CAPOCOTTA – AUDIZIONE DI LABUR IN COMMISSIONE DI RISERVA NATURALE STATALE DEL LITORALE ROMANO

Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20250509_172100_0000Ieri si è tenuta l’audizione di LabUr – Laboratorio di Urbanistica presso la Commissione di Riserva Naturale Statale Litorale Romano, presieduta dal Presidente Dr. Romeo De Angelis, sul tema di Capocotta.

In allegato il documento consegnato (LINK).

Un passaggio che LabUr ha ritenuto obbligato per rispetto istituzionale prima di depositare tutta la documentazione sulla regolarità urbanistica e amministrativa in Procura.

Dopo anni di disinteresse totale su Capocotta, questo avrebbe dovuto essere l’anno della svolta. I bandi relativi ai chioschi di Capocotta erano già stati contestati dalla Commissione di Riserva per non aver messo in primo piano la protezione dunale e ambientale. Il Comune di Roma, ente gestore, ha fatto delle scelte in autonomia puntando tutto sulla gestione della spiaggia di Capocotta. Dunque nei prossimi 12 anni non avremo più dei presidi di tutela bensì degli ‘stabilimenti balneari’ senza concessione marittima.

Tre i punti più critici:

1) L’assenza di una perimetrazione georeferenziata della Riserva (linea SID).

2) Stravolgimento della destinazione d’uso dei chioschi.

3) La titolarità dei chioschi e dei lotti in cui insistono.

1) Dopo tanti anni, e solo a seguito della richiesta di LabUr, si è avuta una risposta relativa al posizionamento dei chioschi di Capocotta che non si troverebbero su Demanio Marittimo bensì in area di Riserva. Nei bandi però non compare la linea SID. A nostra precisa richiesta alla Capitaneria di Porto dove fosse posizionata la linea SID, abbiamo ricevuto come risposta che gli spostamenti che avevamo rilevato potrebbero errori cartografici e che di fatto la linea non è stata ancora georeferenziata, per cui si naviga a vista. Non si tratta di un problema irrilevante: è fondamentale infatti sapere di chi è cosa e a chi sono in capo le competenze.

2) Il Comune di Roma, sotto la guida del Sindaco Roberto Gualtieri, che ha gridato in pompa magna al ripristino della legalità sul mare di Roma, ha mascherato la funzione dei chioschi per poter gestire la spiaggia di Capocotta trasformandoli appunto da presidi dunali in veri e propri ‘stabilimenti balneari’, dunque aperti solo nella stagione estiva e chiusi tutto il resto dell’anno. Dovrebbero essere un presidio di difesa di un’area di Riserva di tipo 1, dunque a massima tutela, e invece là dove non è consentito nemmeno accendere un falò abbiamo ristoranti, noleggio di ombrelloni e lettini e serate danzanti. Si innesta così anche un problema amministrativo: il Comune dichiara di non aver ricevuto alcuna richiesta di autorizzazione nella scorsa stagione balneare, eppure chiunque ha potuto verificare che ad es. il noleggio di ombrelloni e lettini è avvenuto quotidianamente, così come le serate danzanti. Nessun controllo è avvenuto su quanto accadeva a Capocotta e la ragione è semplice: se non viene definita con certezza la dividente demaniale la Capitaneria di Porto non può intervenire in area di Riserva così come il Comune di Roma non può intervenire su area demaniale marittima, però dà il suo nulla osta ai chioschi affinché possano esercitare attività (che però si svolgono su Demanio Marittimo) deresponsabilizzandosi con la formula di dotarsi di “tutte le autorizzazioni necessarie”. Questo favorisce ovviamente infiltrazioni di attività illecite come avvenuto negli ultimi 20 anni.

3) Circa la titolarità dei chioschi e dei lotti in cui insistono, il Dipartimento Patrimonio del Comune di Roma ha confermato che i chioschi, senza titolo edilizio, non sono inventariati e i lotti su cui insistono non sono sempre del Comune. Ad es. la particella 42 del foglio 1146. Dunque è sconfessata la proprietà degli stessi dichiarata dal Dipartimento Ambiente del Comune di Roma.

IL CASO

Un caso emblematico è quello del chiosco denominato con la lettera A, conosciuto come “ex Dar Zagaja”.

A gennaio abbiamo filmato lo storico chiosco completamente abbandonato, a riprova che lo stesso non svolgeva attività di presidio dunale. C’erano stati piccoli atti vandalici. Passa poco tempo e il Dipartimento Ambiente scrive che gli atti vandalici lo hanno “ridotto in rovine”, per cui andava demolito e ricostruito ‘più grande e più bello di pria’ e, guarda caso, spostandolo leggermente. È evidente che se in estate il chiosco (di cui il Comune rivendica la proprietà) non viene vandalizzato perché presidiato, in inverno viene vandalizzato perché abbandonato, dunque i chioschi non svolgono attività di presidio dunale tutto l’anno, bensì un’attività turistico/balneare senza concessione marittima.

Per altro non si sa nemmeno se questi chioschi, di fatto stabilimenti balneari, abbiano tutte le autorizzazioni complementari (SCIA per il noleggio, ASL, allacci in fogna, smaltimento olii esausti ecc.). Ricordiamo che è a tutti noto che a Capocotta spesso le fogne erano a dispersione e che si sono tenute notti danzanti incompatibili con una area di Riserva di tipo 1 a massima protezione e che si assiste addirittura al pre posizionamento di ombrelloni e lettini. Quest’anno non si sa nemmeno se sarà fornito il servizio di salvataggio da parte del Comune di Roma.

Infine, a riprova che l’ente gestore non gestisca l’area di Riserva bensì la usa per offrire servizi di balneazione, avremo ben 3 chioschi in costruzione (A, C ed E): chi tutelerà 1.500m lineari di dune nel mentre?

Non si può lasciare la tutela dunale al buon cuore dei gestori dei chioschi a cui il Comune di Roma demanda solo la gestione della spiaggia del più bel tratto del Litorale della Capitale d’Italia.

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IDROSCALO DI OSTIA 15 ANNI DOPO E IL DIRITTO DI RESTARE

Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20250505_090548_0000A distanza di 15 anni dal criminale sgombero parziale dell’Idroscalo di Ostia (23 febbraio 2010) nulla è cambiato tra mille false promesse di rinascita dell’area sbandierate dalle giunte Alemanno, Marino, Raggi e Gualtieri.

L’occasione per rinnovare la condanna e ragionare sul futuro degli abitanti sarà la presentazione del libro di Stefano Portelli (”Il diritto di restare”, Carocci Editore) il prossimo 5 maggio (ore 17:00) presso Palazzo Valentini sede della Provincia di Roma dal 1873 (oggi, Città Metropolitana di Roma), nel cuore della Capitale, in via IV Novembre, 119/a. Un libro che a tutti gli effetti è un ‘manuale’, che espone, in modo ampio ed esauriente, i decenni successivi alla grande stagione delle lotte per la casa, quando migliaia di persone trasferite sul litorale iniziarono a sentirsi deportate, sradicate, più isolate che nei vecchi quartieri di appartenenza, finendo in quel lembo di terra alla foce del fiume Tevere.

 

LabUr sarà presente con la dr.ssa Paula De Jesus che da sempre ha costituito il baluardo di difesa urbanistica e sociale contro la speculazione di quel periodo che voleva una vera e propria deportazione degli abitanti nei residence a favore del raddoppio del limitrofo Porto Turistico di Ostia maturato ai tempi d’oro di Mafia Capitale, scoperchiata solo 3 anni dopo. Per ogni approfondimento, rimandiamo alla raccolta degli articoli in materia (1) ed in particolare a due, dove si descrive il lungo e ancora non definito censimento demaniale (2) e il conseguente riordino catastale dell’area (3) passaggi fondamentali per la rinascita dei luoghi.

 

Screenshot_2025-05-05-09-16-23-54_a1b1bbe5f63d5b96c1a0f87c197ebfaeIn anteprima, mostriamo qui di fianco la nuova delimitazione del demanio marittimo, confinante con quello fluviale, avviata il 27 aprile 2022 (su sollecito di LabUr) che ha avuto come elementi di contestazione

– la necessità di definire la delimitazione in maniera corretta al fine di caratterizzare l’area sotto il profilo giuridico di competenza

– la necessità di distinguere il rischio allagamento se causato in prevalenza dalle piene fluviali o dalle mareggiate

 

Screenshot_2025-05-05-09-17-13-93_a1b1bbe5f63d5b96c1a0f87c197ebfaeCome si vede, la proposta del 2022 (a sx, ottenuta dopo ben 6 verbali), non è riportata ad oggi (a dx, 2 maggio 2025) nel Sistema Informativo del Demanio marittimo che rappresenta lo strumento ministeriale condiviso per la gestione unitaria informatizzata dei dati relativi all’amministrazione del Demanio marittimo, al fine di consentire la puntuale identificazione e conoscenza del suo reale stato d’uso. Una grave negligenza che di fatto impedisce ogni riqualificazione urbanistica del luogo.

 

Inutile dunque citare tutte le sciocchezze raccontate dalla Giunta Gualtieri e da quella Falconi del Municipio X sulla delocalizzazione degli abitanti in altre aree (l’ex centro Tennis Azzurro di via Mario Ruta, ad Ostia Ponente) e sulla sedicente ‘rigenerazione urbana’ (4).

La novità invece viene da una recente sentenza della Corte di Appello di Roma (Sezione VIII Civile del 06/03/2025, presieduta dalla Presidente Franca Mangano) (5).

La sentenza chiarisce, come LabUr ha sempre rilevato, che solo la presenza ricorrente di piene ordinarie del fiume conferisce al bene il carattere della demanialità, diversamente non riconosciuto se trattasi di piene occasionali o addirittura dovute alle mareggiate (come accaduto all’idroscalo a causa dell’onda marina risalente il fiume sotto l’effetto di particolari condizioni ventose e in presenza di affioranti depositi sabbiosi alla foce).

 

L’evento del 5 maggio rappresenterà pertanto una pietra miliare per l’Idroscalo di Ostia, all’interno del Giubileo della Speranza, definito da Papa Francesco, il Papa degli ultimi, come “segno di una rinnovata rinascita di cui tutti sentiamo l’urgenza”. Speriamo dunque che il Comune di Roma, responsabile del criminale sgombero del 2010, sia con la sua presenza in grado di garantire agli abitanti dell’Idroscalo “il diritto di restare”.

Che cosa ne è stato degli abitanti dei borghetti autocostruiti intorno a Roma, le cosiddette “baracche” demolite negli anni Settanta? Il libro dell’antropologo Stefano Portelli, “Il diritto di restare – espulsioni e radicamento tra Roma e Ostia” – Carocci Editore, racconta i decenni successivi alla grande stagione delle lotte per la casa, quando migliaia di persone trasferite sul litorale iniziarono a sentirsi deportate, sradicate, più isolate che nei vecchi quartieri. Appuntamento dunque oggi, 5 maggio 2025 alle 17, presso Palazzo Valentini a Roma.

 

(1) LINK 1

(2) LINK 2

(3) LINK 3

(4) LINK 4

(5) LINK 5

 

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OSTIA, SPIAGGE: IL TAR BOCCIA IL ‘PIZZO’ SULLE CONCESSIONI

Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20250313_140729_0000Le spiagge di Ostia, di Castel Porziano e di Capocotta non sono patrimonio del Comune di Roma per fare cassa. Così si è espresso di nuovo il TAR Lazio che oggi ha sospeso il bando di gara, in scadenza il 17 marzo, per l’affidamento di 31 concessioni demaniali marittime.

La Giunta Capitolina, senza alcun appoggio normativo a riguardo, aveva previsto una corresponsione all’Amministrazione di un importo aggiuntivo rispetto al canone e determinato in base al fatturato degli stabilimenti. Un vero e proprio ‘pizzo di Stato’.

La sentenza è un altolà al Sindaco Roberto Gualtieri e all’Assessore al Patrimonio Tobia Zevi, troppo dediti agli show piuttosto che a risolvere i problemi.

A meno di 60 giorni dall’inizio della stagione balneare tornano sulle spiagge i vecchi concessionari, ma rimangono le macerie dovute alle mareggiate (si veda il Kursaal) o all’abbandono (si veda La Casetta).

Quando la giustizia amministrativa è costretta a correggere ripetutamente la Pubblica Amministrazione il significato è uno solo: la gestione del territorio è allo sbando e non solo da un punto di vista amministrativo, ma soprattutto urbanistico.

Mentre viene bocciato il bando sulle spiagge, il Comune di Roma continua ad opporsi alle sentenze con costi esorbitanti per le casse capitoline e finge di ignorare la questione della dividente demaniale che definisce il limite del demanio marittimo e cioè quali aree debbano realmente essere considerate ‘spiagge’ oppure no.

Tutto è rimandato al 14 ottobre per la decisione finale nelle aule di Tribunale e nel merito si entrerà anche per le deliberazioni della Giunta capitolina n. 136/2024 del 26.4.2024, recante “indirizzi e criteri generali per la valorizzazione economica, sociale e paesaggistico-ambientale del Litorale di Roma”, e n. 44/2025 dell’11.2.2025, recante “integrazione” a detta delib. n. 136/24.

Un pasticcio così non si era davvero mai visto.

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FIUMICINO, VITTORIA DEL PASSO DELLA SENTINELLA. SENTENZA STORICA CON EFFETTO A CASCATA

Arancione e Nero Foto Palestra Poster_20250311_121835_0000Sentenza storica. Come ha sempre sostenuto LabUr – Laboratorio di Urbanistica da 15 anni, sia per il Passo della Sentinella sia per l’Idroscalo di Ostia, un’area per definirsi golena deve avere un argine e deve avere quegli elementi quantitativi e temporali, quali la presenza ricorrente di piene ordinarie del fiume, necessari per assegnare al bene il carattere della demanialità.

È quanto conferma la sentenza della Corte di Appello di Roma Sezione VIII Civile nella camera di consiglio del 06/03/2025, presieduta dalla Presidente Franca Mangano.

La battaglia, portata avanti in solitudine da un indomito Bersagliere, Giuliano Talevi – insieme agli Avv. Alessandro Maria Scavolini e Alfredo Bonomo – riguardava un lotto dell’area denominata Passo della Sentinella alla foce del Tevere nel Comune di Fiumicino a ridosso del costruendo mega Porto crocieristico della Royal Caribbean.

La sentenza chiarisce anche altri aspetti importanti che LabUr aveva rilevato in fase di consulenza tecnica nel procedimento: il terreno, qualificato patrimonio regionale, non può appartenere al demanio pubblico perché altrimenti sarebbe di appartenenza dell’Agenzia del Demanio e quindi dello Stato, che avrebbe dovuto esperire indefettibili procedure di esproprio per pubblica utilità. Secondo quanto accertato l’area in cui si trova il lotto di Talevi sul Passo della Sentinella non è mai stata sommersa dalle piene del Tevere ed il lotto «non è mai stato soggetto ad alcuna esondazione».

Si apre quindi un nuovo capitolo che vedrà LabUr in prima linea per restituire la corretta identificazione delle aree golenali lungo le sponde del Tevere fino ad oggi mistificate dalla Pubblica Amministrazione.

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TERMOVALORIZZATORE: LE TERRE RUBATE PER LA SPECULAZIONE

termovalorizzatore terre rubateSono scaduti i termini per una risposta all’accesso civico generalizzato di LabUr da parte degli Uffici tecnici dei Comuni di Roma e Albano relativo alla verifica dei confini. Produciamo dunque noi la documentazione augurandoci che in Conferenza dei Servizi qualcuno sollevi la questione.
L’area interessata dall’impianto del ‘Termovalorizzatore’ di Roma ha sconfinato (anche se molto meno di quanto ipotizzato) nel Comune di Albano rispetto al corso del Fosso della Cancelliera che avrebbe dovuto, a ragion di logica, esser considerato il confine naturale tra i due Comuni. Le carte topografiche storiche parlano chiaro: lo ‘sperone’ non è presente nella carta del 1899 da cui è derivata quella del 1935 dove a sua volta risulta meno profondo (verso il Comune di Albano) di quanto rappresentato nell’attuale Catasto.
Non solo. Dopo la messa in onda il 15.12.2024 del servizio di Report “Il santo inceneritore”, dedicato proprio al ‘Termovalorizzatore’ di Roma, al catasto non era presente alcuna particella riferita al corso d’acqua del Fosso della Cancelliera. La particella 3356 del foglio 1186 appare invece d’incanto 5 giorni dopo, il 20 dicembre, per identificare una superficie di ben 1.384 mq definita “relitto di acque”.
Al catasto, l’attuale corso (deviato) del Fosso della Cancelliera non è identificato da alcuna particella e rimane a questo punto il dubbio che, non essendo più un corso d’acqua, i 1.384 mq della nuova particella 3356 dovranno essere comprati da AMA perché di certo non erano inclusi nell’atto di acquisto.

Dopo aver fatto emergere un errato inquadramento particellare dell’area destinata alla realizzazione del termovalorizzatore, dopo aver verificato la inidoneità urbanistica dell’area e la deviazione non autorizzata del Fosso della Cancelliera, dopo aver denunciato la non veritiera dichiarazione di edificabilità dei terreni presente nell’atto del Notaio  nonché ricostruito le fasi di un “patto elettorale” tra Gualtieri e Caltagirone, ora è il turno dei terreni identificati al foglio 1186 del catasto del Comune di Roma che per almeno 600 mq appartengono al Comune di Albano.
Si tratta dell’ennesima irregolarità dovuta ad una mancata diligenza in fase istruttoria che ha dimenticato la particella 102, la deviazione del Fosso e la inedificabilità dei terreni.

L’ANALISI
Partiamo dal risultato grafico che mostra l’area appartenente al Comune di Albano e non a Roma. L’accertamento è avvenuto considerando come riferimento le particelle catastali presenti nell’impianto meccanografico del foglio 1186 perimetrate dal Fosso della Cancelliera e analizzando le estensioni territoriali delle tenute e pediche così come risultanti nella pianta topografica dell’Agro Romano e dei territori limitrofi conservata presso l’Archivio Capitolino ed aggiornata al 1899 (consultabile anche via web). Le misure superficiali sono in ettari e are.
Tale pianta è stata presa in considerazione in quanto di riferimento per la conversione in legge del Regio decreto-legge 7 marzo 1935 XIII, n. 264, concernente la rettifica e la delimitazione delle circoscrizioni del Governatorato di Roma e dei comuni finitimi, tra cui quello di Albano (Atti Parlamentari 1305 – Senato del Regno, Legislatura XXIX – Sessione 1934-35 – Discussioni – Seduta del 28 Maggio 1935, pagina 1345).
Essendo tutte le piante in scala, l’ultimo passaggio è stato quello di triangolare le distanze tra elementi catastali certi come il Fosso della Cancelliera e via Ardeatina, servendosi anche della Carta Tecnica Regionale Numerica (CTRN) per rilevare gli andamenti altimetrici dei luoghi. In particolare, si è ‘esplosa’ l’area interessata che nelle carte è solo grossolanamente perimetrata senza indicarne l’effettiva misurazione.
deposito scorie albanoIl risultato è stato che almeno 600 mq dell’attuale particella n.818 del foglio 1186 del NCEU del Comune di Roma ‘sconfinano’ nell’adiacente territorio di Albano probabilmente per aggiustamenti avvenuti nel dopoguerra, ma comunque non giustificati in quanto ancora ad oggi il confine tra Roma ed Albano è quello del 1935.
La complessa ricostruzione grafica viene qui sintetizzata colorando la parte dell’impianto del termovalorizzatore (‘deposito scorie’) ricadente nel Comune di Albano.

Qui di seguito, stralci della cartografia utilizzata.

Screenshot 2025-02-27 15.25.20Screenshot 2025-02-27 15.26.55termovalorizzatore ctrn

Gli uffici tecnici interessati (Roma ed Albano) non hanno saputo fornire risposta alla richiesta di accesso civico generalizzato riguardante la verifica del confine in questione. Avevamo ‘sperato’ in un primo momento che l’errore ricadesse in uno sconfinamento molto più ampio rispetto al percorso del Fosso della Cancelliera che avrebbe dovuto, a ragion di logica, esser considerato il confine naturale tra i due comuni. 

Infatti ancora non è chiaro perché il Comune di Roma abbia questo sperone di territorio nel Comune di Albano, ma le carte topografiche storiche (da cui derivano i confini attuali) parlano chiaro, così come non c’è dubbio che esiste uno sconfinamento come sopra indicato. Inoltre, tale ‘sperone’ non è presente nella carta del 1899 da cui è derivata quella del 1935 dove a sua volta risulta meno profondo (verso il Comune di Albano) di quanto rappresentato nell’attuale Catasto, quasi che negli anni lo ‘sconfinamento’ sia stato progressivo.

Ora, dopo questa ennesima irregolarità, dovuta ad una mancata diligenza in fase istruttoria che ha dimenticato la particella 102, la deviazione del Fosso e la inedificabilità dei terreni, attendiamo che nelle sedi decisorie si prenda atto definitivamente che l’atto notarile a firma del Notaio in Roma, Nicola Atlante, per quanto già espresso nei precedenti articoli, non sia valido, motivo per cui si dovrebbe ricominciare daccapo tutto l’iter autorizzativo. 

Precisiamo che la questione è stata segnalata all’Ordine Notarile che molto sbrigativamente ci ha risposto (senza fare alcuna istruttoria) che “è tutto a posto”. Vedremo, perché spesso e volentieri molti alti notarili sono risultati illegali, con pesanti conseguenze penali.

Attenderemo l’esito decisorio e, in mancanza di un trasparente accertamento fondiario, produrremo la nostra documentazione presso la Procura della Repubblica.

LA PARTICELLA DEL FOSSO DELLA CANCELLIERA
Nell’analisi topografica è poi emersa una nuova questione e cioè la particella del Fosso della Cancellieratermovalorizzatore variazione fosso.
Che il Fosso della Cancelliera sia stato irregolarmente deviato nel suo corso, è ormai fatto appurato. Addirittura da foto aeree si individua anche la modifica sostanziale della particella 673 che negli atti del notaio Nicola ATLANTE del 2022 risulta invece ancora come 19 anni prima.

E’ singolare che fino al 15 dicembre 2024, messa in onda del servizio di Report dedicato al termovalorizzatore, al catasto non fosse presente alcuna particella riferita al corso d’acqua. La particella 3356 del foglio 1186 appare invece d’incanto il 20 dicembre 2024 per identificare una superficie di ben 1.384 mq definita “relitto di acque”.
Consultando di nuovo il catasto la particella 819 e la 673 risultano ancora confinanti con la 3356 (che non è stata soppressa) e aventi rispettive superfici di mq 5.780 e 15.654 esattamente come nell’atto notarile.
Al catasto, l’attuale corso (deviato) del Fosso della Cancelliera non è identificato da alcuna particella e rimane a questo punto il dubbio che, non essendo più un corso d’acqua, i 1.384 mq della nuova particella 3356 dovranno essere comprati da AMA perché di certo non erano inclusi nell’atto di acquisto.
Da tenere in considerazione che il tracciato dell’attuale “relitto di acque” rappresenta la linea dividente tra terreni edificabili (al di sotto) e terreni non edificabili (al di sopra). Tale linea non può assolutamente essere variata per lo spostamento del fosso perché è vigente il vincolo imposto dal Consorzio di Sviluppo Industriale Roma-Latina, come già osservato nei precedenti articoli.

In conclusione, questa è la prova che il fosso era demaniale, che è stato interrato e spostato verso via della Cancelliera e che ad oggi catastalmente non risulta più.
Rimane un dubbio: l’impianto del termovalorizzatore ruberà anche questi 1.384 mq?

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INFERNETTO: PENSAVANO FOSSE UN CENTRO RACCOLTA AMA INVECE E’ UN CALESSE URBANISTICO

ama infernetto calesseVenerdì 14 febbraio  finalmente si è tenuta in Municipio X la Commissione congiunta, Urbanistica e Mobilità, su richiesta dei comitati di zona e di LabUr.
All’ordine del giorno il Centro Raccolta AMA su via Wolf Ferrari all’Infernetto. Plasticamente si è potuto apprezzare l’ennesimo pasticcio combinato dal Dipartimento di Urbanistica che ha ‘spostato’ su una strada (via Ceccarossi) e su un’area cani voluta dalla sprovveduta Assessora all’Ambiente, Valentina Prodon, la scuola materna prevista sull’area del Centro di Raccolta AMA. Non solo, il Dipartimento PAU è riuscito addirittura nell’impresa di esprimere un parere fuori tempo massimo rispetto alla conferenza di servizi decisoria, operando così un falso in atto pubblico di cui abbiamo parlato i giorni scorsi e di cui evidentemente qualche consigliere, poco pratico di Urbanistica, pensa che si possa fare.

paolo ferraroL’unica domanda alla quale finalmente gli Uffici hanno risposto è quella relativa al Piano Particolareggiato dell’Infernetto (Zona O 51): come da noi sostenuto, è scaduto nel 2023, essendo trascorsi 10 anni dalla sua approvazione. L’Infernetto è diventato un far west, dove costruttori e furbetti si stanno appropriando della sorte di un quartiere, sanato da Pannella, fermo da 33 anni. E l’Amministrazione Capitolina invece di governare i processi, sgoverna aggiungendo confusione a confusione urbanistica. Una bomba ad orologeria. Il Comune continua a rilasciare infatti i permessi di costruire, ma di strade, servizi, parchi e scuole nemmeno l’ombra.

Rimane il pregevole tentativo dei Presidenti di Commissione Marco Belmonte e Leonardo Di Matteo, di attivare il dialogo con i cittadini senza purtroppo riuscire a colmare lo scollamento evidente tra realtà e disegnino sulla carta, in cui gli Uffici non si accorgono nemmeno che una scuola atterra su una strada e che quando si chiude una conferenza di servizi o la si riapre o non si infila un parere postumo per redigere una delibera di Giunta.

L’unica cosa certa è che lì, in via Wolf Ferrari, da 8 anni, si vorrebbe fare un qualcosa che non si può (e che per altro non è il progetto previsto ai tempi del governo del M5S, ma non se ne sono accorti) e i motivi li ha detti oggi LabUr: il piano particolareggiato è scaduto
la scuola materna non può essere spostata e il parere del Dipartimento di Urbanistica è postumo.

***** NOTA BENE*****

avvocato ama infernettoA fine commissione, c’è stato l’invito di Belmonte ai cittadini di non ‘cadere’ nella ragnatela di saccenti studi legali proposti da sedicenti attivisti, il cui intento unico è di utilizzare i contenziosi con la pubblica amministrazione per ottenere lavoro e visibilità.

Neanche a farlo apposta, dopo poche ore dalla chiusura della commissione sono spuntati ‘comunicati’ come quello qui a fianco, che propongono (a pagamento) inutili e imbarazzanti iniziative.

Il nostro lavoro, gratuito e a difesa di un pubblico interesse, è per ora finito. Auguriamo buona sorte a chi ne approfitta per guadagnarci invitando però i cittadini a non fidarsi dell’esercito del giorno dopo, silente fino al giorno prima.

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FONDI PNRR ALL’AMANTE DI HITLER NELLA PINETA DELLE ACQUE ROSSE AD OSTIA

laffertSono della defunta amante di Adolf Hitler, la Baronessa Sigrid von Laffert, la gran parte dei terreni della Pineta delle Acque Rosse dove la Città Metropolitana di Roma, guidata da Roberto Gualtieri, sta procedendo alla forestazione con fondi PNRR per 1,8 milioni di euro.

Da quanto emerso dopo complessi accertamenti catastali e patrimoniali sembrerebbe che il Comune di Roma non abbia realmente la piena disponibilità giuridica dell’area. 

Sigrid von Laffert (nella foto di copertina, la prima da dx) divenne proprietaria di molti terreni della famiglia Aldobrandini nel 1970. Molti di questi, prima della sua morte avvenuta nel 2002, confluirono in una società con sede in Lussemburgo, la Neulaband s.a., mentre altri rientrarono in Italia con la Neulaband s.s. lasciando invariati al catasto i rimanenti. Il problema è che ancora oggi, nell’area che va dalla Pineta fino al Tevere, risultano per l’Agenzia delle Entrate ben 56 ettari ancora intestati alla Von Laffert, senza che nessuno ne abbia aggiornato la proprietà dopo 23 anni dalla sua morte. 

Dunque, nell’area interessata dalla forestazione con fondi PNRR troviamo di fatto particelle di proprietà Aldobrandini, non dichiarate perché intestate alla baronessa defunta, e lungo la riva del fiume Tevere (dietro l’argine che corre a fianco di via Tancredi Chiaraluce) e particelle di proprietà della Neulaband s.s., sempre di Aldobrandini, un’area che sarà a breve anch’essa oggetto di una nuova speculazione. 

Sarebbe a questo punto opportuno che il Comune di Roma dimostri con chiarezza la disponibilità giuridica dei terreni di proprietà della Baronessa Von Laffert interessati dalla forestazione, considerato che gli stessi erano già stati inclusi nel 1996 nel Piano di Riqualificazione Urbana (PRU Ostia Ponente) che prevedeva proprio lo stesso intervento, ma a carico della lussemburghese Neubaland s.a per 13 miliardi di lire.

Questi fumosi grovigli societari che caratterizzano passaggi di proprietà avvenuti all’estero e in parte già finiti in contenziosi processuali negli anni ‘70, ricordano, con preoccupante somiglianza, le vicende delle ‘case di sabbia’ della Moreno Estate srl sempre ad Ostia Ponente (un camuffamento della famiglia Armellini che va avanti da 50 anni). Non si sa infatti con certezza se sia regolare la proprietà vantata dei terreni Aldobrandini da parte della Baronessa fondatrice della Gioventù Hitleriana. Come LabUr, ancora una volta, come nel caso della Moreno Estate, faremo di tutto per evitare che il Comune di Roma tratti compravendite o agevoli società con sede nei paradisi fiscali.

Da un rapido conteggio, sono più di 45 le particelle (dalla pineta al fiume) su cui il Comune di Roma vuole investire ingenti risorse per la ‘riqualificazione urbana’, non avendo però eseguito alcun approfondimento patrimoniale. Chiederemo dunque che l’Assessore al Patrimonio del Municipio X, Guglielmo Calcerano, avvocato, portavoce dei Verdi, legato politicamente ad Angelo Bonelli, proceda ad una urgente verifica degli atti di provenienza per evitare un danno erariale imputabile ad una evidente negligenza della pubblica amministrazione.

Qui di seguito, una sintetica scheda tecnica.


 

SCHEDA TECNICA

mappa particelle laffertL’intervento di forestazione urbana in corso presso la c.d. Pineta delle Acque Rosse ad Ostia, finanziato dal PNRR per circa 1,8 milioni di euro, comprende due terreni che, al catasto, risultano essere di proprietà di una Baronessa tedesca, Sigrid Laffert, amante di Hitler, imparentata con la famiglia Aldobrandini e morta a Berlino nel 2002. Nella mappa che abbiamo ricostruito, i terreni interessati dalla forestazione sono in verde. I due della Laffert hanno bordo rosso. Si nota che anche altri terreni nei pressi (anch’essi bordati di rosso) risultano ancora intestati alla defunta Baronessa, per un totale di oltre 56 ettari.

Dunque, dei 17,99 ettari totali di forestazione, 2 terreni (le particelle del foglio 1079 nr. 2621 e 2626p), per un totale di 11 ettari, non risultano essere del Comune di Roma. Tuttavia è stabilito che, ai fini dell’ammissibilità per l’erogazione dei fondi, la forestazione può essere realizzata su terreni di cui i comuni della Città Metropolitana (in questo caso Roma) hanno la disponibilità giuridica che non implica però la proprietà. 

pru neulabandLa questione si fa ancora più interessante in quanto l’intervento di cui sopra risultava già compreso nel c.d. Piano di Riqualificazione Urbana ‘Ostia Ponente’ (PRU) adottato nel 1996: Intervento Pubblico n.1, “Acquisizione ed assestamento forestale delle pinete dell’Acqua Rossa ed aree limitrofe”. Tale intervento doveva essere però finanziato al tempo per un importo di 13 miliardi di lire dalla Neulaband s.a., fondata nel 1992 con sede in Lussemburgo e domicilio fiscale in Roma (c.f. 97093040588, p.iva. 05302301006) che è subentrata in moltissimi terreni alla baronessa Laffert, ma non sui due indicati interni alla forestazione.

Nel 2004 ancora si scriveva che “è previsto l’intervento di valorizzazione della Pineta delle Acque Rosse”. Ad oggi la situazione catastale apre dunque un grosso dubbio: come è possibile che nel 2025, a fronte di un intervento con fondi PNRR, non sia stato aggiornato il catasto in termini di proprietà? Oppure l’acquisizione prevista nel PRU non è mai stata perfezionata? Di quale disponibilità giuridica si avvale il Comune di Roma per intervenire con la forestazione su terreni di altra proprietà per altro defunta? 

LE DUE NEULABAND

La Baronessa Von Laffert è legata sia alla lussemburghese Neulaband s.a. che alla italiana Neulaband s.s. e risulta ancora proprietaria di altri numerosi terreni, per un totale di 56 ettari (precisiamo che in Neulaband s.s. l’abbreviazione “s.s.” indica “società semplice” e non SchutzStaffel cioè l’organizzazione paramilitare nazista fondata da Hitler). Come per la società lussemburghese, anche per la italiana Neulaband s.s. (c.f. 08562921000), il legame con la famiglia Aldobrandini è evidente, non solo per avere come legale rappresentante Clemente Federico Aldobrandini (Roma, 4 maggio 1982), ma anche perché nello statuto si legge “gestione dei beni Aldobrandini”. Da questo particolare già emerge che la proprietà finale è della famiglia di origini nobiliari, camuffata al catasto da altre intestazioni.

La Neulaband s.s. è stata costituita l’8 giugno 2005 (dopo quella omonima lussemburghese) e Clemente Federico Aldobrandini, figlio del Principe Camillo Giovanni Giuseppe Aldobrandini (21 maggio 1945), risulta esser stato nominato legale rappresentante solo nel 2019, preceduto da Nicola Spinelli e Luca Ferri, che ancora compaiono nell’intestazione di alcuni terreni.

A differenza dei terreni della Baronessa Von Laffert, i terreni della Neulaband s.s. sono situati a ridosso del Tevere, in sponda sinistra, dietro l’argine, a partire del depuratore di Ostia (su via Tancredi Chiaraluce) in poi (fino a via delle Orcadi). Questi terreni, che non appartengono al demanio fluviale della Regione Lazio, sono dichiarati insistere in area golenale, intendendo per ‘golena’ l’area compresa tra un argine ed un corso d’acqua (il Tevere).

Invece la Neulaband s.a, oltre che nell’ambito dei PRU di ‘Ostia Ponente’ (intervento pubblico n.1 e proposte urbanistiche B5 e B4), risulta titolare anche della proposta inserita nel Patto Territoriale di Ostia e Fiumicino relativa al progetto per la realizzazione di un parco naturalistico, birdWatching; con punto di ristoro nell’isola di Tor Boacciana.

LA BARONESSA SIGFRID VON LAFFERT

La baronessa Sigrid Alice Ernestine Cecile Luise Claudia Helma Frieda von LAFFERT (Bad Doberan, 18 gennaio 1916 – Monaco, 8 settembre 2002) (LFFSRD16A58Z111E) sposó a Berlino il 27 dicembre 1940 il conte Johannes Von Welczeck (Santiago, 1 ottobre 1911 – Caracas 4 marzo 1969), fratello della Principessa Louise Rosario Trinidad Bernardette Aldobrandini (Dresda, 20 Agosto 1913 – Frascati, 25 Settembre 2000) a sua volta moglie del Principe Clemente Aldobrandini (Frascati, 27 Giugno 1891 – Roma, 8 marzo 1967) di cui è figlio Camillo Giovanni Giuseppe Aldobrandini (21 maggio 1945), padre di Clemente Federico Aldobrandini legale rappresentante della Neulaband s.s. (quella italiana). 

Laband, terra natía dei Von Welczeck, è il nome tedesco di Łabędy, un distretto di Gliwice (Gleiwitz) nel voivodato della Slesia, nella parte meridionale della Polonia, circa 270 chilometri a sud-ovest della capitale Varsavia e circa 90 chilometri a ovest di Cracovia. 

Ecco dunque il motivo del nome “Neulaband” dato alle due società: in pratica quella che noi chiamiamo Nuova Ostia dovremmo chiamarla ‘Nuova Laband’.

LA VICENDA PROCESSUALE DELL’EREDITÀ ALDOBRANDINI

Il nome di Sigrid Von Laffert compare in un contenzioso processuale del 1974 come acquirente in Svizzera (notaio, Marco Gambazzi, atto redatto dopo la morte di Ferdinando Aldobrandini, 16 dicembre 1969) di circa 180 ettari di proprietà Aldobrandini a un prezzo troppo inferiore rispetto a quello di mercato: 400 milioni di lire invece di 6 miliardi. Non è mai stato accertato fino in fondo se si fosse trattato di un sistema per evadere il fisco o per esportare valuta all’estero. Di certo gli Aldobrandini non avevano svenduto quel terreno, inserito nell’allora unica zona di Ostia destinata ad espansione urbanistica che andava da via delle Baleniere fino al fiume Tevere. Come abbiamo visto, la Baronessa Von Laffert era la cognata di Livia Aldobrandini e l’atto svizzero di Gambazzi verrà registrato a Roma (senza la necessaria autorizzazione ministeriale) solo il 17 luglio del 1970. 

A quel tempo, si aprì un procedimento penale nei confronti degli eredi Aldobrandini per truffa, falso e frode fiscale, attivato da parte di alcuni costruttori a cui erano stati promessi quei terreni. Le accuse agli Aldobrandini vennero mosse dal sostituto procuratore romano Domenico Sica e fatte proprie dal giudice Istruttore Pizzuti, contestando in sostanza di aver fatto sparire dall’eredità quei 180 ettari (di cui rimangono i frammenti sopra visti).

CONCLUSIONI

Che gli Aldobrandini abbiano, attraverso società di comodo e atti falsi stipulati in Svizzera, compiuto un tale reato non è mai stato dimostrato in pieno, tant’è che al tempo neanche il Ministero delle Finanze si costituì parte civile. Resta il fatto che sono passati 50 anni e che al catasto il nome della Baronessa Von Laffert ancora si impone all’interno di atti pubblici la cui trasparenza amministrativa è tutta da dimostrare.

Eppure non sarebbe difficile fare come in Corsica, dove dopo quasi 50 anni, sono rientrati dalla Svizzera in Italia a marzo del 2024 le proprietà di Clemente Federico Aldobrandini, intestate alla società lussemburghese Bubika s.a., costituita nel 1973, che ha deciso il trasferimento della sede legale al nostro Paese sotto forma di srl. Ben 400mila metri quadrati, ubicati nel comune di Sartène nella Corsica del sud. 

 

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CENTRO RACCOLTA AMA ALL’INFERNETTO: SPUNTA UN FALSO IN ATTO PUBBLICO

476383851_1762517557653090_2737349999873074826_nIn attesa che venga convocata la commissione congiunta Urbanistica e Mobilità del Municipio X sulla questione del Centro di Raccolta AMA all’Infernetto, spunta un falso in atto pubblico. Il progetto del Centro di Raccolta AMA in Via W. Ferrari (angolo Via Soffredini) che aveva ricevuto in Conferenza dei Servizi un parere non ostativo da parte del Dipartimento di Programmazione e Attuazione Urbanistica del Comune di Roma il 13/11/2019 e da cui era scaturita la Determina Dirigenziale del Dipartimento Tutela Ambiente che approvava il progetto il 27/12/2019, riceve 4 giorni dopo, il 31/12/2019 quindi dopo la chiusura della Conferenza che ricordiamo essere decisoria, un secondo parere dal Dipartimento PAU in cui chiedeva di assicurare gli standard urbanistici e di individuare all’Infernetto un’area idonea ad accogliere la scuola materna sottratta con la realizzazione del Centro di Raccolta AMA. Dopo il ricorso gerarchico di LabUr del 27/9/2023, la Direzione Trasformazione Urbanistica di Roma Capitale redige 4 anni dopo una Relazione Tecnica Illustrativa propedeutica alla Determina Dirigenziale che però poggia sul parere PAU del 31/12/2019 e non su quello espresso in Conferenza dei Servizi e individua due particelle all’Infernetto dove far ‘atterrare’ la scuola materna, senza però accorgersi che una delle due particelle è la sede stradale di Via Ceccarossi e l’altra è l’area cani che l’Assessore al Verde del Municipio X, Valentina Prodon, chiama “Parco Columbia” e vuole concedere ai cittadini nei c.d. Patti di Collaborazione per la gestione delle aree verdi. La stessa Prodon che aveva già dichiarato un falso a novembre in TV.
Tutti i pareri successivi poggiano su questo falso, cioè su un documento che non è quello della Conferenza dei Servizi, compresa la Delibera di Giunta del 29/12/2023 che approva il progetto definitivo e lo spostamento della scuola materna in un’area inidonea. Una vicenda grave e grottesca, inquinata da un’Amministrazione incompetente a diversi livelli, da infiltrati legati all’estrema destra e sullo sfondo filibustieri, con l’obiettivo di far fallire i tavoli di lavoro per scopi lontanissimi da quelli collettivi. Ci auguriamo dunque che nei prossimi giorni si tenga in Municipio X la Commissione Congiunta chiesta dai Presidenti Marco Belmonte e Leonardo Di Matteo e che tutti i dipartimenti e Uffici coinvolti nel progetto vengano a chiarire le domande (v. LINK) che da anni sono rimaste senza risposta, soprattutto alla luce di quest’ultimo grave episodio.

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TERMOVALORIZZATORE ROMA: I TERRENI NON SONO DEL COMUNE DI ROMA BENSÌ DI ALBANO. NULLO L’ATTO NOTARILE.

termovalorizzatore albanoSarebbero del Comune di Albano il 60% dei terreni (gli unici edificabili) che il Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha comprato tramite AMA per costruirci il termovalorizzatore. Ad evidenziare l’ennesimo inciampo di questo imbarazzante progetto è il foglio originale n.1186 di impianto, digitalizzato e georeferenziato, recuperato al Catasto il 18 gennaio scorso. La mappa qui sotto riportata indica con certezza che il tanto discusso Fosso della Cancelliera costituiva il confine tra il Comune di Roma e quello di Albano. Poi qualcosa forse è cambiato di cui però non si ha evidenza pubblica.

Ciò che è certo è che:

– il 40% dei terreni sono inedificabili per sottoscrizione di un atto d’obbligo
– il restante 60% dei terreni ricadono nel Comune di Albano
– la particella 105 non potrà far parte del termovalorizzatore
– ad oggi, lo spostamento del confine tra Roma e Albano sarebbe avvenuto solo sui terreni del termovalorizzatore, restando inalterato altrove.

confine albano roma 1186

Per questa ragione abbiamo chiesto per iscritto al Sindaco dem di Albano, Massimiliano Borelli – contrario alla realizzazione del termovalorizzatore di Roma in area Santa Palomba – di confermare con urgenza quanto da noi scoperto perché in caso affermativo tutti gli atti sarebbero nulli, soprattutto quello notarile di compravendita preso in carico dal Consiglio Nazionale dei Notai su nostra segnalazione.

L’ennesimo incredibile episodio sull’opera fintamente giubilare voluta da Roberto Gualtieri. Dopo quanto emerso durante la puntata di Report su Rai3 “Il santo inceneritore” e la scoperta di LabUr della particella mancante e della non edificabilità del 40% dei terreni ci chiediamo quali controlli preventivi siano stati eseguiti da tutti i soggetti coinvolti nel più grande appalto dopo Mafia Capitale.

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BANDI CAPOCOTTA: SEGNALAZIONE ALLA POLIZIA DI STATO

capocotta 2025POLIZIA DI STATO
X Distretto Lido
p.c.
CAPITANERIA DI PORTO DI ROMA FIUMICINO
DIREZIONE MARITTIMA DI CIVITAVECCHIA
COMUNE DI ROMA
GUARDIA DI FINANZA
COMMISSIONE RISERVA NATURALE STATALE LITORALE ROMANO

 

Roma, 20 gennaio 2025

OGGETTO : Integrazione esposto del 10 gennaio 2025 –
Segnalazione alla Polizia di Stato

Il Comune di Roma, ha la sola competenza di assicurare per la spiaggia libera di Capocotta “i servizi essenziali per il pubblico”, tutti però esclusi negli attuali bandi di affidamento dei chioschi che, senza titolo edilizio e non inventariati tra i beni comunali, pur avendo solo lo scopo di presidiare il parco dunale, diventeranno di fatto stabilimenti balneari per 12 anni, essendo loro consentito, tramite semplice invio di una PEC al Dipartimento Ambiente, di noleggiare ombrelloni e lettini e di organizzare eventi e serate danzanti, anche in subappalto, senza alcuna evidenza pubblica, favorendo potenzialmente infiltrazioni criminali come già avvenuto per le spiagge libere di Ostia. Ricordiamo che nella maggior parte dei casi per iniziare un’attività è necessario presentare, al competente SUAP (Sportello Unico per le Attività Produttive), una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) con la quale l’impresa interessata autocertifica il possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento dell’attività medesima. A Capocotta, no.

*********

Spett.le POLIZIA DI STATO – X Distretto Lido,
LabUr – Laboratorio di Urbanistica (www.labur.eu), portatore di un interesse collettivo e diffuso, con riferimento all’esposto del 10 gennaio 2025 e al successivo riscontro pervenuto in data 13 gennaio 2025 dal Comune di Roma, intende segnalare alla Polizia di Stato la seguente integrazione dell’esposto sopra citato. Si richiede di svolgere i necessari approfondimenti sul contenuto della convenzione presente nei bandi (di cui uno in corso) per l’affidamento dei 5 chioschi di Capocotta, dove si ravvisa una palese inadeguatezza rispetto a tematiche di pubblica sicurezza nonché rispetto al potenziale pericolo conseguente di infiltrazioni criminali nell’area.

La richiesta pertanto consiste, nei confronti della Polizia di Stato, ferme restando quelle rivolte già per singola competenza agli altri Enti e Autorità, nel valutare un coordinamento con il Comune per un preventivo contenimento del suddetto presunto pericolo mediante la redazione di una nuova e differente convenzione tra privati e P.A. rispetto a quella presente nei bandi, che andrebbero, ad avviso dello scrivente, annullati.

Si precisa che la problematica è stata esposta anche al Presidente della Commissione della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, dr. Romeo DE ANGELIS, entro le cui competenze ricade l’area di Capocotta, precisando in particolare che emergono gravi carenze nella definizione del ruolo degli affidatari dei chioschi, in quanto, nella realtà, i chioschi costituiscono veri e propri stabilimenti balneari non avendone però tutti i requisiti e i conseguenti obblighi di legge. Una sorta di ‘terra di nessuno’ consentita dal Comune di Roma che ha lasciato in disparte il doveroso parere della Commissione di Riserva.

A titolo di esempio, il noleggio numericamente indeterminato di lettini ed ombrelloni, il loro libero posizionamento su 500 metri di fronte mare per ogni chiosco (5-6 volte superiore a quanto consentito agli stabilimenti), la facoltà di eseguire e subappaltare l’attività con il permesso di un funzionario del Comune, che può anche autorizzare serate danzanti o in genere eventi su aree non delimitate con precisione, sono circostanze che rendono di fatto impossibile garantire quelle condizioni di pubblica sicurezza presenti invece sulle restanti spiagge del litorale romano.

  • Se è stato corretto controllare le serate danzanti e gli eventi presso gli stabilimenti balneari sulla base di ferree regole, se è stato necessario interrompere le infiltrazioni criminali collegate al noleggio di ombrelloni e lettini presso le spiagge libere di Ostia, se è stato giustificato rimuovere dal litorale romano l’errato utilizzo dei chioschi per la ristorazione, non si capisce come mai il Comune di Roma possa mettere a bando l’affidamento dei chioschi di Capocotta senza regolamentare in dettaglio tali attività che si volgono all’interno di beni di sua (presunta) proprietà, esattamente come è già accaduto per i chioschi delle spiagge libere di Ostia.

Oltre quanto riportato nell’esposto, a cui si rimanda, la prima osservazione è che i chioschi sono da sempre risultati essere in piena attività solo durante la stagione balneare ed invece chiusi e/o inattivi nel corso del restante anno.

La conferma viene per assurdo proprio dal Comune di Roma che nel riscontro del 13 gennaio u.s., afferma:

  1. I chioschi presenti sulla “spiaggia di Capocotta sono stati realizzati per offrire servizi essenziali alla balneazione
  2. I chioschi sono strutture “a supporto della balneazione per fornire servizi come ristoro assistenza e bagnanti e il noleggio di attrezzature quali lettini e ombrelloni
  3. L’area di Capocotta è “una spiaggia libera attrezzata

Premesso

  • che il Comune di Roma non ha alcuna competenza sul demanio marittimo in località Capocotta, la cui delimitazione, come descritto nell’esposto, è incerta per la problematica introdotta da un ingiustificato spostamento della Linea SID ma negato esser avvenuto dalla Capitaneria di porto di Roma;
  • che risultano fuorvianti e non veritiere le affermazioni del Comune di Roma laddove afferma essere i chioschi di proprietà del Comune di Roma e ricadenti in aree di sua proprietà in quanto: 1) a livello di inventariazione comunale non esiste alcun bene corrispondente ai 5 chioschi, 2) le aree dove insistono i chioschi non sono tutte di proprietà del Comune di Roma, come p.es. la particella 42 del foglio 1146 (demanio pubblico dello Stato – ramo Marina Mercantile) sulla quale insiste il locale c.d. Bar del Lotto A che invece negli atti del bando risulterebbe sulla particella 41 e quindi non (come invece è) su demanio marittimo (vedi foto in calce);
  • che in data 29 maggio 2024 LabUr aveva inviato al Comune di Roma una istanza di revisione in autotutela per presunta turbativa d’asta relativamente all’ “Avviso pubblico per l’acquisizione di offerte, finalizzato alla concessione in uso dei chioschi di proprietà di Roma Capitale siti in Roma – via Litoranea – Ostia Lido, all’ interno del parco dunale di Capocotta incluso nel perimetro della Riserva Naturale Statale del Litorale Romano – Lotti A, B, D”, non ricevendo alcuna risposta nel merito ma solo una nota pseudo intimidatoria;

Considerato

  • che per l’affidamento e la gestione dei singoli chioschi e delle sedicenti aree “di proprietà di Roma Capitale”, si indica l’area compresa “dalla linea SID al confine con la strada Litoranea, come da planimetrie allegate” non tenendo conto della vera Linea SID, come risultante dai dati catastali;
  • che è competenza esclusiva della Regione Lazio, regolamento regionale 19/2016, disciplinare le attività consentite sulle spiagge libere e quelle che possono essere svolte nelle spiagge attrezzate;
  • che, in forma sintetica, una “spiaggia libera” è quella destinata alla libera fruizione dei bagnanti, dove l’occupazione dell’arenile deve essere temporanea e legata alla balneazione e una “spiaggia attrezzata” è quella dove i servizi sono offerti a pagamento da un concessionario (cfr. Regolamento 19/2016);
  • che pertanto sbaglia il Comune di Roma nel riscontro del 13 gennaio u.s. a definire la spiaggia di Capocotta ‘libera’ (ma altrove, pag.2, definita ‘attrezzata’) “con l’aggiunta di servizi essenziali per il pubblico” in quanto per tali (come da Regolamento 19/2016) sono da intendersi solo quelli relativi al “servizio di assistenza, di pulizia, di salvataggio e i servizi igienici”, tutti esclusi (a parte i servizi igienici) dalla convenzione dei bandi di affidamento dei chioschi;
  • che seppure il servizio di ristorazione possa ritenersi complementare rispetto ai ‘servizi’ essenziali’, non lo è di certo quello di noleggio di lettini e ombrelloni (spacciato per ‘attività sociale’!), introdotto in convenzione sotto forma di straordinarietà:
    sono consentite, previa comunicazione al concedente a mezzo PEC all’indirizzo: protocollo.tutelaambientale@pec.comune.roma.it inviata almeno 20 giorni prima e salvo diniego, le seguenti attività sociali: … noleggio di attrezzature per l’utilizzo privato in spiaggia libera

Osservato

  • che, secondo convenzione, è solo il Comune di Roma ad autorizzare ai chioschi la fruizione del parco dunale e del demanio marittimo per le c.d. “attività sociali” (tra cui il noleggio di lettini e ombrelloni) senza alcuna comunicazione alla Commissione di Riserva, alla Capitaneria di porto di Roma e/o ad altri Enti e Autorità competenti, soprattutto in termini di pubblica sicurezza;
    che, secondo convenzione, è solo il Comune di Roma a poter concedere il subappalto senza pubblica evidenza;
  • che il Comune di Roma non opera alcuna forma di controllo aggiuntiva, imponendo all’affidatario tutte le responsabilità (ricordiamo, su area di Riserva e su Demanio Marittimo)

CHIEDE

di verificare se, per garantire la pubblica sicurezza, sia necessario introdurre nei bandi di affidamento dei chioschi di Capocotta restrizioni, integrazioni, modifiche od altro in modo da imporre un’evidenza pubblica delle attività ‘balneari’ già oggetto di particolare attenzione da parte della Polizia di Stato lungo il litorale romano, con particolare riferimento al noleggio di lettini ed ombrelloni e alle autorizzazioni di serate danzanti ed eventi.
Si osserva infine, in attesa del riscontro da parte della Capitaneria di porto di Roma, la mancata diligenza da parte degli uffici del Comune di Roma nell’individuare con certezza, prima di consentire gli affidamenti, della delimitazione del demanio marittimo, nonché la discutibile interpretazione del termine ‘spiaggia libera’

capocotta lotto a dividente demaniale

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