NUOVO PONTE DELLA SCAFA – ANAC RISCRIVE A LABUR. NESSUNA RISPOSTA DA PARTE DEL COMUNE DI ROMA. IMBARAZZO DI ANAS

nuova risposta anacCon l’apertura del fascicolo n° 2367/2019 a seguito di esposto di LabUr – Laboratorio di Urbanistica, l’ANAC ha emesso la Delibera n. 849 del 21 dicembre 2021 con cui striglia il Comune di Roma per come ha condotto tutta la questione tecnica del progetto del Nuovo Ponte della Scafa.
Ma non è l’unico profilo, quello tecnico, ad avere gravi problemi. Lo è anche quello Amministrativo che i presidenti di Commissione del PD, Antonio Stampete ai LL.PP., e Giovanni Zannola alla Mobilità, fingono di non vedere continuando a prendere per i fondelli i cittadini e parlando di fondi per il Giubileo.
Vediamo perché.

Con istanza inviata da LabUr e acquisita a protocollo dipartimentale della Presidenze del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione Civile, in data 1 dicembre 2021 (n. 544771) avente per oggetto la verifica amministrativa circa l’effettiva competenza di Roma Capitale nella realizzazione del Nuovo Ponte della Scafa in funzione dell’assenza di proroga nel 2013 dello stato di emergenza (descritto con OPCM n. 3543 del 26 settembre 2006) e del presunto non perfezionato subentro in merito di Roma Capitale al Dipartimento di Protezione Civile, viene chiaramente ribadito che lo stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio di Roma Capitale, è stato dichiarato con DPCM il 4 agosto 2006 ed è cessato in data 31 dicembre 2012 per effetto del decreto legge 15 maggio 2012 n. 59 convertito con modificazioni della legge 12 luglio 2012 n.100. Successivamente, l’art. 1 comma 1 dell’OCDPC n.97 del 19 giugno 2013 ha individuato Roma Capitale quale amministrazione competente in via ordinaria a coordinare il completamento delle iniziative per il definitivo superamento dell’emergenza. Per la precisione, la disciplina vigente in materia, e in particolare l’art. 1, comma 422 della legge n.147/2013 (c.d. Legge di stabilità per il 2014) e l’art. 5, della legge n. 225/1992, ora rifluiti nell’art. 24, comma 6 del decreto legislativo n. 1/2018 (codice di protezione civile), prevede il “subingresso” degli enti ordinariamente competenti – nel caso di specie Roma Capitale, ente ordinariamente deputato alla gestione delle politiche relative alla mobilità nella posizione del commissario cessato. Pertanto tutte le migliaia di deroghe di cui godeva l’iter dell’appalto del Nuovo Ponte della Scafa sono cessate perché decadute.

Dunque, la stazione appaltante è ancora il Comune di Roma, la strada dell’attuale Ponte della Scafa era Regionale (SR296), passata nel poi all’ANAS e dunque divenuta statale (SS296). Giustamente l’Ing. Paola Tripodi dell’ANAS si è trovata estremamente in difficoltà nelle scorse settimane nel dire se il Nuovo Ponte della Scafa si farà o meno, semplicemente perché ANAS non è mai stata invitata in conferenza dei servizi e soprattutto perché non è chiaro come verrà inserito il sedime del Nuovo Ponte della Scafa all’interno della SS296, perché non si tratta solo del Ponte, ma anche delle rampe e della viabilità secondaria. Insomma, a chi appartiene questo ponte? Chi lo gestirà? A questa domanda nessuna risposta da parte del Comune di Roma.

Il Nuovo Ponte della Scafa non è quindi più opera di protezione civile, le migliaia di deroghe non esistono più, ma soprattutto è decaduto il traffico, considerato ora questione di ordinaria amministrazione per il Sindaco della Capitale.
I costi del Ponte sono aumentati a dismisura (e neanche immaginiamo quanto leviteranno a seguito delle sanzioni economiche conseguenti agli eventi di guerra). La domanda però è “chi paga”? In via ordinaria, come è ora, è fatto divieto di utilizzare fondi comunali e regionali per opere statali. Ed è qui che si insinua la propaganda dei due consiglieri piddini: usare i fondi del Giubileo per coprire la maggiorazione dei costi. Il tempo per rispondere all’ANAC però non lo trovano.

Oltre ad aver fatto malissimo il progetto preliminare e quello definitivo, come evidenziato anche dalla delibera ANAC, il Comune di Roma chiede alla società che ha vinto l’appalto (Italiana Costruzioni) di aiutarla a fare il progetto esecutivo sulla base di un progetto nato male, occultando opportunamente la questione amministrativa dal dibattito. Peccato che sulla base di quel pessimo progetto definitivo si è provveduto a fare degli espropri di aree private in nome della pubblica utilità con l’obbligo di legge di completare l’opera entro i 10 anni, cosa non avvenuta. Questo genererà una serie di cause sia da parte di coloro a cui è stato espropriato il terreno a prezzi di mercato di allora e che oggi valgono molto di più, sia da parte di chi ha subito un’occupazione temporanea dell’area che potrà dunque retrocedere. Chi paga? I cittadini.
Per altro c’è un’ulteriore anomalia: i milioni di euro impegnati dalla Regione Lazio sono vincolati e passano attraverso l’avvallo di una Commissione che però non ha mai ricevuto il progetto esecutivo e dunque di fatto i soldi non potrebbero più essere vincolati.
Quello che quindi ci stanno dicendo i due presidenti di commissione in quota PD, Stampete e Zannola, è semplicemente che il Nuovo Ponte della Scafa bisogna tenerlo in piedi almeno sulla carta, anche se sanno che non si farà mai e nonostante tutte le illegalità e illegittimità che hanno contraddistinto l’iter, perché a quell’opera sono legati progetti importantissimi sulla riva destra e sinistra del fiume Tevere, a partire dal Porto della Concordia. Se decade, saltano tutti gli affari. E per fare questo servono due persone che di galleggio politico se ne intendono: Zannola, che nel 2015 finì anche nelle pagine di Mafia Capitale sulle Signore in “rosso” delle occupazioni e Stampete, che ha dato grande prova con la vicenda dello Stadio della Roma quando era Presidente della Commissione Urbanistica, tra i 5 accoltellatori delle dimissioni dell’ex Sindaco Marino, e di cui rimane memorabile la frase: “Eravamo un vaso di coccio in mezzo a tanti vasi di ferro: non potevamo non finire a pezzi”.
Ci pare che si siano rialzati benissimo.
Intanto l’ANAC aspetta una risposta.

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