Le ‘Ville di Massimo’ ? Un bel pasticcio.


La sigla ATO R20 sta per Ambito di Trasformazione Ordinaria prevalentemente residenziale (‘R’). La numerazione (’20’) deriva dall’assegnazione ricevuta all’interno del nuovo Piano Regolatore Generale (PRG) del Comune di Roma. Gli ATO riguardano aree libere già edificabili secondo il PRG del 1962 alle quali viene confermata l’edificabilità. Per poter costruire, occorre in generale un’iniziativa privata, nel senso che i proprietari dei terreni dentro l’ATO rappresentanti la maggioranza assoluta del valore degli immobili, riunitisi in Consorzio, possono presentare al Comune un progetto. Questo progetto deve essere unitario ed esteso a tutto l’ATO. Agli altri proprietari viene garantita la possibilità di aderire per poter costruire. I proprietari che non aderiscono, vengono prima diffidati dal Consorzio ad aderire. Se ciò non avviene, il Consorzio acquisisce la disponibilità di tutte le aree tramite esproprio.

Ora, a vendere le ‘Ville di Massimo’ (solo sulla carta, senza alcun progetto approvato dal Comune) è stata la società Consorzio Imprese, che dentro l’ATO risulta proprietaria solo della metà della particella 153 del foglio 1078 (dati del Catasto terreni dell’Ufficio provinciale di Roma, aggiornati al 14 febbraio 2011). Le altre particelle che costituiscono l’ATO R20, sommate alla 153, restituiscono una superficie totale di quasi 20 ettari. Dunque con 4,1137 ettari (la metà della 153) Consorzio Imprese non può matematicamente avere “la maggioranza assoluta del valore degli immobili” per avere titolo nel presentare un progetto. Nè ci risulta che si sia mai costituito un consorzio tra Consorzio Imprese e gli altri proprietari. Sorvoliamo sul fatto che secondo il Comune di Roma è stato addirittura richiesto il 75% dell’imponibile catastale dell’area oggetto di pianificazione per avviare l’istruttoria della convenzione urbanistica (cfr. nota del comune del 29.7.2009 n.14203 citata dall’ordinanza TAR del 27 luglio 2010, n.01200/2010 reg.ord.coll.). Il fatto più grave rimane infatti che il commissario ad acta, incaricato dal TAR su ricorso della società Consorzio Imprese, abbia scritto il 18 maggio 2010, che il 55,04% nell’ATO R20 è della società Consorzio Imprese. Aveva già dichiarato il 2 febbraio 2009 il geometra Lentini Paolo, Amministratore unico della Consorzio Imprese srl: “l’ATO R20 è di nostra proprietà per la parte, con la quale deteniamo il 53% circa dei valori degli immobili contenuti nell’ATO su base catastale”. La matematica sembra essere un’opinione per l’ATO R20: se la società Consorzio Imprese ha solo metà (cioè 50%) della particella 153, facendo anche finta che le altre particelle non esistono, come fa ad avere il 55% del totale ?

Concludendo: la società Consorzio Imprese indica una sede legale mai avuta, si affida per le vendite a Lentini Giuseppe che non ha mai avuto alcuna carica societaria, non ha la maggioranza assoluta tra i proprietari e senza alcun progetto approvato incamera i soldi da incauti acquirenti.
Un bel pasticcio.

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