinformazione di certa stampa sul campeggio Capitol, di cui LabUr ha ampiamente scritto (1). La verità dei fatti è che con decreto del Presidente della Sezione Seconda Bis de Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Elena Stanizzi, depositato in segreteria il 14 luglio 2016, è stato autorizzata “l’attività ricettiva limitatamente alle opere ritenute conformi al progetto di cui all’autorizzazione unica“. In altre parole, come dice lo stesso sito del campeggio Capitol (http://www.campingcapitol.com) “da sabato 6 agosto aprirà il settore campeggio“, dunque roulotte, caravan e tende.
Non è vero, come ha scritto ad esempio La Repubblica, che sono ripresi i lavori, così come non è vero il racconto delle origini delle indagini, visto che il primo controllo del 7 marzo 2016 è stato originato dall’esposto di LabUr inviato il 2 marzo 2016 al Comune di Roma, al X Municipio, al CBTAR, alla Regione Lazio e al Corpo Forestale dello Stato, come ben sa il Direttore del Municipio, Arch. Cinzia Esposito, e il comandante Antonio Di Maggio, a capo dei VV.UU. Gruppo Mare. Sul Capitol in questi ultimi anni c’è stato un silenzio assordante a partire proprio dagli elogiati da La Repubblica a cui spettava il controllo: l’ex presidente del Municipio X (Andrea Tassone, PD, finito agli arresti per Mafia Capitale) e l’ex vicepresidente del Municipio X (Sandro Lorenzatti, SeL). Il primo ha addirittura autorizzato il rifacimento (comunque necessario) di tutta via di Castelfusano, con procedure amministrative a dir poco discutibili, allo scopo di favorire soprattutto la riapertura del campeggio. Il secondo, Sandro Lorenzatti, storico ‘verde’, è stato Membro rappresentante per la Regione Lazio della Commissione della Riserva Naturale Statale “Litorale Romano” (2006-2012), riserva naturale dove appunto si è insediato il campeggio (Tipologia 1, area ‘intoccabile’). Il silenzio di Lorenzatti è proseguito anche dal 2013 al 2015, cioè mentre i lavori del campeggio procedevano indisturbati. Ora, in merito all’annullamento della “determinazione n. 919 del 15.06.2016, con la quale è stata ingiunta la rimozione o demolizione delle opere abusivamente realizzate in via di Castel Fusano 195” è stata fissata “per la trattazione collegiale della controversia la camera di consiglio del 30 agosto 2016“. Se il Comune di Roma avrà ragione, rimarrà inalterato il termine di rimozione e demolizione delle opere entro i 90 giorni decorrenti dalla data di notifica della determinazione, avvenuta in data 27 giugno 2016. Dunque, sorprendono alcune dichiarazioni ‘audaci’ quale “a settembre sarà un grande evento a festeggiare la rinascita di una struttura già presente negli anni Ottanta, destinata a riqualificare e rilanciare turisticamente il mare di Roma“, perché negli anni Ottanta quel cemento non c’era.
Le carte vanno lette, capite e rese disponibili ai lettori e ai cittadini rispettandone il contenuto e non alterandolo per scopi poco nobili che nulla hanno a che fare con l’informazione.

(1) I CAMPEGGI DI OSTIA DIMENTICATI DA ‘MAFIA CAPITALE’
http://www.labur.eu/public/blog/?p=1827

Paula de Jesus per LabUr

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PORTO DI OSTIA: QUANTI SONO I POSTI BARCA?

immagine del porto

Quanti posti barca ha, secondo l’Accordo di Programma, cioè lo strumento urbanistico che ne ha consentito la realizzazione, il Porto di Ostia? Il Comune di Roma non lo sa.
Sembra incredibile ma dai documenti in nostro possesso emerge una situazione grottesca di cui avevamo già accennato in un precedente articolo. Procediamo con ordine.
Il primo documento di riferimento è l’atto del Notaio Marina Fanfani (rep. 46322 racc. 12233 del 23/9/2002, registrato a Roma il 11/10/2002, n.15879 serie 1/T), il secondo
documento è invece l’Ordinanza n.20/2010 della Capitaneria di Porto di Roma (aggiornata con Ordinanza n.52/2012 del 27 giugno 2012), porto di ostia capitaneria vs fanfanifirmata dall’allora Comandante Pietro
Maradei. L’atto notarile riporta la tabella millesimale di tutte le unità immobiliari del Porto di Ostia (compresi i posti barca, con tanto di relativo riferimento catastale) e la tabella di quelle soggette a spese di utenza. E’ dunque il documento più affidabile. Dalla tabella in foto si capisce che qualcosa non torna: 794 posti barca iniziali contro gli 831 finali.

In pratica dal 2002 al 2010 aumentano di punto in bianco i posti barca: più 37 posti barca con quasi 1.500 mq in più di superficie d’acqua a disposizione dei diportisti. Per il
Comune di Roma invece (sempre nel 2010) i posti barca sono 808 perché i tecnici del Comune di Roma invece di ‘contare’ i posti barca prendono al posto di questi il numero più
alto del riferimento catastale. Addirittura nel documento di partecipazione per l’ampliamento del porto i posti barca diventano (sempre nel 2010) 850! Per non parlare del sito ufficiale del Porto di Ostia (http://www.portoturisticodiroma.it) dove ne risultano 840.

Non si capisce bene quali controlli abbia effettuato la Capitaneri di Porto che già con un precedente decreto (il 53/2000 del 12 dicembre 2000, Regolamento per l’esercizio e l’uso
del Porto Turistico di Roma) aveva dettagliato l’argomento ancor prima che il Porto di Ostia venisse inaugurato. Solo successivamente l’articolo 43 del Regolamento con
indicazione dei posti barca è stato modificato su istanza della società A.T.I. (concessionaria del porto) in data 20 settembre 2002 con entrata in vigore il 1 novembre 2002, mentre
l’indicazione degli 831 posti barca è stata modificata con istanza della società Porto Turistico di Roma il 5 dicembre 2007.

I posti barca, dentro un porto che è il porto di Roma, sono una miniera d’oro. Basti pensare che nel 2011 comprare il posto barca n.789 del riferimento catastale (idoneo per una barca fino a 40 metri) costava 700.000 euro (cessione del diritto di utilizzo fino al 2048) o che l’affitto del posto di una barca di 10 metri costava 4.260 euro all’anno (esclusi i consumi idrici: il 5% dell’importo di riferimento cioè 213 euro).
Neanche è chiaro per il Comune di Roma se il Porto di Ostia rispetti la disponibilità prevista dal Regolamento del 10% dei posti barca a favore delle navi in transito. Insomma un bel papocchio di cui da tempo si lamentano i diportisti del Porto di Ostia che, essendo titolari di posti barca e dunque delle unità immobiliari (art.53 del Regolamento) sono tenuti al pagamento delle quote di loro pertinenza per i servizi di cui all’art.10 tra cui il dragaggio per il mantenimento dei fondali, lettera o), opera non eseguita con correttezza p.es. all’imboccatura del porto. Per inciso: il consuntivo del 2014 per le spese di utenza è stato di 2.829.871, 45 di cui ben 200 mila euro per la manutenzione dei fondali (diventati 250 mila nel preventivo del 2015).

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