OSTIA, LA DERIVA DELLA LEGALITA’

Siamo alla deriva democratica. Se un comitato, un’associazione o un singolo cittadino fanno un esposto, il capo segreteria del Sindaco Marino comunica che non è possibile più incontrare l’Amministrazione perché c’è il pericolo di “inquinamento probatorio”. E’ accaduto a Labur dopo l’esposto sui varchi a mare.
Non basta. Anche se un comitato, un’associazione o un singolo cittadino pubblicano stralci dell’informativa dei ROS (Raggruppamento Operativo Speciale dell’Arma dei Carabinieri) su Mafia Capitale in cui compaiono i nomi della segreteria del Sindaco, non sarà più possibile incontrare l’Amministrazione.
Silvia Decina è stata affiancata da Marino ad Alfonso Sabella nella guida del X Municipio dopo il discioglimento della giunta Tassone, indagato e coinvolto nelle intercettazioni di mafia capitale.
Una laurea in chimica, un’esperienza al Mc Donald’s e poi nelle segreterie del PD, evidentemente non bastano per maneggiare la materia giuridica, nemmeno se si guadagnano 143mila euro l’anno pagati dai cittadini. Un esposto non è una denuncia e non esiste alcun “inquinamento probatorio”. Non è mai accaduto, nemmeno sotto il ‘fascista’ Alemanno, come l’ha sempre additato il PD, una simile asfaltatura della democrazia e riaffaccio di autoritarismo.
Prendiamo atto che non si vuole riconoscere la partecipazione democratica come strumento essenziale di controllo e si procede invece contro norme che tutelano il diritto dei cittadini di intervenire nell’iter degli strumenti urbanistici. Ricordiamo a Silvia Decina che lo Statuto del Comune di Roma, in attuazione dei principi costituzionali e comunitari, assume come suo principio programmatico “l’assicurare la più ampia partecipazione degli appartenenti alla comunità cittadina, singoli o associati, all’amministrazione locale”. Il contributo dei cittadini che si organizzano per partecipare attivamente e secondo legge alla formazione dell’interesse generale hanno, tra le loro prerogative, quella di inoltrare all’Amministrazione degli esposti, atti con cui qualunque interessato segnala fatti o situazioni che, pur non costituendo reato, ritiene pregiudizievoli per sé o per la collettività o, in genere, per il buon andamento del pubblico servizio, e pertanto chiede un intervento alla competente Autorità. L’indirizzo di questa Amministrazione, che sbandiera impropriamente le parole “legalità”, “trasparenza” e “partecipazione” compie ogni giorno attentati ai diritti civili e politici dei cittadini oltre che a quelli costituzionali.

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NUOVA OSTIA, SEDE DEL PD: ESPOSTO PER DANNO ERARIALE E ABUSIVISMO


Esposto alla Procura, alla Corte dei Conti, alla Gdf e al Comune di Roma sull’incredibile caso della sede PD di Nuova Ostia che da oltre 10 anni non paga l’affitto e le spese, pagate però dal Comune di Roma ad Angiola Armellini, la famosa ‘miss evasione’ (oltre 1000 unità immobiliari affittate ad Ostia al Comune per l’emergenza abitativa senza pagare le tasse). Il PD non è in emergenza abitativa ma in emergenza legalità. Ben venga l’auto-denuncia del senatore Stefano Esposito (commissario PD per il X Municipio dopo le dimissioni per mafia capitale dell’ex-presidente Andrea Tassone) ma non è accettabile che un danno erariale di oltre un milione di euro e un’occupazione abusiva ai danni dell’emergenza abitativa passino inosservati. LabUr è stata l’unica voce a denunciare da sempre questo scandalo. Ora non ci tiriamo di certo indietro.
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ESPOSTO
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A
PROCURA DI ROMA Procuratore (Giuseppe Pignatone)
CORTE DEI CONTI Procuratore regionale Lazio (Angelo Raffaele De Dominicis)
GUARDIA DI FINANZA Comando Generale (Saverio Capolupo), Nucleo Polizia Tributaria Roma
COMUNE DI ROMA
Sindaco di Roma (Ignazio Marino), Vice Capo di Gabinetto (Rossella Matarazzo), Delegato Presidente X Municipio (Alfonso Sabella), Dipartimento Patrimonio (Mirella Di Giovine)

Da
LABUR – Laboratorio di Urbanistica
Oggetto: CIRCOLO PD ABUSIVO IN VIA ANTONIO FORNI 12-16A, OSTIA (X MUNICIPIO, ROMA)
Pagine: 2
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Il “Laboratorio di Urbanistica – LabUr” , nella persona del Presidente dr.Ing. Andrea Schiavone, nato a Roma il …, telefono …,

ESPONE I FATTI DI SEGUITO RIPORTATI
Dalle dichiarazioni rilasciate in data 20 maggio 2015 alla stampa dal senatore Stefano Esposito, che ricopre attualmente anche la carica di Commissario PD per il X Municipio del Comune di Roma, risulta che la sede del PD di Nuova Ostia, locata in via Antonio Forni nr.12-16A non paga l’affitto al Comune di Roma almeno dal 2004, occupando l’immobile in questione senza alcun titolo.
Questo era già stato ammesso il 6 febbraio 2014 dai diretti responsabili del PD, Andrea Storri e Sabrina Giacobbi, le cui dichiarazioni vengono di seguito riportate:

• “Non paghiamo niente – conferma Sabrina Giacobbi, segretaria del circolo dei democratici di Ostia Nuova – Ma non abbiamo nulla da rimproverarci”
• “Quegli immobili ricadono nella parte commerciale – spiega Andrea Storri, assessore al bilancio del Municipio X [e coordinatore PD del X Municipio fino alla data del commissariamento dopo i fatti di ‘mafia capitale’] – e stanno sul piano strada, ma di negozi in quell’area non ce ne sono. Il partito occupò quell’immobile, parliamo degli anni 70, per fare attività politica ed evitare un uso improprio”

I locali rientrano all’interno dell’elenco degli immobili condotti dal Comune di Roma in fitto passivo ad edilizia residenziale pubblica. Più precisamente, i locali risultano così classificati (fonte: Dipartimento Patrimonio – Sviluppo e Valorizzazione del Comune di Roma. Rilevazione al 15 settembre 2014)

COMUNE – Roma
MATRICOLA IBU – 23853
MATRICOLA UIB – 1229103
TIPO UIB – Locale Commerciale
INDIRIZZO – Via Antonio Forni
CIVICO – 12/16A
SCALA – /
PIANO – PT
INTERNO – /
MUNICIPIO – 10

Il senatore Stefano Esposito era stato informato della questione già in data 6 marzo 2015 direttamente dal sottoscritto ma sta agendo per eludere il controllo amministrativo pregresso, condizionando quello in essere tra il Comune di Roma e la proprietà dei locali: “Ho chiamato la proprietaria dello stabile [Angiola Armellini] per farmi fare una proposta, se sarà accessibile, sottoscriveremo un contratto regolare, altrimenti ce ne andremo”.

CONSIDERATO
1. che i locali occupati abusivamente dal PD risultano essere in gestione del Comune di Roma;
2. che il PD ha fatto negli anni un uso dei locali non solo politico ma per trarne profitto (i locali venivano affittati a circa 50 euro per feste e/o eventi);
3. che i locali risultano essere stati modificati all’interno con la realizzazione di nuovi vani senza aver ottenuto alcuna autorizzazione,

SI CHIEDE CON URGENZA
oltre alla verifica di un evidente danno erariale, l’immediato sequestro preventivo dei locali da parte del Comune di Roma (art. 321 c.p.) e la verifica da parte della procura di Roma dell’esistenza dei seguenti reati perseguibili d’ufficio perché i fatti sono stati commessi “da più di dieci persone, anche senza armi” in rispetto anche dell’art. 639 bis c.p.:

– art. 633 c.p. (Invasione di terreni o edifici) [invasione arbitraria di edifici pubblici per trarne profitto]
– art. 635 c.p. (Danneggiamento) [modifiche non autorizzate dei vani interni]
– art. 639 c.p. (Deturpamento ed imbrattamento delle cose altrui) – (parti esterne ed interne)

In fede,
dr.Ing. Andrea Schiavone

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OSTIA: ESPOSTO CONTRO I VARCHI A MARE

ESPOSTO
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PROCURA DI ROMA (Mario Palazzi)
COMUNE DI ROMA
Sindaco di Roma (Ignazio Marino)
Vice Capo di Gabinetto (Rossella Matarazzo)
Delegato Presidente X Municipio (Alfonso Sabella)
Dirigente U.O.A.L. X Municipio (Cinzia Esposito)
CAPITANERIA DI PORTO
Comando Generale – Amm. Isp. Capo (CP) (Felicio Angrisano)
Roma Fiumicino – Comandante C.V. (CP) (Lorenzo Savarese)
Del.ne di Spiaggia di Ostia – 1° M.llo Np (Rosario Febbraro)
Da LABUR – Laboratorio di Urbanistica
Oggetto VARCHI PUBBLICI LITORALE DI OSTIA
Pagine 2
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Il “Laboratorio di Urbanistica – LabUr” , nella persona del Consulente Tecnico dr.ssa Paula Filipe de Jesus, nata a Montreal (Canada) il 26 Settembre 1967, telefono 348-7726362,

ESPONE I FATTI DI SEGUITO RIPORTATI
L’apertura da parte del Comune di Roma di alcuni varchi pubblici per l’accesso al mare lungo il litorale di Ostia, non censiti in alcun elenco di pubblico accesso, non pertinenti ad alcuno strumento urbanistico e non attrezzati per una completa e corretta fruibilità degli stessi, non garantisce la tutela della pubblica e privata incolumità, generando invece possibili situazioni di pericolo che, in concomitanza con l’inizio della stagione balneare, devono necessariamente essere eliminate.

PREMESSO
01) che l’Ordinanza del sindaco di Roma, n.89 del 24 aprile 2015 (Stagione balneare anno 2015. Norme e disposizioni per il litorale marittimo di Roma Capitale), da adesso in avanti chiamata Ordinanza, non è mai stata pubblicata presso l’Albo Pretorio online del Comune di Roma, ricorrendo al potere sindacale di ordinanza contingibile e urgente, previsto dall’articolo 54 del TUEL;
02) che non esiste, per la materia di cui trattasi, alcuna sussistenza dei presupposti previsti dalla legge per tale applicazione di contingibilità ed urgenza, vale a dire:
– ricorrenza di situazioni di oggettivo pericolo per la privata e/o la pubblica incolumità;
– inevitabilità del ricorso a tale rimedio straordinario sussidiario per l’accertata insufficienza, agli effetti del conseguimento del fine perseguito, dei mezzi giuridici ordinari messi a disposizione dall’ordinamento;
03) che l’Ordinanza introduce per la prima volta la definizione di ‘varco pubblico’ per il libero accesso e transito alla battigia in ogni orario, anche notturno, senza però specificare le caratteristiche del ‘varco pubblico’;
04) che ogni varco pubblico ad oggi realizzato non rispetta le necessarie caratteristiche per la possibile necessità di consentire il rapido deflusso dalla battigia in caso di emergenza o di pericoli per l’incolumità pubblica ovvero quelle concernenti l’agevole accesso di mezzi e personale di protezione e soccorso, risultando di fatto non segnalato e non conforme secondo la normativa vigente in materia;
05) che i varchi pubblici ad oggi realizzati, non essendo distribuiti in maniera sufficiente lungo il litorale marittimo di Roma Capitale, sono integrati dagli ingressi degli stabilimenti balneari (definiti genericamente ‘varchi’) dalle ore 07.00 alle ore 19.00 e, in via eccezionale, fino alle ore 22.00 qualora, non oltre i 150 metri lineari dall’ingresso dello stabilimento, non sia presente un fruibile varco pubblico di accesso;
06) che l’Ordinanza non risulta essere allineata con l’Ordinanza di Sicurezza Balneare n.55/2014 emessa il 29 maggio 2014 dal Capo del Circondario Marittimo di Roma – Comandante del porto di Fiumicino, in tema di esposizione di opportuna cartellonistica trilingue (italiano, inglese e tedesco) recante indicazione circa l’orario di balneazione, tassativamente compreso dalle ore 09.00 alle ore 19.00 (orario di apertura dei servizi degli stabilimenti balneari), non corrispondente con l’apertura degli stabilimenti balneari per il raggiungimento della battigia e dunque con il servizio di salvataggio;
07) che non è previsto alcun impegno di spesa per la stagione balneare 2015 da parte del X Municipio di Roma Capitale che è tenuto, secondo l’Ordinanza, a garantire la sicurezza e la pulizia dei varchi, siano essi quelli pubblici che quelli rappresentati dagli ingressi degli stabilimenti balneari, come previsto anche dalla deliberazione n.28 del Consiglio del Municipio X di Roma Capitale adottata nella seduta del 17 luglio 2014, parte integrante della Ordinanza;
08) che tali varchi oggi realizzati non rispettano quanto indicato dal Piano di Utilizzazione degli Arenili (P.U.A.) approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 36 del 14 febbraio 2005;
09) che i varchi pubblici oggi realizzati non soddisfano i requisiti minimi per l’accesso al mare dei soggetti diversamente abili e alle mamme con bambini, in passeggino, fino a 3 anni, con la predisposizione di idonei percorsi;
10) che l’Ordinanza non è stata pubblicata all’Albo Pretorio di Roma Capitale e non è stata notificata ai concessionari degli stabilimenti balneari, come previsto dall’Ordinanza stessa,

CONSIDERATO
che con Ordinanza n.18 del 30 aprile 1990 della Capitaneria di porto del Compartimento marittimo di Roma gli stessi varchi oggi aperti furono fatti chiudere con effetto immediato, abrogando l’Ordinanza n.58 del 14 luglio 1989 con cui erano stati realizzati, per impraticabilità, mancanza di condizioni igieniche, eccessivo dislivello dell’accesso all’arenile, etc.

SI CHIEDE
l’immediata chiusura dei varchi pubblici e, per quanto sopra esposto, di verificare l’esistenza di reati da cui deriva pericolo per la pubblica e privata incolumità generati per imperizia e/o negligenza della Pubblica Amministrazione, produttivi di danni estesi e complessi, che mettono a repentaglio la vita e l’integrità di un numero indeterminato di persone.

In fede,
dr.ssa Paula Filipe de Jesus

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DA OSTIA A CASTELPORZIANO, UN MARE DI ‘MAFIA CAPITALE’

Un Comune, quello di Roma, stravolto da ‘mafia capitale’ interviene in nome della legalità presso uno dei suoi 15 Municipi, quello di Ostia, disciolto per ‘mafia capitale’. A gestire semplici operazioni anti-abusivismo, l’Assessore alla Legalità del Comune di Roma, Alfonso Sabella, coinvolto nello scandalo delle torture a Genova durante il G8 (Sabella era il responsabile della caserma di Bolzaneto). Il luogo, lo stesso in cui, per la stagione balneare 2014, alla cooperativa “29 giugno” di Buzzi (amico dell’ex-presidente del Municipio di Ostia, Andrea Tassone, nonché braccio destro di Carminati) è stato affidato il servizio di pulizia e manutenzione della spiaggia alla modica cifra di 236.860,56 euro, senza gara. Senza parlare della grottesca questione dell’apertura dei varchi a mare. Interventi straordinari, spettacolari che dimostrano davanti alle telecamere l’incapacità amministrativa di una Giunta Comunale che dovrebbe invece ricorrere con più modestia a quanto già previsto per legge.

I ‘CHIOSCHI’ DI CASTELPORZIANO
Sono più comunemente noti come i “cancelli” di Ostia, distribuiti lungo una spiaggia di 1,6 km che nel 1967 il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat donò al Comune di Roma, parte della tenuta presidenziale di Castelporziano, perché fosse gestita come spiaggia libera, con il vincolo di «mantenervi un complesso balneare pubblico ad uso gratuito», con la presenza di «cinque punti mobili di ristoro». Fu l’allora Ente Comunale di Consumo a installare sulla spiaggia le strutture mobili, che però ben presto si trasformarono in punti vendita all’interno di strutture in muratura di proprietà del Comune, affidate in gestione a privati. Nel 1990, con il fallimento dell’Ente Comunale di Consumo, i privati divennero veri e propri
concessionari del Comune. Solo nel 2002 però il Campidoglio ha siglato una convenzione con questi ultimi, riuniti nel consorzio “Castelporziano 98”. L’accordo, valido per dodici anni e scaduto lo scorso 14 agosto, prevedeva l’obbligo di versare oneri per un totale di 43 mila euro l’anno, di tenere pulita la spiaggia, di garantirne la sorveglianza, e vietava qualunque ampliamento delle strutture.
Così non è stato: le strutture si sono ampliate in maniera abusiva ma tollerate da sempre dal Comune di Roma, tanto che solo dopo ripetute segnalazioni da parte della Procura di Roma il Municipio di Ostia è stato costretto ad emettere una determinazione dirigenziale di demolizione e sgombero delle “superfetazioni e ampliamenti esterni realizzati abusivamente dell’arenile di Castelporziano”, per una spesa di oltre 130 mila euro. Anche qui, molta negligenza da parte del Municipio di Ostia. Il 28 aprile 2013 il sequestro dei chioschi da parte della Capitaneria di Porto di Roma, le ingiunzioni di demolizione notificate solo il 19 marzo 2014, fino ad arrivare al sollecito della Procura l’11 febbraio 2015 e alla demolizione dei chioschi del 1° e 6° cancello il 14 aprile 2015. Il tutto, inserito nel caos di ricorsi al TAR (che ritardano la demolizione degli altri chioschi) e per ultimo, il colpo di scena durante la demolizione del chiosco del 6° cancello: l’arrivo del fax da parte del Consiglio di Stato in cui si comunicava ad un frettoloso Comune di Roma l’esistenza di una sospensiva di carattere tecnico. Ma ormai i danni erano stati fatti.
Tutto ciò avrebbe avuto anche un senso se il Comune di Roma avesse dato seguito alle convenzioni e ai pareri espressi ripetutamente sul piano di demolizione e riqualificazione dei punti ristoro. A marzo 2005, la Regione Lazio, il Ministero dell’Ambiente e il Comune di Roma espressero infatti parere favorevole alla ricostruzione «di cinque nuclei di 300 metri quadrati ciascuno, coerenti con le norme igienico-sanitarie ed edilizie che regolano le attività di somministrazione e di ristorazione». Ma non se ne è fatto nulla sempre per inerzia e negligenza del Comune di Roma.
Proprio su quella gestione ora, oltre a un’inchiesta penale in corso, rischia di abbattersi la scure della magistratura contabile.
La Procura della Corte dei Conti del Lazio ha inviato una decina di inviti a dedurre per dirigenti e direttori che tra il 2003 e il 2012 si sono succeduti al tredicesimo (oggi decimo) municipio capitolino, quello di Ostia. I magistrati contabili contestano un danno erariale complessivo di 300 mila euro: l’equivalente degli oneri che i concessionari dei cinque punti di ristoro previsti ai “cancelli” di Ostia non avrebbero versato nelle casse pubbliche malgrado l’accordo con il Comune di Roma per l’affidamento del servizio lo prevedesse espressamente. Oneri non pagati perché, secondo l’accusa della Corte dei Conti, nessuno dal municipio competente si sarebbe sognato di riscuoterli, tranne che in un singolo anno, il 2008.
Va ricordato infine che, prima dello scioglimento del Municipio, il direttore che ha permesso per due stagioni il mantenimento di tale situazione, era sempre quel Claudio Saccotelli, già direttore del Municipio da luglio 2002 a luglio 2008. Non ha visto niente prima, non ha visto niente dopo.

I ‘VARCHI’ A MARE
Sul litorale romano mancano varchi, accessi carrabili e zone d’ombra sulla spiaggia. Ciascuna voce ha significato proprio anche se il Comune di Roma fa di tutto per creare confusione. A fare chiarezza è la legge 27 dicembre 2006, n. 296, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2006 – Supplemento ordinario n. 244. Ci sono due precisi commi che definiscono la questione di ‘accesso’ al mare:

– il comma 251, che sostituisce il comma 1 dell’articolo 3 del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, alla cui lettera e) si legge quanto segue: “obbligo per i titolari delle concessioni [demaniali marittime] di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione”;
– il comma 254, che così recita: “le regioni, nel predisporre i piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, sentiti i comuni interessati, devono altresì individuare un corretto equilibrio tra le aree concesse a soggetti privati e gli arenili liberamente fruibili; devono inoltre individuare le modalità e la collocazione dei varchi necessari al fine di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione”.

Dunque, una cosa è il diritto di accesso e transito “libero e gratuito” al mare, un’altra cosa è come realizzarlo all’interno di quello che si definisce Piano di Utilizzazione dell’Arenile (PUA), una sorta di piano regolatore urbanistico delle spiagge che ogni regione e comune costiero dovrebbe avere. Roma non ce l’ha e forse non ce l’avrà mai perché se c’è stata negligenza ed inerzia per i ‘chioschi’ di Castelporziano, figuriamoci per tutto quello che si è costruito sul lungomare, dalla foce del Tevere fino a Capocotta. I ‘varchi’, come oggi la propaganda mariniana e sabelliana amano chiamare, cosa sono? Passaggi pedonali per i bagnanti, passaggi carrabili per le operazioni dei mezzi di soccorso, corridoi di visibilità del mare? Il Comune di Roma non lo sa e li apre senza alcun criterio, senza alcun strumento urbanistico che li disciplini, svincolandosi di fatto da quanto previsto dalla legge: i varchi devono essere parte del PUA, altrimenti, per raggiungere il mare, basta tenere aperto il cancello del singolo stabilimento con orari e modalità definite dall’ordinanza che il sindaco emette ogni anno ad inizio della stagione balneare. In altre parole, aprire così i varchi è illegittimo e non serve a nulla perché non assolve ad alcuna funzione se non quella demagogica, favorendo gli interessi di quei balneari che continuano a tenere i propri cancelli d’ingresso interdetti al libero passaggio. Imbarazzante poi venire a scoprire che l’unico pseudo-varco ad oggi completato, il passaggio pedonale accanto allo stabilimento Battistini, è costato quasi 40mila euro, senza gara, con un affidamento diretto, per opere che forse sarebbero costate un terzo.

LE AUTORITA’ COMPETENTI
In questo clima di approssimazione normativa, troviamo davanti alle telecamere lo schieramento dei commissari PD (Orfini, quello di Roma, Esposito, quello di Ostia) che sembrano dettare la linea politica a un sindaco sempre più spaesato e un delegato del litorale, Sabella, che cerca di riscattare la sua immagine dopo esser caduto nella bufera delle torture del G8. Anche il comandante dei vigili urbani, Antonio Di Maggio, ancora non ufficializzato in sostituzione del precedente, Roberto Stefano, è un pesce fuor d’acqua ed è noto ad Ostia per aver condotto le operazioni della scandalosa demolizione parziale dell’Idroscalo, autorizzata da una finta ordinanza di protezione civile firmata da Alemanno. Del Municipio, nessuno, perché ancora nessuno si è insediato. Assente anche l’assessore all’Urbanistica, Caudo, troppo concentrato sule vicende dello stadio della Roma e non su quelle del Piano di Utilizzazione dell’Arenile. Questa è legalità amministrativa?

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“Roma è tutta Roma”, ma de che ?!

Il 16 marzo scorso l’annuncio “Roma è tutta Roma”: centinaia di progetti e lavori con tanto di partecipazione dei cittadini e mappa interattiva. Tra questi progetti 14 piazze saranno pedonalizzate con i sanpietrini rimossi dalle strade del centro destinate alla viabilità. E tra queste 14 piazze, quella di San Pier Damiani nel quartiere di Casal Bernocchi del Municipio X.

Un attento cittadino, che di partecipazione se ne intende, scrive al Presidente del Municipio “Piazza San Pier Damiani a Casal Bernocchi è già composta da sanpietrini….quello che servirebbe è pedonalizzarla per restituirla alla cittadinanza visto che ormai di fatto è un parcheggio di scambio per la vicina fermata del treno….”
Gli amministratori dunque a Piazza San Pier Damiani non hanno mai messo piede, però l’hanno inclusa nelle piazze da pedonalizzare con i sanpietrini e sorge spontanea la domanda se i sanpietrini esistenti saranno tolti per far posto a quelli del centro, e spediti poi con la Roma-Lido a Piramide, o se resteranno quelli esistenti e la piazza verrà comunque pedonalizzata secondo il progetto previsto dai cittadini da anni. Non è dato da sapere. La partecipazione dunque è iniziata col piede sbagliato.

L’idea di rimuovere i sanpietrini torna come un mantra, attraverso ipotesi e teorie le più infondate.
E’ dal 1585 che vengono utilizzati nella Capitale. Nel 1927 oltre la metà delle strade di Roma era lastricata in sampietrini. I sanpietrini (i “selci” estratti dalle cave poste ai piedi dei Colli Albani e delle zone vulcaniche del viterbese e dunque non quello scadente proveniente dai paesi asiatici)
reggono il peso del traffico veicolare pesante, non trasmettono ai palazzi le vibrazioni dovute al traffico veicolare pesante, non si riempiono prima di buche rispetto a quelle in asfalto e sono meno dannosi per la salute dell’asfalto.
Dunque il sanpietrino, “faccia orizzontale” della città, così come le facciate degli edifici storici, va tutelato come un bene storico ed architettonico, come già previsto dalle disposizioni della legge n. 1089 del 1939 che prevedevano, fra l’altro, la conservazione nei centri storici delle pavimentazioni originarie, ai sensi del D.L.vo n. 42 del 22 gennaio 2004 (Codice dei Beni culturali e del paesaggio).

Parlare poi, come ha fatto il Sindaco Marino, di un passaggio epocale, “da aree marginali a nuove centralità” è stupefacente. Addirittura prefigura un “assetto urbano policentrico”, centralità che “per molti anni sono state penalizzate da disattenzione”, per cui “non sono state distribuite le risorse necessarie per i servizi essenziali: manto stradale, marciapiedi, luoghi di socializzazione”, restituendo così “dignità a milioni di persone”, facendo “di ogni luogo un piccolo centro”.
La propaganda si appropria di termini urbanistici per operazioni di maquillage. Echi di microcampanilismo si avvertono nell’aria. Dopo l’applicazione del modello insediativo americano dell’espansione senza fine, spacciato a Roma per “policentrismo”, che prevedeva appunto nuove centralità, cioè una colata indecente di cemento, siamo alla mistificazione della parole.
Citare le centralità piace sempre a chi governa la Capitale. Anche ora, come ai tempi di Rutelli e Veltroni, si è sbandierato di voler portare qualità nelle anonime periferie romane attraverso le “centralità” e i servizi essenziali, che Marino indica in: manto stradale, marciapiedi, luoghi di socializzazione. Siamo all’Urbanistica cacio e pepe.
Da anni chiediamo che ci sia un progetto pubblico lungimirante, in grado realmente di riqualificare la città, di interpretare i bisogni e costruire le condizioni per rispondere a questi bisogni, nonostante i danari in cassa non siano molti, e questo non passa per lo spostamento dei sanpietrini dal centro in periferia, magari in piazze in cui esistono già. I progetti dal basso dei cittadini romani sanno fare di meglio, anche perché molti di loro conoscono chi sia stato e cosa abbia rappresentato per Roma Nicola Zabaglia.

paula de jesus per LabUr

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STADIO DELLA ROMA: DENUNCIATO IL COMUNE DI ROMA

Il Comune di Roma è stato denunciato. Avrebbe commesso, nell’iter procedimentale sul nuovo Stadio della Roma, gravi delitti contro la fede pubblica, in particolare quelli previsti dall’art.479 (Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici) e dall’art.480 (Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative) del codice penale. Non si tratta più dunque di un esposto, ma di una denuncia/querela che il 12 marzo scorso l’Avv. Savino Guglielmi, incaricato da LabUr, ha depositato presso il Tribunale Ordinario di Roma (Ricezione primi Atti, n.72607). Ora sarà la giustizia ordinaria a valutare se poteva il Comune di Roma procedere nella dichiarazione di pubblico interesse ai sensi della lettera a), comma 304, art.1 della legge n.147/2013, meglio conosciuta come ‘Legge sugli Stadi’. Il termine dei 90 giorni, entro cui doveva il Comune esprimere il pubblico interesse, non è stato rispettato, sia nel caso della delibera di Assemblea Capitolina n.132 del 22 dicembre 2014, sia nel caso della dichiarazione a mezzo stampa della Giunta Capitolina in data 5 settembre 2014. La proposta di realizzare il nuovo Stadio della Roma in località Tor di Valle è stata infatti presentata dalla Eurnova s.r.l. al Comune di Roma in data 29 maggio 2014 con protocollo n.82424. A nulla è valsa l’ostruzione del Comune di Roma di non far pubblicare presso l’Albo Pretorio la delibera. Dopo numerose richieste di Accesso Civico da parte di LabUr e la conseguente pubblicazione, si è finalmente potuto procedere per vie legali contro quella che a tutti gli effetti è una pura e semplice speculazione edilizia.


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TUTTE CASE E CHIESE … E POMPE DI BENZINA

Strade con negozi chiusi, rotaie senza treni, pompe di benzina senza auto attorno, locali senza avventori, teatri senza pubblico, sale di attesa deserte. Solitudine, luoghi solitari, persone che sembrano non poter comunicare fra loro, vuoto, abbandono, estraneità, separazione. Edward Hopper, pittore di culto del 900, ha dipinto così l’America degli anni ’40 e ’50.
Europa, 2015. Nelle periferie urbane della Capitale d’Italia si costruiscono quartieri, che sono in realtà delle vere e proprie cittadine di oltre 40.000 abitanti, sprovviste di quasi tutto, tranne che di case, chiese e ora anche di pompe di benzina. E’ il caso ad esempio del quartiere denominato Infernetto, dove manca quasi tutto (scuole, marciapiedi, biblioteca, cinema, un circolo giovanile, una sala riunione, strutture di servizio sociale, presidi sanitari, posto di polizia). L’unica piazza è ovviamente quella della nuova chiesa di San Tommaso, una delle tre chiese del quartiere, che offre a pagamento i propri spazi per le riunioni dei cittadini. D’altronde gli enti religiosi hanno ottenuto qualche anno fa l’ennesimo privilegio, cioè la possibilità di edificare, nei dintorni di chiese e luoghi di culto, anche uffici, case e centri commerciali, in deroga al piano regolatore.
Dopo le case, dopo le chiese, è la volta delle pompe di benzina. In una delle uniche 3 uscite del popoloso quartiere, quella di W. Ferrari, nascerà la terza pompa di benzina all’angolo con la C. Colombo. Evidentemente non bastavano le due della Esso e tutte le altre presenti sulla Colombo. Dirimpetto ecco spuntare la terza, la conferma che la visione di chi amministra la città è come sempre autocentrica.
Il perfetto automobilista risparmierà pochi centesimi al litro mentre è in fila all’incrocio e molto probabilmente il perfetto automobilista, già stressato di prima mattina, attuerà la scelta furbetta di imboccare la scorciatoia che offre la pompa di benzina per bypassare il traffico e bruciare il pieno di benzina a prezzo scontato lungo il tragitto di 40 km, tra andata e ritorno da casa a lavoro. D’altronde cosa dovrebbe fare il perfetto automobilista? Quasi tutto è lontano da casa e dunque il pieno a buon prezzo conviene, peccato poi bruciare non solo la benzina, ma anche il risparmio della liberalizzazione per raggiungere magari il fine settimana i centri commerciali che distano ad almeno 20km di distanza. E intanto la pompa di benzina ha bruciato anche lei, non benzina, ma suolo. Perché non vale solo per le case e le chiese, ma anche per le pompe di benzina ed in particolare quella che presto sorgerà sui prati pronti di Bindi, i prati più belli d’Italia, presenti negli stadi della serie A più importanti e nei campi da golf.

Se Hopper ci ha fornito una lettura del rapporto tra l’uomo e i luoghi, noi oggi rileviamo tristemente che prosegue inarrestabile la demenza autocentrica e la concentrazione di asfalto. Le pedonalizzazioni vengono trasferite a 15km dalle migliaia di case, proliferano case, chiese e pompe di benzina, in assenza di un trasporto pubblico degno di questo nome con corsie dedicate, di car-sharing , car-pooling e byke-sharing. Cioè, abitare la geografia del nulla.
E se il pulsante dell’ispirazione di Hopper era lo sguardo di profonda e assorta aspettativa, un lento ma profondo ritmo di ascolto e di tensione, a noi non ci rimane che ascoltare la voce dell’uomo del bangladesh che ci chiede “quanto metto?” e mentre ci fa il pieno possiamo sempre sgranocchiare e berci qualcosa al distributore automatico. All inclusive.


paula de jesus per LabUr

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LO STADIO DELLA ROMA E IL “NIGHTMARE BREAKFAST”

A Milano, presso la Camera di Commercio Statunitense in Italia, durante un Power Breakfast, James Pallotta, conosciuto negli Stati Uniti come il maestro dei fondi di investimento, ha detto chiaramente che cerca finanziatori e li cerca dovunque, tra gli autotrasportatori e tra gli intrattenitori, tra i consulenti finanziari e tra i gestori di carte di credito. Purché siano giganteschi. Gli servono soprattutto per finanziare la costruzione dello stadio con il contorno di opere pubbliche e aree commerciali. Un’impresa da almeno 700 milioni di euro, forse anche un miliardo. E chi c’era ad ascoltarlo a parte il Console Americano? I vertici di Coca- Cola Italia, Ibm Italia, Carlsberg Italia, Walt Disney Italia, Brooks Brothers, United Venture, Ups Italia, Dhl Express Italy, Banca Popolare di Milano, Italtel, American Express, Amway Italia. Tutto questo mentre in Tribunale si teneva la nuova udienza per il fallimento della Sais, che ha venduto l’area del futuro impianto di Parnasi, lo Stadio della Roma a Tor di Valle ancora in tribunale.
Più che un Power Breakfast, è stato un Nightmare Breakfast perché l’operazione rischia di saltare e chissà se Pallota glielo ha detto ai Big presenti a Milano. Nel frattempo però si è già votato in Consiglio Comunale l’interesse pubblico dell’opera per accedere alla procedura semplificata che la legge sugli stadi consente, in assenza di proposta e contro ogni principio di cautela.
Poi si passerà a discutere del progetto, delle varianti al Piano Regolatore, degli espropri, delle finte opere pubbliche. Insomma, per ora il nulla di fatto. Il Comune ha riconosciuto che la proposta (non il progetto) di Parnasi ha un interesse pubblico (molto discutibile). Ora si dovrà discutere delle opere di pubblica utilità con i conseguenti espropri.

Che cosa sta accadendo in Tribunale?
Come ci informa RomaPost, si tratta della seconda udienza relativa al fallimento della Sais, società di Gaetano e Antonio Papalia, che ha venduto alla Eurnova di Luca Parnasi gran parte dell’area dove dovrebbe sorgere il nuovo stadio della Roma a Tor di Valle. L’udienza assume un’importanza particolare perché il fallimento della Sais, in base all’articolo 67 della legge fallimentare, potrebbe portare come estrema conseguenza anche all’annullamento della vendita (per 42 milioni) a Parnasi del terreno di Tor di Valle, con effetti disastrosi per il progetto del nuovo stadio giallorosso, che salterebbe o, nella migliore delle ipotesi, accumulerebbe ritardi di anni. Altra eventualità è lo scioglimento del contratto, anch’essa dannosa per l’operazione, prevista dall’articolo 72 della legge fallimentare.
Richieste dei creditori per una somma di 18 più 35 milioni. La prima udienza, il 10 dicembre scorso, è stata fermata da un’eccezione pregiudiziale presentata dai legali di Anna Maria Papalia, che oltre a essere uno degli azionisti proprietari della Sais, è anche tra i due maggiori creditori (l’altro è Equitalia, che chiede 9 milioni di euro). I creditori privilegiati, tra i quali ci sono la Banca di Credito Cooperativo e la Cassa di Risparmio di Rieti, chiedono 18 milioni di euro alla Sais mentre i creditori chirografari ne vorrebbero 35. Di contro il curatore fallimentare ha proposto 14 milioni per i creditori privilegiati e soltanto un milione e mezzo per gli altri creditori della società dei Papalia. La decisione finale spetterà al giudice Umberto Gentili. Sono 69 in totale i soggetti che chiedono soldi alla Sais. Il magistrato dovrà anche valutare se il prezzo di vendita di 42 milioni per Tor di Valle sia congruo e se le garanzie di Parnasi, che finora non hanno convinto (mancano le fideiussioni bancarie), tutelino i creditori della Sais. In caso di annullamento della cessione a Parnasi, il terreno sarà venduto all’asta fallimentare. Sulla vicenda della vendita e del fallimento sta indagando da alcuni mesi anche la procura di Roma.

paula de jesus per USARoma1.0

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IL “MALORE ATTIVO” DEL PONTE DELLA SCAFA

Già nel novembre 2013 il nuovo Ponte della Scafa veniva definito l’ultimo grande pasticcio della Capitale guidata da Alemanno. Gli uffici del Comune furono infatti chiamati ad esprimere un parere nel contenzioso di fronte al TAR del Lazio-Roma, bocciando i progetti dell’aggiudicataria e della seconda classificata nella gara d’appalto, contraddicendo se stessi a distanza di due anni. La commissione (composta da soli 3 membri anziché 5) aveva infatti assegnato l’opera al consorzio Sinercos (capofila la Italia Costruzioni di Claudio Navarra) il cui progetto però non rispettava (così come quello della seconda classificata, la ICS Grandi Lavori di Claudio Salini) le prescrizioni inserite nel bando avendo stravolto il progetto iniziale del Prof. Remo Calzona e adottato dal Dipartimento Sviluppo Infrastrutture. Le irregolarità erano diverse, la più preoccupante il fatto che l’opera mettesse “i piedi in acqua” (cantiere realizzato nell’alveo del Tevere, direttamente sul sedime fluviale all’interno degli argini, contravvenendo gli avvertimenti dell’Autorità di bacino e dell’Ardis che avevano espressamente messo in guardia sui pericoli legati alle piene del Tevere). La questione era che quello progettato era sì un ponte, ma non il ponte del bando di gara.

Tralasciando che la situazione presso il TAR del Lazio si fosse poi complicata con vicende di cronaca giudiziaria legate a Claudio Salini, il Consiglio di Stato, Sez. V, nell’udienza pubblica del 29 aprile 2014, ha pronunciato la decisione n.4578 (poi depositata in segreteria il 9 settembre 2014) per la riforma della sentenza sempre del TAR del Lazio–Roma, Sez. II, n. 10491 del 5 dicembre 2013, concernente l’affidamento dell’appalto per la progettazione e l’esecuzione dei lavori necessari alla realizzazione del nuovo “Ponte della Scafa” (e relativa viabilità di collegamento), sentenza con la quale, in pratica, si rimetteva in discussione tutto il progetto.

Ebbene, la decisione del Consiglio di Stato, che tocca anche punti tecnicamente sensibili, focalizzandosi sulla distinzione tra migliorie, varianti, varianti migliorative, totale variante, è giunta a dire che la serie di incoerenze e difformità rispetto al capitolato d’appalto del progetto della Sinercos non modificano la “concezione strutturale globale dell’opera, la concezione estetica e l’inserimento nel contesto paesistico”. Tradotto, un ponte è un ponte.
Perché dunque non hanno indetto sin dall’inizio una gara con procedura aperta per l’appalto di progettazione visto che le prescrizioni sono solo quelle generiche, sopracitate dal Consiglio di Stato?
La decisione del Consiglio di Stato ricorda quella tristemente nota di Gerardo D’Ambrosio in cui citava il “malore attivo”, lo stesso che evidentemente colpisce il Ponte della Scafa. Qualcuno presenta un progetto di un ponte differente dal capitolato, che dovrebbe dunque morire, per altro un ponte che lui non avrebbe disegnato se avesse potuto liberamente scegliere quale ponte fare, ma alla fine qualcuno dice che il suo ponte va bene perché è un ponte.
Alcune certezze. Si sono spesi tempo e soldi pubblici per qualcosa che non sarà “un segno moderno ad una cultura ingegneristica millenaria”, come disse nel 2011 il Prof. Remo Calzona , né tanto meno l’opera viaria più maestosa degli ultimi decenni che collegherà Ostia a Fiumicino. Solo il “malore attivo” di un ponte, quello della Scafa, che costerà oltre 32 milioni di euro e che non risolverà alcun problema di viabilità e mobilità dell’area.


paula de jesus per LabUr

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OSTIA: L’EROSIONE QUESTA SCONOSCIUTA

L’erosione è un termine abusato sul litorale romano. Una grande confusione tra arenile, linea di costa, spiaggia emersa e sommersa. Milioni di euro buttati via da oltre 50 anni per non risolvere il problema ma per farne fonte di guadagno, spesso illecito ed illegale. Quattro appuntamenti, cadenzati, per spiegare cosa sta accadendo e per fornire informazioni che nessuno racconta. Si parte dal Pontile della vittoria, davanti a Piazza dei Ravennati, fino alla spiaggia antistante la ex-colonia marina Vittorio Emanuele III. Gli altri tre appuntamenti riguarderanno le aree del Porto di Ostia, del Canale dei Pescatori e delle spiagge di Ostia levante.

appuntamento: Pontile della Vittoria, davanti a Piazza dei Ravennati (map)
orario: domenica 11 gennaio 2015, dalle ore 10:00 alle ore 12.00
prenotazione: info@labur.eu
costo: 5 euro, gratis under 18
percorso: consigliato abbigliamento sportivo

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